giovedì 12 settembre 2024

Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sullo studio pubblicato su Nature che esplora l’evoluzione genetica dell’uomo in particolare il numero di copie del gene che codifica per l’enzima amilasi

 Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno sullo studio pubblicato su Nature che esplora l’evoluzione genetica dell’uomo in particolare il numero di copie del gene che codifica per l’enzima amilasi 


Intervistatore: Buongiorno Dottor Bruno, oggi parliamo di un interessante studio pubblicato su Nature che esplora l’evoluzione genetica dell’uomo, in particolare il numero di copie del gene che codifica per l’enzima amilasi. Lo studio suggerisce che negli ultimi 12.000 anni l’essere umano ha aumentato la capacità di digerire i carboidrati, soprattutto con la diffusione dell’agricoltura. Cosa ne pensa di queste scoperte?

Dott. Antonio Bruno: Buongiorno, è davvero affascinante come lo studio metta in evidenza l’evoluzione genetica dell’uomo in risposta alla diffusione dell’agricoltura. Quando si passa da uno stile di vita basato sulla caccia e raccolta a uno agricolo, l’alimentazione cambia drasticamente. Con l’introduzione di cereali come il grano e l'orzo, è naturale che il corpo umano si sia adattato per digerire meglio i carboidrati. Questo adattamento genetico, che ha portato a un aumento delle copie del gene AMY1 che codifica per l’enzima amilasi, dimostra quanto la dieta possa influenzare l’evoluzione umana.

Intervistatore: Lo studio sottolinea che l’aumento delle copie del gene AMY1 è stato un vantaggio in termini di sopravvivenza. Qual è il legame tra questo fenomeno e l’agricoltura?

Dott. Antonio Bruno: L’agricoltura ha cambiato radicalmente la vita dell’uomo. Prima di allora, i nostri antenati si nutrivano di ciò che trovavano in natura, cibi che spesso erano ricchi di proteine e grassi, ma relativamente poveri di carboidrati. Con l’agricoltura, si è iniziato a coltivare piante ricche di amido, come i cereali, che richiedono una maggiore capacità di scomposizione degli amidi in zuccheri. L’amilasi, un enzima che si trova nella saliva e nel pancreas, svolge questo compito. L’aumento delle copie di questo gene ha permesso agli individui di digerire meglio gli amidi, garantendo loro una fonte di energia più stabile. Questo ha offerto un vantaggio competitivo nelle società agricole, dove una dieta ricca di cereali era ormai la norma.

Intervistatore: Uno degli aspetti più interessanti è il ritmo accelerato con cui questi cambiamenti genetici sono avvenuti. Lo studio suggerisce che il tasso di evoluzione del gene dell’amilasi è stato 10.000 volte più rapido rispetto ad altri cambiamenti genetici. Come possiamo interpretare questo dato?

Dott. Antonio Bruno: Questo dato ci mostra quanto sia potente l'influenza ambientale e alimentare sull’evoluzione. Quando un’intera popolazione si affida a una fonte alimentare ricca di carboidrati, la selezione naturale favorisce chi ha una maggiore capacità di digerirli. Questo accade molto più rapidamente rispetto ai cambiamenti in altre parti del genoma, perché la capacità di trasformare l’amido in zucchero è direttamente legata alla sopravvivenza e alla riproduzione. Il fatto che questo cambiamento sia avvenuto in diverse popolazioni umane in modo indipendente, ma in maniera quasi identica, conferma l'importanza cruciale della dieta nelle nostre evoluzioni biologiche.

Intervistatore: Lo studio evidenzia anche la possibilità di applicare questi risultati allo studio delle malattie genetiche. In che modo questi nuovi metodi potrebbero contribuire alla comprensione di malattie legate a duplicazioni genetiche?

Dott. Antonio Bruno: La capacità di identificare le copie multiple di geni, come nel caso dell'amilasi, apre la strada a una comprensione più approfondita di molte malattie genetiche. Molte di queste malattie sono causate da duplicazioni o delezioni in certe regioni del genoma, che finora erano difficili da studiare con precisione. Grazie alle tecniche di sequenziamento a lettura lunga, possiamo ora esplorare in dettaglio queste regioni complesse. Questo non solo ci aiuta a capire meglio malattie legate al metabolismo, come il diabete, ma può anche fornire indizi su condizioni legate all’evoluzione recente del genoma umano.

Intervistatore: Un aspetto curioso è che avere più copie del gene AMY1 potrebbe essere associato a un rischio maggiore di carie dentale. Come si spiega questa relazione?

Dott. Antonio Bruno: È un esempio interessante di come un vantaggio evolutivo possa avere anche dei risvolti negativi. L’amilasi scompone l’amido in zuccheri già nella bocca, trasformando rapidamente carboidrati complessi in zuccheri semplici. Questo può creare un ambiente favorevole per i batteri che causano carie, poiché si nutrono proprio degli zuccheri presenti nei residui alimentari. È un piccolo prezzo che abbiamo pagato per poter digerire meglio i carboidrati e garantire una maggiore sopravvivenza nelle epoche passate.

Intervistatore: In conclusione, quali sono secondo lei le implicazioni pratiche di questa ricerca per il settore agronomico?

Dott. Antonio Bruno: Questo tipo di ricerca ci aiuta a capire meglio come l’essere umano si adatta alle sfide alimentari e ambientali. Conoscere meglio l’interazione tra genetica e dieta ci permette di sviluppare tecniche agricole più sostenibili e in linea con le esigenze nutrizionali delle popolazioni. Ad esempio, potremmo sfruttare queste conoscenze per selezionare piante più adatte a specifici bisogni nutrizionali o per migliorare la digestione di certi alimenti. In un’epoca di cambiamenti climatici e di crescente domanda di cibo, queste informazioni possono essere preziose per garantire la sicurezza alimentare globale.

Intervistatore: Grazie mille per il suo tempo e le sue riflessioni, Dottor Bruno. È stato un piacere ascoltare il suo punto di vista.

Dott. Antonio Bruno: Grazie a voi, è stato un piacere discutere di un tema così importante e affascinante.

 

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