Agricoltura - Jugum - Ventilabrum - Falx serrata - Falx
Cipolle e cavoli in mezzo agli scavi così rinascono gli orti degli antichiCINZIA DAL MASODOMENICA, 25 OTTOBRE 2009 LA REPUBBLICA - NAPOLIPompei diventa un marchio di cibi prodotti come duemila anni faArcheoagricoltura anche in Toscana dove si stanno riscoprendo le viti degli EtruschiLavorare la terra come gli antichi Romani. Coltivare gli stessi prodotti negli stessi identici luoghi. Sembra fantascienza. Ma oggi è davvero possibile ricostruire anche il passato più impalpabile e perituro. Ricostruire la vita. E ottenere prodotti locali che di più non si può: autoctoni da oltre duemila anni. Ci stanno provando in molti, unendo le forze degli archeologi con quelle dei botanici, degli storici dell´agricoltura e del paesaggio antico. A Pompei, innanzitutto, dove l´eruzione del 79 d.C. ha conservato persino le impronte nel terreno delle radici delle piante. Lì si sa esattamente dove stavano gli orti, dove le viti, gli alberi da frutto. E già da qualche anno l´azienda vinicola Mastroberardino sperimenta la coltivazione di vitigni autoctoni nei medesimi luoghi antichi e con tecniche antiche. Ma adesso si andrà oltre: con un protocollo d´intesa firmato dal commissario straordinario Marcello Fiori e dall´assessore all´Agricoltura della Regione Campania, Gianfranco Nappi, si promuoverà nel mondo l´unicità di Pompei anche dal punto di vista agricolo. Vendendo «uno dei grandi marchi italiani», come dice Fiori, non solo al turismo culturale ma anche a quello enogastronomico. Nelle aree di Pompei non ancora scavate si farà coltivazione biologica solo di specie tipiche locali come la cipolla, il cavolo, gli alberi da frutto. Che da Natale i turisti potranno degustare a Pompei o acquistare a distanza. E il vino "Villa dei Misteri", già in produzione, sarà l´araldo di Pompei nelle ambasciate italiane del mondo.Intanto in città l´archeobiologa Annamaria Ciarallo progetta un luogo dove raccontare al pubblico curiosità di storia dell´agricoltura e dell´alimentazione. Ma già gli studi sui metodi di conservazione dei cibi, che da tempo conduce con i colleghi della cooperativa Amphora di Forlì, sono in mostra al castello romagnolo di Cusercoli. Dove sta prendendo forma un inventario nazionale dei luoghi per la conservazione del cibo, forse il problema maggiore per l´agricoltore dell´era pre-frigorifero. Innanzitutto le ingegnose fosse da grano che dalla preistoria, per millenni, hanno sigillato cereali e legumi come fossero sottovuoto.È però sempre il vino il protagonista delle ricerche archeoagricole. Dai Campi Flegrei alla Lomellina, diverse aziende ripristinano oggi i sistemi antichi di coltivazione della vite. E c´è chi è riuscito persino a individuare la parentela genetica tra vitigni antichi e moderni. Sono gli archeologi Andrea Zifferero e Andrea Ciacci dell´Università di Siena che da anni collaborano con i biologi molecolari di Milano e Siena nell´indagine delle "lambruscaie" etrusche, viti selvatiche che s´inerpicano sugli alberi. Con studi pionieristici hanno scoperto che le viti trovate vicino alle antiche fattorie etrusche e romane hanno sviluppato negli anni un patrimonio genetico diverso da quelle cresciute in ambienti totalmente naturali. Sono quasi sicuramente le discendenti di quelle che il fattore antico ha coltivato per fare il suo vino, e che col tempo poi sono tornate a inselvatichirsi. Quelle del centro etrusco di Ghiaccioforte assomigliano molto ai vitigni canaiolo nero e sangiovese impiegati oggi in zona per fare il Morellino di Scansano. Che è, dunque, vino quasi etrusco. E presto a Scansano si produrrà anche il suo antenato.
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