venerdì 7 giugno 2019

Paquale Manni (S. Cesario di Lecce, 1745 – Lecce, 1841) primo direttore dell'Orto Botanico di Lecce



Quasi scontato è richiamare da subito la figura di Pasquale Manni, vero primo organizzatore dell’Orto Botanico Come riferisce S. Sabato, L’Orto Botanico di Lecce, cit., p. 55, già dal 1808 egli aveva ricevuto
l’incarico di allestire «un giardino di piante da servire per comodo del Collegio di Lecce».. Il Manni (S. Cesario di Lecce, 1745 – Lecce, 1841) appartiene a quell’esigua categoria di personaggi che espressero il volto innovatore del pensiero illuminista nella Terra d’Otranto e che inaugurarono una stagione di studi durante la quale si accesero nuovi interessi concepiti nell’ambito della ‘filosofia naturale’. Così che egli, per formazione e per tipologia di studi, come testimoniano ampiamente i titoli delle sue pubblicazioni scientifiche, rappresenta ancora la figura del ‘filosofo’ di stampo tardo-settecentesco, che spazia nell’ambito delle scienze della natura passando dalla Botanica alla Medicina, dalla Zoologia alla Vulcanologia, dalla Chimica alla Mineralogia. Nel 1789, infatti, dà alle stampe le sue Riflessioni fisico-chimiche sopra la meccanica veggetazione delle piante; segue nel 1795 un Saggio fisico-chimico sulla cagione de’ baleni e delle piogge che osservansi nelle grandi eruzioni vulcaniche.
Nel 1820, riferisce Della meteora apparsa la sera del 29 novembre del 1820, descrivendo il bolide che attraversò il cielo della città in quella data. In ambito medico presenta nel 1818 una ricerca su La natura e gli effetti del contagio petecchiale ed i mezzi più atti a distruggerlo, seguita dai suoi Pensieri fisiologici di risposta al dubbio proposto dalla università di Lovanio del 1823. Come zoologo, nel 1827 scrive una Memoria sul genere e sulla specie di cetaceo approdato nel littorale dell’Adriatico luogo detto la Botte11, cui si interessarono in seguito altri naturalisti, come Giuseppe Sanchez e Oronzo Gabriele Costa. Egli, che soprattutto negli anni della giovinezza aveva manifestato notevoli interessi per l’entomologia, curandosi poco «della derisione dei suoi conterranei, che lo han trattato da pazzo perché correva dietro alle farfalle», aveva costituito una raccolta d’insetti per una sua personale collezione naturalistica con l’intento, non realizzato, di pubblicare un proprio contributo sulla fauna salentina C.U. De Salis Marschlins, Viaggio nel Regno di Napoli, a cura di G. Donno, Cavallino di Lecce, Capone Ed., 1979, p. 141. Sono rimasti manoscritti alcuni suoi studi di argomento
vario: per l’entomologia una Memoria su de’ bruchi; una disquisizione sulla natura e proprietà chimico-fisiche della luce dal titolo Per la luce tutto in natura esiste; per la medicina le Riflessioni sulla fallacia del vajolo vaccino in preservare dal vajolo umano. Sono riportati in E. De Simone, Pasquale Manni. Eclettico naturalista salentino, cit., pp. 45-62..
Sempre nel periodo giovanile appare evidente la sua predilezione per gli studi botanici, più che agronomici, anche per l’influenza esercitata su di lui da Domenico Cirillo, alla cui scuola si deve la formazione scientifica del Salentino. L’esperienza maturata durante gli anni di studio napoletano gli consentì, infatti, la catalogazione delle essenze autoctone di diversi luoghi del Salento, compendiata in circa sessanta schede autografe che evidentemente accompagnavano e completavano un suo erbario, che però è andato disperso. Esse, seguendo uno schema non sempre costante, elencano, suddividendole per Classi ed in Generi, numerose specie vegetali – con note descrittive soprattutto degli organi sessuali – cui segue un breve commento, spesso con l’indicazione dei luoghi di raccolta.
Altri interessanti risultati delle sue ricerche botaniche sono invece riferiti dal resoconto fatto dal De Salis Marchlins, il naturalista svizzero che Manni condusse nel Salento facendogli da guida nelle sue escursioni.
Nei suoi scritti è ben testimoniato anche il tentativo di rapportarsi ad un ambito più vasto di quello provinciale attraverso la ricerca di una connessione al dibattito scientifico che animava l’ambiente culturale italiano o, perfino, di altri Paesi europei. Sintomatica di questa esigenza è l’insofferenza, spesso manifestata nell’intercalare della sua esposizione, verso l’emarginazione dai grandi flussi della cultura, che erano mediati attraverso la circolazione di opere editoriali la cui reperibilità lontano dai grandi centri rimaneva assai problematica. Ciò lo spinse a gestire a Lecce un recapito del tipografo-editore napoletano B. Borel, per commercializzare testi e riviste di varia cultura, accollandosene persino gli oneri. Col Cirillo avviò una proficua collaborazione scientifica, ricevendo il compito di riordinarne le collezioni naturalistiche, di erborizzare nei dintorni di Napoli e sulla Maiella e di eseguire ricerche entomologiche. Ma non meno intense furono le sue escursioni nel Salento, dove nel 1789 aveva già eseguito una ricognizione naturalistica nei dintorni di Taranto. Si stabilì in seguito a Presicce, ancora col sostegno della famiglia Arditi che, con l’illustre Michele Arditi, fondatore del Museo Archeologico di Napoli, gli aveva assicurato l’ospitalità durante il soggiorno napoletano per oltre nove anni di permanenza. Solo ai primi dell’800 si trasferì
definitivamente a Lecce, esercitando lungamente, e con grandi apprezzamenti, la professione di medico, tenendo scuola privata e continuando gli studi. Il 3 marzo 1807 il celebre Domenico Cotugno, per i meriti scientifici acquisiti, firma il decreto di nomina a socio corrispondente della Regal Società di Napoli per l’avanzamento delle Scienze Naturali; il 2 dicembre 1808 l’Intendente di Terra d’Otranto gli comunica l’incarico decretatogli dal Ministero dell’Interno perché realizzasse un giardino di piante presso il Collegio di Lecce e il 20 settembre 1810, riceve la nomina a membro ordinario dell’istituenda Società d’Agricoltura leccese, con l’auspicio che le sue «cognizioni nelle materie agrarie» favorissero il rifiorire dell’economia locale. In questa istituzione Manni ricoprì incarichi importanti (tesoriere, presidente) e, quando nel 1814 la Società ottenne il suolo adiacente alla sede in cui era ospitata, gli fu affidata la direzione del nascente Orto Botanico con l’incarico di entrare in corrispondenza con Michele Tenore, direttore del Real Giardino delle Piante in Napoli, per ottenere quelle giudicate più idonee per l’impianto dell’Orto leccese. A distanza di anni, nel 1828, riuscì ancora ad incrementarne le collezioni ricevendo, sempre da Napoli, numerosi esemplari di altre specie. Molteplici furono i suoi interventi nelle riunioni della Società per l’adozione di specifici accorgimenti nella conduzione delle colture e nella manifattura dei prodotti dell’agricoltura, spesso con originali proposte per l’utilizzo di nuove materie prime in sostituzione di quelle tradizionali e più costose. La sua longevità anagrafica e professionale sarà peraltro testimoniata dalla firma in calce ad un’Istruzione da lui redatta nel 1837 in qualità di presidente della Società Economica, nella quale dava opportune direttive per il miglioramento dell’industria della seta.
Tuttavia è documentato che già nel 1820 col Manni quantomeno collaborava, in qualità di presidente della Società, un suo ex allievo, Oronzo Gabriele Costa (Alessano, 1789 - Napoli, 1867).

Tratto da Ennio De Simone, L’Orto Botanico di Lecce nell’800: gli uomini, le loro storie


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