sabato 2 gennaio 2010

Piantare troppi alberi un rischio per l’ambiente


Piantare troppi alberi un rischio per l’ambiente
Studio Usa: assorbono l’anidride carbonica ma causano danni al sistema idrogeologico

Piantare alberi per sottrarre dall’atmosfera l’anidride carbonica al fine di ridurre il riscaldamento globale potrebbe determinare maggiori problemi ambientali di quanti ne verrebbero risolti. E’ a tutti noto che gli alberi funzionano come «trappole» per la CO2, magli effetti indesiderati delle piantagioni forestali potrebbero sottrarre quantità eccessive di acqua e di nutrienti al suolo, esacerbando ulteriormente gli scompigli climatici.
MODELLI — «Il "sequestro" della CO2 — dice Robert Jackson dell’Università di Duke (Usa), nella ricerca pubblicata dal Journal of Geophysical Research—può funzionare per qualche decennio ma la domanda non è se possiamo stoccare il carbonio negli alberi, quanto piuttosto quali sono i danni e i benefici per l’ambiente». E allora dalle ricerche sul campo (più di 600 osservazioni in varie parti del mondo) integrate con modelli climatici ed economici, si è giunti alla conclusione che piantare alberi riduce in media del 52% il flusso d’acqua nei terreni considerati, inaridendo del tutto il 13% dei ruscelli entro il primo anno dall’attuazione della forestazione. E’ pur vero che è proprio questo unmodo per prevenire le alluvionima in molti altri casi (specialmente quando gli alberi sono piantati e gestiti come fossero grandi colture agricole) produce una rilevante alterazione del ciclo idrogeologico. La ragione va cercata nel fatto che abitualmente, quando si piantano alberi si utilizzano quelli a crescita più rapida (varie specie di pini ed Eucalyptus per esempio) con radici che scendono più in profondità e assorbono molta più acqua rispetto alle colture erbacee che vanno a sostituire. A questo si deve aggiungere l’intercettazione della pioggia da parte delle chiome e la rapida evapotraspirazione che nelle zone extratropicali non si trasforma necessariamente in precipitazioni. Così l’acqua rimasta disponibile, non utilizzata dalle piante, si riduce anche del 20% e in molte nazioni la forestazione costituisce una grave sottrazione di risorse idriche. Pure il ciclo dei nutrienti è alterato rispetto alle praterie o ai campi coltivati, con depauperamento di calcio, magnesio e potassio, mentre sodio e cloro si accumulano nel terreno che diventa sempre più salato e acido.
EFFETTI — Effetti molto negativi si avrebbero per esempio se si trasformassero in foreste le pampas argentine o le steppe caspiche della Russia. Mentre invece gli effetti sarebbero positivi nel Sahel africano dove l’assorbimento degli alberi manterrebbe il livello dell’acqua salata al di sotto di quello dove affondano le radici le colture agricole. Ben diverso è poi piantare alberi dove non ci sono mai stati, dal ripristinare un ambiente già esistente laddove la foresta era stata abbattuta: operazione quest’ultima auspicabile. Il protocollo di Kyoto obbliga le nazioni a ridurre la CO2 anche attraverso il «sequestro del carbonio». Piantare alberi è una delle opzioni. «Ma la sua efficacia sarà comunque limitata—commenta Jackson —. Abbiamo calcolato che negli Usa bisognerebbe piantare 44 milioni di ettari di alberi per avere una riduzione di CO2 del 10%. Meglio sarebbe migliorare la resa energetica delle automobili».
Massimo Spampani

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