I Massi della Vecchia
di Barbara Baldassarre
Lu furticiddhu de la vecchia (foto di B. Baldassarre)
C’è un luogo nel Salento in cui pacificamente si incontrano e convivono un mito della classicità greca come Ercole e la tradizione popolare di un parallelo mondo magico popolato da streghe, orchi e tesori nascosti. Lu Furticiddhu de la Vecchia e lu Lettu de la Vecchia, entrambi a poca distanza l’uno dall’altro negli uliveti tra Minervino e Giuggianello, ne sono i protagonisti principali.Le loro forme bizzarre hanno da sempre attirato l’attenzione di studiosi, geologi e semplici appassionati: già il De Giorgi parlava del Furticiddhu come di un fungo di forme colossali col suo cappello e col suo peduncolo, ed anche se in realtà entrambi i massi altro non sono se non il risultato dell’effetto dell’erosione dell’acqua e del vento sulla pietra calcarea nel corso dei millenni, questa semplice spiegazione sembra poco soddisfacente quando ci si trova davanti alla loro imponenza. Non meraviglia quindi che per spiegarne l’origine si siano scomodati anche gli antichi.
La fonte del mito di Ercole legato al Furticiddhu è il De Mirabilis Auscultationibus, un testo della scuola Peripatetica fondata da Aristotele nel III secolo a.C.
Secondo questo mito, nella sua battaglia contro i Titani Ercole li affronta e li insegue fin nelle terre della Japigia (il Salento). Nello scontro finale presso Pandosia (l’attuale Muro Leccese), lanciando loro contro dei massi enormi Ercole riesce a spingere i Titani verso il mare, dove essi annegano (da cui la leggenda sull’origine delle acque sulfuree di Santa Cesarea Terme, rese putride dai corpi dei Titani lì annegati). Sempre secondo il mito, uno in particolare dei massi scagliati da Ercole contro i Titani, dopo essere stato lanciato, si posiziona così in equilibrio che la semplice pressione di un dito riuscirebbe a farlo cadere. Per questo motivo il Furticiddhu de la Vecchia è anche conosciuto con il nome di Masso Oscillante di Ercole.
La tradizione popolare vede invece i massi come appartenenti alla Vecchia, ossia alla Striara (la strega), moglie de lu Nanni Orcu. Lu Furticiddhu infatti rappresenta l’arcolaio con cui la Vecchia fila mentre decide delle sorti del raccolto dei contadini (furticiddhu infatti è l’anello a forma di disco che blocca il filo lavorato nel fuso dell’arcolaio), mentre lu Lettu, poco distante, è il giaciglio a forma di cuscino su cui la Vecchia riposa, spesso con il marito.
Lu lettu de la vecchia (foto di Barbara Baldassarre)
La fantasia popolare però non si ferma qui. Si narra ancora che la vecchia è anche la custode di un tesoro, una acchiatura costituita da una chioccia e da 7 pulcini d’oro. Impadronirsene non è impossibile. Basta affrontare la vecchia all’alba del giorno di San Giovanni (24 giugno), quando è ancora addormentata sul suo giaciglio. Al suo risveglio lei farà tre domande a cui bisognerà rispondere senza esitazione o pause, e soprattutto non si dovranno mai distogliere i propri occhi dai suoi, pena l’essere pietrificati e diventare così un’altra delle tante pietre disseminate negli uliveti della zona.
In bilico tra il mito della classicità, la fantasia popolare e l’erosione, in quel luogo del Salento seminascosto tra gli ulivi, i massi della vecchia hanno indubbiamente qualcosa di magico. E tutto sembra prendere vita simultaneamente ed avere finalmente pieno senso. Perché per quanto strano possa sembrare, una volta lì sembra proprio di vederla, la vecchia, che fila seduta sul masso scagliato da Ercole contro i Titani, a sfidare nei millenni l’azione dell’acqua e del vento.
di Barbara Baldassarre
Lu furticiddhu de la vecchia (foto di B. Baldassarre)
C’è un luogo nel Salento in cui pacificamente si incontrano e convivono un mito della classicità greca come Ercole e la tradizione popolare di un parallelo mondo magico popolato da streghe, orchi e tesori nascosti. Lu Furticiddhu de la Vecchia e lu Lettu de la Vecchia, entrambi a poca distanza l’uno dall’altro negli uliveti tra Minervino e Giuggianello, ne sono i protagonisti principali.Le loro forme bizzarre hanno da sempre attirato l’attenzione di studiosi, geologi e semplici appassionati: già il De Giorgi parlava del Furticiddhu come di un fungo di forme colossali col suo cappello e col suo peduncolo, ed anche se in realtà entrambi i massi altro non sono se non il risultato dell’effetto dell’erosione dell’acqua e del vento sulla pietra calcarea nel corso dei millenni, questa semplice spiegazione sembra poco soddisfacente quando ci si trova davanti alla loro imponenza. Non meraviglia quindi che per spiegarne l’origine si siano scomodati anche gli antichi.
La fonte del mito di Ercole legato al Furticiddhu è il De Mirabilis Auscultationibus, un testo della scuola Peripatetica fondata da Aristotele nel III secolo a.C.
Secondo questo mito, nella sua battaglia contro i Titani Ercole li affronta e li insegue fin nelle terre della Japigia (il Salento). Nello scontro finale presso Pandosia (l’attuale Muro Leccese), lanciando loro contro dei massi enormi Ercole riesce a spingere i Titani verso il mare, dove essi annegano (da cui la leggenda sull’origine delle acque sulfuree di Santa Cesarea Terme, rese putride dai corpi dei Titani lì annegati). Sempre secondo il mito, uno in particolare dei massi scagliati da Ercole contro i Titani, dopo essere stato lanciato, si posiziona così in equilibrio che la semplice pressione di un dito riuscirebbe a farlo cadere. Per questo motivo il Furticiddhu de la Vecchia è anche conosciuto con il nome di Masso Oscillante di Ercole.
La tradizione popolare vede invece i massi come appartenenti alla Vecchia, ossia alla Striara (la strega), moglie de lu Nanni Orcu. Lu Furticiddhu infatti rappresenta l’arcolaio con cui la Vecchia fila mentre decide delle sorti del raccolto dei contadini (furticiddhu infatti è l’anello a forma di disco che blocca il filo lavorato nel fuso dell’arcolaio), mentre lu Lettu, poco distante, è il giaciglio a forma di cuscino su cui la Vecchia riposa, spesso con il marito.
Lu lettu de la vecchia (foto di Barbara Baldassarre)
La fantasia popolare però non si ferma qui. Si narra ancora che la vecchia è anche la custode di un tesoro, una acchiatura costituita da una chioccia e da 7 pulcini d’oro. Impadronirsene non è impossibile. Basta affrontare la vecchia all’alba del giorno di San Giovanni (24 giugno), quando è ancora addormentata sul suo giaciglio. Al suo risveglio lei farà tre domande a cui bisognerà rispondere senza esitazione o pause, e soprattutto non si dovranno mai distogliere i propri occhi dai suoi, pena l’essere pietrificati e diventare così un’altra delle tante pietre disseminate negli uliveti della zona.
In bilico tra il mito della classicità, la fantasia popolare e l’erosione, in quel luogo del Salento seminascosto tra gli ulivi, i massi della vecchia hanno indubbiamente qualcosa di magico. E tutto sembra prendere vita simultaneamente ed avere finalmente pieno senso. Perché per quanto strano possa sembrare, una volta lì sembra proprio di vederla, la vecchia, che fila seduta sul masso scagliato da Ercole contro i Titani, a sfidare nei millenni l’azione dell’acqua e del vento.
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