giovedì 12 aprile 2012

INTEGRATED RISK MANAGEMENT NEI PROCESSI E NELLE FILIERE ALIMENTARI

INTEGRATED RISK MANAGEMENT NEI PROCESSI E NELLE FILIERE ALIMENTARI


di Claudio Peri



i Vademecum di Ipack-Ima



A cura del Prof. Claudio Peri



LA GESTIONE DEL RISCHIO



I CONCETTI BASE

Presentazione

Ipack-Ima interpreta il ruolo di organizzatore fieristico in termini molto ampi: non si limita a proporre mostre ed eventi alle business community cui si rivolge, ma si pone come partner globale.

In quest'ottica elabora e mette a disposizione dei propri clienti gli strumenti che consentono di trarre il massimo vantaggio dalla partecipazione agli eventi che organizza.



In occasione delle Giornate di Ipack-Ima dedicate alle Tecnologie per la Sicurezza Alimentare, abbiamo ritenuto importante fornire un contributo conoscitivo e di riflessione ai partecipanti e abbiamo deciso la pubblicazione del manuale "Integrated Risk Management nei Processi e nelle Filiere Alimentari" che fa parte della collana di manuali che Ipack-Ima dedica alle comunità che si confrontano con mondi tecnologici ed economici in forte evoluzione.

La nostra organizzazione crede fortemente nell'innovazione e per questo ha arricchito la propria offerta con il format "Le giornate di Ipack-Ima", un evento di aggiornamento e confronto altamente specializzato per mantenere vivo il dialogo con la business community protagonista delle nostre manifestazioni.

Nella speranza che questa iniziativa e il nostro vademecum contribuiscano allo sviluppo della sicurezza nella filiera agroalimentare, auguro buon lavoro a tutti gli operatori che partecipano al convegno.

Guido Corbella, Ipack-Ima Spa

Milano, giugno 2010



INTRODUZIONE

Premessa

Questo documento pubblicato da Ipack-Ima in occasione del Convegno "Tecnologie per la sicurezza Alimentare" (Bologna 9-10 Giugno 2010), è un primo tentativo di organizzazione delle nozioni di sicurezza e di rischio nel settore delle produzioni alimentari.



Si tratta di un testo destinato ai responsabili della gestione tecnica delle imprese ed esclude dalla trattazione l'argomento dei rischi economici e finanziari che richiedono altri approcci e altre competenze.

Questo contributo non è completo; la presentazione dei vari argomenti è dettagliata solo per alcuni capitoli del Risk Management e in realtà è incompleta anche per questi.

Mi attendo che coloro che verranno in possesso di questa prima edizione vogliano contribuire al completamento del testo, suggerire integrazioni anche su aspetti particolari, proporre articolazioni e classificazioni più efficaci. Con questi aiuti spero che si possa produrre rapidamente una seconda edizione più completa e interessante di questa prima

Claudio Peri

Milano, Giugno 2010



Un modo diverso di gestire i processi



"Organizations of all types and sizes face internal and external factors and influences that make it uncertain whether and when they will achieve their objectives".

Questa frase, che introduce la norma ISO 31000 "Risk Management", presenta un concetto nuovo di gestione del rischio, non come un sistema per prevenire danni, ma come un sistema per conseguire efficacemente gli obiettivi programmati.

Un sistema di gestione per la qualità diventa un sistema di gestione dei rischi che potrebbero compromettere il raggiungimento degli obiettivi della qualità.

Se si considerano le norme ISO relative al management, la norma 31000 (Risk Management) diventa la norma-quadro che può sostituire tutte le altre norme, comprese quelle della serie ISO 22000 (Food Safety Management System), la serie 14000 (Environmental Management) e la stessa serie 9000 (Quality Management System).

Una ragione psicologica e una ragione metodologica

Perché un sistema di gestione del rischio sarebbe uno strumento più efficace di quello di gestione per la qualità, collaudato e condiviso da almeno due decenni?

Per due ragioni: una psicologica e una metodologica: la ragione psicologica è basata sulla constatazione che è più facile convincere una persona prospettandogli una situazione di possibile danno che proponendogli una di maggior vantaggio.



La prospettiva di perdere 100 Euro agisce emotivamente sui nostri comportamenti in maniera più forte della prospettiva di guadagnarne 100. Gli imprenditori e i manager, che non amano l'incertezza e non vogliono sentirsi vulnerabili, sono oggi più attenti alla gestione del rischio che alla qualità, come avveniva solo dieci anni fa.

Il timore di essere danneggiati è dunque una molla più efficace dell'ambizione di migliorare.

La seconda ragione è metodologica e deriva dal fatto che la gestione del rischio è necessariamente olistica, cioè relativa a tutti i rischi e basata sulla necessità di stabilire dei rischi un'unica graduatoria. Un manager comprende bene che non può promuovere la prevenzione dei rischi igienici fino al punto di trascurare quelli che possono determinare incidenti sul lavoro oppure denunce per violazioni gravi delle norme ambientali.

Dato che le risorse da destinare alla prevenzione sono limitate, la scelta di dedicarle ai rischi più gravi è una scelta obbligata di oculato e razionale management.

La motivazione psicologica e quella metodologica producono un effetto utile di semplificazione sui sistemi di gestione perché stabilire quali rischi si debbano evitare è molto più semplice che stabilire le condizioni che si debbano promuovere per conseguire un obiettivo.

Prendiamo il caso del problema igienico così ampiamente dibattuto nel settore alimentare.

Se l'obiettivo è di realizzare la più perfetta igiene del processo, non se ne viene mai a capo, c'è sempre qualcosa da migliorare. Se invece l'obiettivo è - come prescrive la legge - di intervenire sui punti che rappresentano un rischio concreto per la salute dei consumatori, il quadro subisce una drastica semplificazione (ricordare anche "l'albero delle decisioni").

Se poi la visione si allarga ad altri rischi che possono compromettere i bilanci o la reputazione dell'azienda, la considerazione dei rischi igienici subisce necessariamente un'ulteriore semplificazione imponendo di limitarsi ad azioni di controllo soltanto per i più gravi.

Questo modo di ragionare è spesso difficile da far comprendere a livello di tecnici e specialisti che hanno una acuta sensibilità per i rischi di propria competenza, ma una inadeguata percezione dei rischi complessivi.

Mi è capitato spesso di constatare, ad esempio, una esasperata attenzione per i rischi igienici e una singolare insensibilità per le condizioni di costrittività del lavoro, che sono tra le cause più frequenti di errori e di incidenti.

Integrated Risk Management (IRM)

Le ragioni psicologiche e metodologiche del risk management sono rafforzate da alcune tendenze inarrestabili del quadro economico e normativo.

Sul piano economico, l'allargamento dei mercati alla dimensione globale e la modularizzazione dei processi in unità specializzate in particolari fasi della filiera rende più frequente il ricorso all'outsourcing.

In queste condizioni aumenta la preoccupazione per i rischi che possono essere introdotti nel sistema al di fuori delle possibilità di un controllo diretto dell'impresa.



Sul quadro normativo, cioè sociale e politico, vengono introdotte continuamente nuove norme intese ad attribuire agli attori del settore responsabilità sempre più estese non solo nei confronti del prodotto e dei consumatori, ma di tutti i soggetti che sono coinvolti, direttamente o indirettamente, nella conduzione o nelle conseguenze del processo produttivo, quelli che vengono indicati con il termine inglese anch'esso ormai facente parte del linguaggio corrente, di "stakeholder".

Tutto ciò induce a pensare che un obiettivo essenziale del buon management sia la gestione integrata dei rischi e che la prospettiva culturale e professionale dei responsabili delle aziende e delle filiere sia quella di diventare dei "multihazard manager".

In conclusione possiamo definire l'Integrated Risk Management come un sistema finalizzato alla gestione dei rischi integrata sia in senso verticale cioè su tutta la filiera produttiva, sia in senso orizzontale, cioè a tutela di tutti gli stakeholders.



I CONCETTI BASE



La sicurezza e il rischio



La sicurezza è un concetto non definibile se non in negativo e cioè come "assenza di rischio".

Se volessimo rappresentare graficamente i due concetti di sicurezza e di rischio dovremmo rappresentarli come gli estremi di un segmento, all'estremo sinistro del quale sta il 100% di sicurezza e lo zero percento di rischio (nessun danno) mentre all'estremo destro sta il 100% di rischio (danno sicuro) e lo zero percento di sicurezza.

Il risk management ha il compito di spostare la situazione per quanto possibile vicino all'estremo di sinistra

Considerando che il rischio zero non esiste, il concetto ragionevole di sicurezza è quello di riduzione del rischio ad un livello tollerabile. Ciò che è tollerabile in termini di rischio richiede una doppia definizione. È tollerabile in termini economici un livello del rischio che determina il più favorevole rapporto tra benefici (danni evitati) e costi (della prevenzione).

D'altro canto, si può considerare tollerabile in termini etici un livello del rischio che determina il maggior rispetto dei principi di giustizia.

È dunque evidente che i sistemi di sicurezza si pongono in termini relativi sia sul piano economico che su quello deontologico. Questa osservazione fa comprendere perché i temi della sicurezza siano oggetto di un continuo dibattito. Le percezioni della gravità dei rischi sono le più disparate. Nei confronti delle cautele che si prendono per evitare un danno ci sarà sempre qualcuno che le giudicherà insufficienti e qualcun altro che le giudicherà addirittura eccessive. Si tratta dei principi di relatività e di ambiguità che fin dall'inizio sono stati indicati come propri del concetto stesso di rischio (G.Y.Kervern, Latest Advances in Cindynics, Economica, Paris, 1994).



Pur con tutta la prudenza possibile, vale tuttavia la pena affermare che lo sviluppo tecnologico del settore agroalimentare si è mosso costantemente verso una maggiore garanzia di sicurezza per il consumatore. Tutti i dati epidemiologici da 60 anni a questa parte dimostrano una progressiva diminuzione delle tossinfezioni alimentari e si può ragionevolmente sostenere, dati alla mano, che esiste una relazione diretta fra evoluzione tecnologica e sicurezza del consumatore.

Tuttavia, questa constatazione non è più adeguata a soddisfare gli obblighi imposti dalla legge e le attese legate alla sensibilità del cittadino consumatore.

Questo è il motivo per cui il Simposio di Ipack-Ima realizza insieme agli aggiornamenti sulla innovazione tecnologica anche l'operazione culturale di dare alla sicurezza una dimensione integrata e più ampia.

Definizione di rischio

Il rischio è definito come la probabilità che le persone e il contesto interessati ai processi delle filiere agroalimentari (dai consumatori ai produttori, dai lavoratori all'ambiente, tutti coloro che sono compresi nel termine "stakeholder"), subiscano dei danni. Il rischio ha dunque due dimensioni:

• la probabilità con cui si potrebbero verificare dei danni (cioè la frequenza con cui essi si verificano nel contesto dato)

• la gravità dei danni

In termini matematici il rischio si calcola come prodotto della probabilità per la gravità dei danni.

Questo concetto è ben noto alla maggior parte dei tecnici e dei manager delle filiere agroalimentari e viene correntemente utilizzato per definire delle graduatorie di gravità del rischio.

Definizione di danno e considerazioni etiche

Si definisce come danno la perdita di qualcosa che ha valore per i soggetti coinvolti nel processo. È compresa in questo termine sia la perdita di qualcosa che ha un valore relativo come una perdita limitata di materiali o di valore economico, sia la perdita della vita, che è il massimo valore a nostra disposizione. Sono comprese ovviamente le perdite economiche, ma anche le perdite di immagine e di reputazione. Alcuni individui preferiscono perdere la reputazione pur di non perdere denaro ed altri, altrettanto numerosi, preferiscono perdere denaro piuttosto che perdere la reputazione. C'è un'infinita scala di combinazioni possibili fra questi due estremi. Il che significa che l'impostazione dell'analisi e della gestione del rischio parte da presupposti etici.

Definizione di fattore di rischio e di causa del danno

Su questi due concetti c'è una certa confusione ed è dunque opportuno precisarli.

Si definisce come fattore di rischio qualunque entità, stato o comportamento in grado di produrre un danno. Il Clostridium botulinum è un fattore di rischio, come lo è, ad esempio, un pesticida oppure un coltello, un peso sospeso, un solvente infiammabile, un pavimento scivoloso. La causa del rischio chiama in causa invece un concetto di responsabilità ed è sempre legata ad un comportamento umano inadeguato.

La scienza del rischio è nata quando ci si è resi conto che non ci sono danni ineluttabili se l'uomo sa predisporre le opportune contromisure.

Questo concetto di causa e responsabilità ha un padre e una data di nascita. Il padre è il filosofo francese Rousseau e la data di nascita il 1755, anno nel quale un catastrofico terremoto a Lisbona, in Portogallo, provocò la morte di oltre 100 mila persone. Jean-Jacques Rousseau attribuì la responsabilità di queste morti alle decisioni (o alla mancanza di decisioni) umane. "Perché abbiamo consentito di costruire 20 mila case di 5 o 6 piani in una zona notoriamente sismica?" Questa è la domanda di Rousseau che ha fatto nascere la scienza del rischio. Seguì un grande dibattito filosofico intorno a questa domanda, ma sul piano tecnico si può dire che l'argomento sia stato seriamente ripreso soltanto prima della seconda guerra mondiale. Ai giorni nostri l'osservazione di Rousseau è un concetto acquisito sia a livello di singole attività che a livello di grandi sistemi. Le organizzazioni della cosiddetta "protezione civile" sono diventate in ogni Paese straordinariamente potenti e, come è logico nella concezione integrata del risk management, straordinariamente articolate ed ubiquitarie.

Riferimenti bibliografici

Nella impossibilità di citare i molti riferimenti bibliografici che sono riferibili al tema del rischio e del risk management, ci limitiamo alla seguente breve nota critica.

La Scienza del Rischio è nata, come si è detto, con la celebre presa di posizione di Rousseau, nel 1755, in seguito ad un catastrofico terremoto a Lisbona. È stata oggetto di riflessioni filosofiche, ma senza veri approfondimenti sul piano tecnico ed operativo fino alla seconda guerra mondiale. I primi standard per la gestione del rischio sono dell'US Department of Defense.

Il momento in cui si è avuta una forte crescita di interesse e di attenzione per questo argomento è l'inizio degli anni '90, con la pubblicazione dei primi studi sistematici e la comparsa, in Francia, delle prime cattedre universitarie di Scienza del Rischio (che i francesi chiamano anche "Chindunologie" e gli inglesi talvolta traducono con "Cindynics").

I documenti iniziali:

• Mary Douglas, Come percepiamo il pericolo, Feltrinelli, Milano, 1991 è uno dei primi libri in italiano sul rischio.

• Successful Health and Safety Management, HS(G) n. 65, HMSO, London, 1991

• Alain Leroy e Jean Pierre Signoret, Le risque technologique, Presses Universitaires de France, Parigi, 1992

• J.S. Arendt, Managing Risk, Chemtech, August 1992

• Georges Y. Kervern, Latest Advances in Cindynics, Economica, Paris, 1994

• "Risk management", la prima norma internazionale in Australia, AS/NZS 4360, 1995

• Paul C. Stern and Harvey V. Fineberg edts, Understanding Risk, National Academic Press, Washington DC, 1996

Successivamente un grande numero di pubblicazioni è apparso negli anni 2000 e soprattutto dopo il 2005. Ci limitiamo a citare quelli che sono stati utilizzati per la preparazione di questo testo:

• "After FMD: aiming for a value-driven agricolture", The Food Ethics Council, Brighton, 2001

• Claudio Peri, Vera Lavelli, Ardian Marjani, Qualità nelle aziende e nelle filiere agroalimentari, Hoepli, Milano, 2004

• Claudio Peri Oltre i Sistemi Qualità, Hoepli, Milano 2006

• Dan Gardner, Risk, Virgin Books, London, 2008

• "Risk Management - Principles and Guidelines"

ISO Standard 31000, 2009

• "US Department of Defense Draft Military Standard (MIL-STD-882E), Standard Practice for System Safety", 2010



LA GESTIONE DEL RISCHIO

Il sistema di gestione del rischio

A livello operativo e tecnico la gestione del rischio comprende tre attività principali che si articolano in una sequenza di 9 punti:

Punto 1.

La identificazione dei fattori di rischio pertinenti nell'azienda, nel settore e nel contesto preso in considerazione implica una fase analitica nella quale tutti i possibili fattori di rischio vengono presi in considerazione in relazione ai tipi di rischio che si intendono minimizzare, al settore e alla filiera produttiva alla quale ci si riferisce, alla specificità della localizzazione e delle tecnologie adottate dall'azienda oggetto dell'analisi, alle segnalazioni di danno provenienti dall'esperienza aziendale e da dati della letteratura del settore. In questa analisi può essere utile disporre di un quadro complessivo dei fattori di rischio come quello che è presentato e discusso nel capitolo 4 di questo Manuale.



Punto 2.

L'analisi del processo consiste nella dettagliata definizione del flow-sheet e del lay-out del processo e nella identificazione dei punti nei quali si può manifestare la condizione di rischio. In questa analisi occorre tener conto di tutte le operazioni, comprese quelle complementari e le stesse operazioni di controllo e si deve applicare la logica dell'albero delle decisioni, ben nota agli esperti di HACCP.



Punto 3.

La valutazione della gravità del rischio come prodotto della probabilità per la gravità del danno. Ai dati raccolti nei punti precedenti si applicano opportune convenzioni di calcolo ricorrendo per quanto possibile a dati statistici e storici disponibili oppure, assai più frequentemente, a stime basate sulla esperienza e tenendo conto delle specifiche sensibilità aziendali.



Punto 4.

La definizione delle priorità degli interventi viene rappresentata raccogliendo in un'unica graduatoria tutti i rischi presi in considerazione e classificandoli in base alla valutazione realizzata al punto 3. In genere si adotta una convenzione del tipo seguente: per i rischi considerati gravi o critici si mette a punto una procedura o si attua un trattamento inteso a ridurne significativamente o la probabilità o l'entità del danno o tutte e due;

b) per i rischi considerati di livello medio della gravità e degni di attenzione si attuano specifiche cautele trasmesse al personale con semplici istruzioni scritte o con un adeguato addestramento;

c) per i rischi minori ci si affida alle modalità operative correnti e alla sensibilità acquisita dal personale operativo con la formazione e con l'esperienza.



Punto 5.

La individuazione delle cause possibili richiede un'analisi molto accurata degli elementi fondamentali del management che sono presentati nel capitolo 5 di questo testo, anche utilizzando metodi formali come il fault tree.

Punto 6.

La programmazione delle misure di controllo (risk treatment) consiste nel definire, in base ai risultati del punto precedente le procedure, gli strumenti, le modalità, le registrazioni, le responsabilità che sono necessarie per realizzare il trattamento del rischio considerato necessario per raggiungere il livello di sicurezza programmato. I criteri che devono guidare la programmazione delle misure di controllo sono presentati nel capitolo 6 di questo testo.

I 6 punti precedenti rappresentano la sequenza necessaria alla progettazione del sistema. I 3 punti successivi rappresentano invece la sequenza da realizzare in fase di implementazione.

Punto 7.

L'attuazione delle procedure di controllo nelle modalità specificate al punto 6

Punto 8.

La verifica dei costi e dell'efficacia del sistema richiede una analitica e dettagliata raccolta di dati critici per un tempo adeguatamente lungo ed una valutazione anche soltanto qualitativa degli effetti del controllo su elementi immateriali come l'immagine dell'azienda, lo sviluppo di senso della responsabilità e di professionalità degli operatori, ecc.

Punto 9.

Il feedback dai risultati conseguiti ai punti precedenti per guidare il sistema in una spirale virtuosa di miglioramento nella quale, nel tempo, diminuiscono i costi e aumentano i benefici del sistema in termini di prevenzione dei danni.



In questa prima edizione abbiamo deciso di fare una presentazione più approfondita di tre dei nove punti presentati nello schema precedente: i punti 1, 5 e 6, particolarmente utili nella pianificazione dei sistemi di IRM.

Dallo schema precedente restano esclusi due punti che possiamo considerare come riferibili ad un livello strategico e che possiamo indicare come punto zero, precedente alla progettazione del sistema e come punto 10, successivo alla sua attuazione:



Punto zero:

La politica di Risk Management, che viene definita dai responsabili del sistema in base a considerazioni economiche ed etiche e che ha come effetto pratico la scelta delle tipologie di rischio alle quali si intende applicare un sistema strutturato di IRM.

Punto 10:

La comunicazione del sistema e dei suoi risultati ai consumatori e agli stakeholders a scopi informativi oppure per attivare sistemi di richiamo dei prodotti nei casi di emergenze.

I TIPI E I FATTORI DI RISCHIO DELLE FILIERE ALIMENTARI

Qualunque analisi del rischio parte dalla identificazione dei fattori di rischio che sono pertinenti con il sistema preso in considerazione.

Rischi non intenzionali e rischi intenzionali

La prima divisione è quella che distingue i rischi non intenzionali dai rischi intenzionali. Definiamo come non intenzionali i rischi che producono danni contro la volontà degli operatori e malgrado la loro intenzione di evitarli.

Definiamo come intenzionali i rischi che producono danni intenzionali, cioè inflitti con l'intenzione di nuocere. Si tratta di due categorie di rischio completamente diverse, che richiedono provvedimenti e approcci di prevenzione diversi. Le tabelle seguenti presentano una classificazione dei rischi non intenzionali e dei rischi intenzionali.

Il capitolo dei rischi intenzionali è assai problematico e talvolta inopportuno da discutere. Si può temere infatti che una analisi dei rischi connessi a danni intenzionali possa stimolare, per imitazione, comportamenti delittuosi. Nel caso dei rischi intenzionali la ricerca delle motivazioni e delle cause deve essere svolta su basi non tecniche ma personali e lo strumento di controllo e deterrenza deve essere basato sulla più dettagliata e precisa tracciabilità delle responsabilità gestionali e operative.

La indagine sulle responsabilità di un danno intenzionale deve necessariamente entrare nella sfera della privacy e deve pertanto essere autorizzata dall'autorità giudiziaria.

RISCHI NON INTENZIONALI (cioè i rischi di danni non voluti):

-RISCHI PER LA SALUTE DEI CONSUMATORI

-RISCHI PER LA QUALITÀ DEL PRODOTTO

-RISCHI PER L'INCOLUMITÀ E LA SALUTE DEI LAVORATORI

-RISCHI PER L'AMBIENTE

-RISCHI PER LA TRACCIABILITÀ (DELLE RESPONSABILITÀ)

-RISCHI PER IL BENESSERE ANIMALE

-RISCHI PER LA BIODIVERSITÀ

-RISCHI DI EMISSIONI ECCESSIVE DI GAS SERRA

-RISCHI DI CONSUMI ECCESSIVI DI RISORSE PRIMARIE COME ACQUA ED ENERGIA

-RISCHI PER IL PAESAGGIO

-RISCHI DI INCENDIO RISCHI DA EVENTI ED ESPLOSIONE CATASTROFICI NATURALI



RISCHI INTENZIONALI

(cioè i rischi di danni inflitti con dolo e con l'intenzione di nuocere)



-FRODI A DANNO DEI CONSUMATORI E DEI CLIENTI

-FURTI MATERIALI A DANNO DELLA PROPRIETÀ

-FURTI DI MATERIALE INFORMATICO E DI PROPRIETÀ INTELLETTUALI A DANNO DELLA PROPRIETÀ

-SFRUTTAMENTO DI MANODOPERA, VIOLAZIONE DEI DIRITTI DEI LAVORATORI

-ATTI DI SABOTAGGIO A DANNO DELLA PROPRIETÀ E DEI CONSUMATORI

-ATTI DI TERRORISMO A DANNO DELLA PROPRIETÀ, DEI CONSUMATORI, DEI LAVORATORI, DELL'AMBIENTE, ECC.

Terzo e quarto livello di classificazione

Come esempio di ulteriore classificazione dei fattori di rischio abbiamo scelto di sviluppare nelle tre tabelle successive i primi tre punti della classificazione dei rischi non intenzionali e cioè i rischi per la salute del consumatore, i rischi per la qualità (nutrizionale e sensoriale) dei prodotti e i rischi per l'incolumità e la salute dei lavoratori.



I rischi per la salute dei consumatori

Sono indicati tre gruppi di rischi:

• il primo gruppo comprende i rischi di gran lunga più gravi in un'ottica globale e cioè i rischi della sottoalimentazione e della fame che in inglese vengono indicati nel capitolo della Food Security. Questo argomento, che è di dolorosa attualità, richiederebbe un manuale ad hoc per presentare le mille forme in cui si manifesta il dramma della fame, le diverse cause e le possibilità di intervento. Ci limitiamo a citare qualche lettura relativamente recente, oltre che la frequentazione delle statistiche della Organizzazione Mondiale della Sanità e della FAO, tutte ampiamente disponibili nei siti web di queste organizzazioni:

Paul Collier, The Bottom Billion, Oxford University Press, Oxford, 2007

Jeffrey D. Sachs, Common Wealth - Economics for a Crowded Planet, Penguin Books, New York, 2008

Muhammad Yunus, Creating a World Without Poverty, Public Affairs, New York, 2007



• il secondo gruppo comprende i rischi qualificabili come rischi igienici in senso lato, quelli che la letteratura anglosassone prende in considerazione nel capitolo della Food Safety. Si tratta dei rischi che vengono correntemente associati agli alimenti e al sistema di prevenzione noto come HACCP. La legislazione alimentare nei Paesi Sviluppati si riferisce prevalentemente a questo tipo di rischi.

Una riflessione che vale la pena di fare a questo punto riguarda la relazione fra la Food Security e la Food Safety, cioè fra il rischio di non mangiare e il rischio di contrarre malattie attraverso un cibo non sano. La Food Safety rappresenta una preoccupazione successiva alla acquisita disponibilità di cibo e diventa un argomento di preoccupazione estrema, quasi parossistica, nei Paesi in cui il cibo non solo è disponibile e abbondante ma addirittura eccessivo per un sano rapporto fra alimentazione e salute.

Nei PVS invece la preoccupazione fondamentale è quella della disponibilità della razione minima di cibo necessaria alla sopravvivenza e certo la Food Safety come noi la intendiamo è una preoccupazione minore. Questa condizione e l'arretratezza tecnologica determinano la conseguenza drammatica che nei PVS non solo il cibo manca, ma anche che il cibo disponibile è in condizioni igieniche inadeguate e quindi costituisce, in aggiunta alla fame, un ulteriore motivo di rischio.

• il terzo gruppo dei rischi per la salute è rappresentato dai rischi connessi a patologie dismetaboliche varie di cui sono portatori alcune categorie di consumatori a rischio.



I rischi per la qualità degli alimenti

In questo gruppo abbiamo classificato i rischi che determinano una perdita di qualità biologica degli alimenti e cioè di qualità sensoriale e nutrizionale.

Il danno consiste in una perdita di competitività dei prodotti e quindi in un danno economico.

Anche questo gruppo di rischi è stato suddiviso in tre sottogruppi in relazione alla tipologia dei fattori di rischio, che sono stati classificati in:

• rischi di danno meccanico o fisico, dovuto a fattori in grado di modificare la forma o la struttura o lo stato di idratazione degli alimenti

• rischi di danno termico, dovuti a combinazioni di tempo e temperatura pregiudizievoli alla qualità dei prodotti. Su questo tema i progressi della tecnologia hanno portato grandi miglioramenti ed oggi il danno termico ha un'incidenza quasi trascurabile sulla qualità dei cibi che sono a nostra disposizione.

• rischi di danno chimico dovuti prevalentemente ad ossidazioni e a reazioni enzimatiche indesiderate. Possiamo includere in questo gruppo anche alterazioni dovute a microrganismi non patogeni né tossinogeni, ma in grado di alterare i prodotti (microrganismi alteranti).



I rischi per l'incolumità e la salute dei lavoratori sono stati elencati senza ulteriori sottoclassificazioni. Spero che gli esperti di questo argomento apportino significativi miglioramenti e una più adeguata strutturazione a questa classificazione.

I rischi per la tracciabilità dei prodotti

Per la importanza e l'attualità del tema in relazione ai sistemi di IRM, una pagina del testo è riservata alla presentazione del tema della tracciabilità. Anche in questo caso si può parlare ovviamente di rischi per la tracciabilità cioè rischi di perdita della identità dei prodotti.



RISCHIO DI DANNO

Rischi per la salute dei consumatori



RISCHI DI CARENZE ALIMENTARI; IL GRANDE PROBLEMA DELLA SOTTOALIMENTAZIONE E DELLA FAME: FOOD SECURITY

_________________________________



RISCHI IGIENICI (DA AGENTI CONTAMINANTI): FOOD SAFETY

- RISCHI DA CONTAMINANTI CHIMICI

- RISCHI DA AGENTI DI TOSSINFEZIONI ALIMENTARI

- RISCHI DA CONTAMINANTI PARTICELLARI

- RISCHI DA SOSTANZE TOSSICHE DI NEOFORMAZIONE

- INDICATORI INNOCUI DI CATTIVA IGIENE

_____________________________________



RISCHI DEI CONSUMATORI AFFETTI DA PATOLOGIE E CARENZE

- RISCHI DA APPORTI CONTROINDICATI PERCONSUMATORI "A RISCHIO"*

- RISCHI PER CONSUMATORI AFFETTI DA ALLERGIE ED INTOLLERANZE ALIMENTARI

RISCHI PER COMPORTAMENTI ALIMENTARI DISORDINATI, COMPRESI I RISCHI PER MALATTIE NEUROLOGICHE COME L'ANORESSIA E LA BULIMIA

____________________________________________________________________





Rischi per la qualità del prodotto (nutrizionale e sensoriale)



-RISCHIO DI DANNO MECCANICO E FISICO

- ROTTURA E FRAMMENTAZIONE DI PRODOTTI FRAGILI, FRIABILI

- PERDITA DI INTEGRITÀ DEI PRODOTTI FRESCHI ED INNESCO DI REAZIONI DEGRADATIVE

- MODIFICAZIONE DEI CONTENUTI DI UMIDITÀ, APPASSIMENTO, SHRINKAGE

- SCONGELAMENTO E RICONGELAMENTO

- UMIDIFICAZIONE, RAMMOLLIMENTO, PRESA IN MASSA



RISCHIO DI DANNO TERMICO

- ALTERAZIONI DEL FLAVOUR, PERDITA DI AROMI

- TERMOSSIDAZIONI E ALTERAZIONI TERMICHE DEI LIPIDI

- PERDITA DI VITAMINE E DI AMINOACIDI ESSENZIALI



RISCHIO DI DANNO OSSIDATIVO, MICROBIOLOGICO, ENZIMATICO E CHIMICO

- ALTERAZIONI PROVOCATE DA MICRORGANISMI ALTERANTI E DA ENZIMI

- ALTERAZIONI DELLA MICROSTRUTTURA E DELLA CONSISTENZA, RAFFERMIMENTO

- ALTERAZIONI ENZIMATICHE E NON ENZIMATICHE DEL COLORE, IMBRUNIMENTO

___________________________________________________



RISCHI PER LA SALUTE E L'INCOLUMITÀ DEI LAVORATORI DELLA FILIERA AGROALIMENTARE

- DA ATTREZZATURE E MACCHINE AGRICOLE

-DA ANTIPARASSITARI, DISINFETTANTI E CONCIMI CHIMICI

-DALLA GESTIONE E DAL CONTATTO CON ANIMALI

-DALL'USO E DALLA MANIPOLAZIONE DI LIQUAMI E STALLATICI

-DA MOVIMENTAZIONI DI PESI

-DA ATTIVITÀ SVOLTE IN CONDIZIONI E POSTURE IMPROPRIE

-DA IMPIANTI ELETTRICI E DA ORGANI IN MOVIMENTO NELLE OPERAZIONI DI TRASFORMAZIONE E STOCCAGGIO

RISCHIO DI ALCOLISMO NELLE AZIENDE PRODUTTRICI DI ALCOLICI

-DALLA MANIPOLAZIONE DI POLVERI

- DA DISINFETTANTI E DISINFESTANTI

- DA DETERGENTI CAUSTICI O TOSSICI

Rischi per la tracciabilità

La tracciabilità è un argomento strettamente collegato al problema della Food Safety e della qualità; possiamo dire che in ogni settore della produzione alimentare sicurezza del consumatore, qualità e tracciabilità sono la triade di requisiti indispensabili compresi negli obiettivi di ogni sistema di gestione. I problemi della tracciabilità si pongono, per quanto riguarda il rischio, in termini diversi rispetto a tutti gli altri requisiti. I requisiti di tracciabilità, a differenza dei requisiti della sicurezza e della qualità, non ammettono livelli e gradazioni intermedie: o il prodotto è tracciabile o non lo è.

La tracciabilità di un prodotto richiede che sia data una risposta precisa e documentata alle 5 domande chiave del monitoraggio dei flussi materiali e cioè:

CHE COSA?

QUANTO?

DOVE?

QUANDO?

CHI (chi ha la responsabilità)?

La mancanza di risposta anche ad una sola delle cinque domande rende la tracciabilità inconsistente o inaffidabile. I due fattori di perdita della tracciabilità sono: o la mancata registrazione di dati relativi agli stoccaggi, agli input o agli output e la mancata registrazione di miscelazioni.

Classificazioni di quinto livello

Per illustrare le potenzialità del metodo adottato in questa classificazione forniamo infine, ma soltanto a scopo esemplificativo e riferendoci al tema dei rischi igienici, due esempi di classificazione di quinto livello relativa ai due fattori più importanti del rischio igienico: quello dei contaminanti chimici e quello delle tossinfezioni alimentari.



Per contaminante chimico si intende ogni sostanza non aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari, ma in essi presente quale residuo della produzione (compresi i trattamenti applicati alle colture e al bestiame e nella prassi della medicina veterinaria), della fabbricazione, della trasformazione, della preparazione, del trattamento, del condizionamento, dell'imballaggio, del trasporto o dello stoccaggio di tali prodotti, o in seguito alla contaminazione dovuta all'ambiente.

Per tossinfezioni alimentari si intendono le infezioni che interessano in modo specifico l'apparato digerente e derivano dall'azione di tossine e microrganismi che sono introdotti nell'organismo attraverso il cibo. Nella prospettiva di completamento di questo testo è questo il dettaglio al quale sarebbe opportuno giungere anche per tutte le altre tipologie di rischio.



RISCHI DA CONTAMINANTI CHIMICI



- NITRATI

- METALLI PESANTI

- MICOTOSSINE E ALTRI PCB, POLICLOROBIFENILI

- ACRILAMMIDE

- IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI, IPA

- COMPOSTI FURANICI

- RESIDUI DI FITOFARMACI E ANTIBIOTICI

- NITROSAMINE ED AMINE ETEROCICLICHE (HA)

- CONTAMINANTI DA MATERIALI A CONTATTO, COMPRESE LE MATERIE PLASTICHE DEGLI IMBALLAGGI



RISCHI DA TOSSINFEZIONI ALIMENTARI

- ESCHERICHIA COLI

- SIGHELLOSI

- CAMPILOBATTERIOSI

- CLOSTRIDIUM BOTULINUM

- CLOSTRIDIUM PERFRINGENS

- AEROMONAS

- COLERA

- SALMONELLOSI

- STAPHILOCOCCUS AUREUS

- BACILLUS CEREUS

- FEBBRE TIFOIDE

- VIBRIO PARAHAEMOLITICUS

- LISTERIOSI

- ENCEFALOPATIA SPONGIFORME BOVINA

- HENTAMOEBA HISTOLYTICA

- CICLOSPORIASI



LE CAUSE DEL RISCHIO

La causa dei danni è sempre una inadeguatezza dei comportamenti umani

La ricerca delle responsabilità ha determinato, fin dai tempi di Rousseau, la individuazione delle cause di un danno nella carenza di cultura e nell'inadeguatezza dei comportamenti dell'uomo.

Prima di Rousseau l'atteggiamento nei confronti delle disgrazie e delle catastrofi era di totale impotenza. Si cercava di scongiurare gli effetti della siccità o dell'alluvione, del terremoto o dell'incendio con rituali di scongiuro o con preghiere, come se le conseguenze di tali disastri dovessero essere in qualche modo attribuite alla responsabilità di una divinità e non alla imprudenza degli uomini. In realtà non c'è disastro per quanto grave che non possa essere attribuito o alle intenzioni malevole o alla negligenza degli uomini.

L'atteggiamento di imprevidenza e di irresponsabilità degli uomini nei riguardi del rischio non è molto cambiato dall'antichità se si pensa alle famiglie che sono andate a costruirsi la casa sulle falde del Vesuvio e se si pensa che è tuttora più facile ottenere la popolarità con le ricostruzioni del dopo terremoto che con la prevenzione attraverso la applicazione delle regole della costruzione antisismica. Soltanto un'attenta riflessione su questi punti può rivelare il metodo più efficace e meno costoso per ridurre gli impatti dei rischi in un'azienda.

L'elenco non è riferibile soltanto al settore alimentare, ma a qualunque sistema di attività.

Al primo punto ci sono le responsabilità della proprietà e dei dirigenti aziendali. Da questo livello di vertice deve partire l'input che segnala l'importanza che l'azienda assegna al controllo e alla gestione dei rischi.

In secondo luogo l'attenzione della dirigenza aziendale segnala il ruolo che l'etica gioca nella politica e nelle strategie aziendali.

Nei punti successivi sono elencate una serie di incongruenze che sono le cause più frequenti del rischio:

Incongruenze strutturali, riguardanti la impropria progettazione delle strutture edilizie e della logistica di processo, delle attrezzature e degli impianti, della tecnologia e del flowsheet adottati e infine l'inadeguato numero e preparazione del personale, che rappresenta ovviamente la risorsa più critica per la prevenzione dei rischi.



La riflessione su questi temi è appena agli inizi, pur trattandosi del settore di interventi in cui si possono ottenere i maggiori risultati e successi nella prevenzione dei rischi.

In questo ambito si possono esprimere i sistemi più evoluti della prevenzione come ad esempio:



• la progettazione integrata degli edifici (Franco Sangiorgi e Silvia Pellizzi, comunicazione personale, Milano, 1996)

• il disegno sanitario degli impianti

• la sostituzione di controlli manuali con controlli automatici

• la progettazione di macchine a prova di errore, di stanchezza e di stupidità

Incongruenze organizzative, riguardanti una impropria organizzazione del lavoro, con improprie sequenze temporali, carenti definizioni dei ruoli, elementi di costrittività del lavoro manuale. Su questi temi esiste un'approfondita letteratura sindacale a tutela della salute dei lavoratori, ma anche a tutela del più efficace controllo dei rischi della qualità e della sicurezza degli alimenti.

1. SOTTOVALUTAZIONE O ERRATA VALUTAZIONE DEL RISCHIO E DELLE SUE CONSEGUENZE - IGNORANZA DELLE REGOLE DEL RISK MANAGEMENT, INADEGUATA CONSAPEVOLEZZA DELLA DIREZIONE AZIENDALE

2. INCONGRUENZE STRUTTURALI

- ERRORI DI LAY-OUT E DI LOGISTICA INTERNA

- STRUTTURE EDILIZIE INADEGUATE

- DISEGNO NON SANITARIO DEGLI IMPIANTI

- PERSONALE INCOMPETENTE, NON PREPARATO



3. INCONGRUENZE ORGANIZZATIVE

- ERRORI DI PROGRAMMAZIONE DEI TEMPI E DELLE MANSIONI

- ERRORI DI LAY-OUT E DI LOGISTICA INTERNA

- ERRORI ERGONOMICI E ELEMENTI DI COSTRITTIVITÀ DEGLI OPERATORI



4. INCONGRUENZE COMPORTAMENTALI

- DISTRAZIONI, DIMENTICANZE, IMPRECISIONI

- MANCANZA DI MOTIVAZIONE

- IGNORANZA DELLE REGOLE O MANCATA PERCEZIONE DELLE PROPRIE RESPONSABILITÀ

Per ragioni riferibili alla scarsa evoluzione dei concetti di Risk Management, nel settore alimentare si sente parlare indistintamente di "prevenzione del rischio". In realtà, per un efficace IRM, il trattamento della condizione di rischio dovrebbe essere impostato tenendo conto delle tre possibilità che sono indicate nella tabella seguente e cioè:

1. La eliminazione del rischio (risk elimination) che significa in pratica eliminazione del fattore di rischio dal processo. In questo caso si azzera la probabilità del danno e perciò la gravità del rischio. I metodi che si possono adottare per attuare questo tipo di trattamento sono i più diversi.

Ad esempio:

• l'eliminazione dei pesticidi nelle coltivazioni o l'eliminazione del vetro nelle confezioni come mezzo per escludere alcuni rischi relativi alla food safety

• l'aggiornamento dei macchinari eliminando gli organi responsabili di possibili incidenti, riducendo la rumorosità, eliminando la diffusione di polveri, fumi o liquidi pericolosi, ecc.

• l'innovazione tecnologica modificando il flowsheet del processo

• l'outsourcing con aziende specializzate ed attrezzate per il controllo e l'eliminazione del rischio



2. La prevenzione del rischio (risk prevention) consistente nella riduzione della probabilità del rischio per mezzo di opportune procedure operative, sistemi di controllo, formazione del personale, …



3. La protezione dal danno (risk mitigation) consistente nella attuazione di precauzioni che pur in presenza del fattore di rischio minimizzano gli effetti del danno. Appartengono a questi metodi che possiamo qualificare come passivi le misure più varie, dall'uso di indumenti protettivi fino alla stipulazione di contratti assicurativi nei riguardi di eventi imprevedibili e catastrofici.

La scelta di uno di questi tre sistemi corrisponde ad un diverso livello di sicurezza; dal punto 1 al punto 3 si ha una progressiva diminuzione della sicurezza ma anche dei costi dell'intervento. Si pone dunque un problema di politiche e di strategie che implica una presa di coscienza ed una chiara indicazione da parte della dirigenza aziendale. Il quarto punto della tabella si riferisce non alla gestione della condizione di rischio, ma alla gestione della condizione di danno conclamato. In questo caso si tratta di vere e proprie emergenze.

Per quanto è a nostra conoscenza e se si escludono le emergenze più comuni come ad esempio l'incendio, le aziende alimentari sono del tutto impreparate a fronteggiare delle emergenze. Nei casi in cui si è in presenza di danni molto gravi, ci si trova spesso ad operare in maniera del tutto disorganizzata, mentre sarebbe invece il caso di mettere in atto il massimo di organizzazione.

La precisione, la estensione, l'addestramento alle procedure di emergenza è una misura delle capacità gestionali di un'azienda.



I trattamenti delle condizioni di rischio



1. ELIMINAZIONE DELLA CAUSA DEL RISCHIO: ELIMINAZIONE DEL RISCHIO (RISK ELIMINATION)

- MODIFICARE IL PROCESSO ED ELIMINARE I FATTORI DI RISCHIO

- TRASFERIRE AD ALTRI IL RISCHIO: OUTSOURCING A STRUTTURE MEGLIO ATTREZZATE





2. RIDUZIONE DELLA PROBABILITÀ DEL RISCHIO: PREVENZIONE O RIDUZIONE DEL RISCHIO (RISK PREVENTION OR RISK REDUCTION)

- ATTUARE PROCEDURE DI PREVENZIONE

- PASSARE DA CONTROLLI MANUALI A CONTROLLI AUTOMATICI

- UTILIZZARE MACCHINE E ATTUARE PROCEDURE "A PROVA DI ERRORE"

- UTILIZZARE ATTREZZATURE E MATERIALI CERTIFICATI

- PROGRAMMI DI FORMAZIONE DEL PERSONALE



3. RIDUZIONE DELLE CONSEGUENZE DEL RISCHIO: PROTEZIONE DAL DANNO (RISK MITIGATION)

- ATTREZZATURE, DISPOSITIVI E MATERIALI PROTETTIVI

- POLIZZE ASSICURATIVE



4. ARRESTARE LA PROPAGAZIONE DI RISCHI O DANNI GRAVI IN ATTO

- PROCEDURE DI EMERGENZA, COMPRESA LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO

- TRACCIABILITÀ DEGLI OPERATORI E DELLE CONDIZIONI OPERATIVE

- PROGRAMMI DI RICHIAMO DEI PRODOTTI

Documento redatto a cura del Prof. Claudio Peri

Per gentile concessione: Ipack-Ima spa - C.so Sempione, 4 - 20154 Milano

www.ipackima.it

Il testo è stato preso da:

http://www.newsfood.com/q/8348947b/la-gestione-integrata-del-rischio-nei-processi-e-nelle-filiere-alimentari-parte-1-di-3/

http://www.newsfood.com/q/75d96f5a/la-gestione-integrata-del-rischio-nei-processi-e-nelle-filiere-alimentari-parte-2-di-3/

http://www.newsfood.com/q/b38cc132/la-gestione-integrata-del-rischio-nei-processi-e-nelle-filiere-alimentari-parte-3-di-3/

Nessun commento:

Posta un commento