domenica 20 maggio 2012

Foje reste: diversità nel piatto.

Foje reste: diversità nel piatto.


E’ ancora tempo di raccolta, impariamo a riconoscerle.

Foje reste a minestra, detta anche “foja ‘misca”, è forse tra le più antiche pietanze popolari. Nella tradizione salentina, più di dieci diverse specie vegetali spontanee trovano un incontro armonioso ed esaltante nella loro mescolanza. Un intreccio di sapori che non ha paragoni nelle comuni ricette di verdure, perché costruito sull’ equilibrio delle componenti, tutte selvatiche, per niente uniformate ai gusti prevalenti e sempre meno attenti a cogliere le differenze e le piccole leccornie che la terra può ancora offrire.

Non vi è dubbio che una simile mescolanza abbia un’ origine antica ed una diffussione certamente molto ampia; in altre parti della Puglia è conosciuta con nomi diversi e, soprattutto, con composizione e proporzioni diverse a seconda della tradizione. A Fasano è conosciuta come Fògghe de fure, a Brindisi come Fogghie ‘mbiscàte, Misculànza a Taranto, Foje maddhate a Maglie, Jèrave scerse a Ceglie Messapica ecc…

Se è vero che queste erbe, prese singolarmente, non possono competere con le qualità culinarie delle varietà coltivate, è anche vero che la foja ‘misca è un piatto altro, da non intendersi come succedaneo di qualcosa ma degno di un proprio posto all’interno di una cultura culinaria e botanica che è ancora patrimonio di molte persone; certo tutte anziane, più spesso donne, le cui conoscenze rischiano di essere perdute per sempre.

Le piante che entrano in questa mescolanza vengono raccolte sempre prima della fioritura, quindi sottoforma di foglie (foje reste); con la fioritura diventano fibrose molto amare e quindi non più commestibili; come dice un proverbio salentino: “quannu ‘rriva a ‘nnunziata ogni erva sa ‘licenziata”. La Madonna Annunziata, che ricorre il 25 marzo, segna simbolicamente la fine della raccolta delle erbe selvatiche e, fatta eccezione per alcune, il detto popolare risponde alla norma.

Con il termine foje reste, tuttavia, non si indica tutto l’insieme delle piante selvatiche commestibili ed utilizzate in cucina ma, solamente, quelle che entrano nella pietanza che prende il nome di “foja ‘misca”. Quelle, cioè, che con le loro affinità e con le loro differenze possono mescolarsi conferendo al piatto una sua precisa identità. Scopo di questo lavoro è proprio quello di porre risalto non ad un generico elenco di vegetali selvatici bensì a quel particolare gruppo di specie che la tradizione fonde in un unico piatto.

Naturalmente la raccolta presuppone la capacità di riconoscere queste piante, cosa non sempre facile se si considera che molte di esse sono simili ad altre non commestibili o di alcun valore culinario. Gli stessi raccoglitori (più spesso raccoglitrici) non conoscono sempre tutte le specie ed è proprio da questa maggiore o minore conoscenza che dipende la ricchezza floristica di quello che va a finire nella pentola.

La minestra base può essere costituita da due, tre specie ma le persone più esperte preparano mescolanze con tutte le specie di seguito descritte, facendo mancare solo quelle non rinvenibili in un dato momento o in un dato luogo.

Da un punto di vista botanico, la maggior parte delle specie appartiene alle famiglie delle Compositae e delle Umbelliferae. In particolare la prima famiglia contribuisce a dare sostanza e sapore alla minestra mentre la seconda porta un contributo più forte in aroma e fragranza.

Sono tutte comuni nel territorio pugliese presenti, spesso, negli ecosistemi agricoli e quindi a stretto contatto con i contadini. L’uso dei pesticidi rende la pratica della raccolta più pericolosa che in passato, ma i raccoglitori esperti conoscono le zone e stanno attenti.

Le schede che seguono, pur segnalando alcuni caratteri essenziali delle singole specie, non sono sufficienti al riconoscimento; questo lavoro è più complesso e va affrontato con gli strumenti idonei (Chiavi analitiche, lente ecc..) e con le competenze che ne permettano l’utilizzo. Esse, però, possono essere da stimolo a due approcci possibili ed entrambi auspicabili: chi ha già una buona conoscenza delle piante e dell’utilizzo delle guide floristiche può identificare le erbe della mescolanza grazie alla corrispondenza tra nome dialettale e nome scientifico che è stato rigorosamente riportato; il dilettante può, invece, affidarsi ad un raccoglitore esperto/a e farsi insegnare a riconoscere le specie più importanti recuperando, oralmente e sul campo, un sapere che altrimenti andrebbe perduto.

Il recupero della memoria storica e del senso di una cultura passa sempre attraverso il rapporto diretto con chi ancora la mantiene in vita.

Un contributo, sia scientifico che culturale, alla conoscenza di queste piante è venuto, inoltre, da una interessante pubblicazione, a cura di Vico Maglie, dal titolo “Le piante spontanee commestibili nella tradizione del Capo di Leuca”, ed. Salentina – Galatina 1999, che presenta le schede descrittive di molte delle specie utilizzate nell’antica ricetta.

Quanto alla preparazione della minestra di foje reste (Foja ‘misca) bisogna avere un po’ di pazienza nella mondatura, pulizia e lavaggio delle verdure; la ricetta, in compenso, è molto semplice e senza particolari elaborazioni.

Le erbe raccolte, con taglio netto appena sotto le prime foglie, pulite e lavate sono messe nella pentola con acqua fredda che si porta ad ebollizione. Dopo averle sbollentate, si scolano e si riversano in una pentola dove si è provveduto a soffriggere aglio e cipolla. Si copre con il coperchio e si lascia cuocere a fuoco lento. A metà cottura si può aggiungere formaggio grattugiato oppure in scaglie dure prese dalla parte esterna della forma.

Una variante più saporita e quella che si prepara con pezzi di carne di maiale, precedentemente soffritti con aglio e cipolla, e l’aggiunta di peperoncino piccante.

In ogni caso quello che ne viene fuori è una grande opportunità per il gusto di recuperare sapori e aromi, non perdere l’allenamento con la diversità, di apprezzare la genuinità di piante ancora esenti da qualsiasi tentativo di manipolazione.

Francesco Minonne

“Foje reste”. Schede delle specie costituenti.

* I nomi dialettali sono quelli più in uso nel basso Salento.

*Cicureddha

Cicoria selvatica

Cichorium intybus L. – Fam. Compositae

E’ quasi sempre questa specie l’ingrediente principale della minestra di foje reste, e spesso entra in

altre ricette della cucina tradizionale ( cicureddhe a minestra, fave nette e cicureddhe ecc…).

E’ anche frequente l’accoppiata cicuredde e zanguni, in quanto specie molto comuni, facilmente

riconoscibili e con possibilità di raccolta per quasi tutto l’anno.

Una volta vicina alla fioritura, come tutte le foje reste, perde il suo valore culinario ma acquista

grande valore estetico grazie ai suoi bellissimi capolini azzurri, numerosi e distribuiti sulle molte

ramificazioni del fusto. Il capolino rappresenta l’infiorescenza caratteristica della famiglia delle

compositae.

La cicoria selvatica si presenta come specie annuale, oppure perenne o, più spesso ancora, da

bienne.

La sua coltivazione, risalente al XVII sec., ha portato alla selezione delle molte varietà di cicoria

oggi conosciute.

La forma spontanea ha, però, conservato tutta la sua dignità ed il suo sapore selvatico,

piacevolmente amarognolo, e oggi molto ricercato dai palati più fini.

Tra le molte virtù che vengono riconosciute a questa pianta, oltre a quelle medicinali, va ricordato il

contenuto in vitamine B, C, P e K.

Zangune

Grespino

Sonchus oleraceus L. – Fam. Compositae

Come la lattuseddha e le cicureddhe può essere raccolta già a partire da gennaio e fino all’inizio

dell’estate ed è al secondo posto in questa lista di erbe, sia come presenza nella minestra che come

diffusione e conoscenza nel territorio.

E’ una specie annuale oppure bienne.

Le foglie sono inciso-lobate con i margini dentati apparentemente spinulusi ma molli, con due

orecchiette alla base acuminate che avvolgono il fusto. I fiori sono riuniti in capolini di colore giallo

intenso.

Al taglio emette latice, soprattutto dal fusto e dalle nervature centrali delle foglie. E’ pianta comune

ovunque ma in particolar modo tra le colture concimate e quindi all’interno di ambienti molto

antropizzati.

Nella cultura popolare, lo “zangune” è, insieme ad un’altra pianta la “zivirnia” (Smirnium

olusatrum) mangereccia ma non compresa tra le Foje reste, simbolica dello stato di povertà perché

ultima possibilità di rimediare una minestra di verdure anche in tempi molti duri.

Cànnulu vacante

Ambretta annuale, Vedovina marittima

Knautia integrifolia (L.) Bertol., Scabiosa maritima L. - Fam. Dipsacaceae

Con lo stesso termine dialettale vengono indicate e raccolte almeno le due specie citate, che

soprattutto allo stato di foglie in rosetta basali presentano solo leggere differenze.

Annuale la prima specie, bienne la seconda sono entrambe caratterizzate da foglie inferiori

spatolate, più o meno profondamente divise. A fioritura presentano un’infiorescenza violetta simile

al capolino delle compositae.

Arricchisce la minestra con il suo sapore dolce ma non è molto profumata come invece recita il

proverbio popolare: “ci voi la foja odorante, carcarìscinu e cànnulu vacante”. Il periodo migliore

di raccolta va da febbraio ai primi di aprile.

Carcarìscinu

Ombrellini pugliesi

Tordylium apulum L. - Fam. Umbelliferae

E’ una pianta annuale caratterizzata da peli molli e foglie divise in segmenti molto simili tra di loro

e, a loro volta, divisi in cinque lobi con margine crenato.

I fiori sono riuniti in una bella ombrella a 6, 8 raggi ed i fiori esterni hanno un petalo più vistoso

(vessillare) bianco o roseo.

Qui il proverbio non si sbaglia perché questa pianta è tra le più aromatiche delle foje reste, come

altre Umbelliferae è inserita nella mescolanza proprio per il suo profumo, che nel caso specifico è

delicato quindi con caratteri selvatici poco accentuati.

Si raccoglie preferibilmente nel periodo febbraio – marzo.

Sprùscinu

Aspraggine

Picris echioides L. - Fam. Compositae

E’ una pianta annuale caratterizzata da una pelosità quasi pungente caratteristica richiamata da tutti

e tre i nomi.

Le foglie basali sono spatolate e presentano verruche biancastre. I fiori sono riuniti in capolini

gialli, le ligule esterne sono venate di violetto al di sotto.

Nonostante l’aspetto è un’erba molto dolce e quindi ottima per attutire il sapore amaro di altre

specie ingredienti.

E’ diffusamente conosciuta e quindi rientra, insieme a cicureddha e zangune tra le componenti di

base della mescolanza.

E’ una specie molto comune ai bordi delle strade, nei pascoli aridi e negli incolti. Il periodo

migliore per la raccolta va da gennaio a maggio.

Lattuseddha

Caccialepre

Reichardia picroides (L.) Roth - Fam. Compositae

E’ una pianta perenne, molto comune che vive in svariati ambienti, in particolare su terreni poveri o

con roccia affiorante.

All’interno dei fusti circola una linfa lattescente (latice) e da questo ne deriva il nome dialettale, le

foglie sono di forma molto variabile ed i fiori, riuniti in capolino sono di colore giallo quelli interni

e bruno – purpurei quelli all’esterno.

Il sapore è dolciastro ma molto selvatico, si raccoglie da gennaio fino ad aprile.

Pistinaca resta

Carota selvatica

Daucus carota L. - Fam. Umbelliferae

Erbacea bienne con fusto eretto che si ramifica in alto, piuttosto ispido. I fiori sono riuniti in una

ricca e vistosa ombrella bianca. La radica è un fittone succedaneo della carota coltivata.

Nella minestra delle foje ‘mische vengono utilizzate le giovani foglie molto prima dell’emissione

dello scapo fiorale,.

Conferisce alla pietanza un caratteristico aroma

Marìula

Radicchio tubuloso

Hedypnois cretica (L.) Will. - Fam. Compositae

E’ una pianta annuale, piuttosto robusta, con numerose foglie che prima della fioritura risultano

schiacciate al suolo.

Il capolino, giallo, è sorretto da un fusto ingrossato a clava.

Non sono sempre presenti nella mescolanza sia perché poco comuni sia perché sono note a poche

esperte raccoglitrici.

Buone da raccogliere nel periodo febbraio – marzo apportano alla minestra sostanza e un sapore

dolce.

Socra

Boccione minore

Urospermum picroides (L.) Shmidt – Fam Compositae

Meno appariscente del bellissimo Boccione maggiore, questa erba annuale ha però maggiori

riconoscimento nella nostra pietanza.

Il richiamo alla suocera può venire dal margine dentato e ruvido delle foglie oppure dal suo sapore

amarognolo.

I fiori sono riuniti in un capolino giallo ma, come per le altre specie, non bisogna aspettare di

vederli per poterla raccogliere. Le giovani piante possono essere raccolte da febbraio ad aprile in

incolti, vigne, oliveti.

Finucchiu restu

Finocchio selvatico

Foeniculum vulgare Miller - Fam. Umbelliferae

E’ sicuramente tra le piante più conosciute delle nostre campagne, per le sue caratteristiche foglie

divise in segmenti lineari, il cui picciolo viene mangiato anche crudo come avviene per le varietà di

finocchi coltivato.

I fiori sono giallognoli e riuniti in ombrelle all’apice di fusti eretti e molto allungati.

E’ una pianta perenne che sopravvive anche a condizioni di incendio e pascolamento.

Nella minestra apporta soprattutto il suo inconfondibile profumo. Le massaie esperte sanno che non

devono esagerare con le quantità di “finucchiu restu” nella minestra per non coprire i sapori delle

altre specie.

Culacchiu de porcu

Costolina annuale

Hypochoeris achyrophorus L. – Fam. Compositae

Piccola pianta con le foglie a rosetta basale, appiattite al suolo, leggermente pelose e con denti

appena accennati.

Il fusto è densamente peloso specie al di sotto del capolino che è di colore giallo.

E’ comunissima soprattutto nei terreni molto pascolati e incolti.

Le foglie, utilizzate nella minestra, hanno una certa carnosità e sono di sapore dolce.

Il periodo migliore per la raccolta è febbraio – marzo.

Foja duce, Foja Lucia

Radicchiella minore

Crepis neglecta L. Fam. Compositae

Sono due piante molto simili appartenenti a due subspecie della Radicchiella minore.

Il ciclo della specie è annuale e, al momento della raccolta si presenta con foglie in rosetta,

spatolate, intere e dentate.

Nello stadio che precede la fioritura, invece, risulta caratterizzata da un fusto ramificato le cui

diramazioni sono ispide alla base e più o meno glabre in alto.

I capolini sono numerosi, piccoli e gialli.

Il sapore è dolce ed il periodo migliore per la raccolta va da febbraio a fine marzo.

Murlu

Visnaga maggiore

Amni majus L. Fam. Umbelliferae

Questa ombrellifera annuale e caratterizzata da foglie divise in 3, 4 segmenti terminati in un dente

cartilagineo subspinoso.

Giunta a fioritura presenta ombrelle fiorali composte da 15-30 raggi. I singoli fiori sono di colore

bianco-giallastro.

Molto profumato, ha un sapore amarognolo. Se cucinato da solo può provocare diarrea.

Il periodo migliore per la raccolta è sempre tra l’inizio di febbraio e la fine di marzo.

‘Lapazzu

Ròmice o Lapazio

Rumex obtusifolius L., Rumex pulcher L., Rumex crispus - Fam. Polygonaceae.

Con lo stesso termine dialettale vengono indicate più specie del genere Rumex tutte raccolte e

pienamente inserite nell’elenco delle specie che costituiscono le “foje reste”.

Rumex obtusifolius è una pianta perenne, con fusto eretto e rigido alto fino ad un metro; le foglie

hanno forma da lanceolata a ovale, quelle basali hanno lamina con base troncata ed apice

arrotondato. I fiori, poco appariscenti, sono riuniti in spighe o pannocchie lineari allungate e sono

anch’essi rossastri.

È molto comune, soprattutto in terreni freschi e ricchi, viene raccolta da gennaio a marzo.

Conferisce alla minestra un sapore debolmente acidulo.

Francesco Minonne

Articolo pubblicato su Orecchiette e dintorni supplemento di Nuovo Corriere Barisera .Leccesera

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