Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sullo studio pubblicato su Nature che esplora l’evoluzione genetica dell’uomo in particolare il numero di copie del gene che codifica per l’enzima amilasi
Intervistatore: Buongiorno Dottor Bruno, oggi
parliamo di un interessante studio pubblicato su Nature che esplora
l’evoluzione genetica dell’uomo, in particolare il numero di copie del gene che
codifica per l’enzima amilasi. Lo studio suggerisce che negli ultimi 12.000
anni l’essere umano ha aumentato la capacità di digerire i carboidrati,
soprattutto con la diffusione dell’agricoltura. Cosa ne pensa di queste
scoperte?
Dott.
Antonio Bruno:
Buongiorno, è davvero affascinante come lo studio metta in evidenza
l’evoluzione genetica dell’uomo in risposta alla diffusione dell’agricoltura.
Quando si passa da uno stile di vita basato sulla caccia e raccolta a uno
agricolo, l’alimentazione cambia drasticamente. Con l’introduzione di cereali
come il grano e l'orzo, è naturale che il corpo umano si sia adattato per
digerire meglio i carboidrati. Questo adattamento genetico, che ha portato a un
aumento delle copie del gene AMY1 che codifica per l’enzima amilasi, dimostra
quanto la dieta possa influenzare l’evoluzione umana.
Intervistatore: Lo studio sottolinea che l’aumento
delle copie del gene AMY1 è stato un vantaggio in termini di sopravvivenza.
Qual è il legame tra questo fenomeno e l’agricoltura?
Dott.
Antonio Bruno:
L’agricoltura ha cambiato radicalmente la vita dell’uomo. Prima di allora, i
nostri antenati si nutrivano di ciò che trovavano in natura, cibi che spesso
erano ricchi di proteine e grassi, ma relativamente poveri di carboidrati. Con
l’agricoltura, si è iniziato a coltivare piante ricche di amido, come i
cereali, che richiedono una maggiore capacità di scomposizione degli amidi in
zuccheri. L’amilasi, un enzima che si trova nella saliva e nel pancreas, svolge
questo compito. L’aumento delle copie di questo gene ha permesso agli individui
di digerire meglio gli amidi, garantendo loro una fonte di energia più stabile.
Questo ha offerto un vantaggio competitivo nelle società agricole, dove una
dieta ricca di cereali era ormai la norma.
Intervistatore: Uno degli aspetti più interessanti
è il ritmo accelerato con cui questi cambiamenti genetici sono avvenuti. Lo
studio suggerisce che il tasso di evoluzione del gene dell’amilasi è stato
10.000 volte più rapido rispetto ad altri cambiamenti genetici. Come possiamo
interpretare questo dato?
Dott.
Antonio Bruno: Questo
dato ci mostra quanto sia potente l'influenza ambientale e alimentare
sull’evoluzione. Quando un’intera popolazione si affida a una fonte alimentare
ricca di carboidrati, la selezione naturale favorisce chi ha una maggiore
capacità di digerirli. Questo accade molto più rapidamente rispetto ai
cambiamenti in altre parti del genoma, perché la capacità di trasformare
l’amido in zucchero è direttamente legata alla sopravvivenza e alla
riproduzione. Il fatto che questo cambiamento sia avvenuto in diverse popolazioni
umane in modo indipendente, ma in maniera quasi identica, conferma l'importanza
cruciale della dieta nelle nostre evoluzioni biologiche.
Intervistatore: Lo studio evidenzia anche la
possibilità di applicare questi risultati allo studio delle malattie genetiche.
In che modo questi nuovi metodi potrebbero contribuire alla comprensione di
malattie legate a duplicazioni genetiche?
Dott.
Antonio Bruno: La
capacità di identificare le copie multiple di geni, come nel caso dell'amilasi,
apre la strada a una comprensione più approfondita di molte malattie genetiche.
Molte di queste malattie sono causate da duplicazioni o delezioni in certe
regioni del genoma, che finora erano difficili da studiare con precisione.
Grazie alle tecniche di sequenziamento a lettura lunga, possiamo ora esplorare
in dettaglio queste regioni complesse. Questo non solo ci aiuta a capire meglio
malattie legate al metabolismo, come il diabete, ma può anche fornire indizi su
condizioni legate all’evoluzione recente del genoma umano.
Intervistatore: Un aspetto curioso è che avere più
copie del gene AMY1 potrebbe essere associato a un rischio maggiore di carie
dentale. Come si spiega questa relazione?
Dott.
Antonio Bruno: È un
esempio interessante di come un vantaggio evolutivo possa avere anche dei
risvolti negativi. L’amilasi scompone l’amido in zuccheri già nella bocca,
trasformando rapidamente carboidrati complessi in zuccheri semplici. Questo può
creare un ambiente favorevole per i batteri che causano carie, poiché si
nutrono proprio degli zuccheri presenti nei residui alimentari. È un piccolo
prezzo che abbiamo pagato per poter digerire meglio i carboidrati e garantire
una maggiore sopravvivenza nelle epoche passate.
Intervistatore: In conclusione, quali sono secondo
lei le implicazioni pratiche di questa ricerca per il settore agronomico?
Dott.
Antonio Bruno: Questo
tipo di ricerca ci aiuta a capire meglio come l’essere umano si adatta alle
sfide alimentari e ambientali. Conoscere meglio l’interazione tra genetica e
dieta ci permette di sviluppare tecniche agricole più sostenibili e in linea
con le esigenze nutrizionali delle popolazioni. Ad esempio, potremmo sfruttare
queste conoscenze per selezionare piante più adatte a specifici bisogni
nutrizionali o per migliorare la digestione di certi alimenti. In un’epoca di
cambiamenti climatici e di crescente domanda di cibo, queste informazioni
possono essere preziose per garantire la sicurezza alimentare globale.
Intervistatore: Grazie mille per il suo tempo e le
sue riflessioni, Dottor Bruno. È stato un piacere ascoltare il suo punto di
vista.
Dott.
Antonio Bruno: Grazie a
voi, è stato un piacere discutere di un tema così importante e affascinante.
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