Degli studi sul Salento agricolo dell’Ottocento e Novecento
Le preziose ricerche di F.A. Mastrolia dell’Università del Salento
Con la istituzione delle Società Agrarie il 1 Novembre 1810,
rinominate Società Economiche il 1812, il regime bonapartista, subentrato ai
Borbone sul trono di Napoli (1806-1815), dotava le province meridionali di
istituti di ricerca per l’innovazione e il progresso dell’economia agraria e
industriale. Anche Terra d’Otranto ebbe la sua società agraria (vera antenata
della odierna Camera di Commercio Industria e Agricoltura). Ne fu eletto primo
presidente il naturalista accademico dei Georgofili, Giuseppe Giovene di
Molfetta (1753- 1837), vicario vescovile di Lecce, vice Samuele Pasquali,
tesoriere Pasquale Manni, segretario perpetuo Cosimo Moschettini di Martignano.
Ben presto vi aderirono una schiera di agronomi, studiosi, e di proprietari
illuminati, e tra questi, l’arcivescovo di Brindisi Annibale De Leo, Salvatore
Arigliano, Oronzo Gabriele Costa, Antonio Romano, Vincenzo Balsamo, in seguito
Gaetano Stella, e tanti altri. Alla base
di queste attività ottocentesche vi furono il positivo travaglio dell’Accademia
degli Speculatori, fondata il 1775 dall’ingegnere napoletano Carlo Salerni e
dal martignanese Giuseppe Palmieri, del coevo pensiero fisiocratico, e
dell’insegnamento universitario di Antonio Genovesi, quindi della parallela
“Statistica Murattiana” (1811-1817), organizzata e coordinata dal Giovene, e
supportata dal pensiero illuministico nostrano del citato Palmieri, dei
Gagliardo, Monticelli, Orlando, Presta, Briganti. Muovendo da queste basi,
la Società Economica di Terra d’Otranto si indirizzava verso studi e
sperimentazioni volti a conoscere, per promuovere e incrementare lo stato
generale dell’economia rurale della regione, decisamente primitivo e arretrato,
a iniziare dall’olivicoltura e dalla viticoltura, successivamente le
manifatture, la viabilità, il commercio, la pesca e così via. In seguito,
grazie anche alla pubblicazione del Giornale di Economia, palestra di
proprietari illuminati, di imprenditori-sperimentatori, di tecnici e meccanici,
vennero tracciati percorsi di innovazione manageriale, con proposte, progetti,
invenzioni, sperimentazioni, uso di macchine e di metodi e attrezzature
moderni, fondazione di opifici, e di quanto oggi va sotto il nome di “archeologia
industriale”.
Franco Antonio Mastrolia, docente di Storia dell’Economia
nell’Università del Salento, e autore di oltre 50 saggi, a iniziare dal volume
basilare (scritto a quattro mani con Mario De Lucia) Società e risorse
produttive in Terra d’Otranto durante il XIX secolo (Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, 1988) si è messo in luce in questo ultimo quarto di
secolo con diverse importanti ricerche, concentrate in tre volumi, tutti editi
dalla E.S.I., in cui tratta dello sviluppo economico del Salento tra Settecento
e Novecento: Istituzioni e conoscenze agrarie in Terra d’Otranto (1810-1910);
Tra terra e mare. Aspetti dell’Economia di Terra d’Otranto (1861-1914);
Personaggi “Benemeriti” del Mondo Agricolo in Terra D’Otranto nell’Ottocento
(2012), proponendo una vasta e articolata panoramica delle realtà economiche di
questa terra. L’ultima delle opere elencate, frutto di lunghe ricerche e noiose
letture di relazioni prefettizie, compilate a richiesta del Ministero, per
segnalare lo status dell’economia della provincia e «le persone benemerite
dell’agricoltura e delle industrie agrarie». Ne è derivato un quadro dinamico e
insospettato di coraggiosi pionieri e operatori i quali, a differenza degli ex
feudatari padroni della quasi totalità del latifondo, che risiedevano a Napoli
campando di rendita, si presero cura delle proprie aziende, portandole avanti
«con vero piglio manageriale». Queste figure nuove e benemerite del mondo
agricolo salentino cominciarono ad affermarsi, pur tra mille difficoltà, nel corso
dell’Ottocento, dando un certo slancio agli scadenti e arretrati settori
oleario e vinicolo, modernizzandolo con l’uso di macchine, partecipando alle
grandi esposizioni europee, e cogliendo anche meritati allori e premi. Nel
periodo borbonico emergono Vincenzo Balsamo, ricco possidente e colto esponente
della carboneria, amico del marchese Cosimo Ridolfi, che inviava al Balsamo un
esperto toscano come Luigi Baracchi di Montagnana, i cui metodi e innovazioni
dovevano segnare una svolta non solo a beneficio delle aziende di Balsamo, la
cui rendita triplicò nel breve giro di qualche anno, ma della società economica
e, quindi, dell’intera economia salentina. Altro tecnico eccellente, operoso in
periodo preunitario, fu Luigi Semola di Otranto, il quale, a metà del secolo,
costruì a Galatone per il principe di Belmonte un grandioso stabilimento
oleario, il primo in provincia dotato di modernissima illuminazione a gas,
elogiato dal Castiglione e dal De Giorgi, dove la stagione della molitura
durava diversi mesi all’anno. Semola verrà successivamente eletto al Parlamento
italiano. Nell’Italia unita, tra gli anni ’80 dell’Ottocento e i primi decenni
del ‘900, si mettevano in luce, tra i tanti, Filippo Bacile di Castiglione per
l’olivicoltura, Arcangelo Leone De Castris di Salice per il vino, Alfonso
Castriota di Galatone per l’apicoltura, Donato Zocco per l’orticoltura, Achille
Tamborino di Maglie, il principe Luigi Dentice di Frasso, il cav. Giuseppe Elia
di Ceglie Messapica. La passione per la viticoltura creava il liquorificio di
Luigi Capozza di Casarano, gli stabilimenti vinicoli sparsi un po’ dovunque dei
Fratelli Folonari di Brescia, e di altre note aziende del Nord Italia. Tra i
benemeriti bonificatori di terre paludose sparse in parecchie zone del Salento vengono
ricordati Federico Libertini per gli interventi a Frigole, il barone D’Amely
per il risanamento di estesi territori in agro di Melendugno, e soprattutto il
francese Antonio Auverny per la bonifica della palude Li Foggi tra Gallipoli e
Taviano. Una moderna agricoltura non poteva fare a meno di fonderie ed officine
meccaniche come quelle che hanno supportato l’enologia e la produzione olearia:
tra le più note in provincia quelle impiantate a Galatone da Luigi Riccardi e
da Fortunato Nuzzo, dove venivano fabbricati torchi e altra attrezzatura di
ferro e di bronzo più volte premiati nelle importanti Esposizioni italiane ed
estere. Ma una segnalazione, necessariamente rapida come la mia, non può certo
rappresentare a pieno i meriti rilevanti di ricerche vaste e puntigliose come
queste di Mastrolia, che hanno richiesto anni di pazienza, di solitaria
dedizione, d’amore per la piccola patria. Oltretutto sconosciuti al popolo bue
delle reti, e peggio ancora snobbati dai “venerati maestri”, e dalla governance
insipiente dei nostri territori. Ragione di più per raddoppiare la gratitudine.
Vittorio Zacchino
L'IDOMENEO Idomeneo (2015), n. 18, 243-246 ISSN 2038-0313
DOI 10.1285/i20380313v18p243 http://siba-ese.unisalento.it, © 2015 Università
del Salento
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