Intervista al Dottore Agronomo Antonio Bruno: Il Futuro dell'Agricoltura Salentina Attraverso il Progetto “Dajs Atlas”
In questa intervista, il Dottore Agronomo Antonio Bruno ci guida alla scoperta del progetto innovativo “Dajs Atlas”, una piattaforma nata per supportare la rigenerazione sostenibile dell'agricoltura nei territori colpiti dalla xylella fastidiosa. Parliamo di soluzioni, sfide e opportunità per il futuro dell'agricoltura nel Salento.
Dottor
Bruno, ci potrebbe spiegare in cosa consiste il progetto “Dajs Atlas”?
Sì, “Dajs
Atlas” è una piattaforma web pensata per fornire un supporto concreto agli
agricoltori, ai decisori politici e anche ai cittadini nella gestione e
rigenerazione sostenibile dell'agricoltura. Si tratta di un sistema modulare e
scalabile, che raccoglie i risultati della ricerca sulla “Rigenerazione
sostenibile dell'agricoltura nei territori colpiti da xylella fastidiosa”. La
piattaforma è progettata per offrire scenari su misura, basata su diverse aree
tematiche, come la gestione delle risorse idriche e del suolo, la biodiversità,
il paesaggio e la neutralità carbonica, solo per citarne alcune. Questo
strumento è particolarmente utile per orientare alla resilienza e migliorare la
produttività dei territori colpiti dalla malattia, come il Salento.
Quali sono
le principali funzionalità offerte da questa piattaforma per gli agricoltori?
Una delle
funzionalità più rilevanti di “Dajs Atlas” è la possibilità di incrociare le
esigenze specifiche degli utenti con le azioni di rigenerazione agricola più
adatte. Ciò consente di generare scenari personalizzati basati su una varietà
di fattori chiave, come i nuovi scenari produttivi post-xylella, la gestione
dell'acqua e del suolo, la biodiversità, la sostenibilità e molto altro.
Inoltre, la piattaforma integra una cartografia interattiva, che consente di
monitorare in tempo reale lo stato del territorio, inclusi aspetti come la
fertilità del suolo e la disponibilità delle risorse idriche, elementi
fondamentali per pianificare interventi agricoli efficaci e tempestivi.
Durante il
convegno è stato menzionato che la piattaforma comprende anche un'interfaccia
documentale. Qual è la sua importanza?
L'interfaccia
documentale è uno strumento altrettanto fondamentale. Essa consente agli utenti
di accedere facilmente a un archivio di documenti essenziali, che include
modelli di rigenerazione, normative, casi studio e linee guida. Questo
significa che gli agricoltori ei decisori politici possono ottenere
informazioni pratiche e efficaci per affrontare le sfide poste dalla xylella e
dalla gestione del territorio, tutto in un'unica piattaforma.
Passando a
un altro aspetto cruciale, si potrebbe parlare delle analisi dei suoli e delle
acque nel Salento? Quali sono i risultati emersi dal progetto?
Le analisi
sono state condotte dall'unità operativa del Ciheam Bari, coordinata da Donato
Mondelli, e hanno riguardato lo stato di fertilità dei suoli e la qualità delle
acque irrigue nelle zone colpite dalla xylella, in particolare nelle province
di Lecce, Brindisi e Taranto. Fortunatamente, nonostante il contesto sia
delicato, i risultati hanno mostrato che la fertilità dei suoli non è del tutto
compromessa. Inoltre, non è stato riscontrato alcun fenomeno di salinizzazione,
una notizia molto positiva per gli agricoltori, poiché significa che c'è ancora
margine per intervenire in modo efficace e rigenerare i terreni.
Un altro
tema di grande interesse è quello della neutralità del carbonio. Ci può dire di
più sul lavoro svolto in questo ambito?
Certamente.
La task leader Maria Vincenza Chiriacò, del Centro euro-mediterraneo sui
cambiamenti climatici, ha presentato un innovativo strumento tecnologico che
potrebbe rivoluzionare la pianificazione delle coltivazioni nel Salento. Si
tratta di un sistema che sarà accessibile tramite un semplice codice QR e
fornirà agli agricoltori mappe esplorabili che indicano quali colture sono più
adatte al territorio. Questo strumento non solo supporta una gestione agricola
sostenibile, ma offre anche la possibilità di generare crediti di carbonio
attraverso l'adozione di pratiche virtuose. In questo modo, gli agricoltori non
solo contribuiranno alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ma potranno
anche ottenere guadagni economici vendendo i crediti di carbonio.
In
conclusione, quali sono le prospettive future per il progetto “Dajs Atlas” e
per l'agricoltura nel Salento?
Le
prospettive sono molto promettenti. “Dajs Atlas” rappresenta un vero e proprio
cambio di paradigma per l'agricoltura salentina, offrendo uno strumento
completo che integra dati scientifici, tecnologia e innovazione. Grazie a
questa piattaforma, gli agricoltori possono affrontare con maggiore sicurezza
le sfide poste dalla xylella e dai cambiamenti climatici, puntando su una
rigenerazione sostenibile e una produttività resiliente. Il futuro
dell'agricoltura nel Salento passa attraverso l'adozione di strumenti come
questo, che uniscono conoscenza, innovazione e sostenibilità per garantire un
futuro migliore per l'intero territorio. Ho però una certezza in proposito
circa l’assenza degli imprenditori agricoli nel Salento leccese perché la loro
difficoltà non è quella di prendere la decisione di cosa produrre ed è questa
la situazione dell’agricoltura del Salento che è necessario ed urgente
affrontare. Voglio dire che la piattaforma “Dajs Atlas” se non si affronterà
questo problema non servirà che a pochi intimi.
Circa situazione dell'agricoltura nel Salento leccese.
Cosa pensa delle attuali difficoltà che gli imprenditori agricoli stanno
affrontando?
Le difficoltà che gli imprenditori agricoli stanno vivendo sono molteplici,
ma vorrei porre l'accento su due aspetti principali. Il primo riguarda il
cambiamento del ruolo dell'agricoltore: oggi assistiamo a un fenomeno che
definisce “commercializzazione forzata”. Molti imprenditori agricoli si vedono
costretti a trasformarsi in commercianti. Nessuno vuole più produrre, tutti
vogliono solo vendere, perché i costi di produzione in Italia, soprattutto nel
nostro contesto salentino, sono troppo alti per essere competitivi rispetto ai
paesi esteri, come quelli dell'Africa mediterranea.
Lei ha parlato spesso di una nuova "Riforma Fondiaria".
Potresti spiegarci in cosa consiste questa proposta?
Certo. La mia proposta parte dalla consapevolezza che il paesaggio rurale è
una risorsa preziosa non solo per chi vi lavora, ma per l'intera collettività.
Il Salento leccese, ad esempio, produce servizi ecosistemici che hanno un
impatto diretto sul benessere di tutti i cittadini. La globalizzazione ha reso
insostenibile la produzione alimentare a livello locale, a meno che non si
tratti di brand di nicchia detenuti da grandi imprese di trasformazione.
Tuttavia, l'agricoltura ha un valore che va oltre la produzione di cibo: essa
contribuisce alla salvaguardia del paesaggio e alla lotta contro il
riscaldamento globale.
Per questo motivo, propongo la creazione di un "Consorzio
Obbligatorio", un ente di diritto pubblico o pubblico economico che
gestisca direttamente le terre abbandonate e frammentate, garantendo la
produzione e il mantenimento del paesaggio.
Questa è una proposta ambiziosa. Come potrebbe funzionare concretamente
il Consorzio Obbligatorio?
Il Consorzio avrebbe il compito di gestire le terre degli agricoltori che
non sono più in grado di farlo autonomamente. Pensiamo ai molti anziani
proprietari di piccoli appezzamenti di terra che non hanno più la forza oi
mezzi per occuparsi della loro gestione. Invece di abbandonare queste terre, il
Consorzio le prenderebbe in carico, con la possibilità di continuare a produrre
cibo e mantenere il paesaggio.
I proprietari, da parte loro, riceverebbero uno compenso per il contributo
dato al mantenimento del paesaggio e alla produzione alimentare. Inoltre si
potrebbero finalmente assumere persone come addetti agricoli che analogamente a
quanto accade per i dipendenti pubblici avrebbero uno spitendio. Le risorse per
finanziare questo sistema verrebbero dalla fiscalità generale o dall'emissione
di ruoli specifici a carico degli abitanti del territorio, in funzione dei
benefici ricevuti dai servizi ecosistemici prodotti dal paesaggio rurale.
Un sistema simile potrebbe disincentivare la creazione di nuove imprese
agricole? Come si garantirebbe che ci siano ancora imprenditori agricoli
disposti a lavorare in proprio?
È un punto molto interessante. L'imprenditoria agricola, come la intendiamo
oggi, potrebbe essere meno attraente se si offrisse una via più semplice,
quella di diventare dipendenti pubblici del Consorzio. Tuttavia, la mia
proposta non mira a eliminare l'imprenditoria privata. Coloro che desiderano
continuare a gestire la propria azienda agricola in modo autonomo potranno
farlo. Il Consorzio interverrebbe solo per quei proprietari che non riescono
più a sostenere l'attività in modo indipendente. Inoltre, lo Stato potrebbe
incentivare i produttori privati, magari attraverso agevolazioni fiscali o
contributi, per favorire chi ancora sceglie di operare nel settore agricolo con
un'impresa privata.
Qual è la differenza principale tra la sua proposta e la politica
agricola comune (PAC) degli ultimi decenni?
La PAC, negli ultimi decenni, ha avuto come obiettivo il sostegno alla
rendita piuttosto che alla vera gestione del territorio. Questo ha portato alla
frustrazione di molti agricoltori, che si sono trovati a fare i conti con aiuti
economici che non hanno mai veramente incentivato il lavoro agricolo. La mia
proposta, invece, vuole mettere al centro l'ecosistema e il paesaggio rurale,
riconoscendo che questo non solo produce cibo, ma anche servizi essenziali per
la collettività. È necessario ripensare il cibo non più come una semplice
"commodities", ma come un diritto, proprio come l'istruzione o la
salute.
Sembra una visione di un'agricoltura più integrata con la società e
l'ambiente. Come pensi che questo modello possa influire sul futuro
dell'agricoltura nel Salento?
Il modello che propongo potrebbe essere una soluzione al problema
dell'abbandono delle terre, che affligge da anni il nostro territorio. Non solo
salverebbe il paesaggio, ma potrebbe anche garantire occupazione e preservare
il nostro patrimonio agricolo e culturale. Naturalmente, sarà necessario un
grande sforzo da parte dello Stato e delle istituzioni per far sì che questo
sistema funzioni, ma credo che sia un passo necessario se vogliamo evitare che
intere aree del nostro territorio cadano nell'abbandono e nella
desertificazione.
La sua proposta sembra innovativa e audace. Hai già ricevuto risposte o
critiche da parte di colleghi e istituzioni?
Certamente, e il dialogo è sempre aperto. Alcuni, per esempio, hanno
espresso perplessità riguardo all'idea che gli agricoltori possono preferire
diventare dipendenti pubblici piuttosto che imprenditori. Ed è un punto
legittimo. Ma credo che dobbiamo affrontare la realtà: molti agricoltori sono
ormai scoraggiati, e non vedono più la loro attività come sostenibile. Se non
interveniamo ora, il rischio è che queste terre vengano abbandonate del tutto.
La mia proposta nasce proprio dalla necessità di trovare soluzioni pratiche per
salvare il nostro paesaggio rurale.
La ringrazio, dottor Bruno, per il suo tempo e per aver condiviso con noi la
sua visione su un tema così importante per il futuro del nostro territorio.
Grazie a voi, è stato un piacere. Spero che
questa discussione possa contribuire a trovare soluzioni concrete per
l'agricoltura nel Salento e non solo.
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