Un ricercatore del Crea ha spiegato al festival Food Science
di Mantova che la maggior parte degli alimenti che compriamo sono stati
modificati dall'uomo nel corso degli ultimi decenni. Eppure la pubblicità ha
convinto i consumatori che l'innovazione, nel campo alimentare, non sia mai
arrivata
di FEDERICO FORMICA
Che la pubblicità modifichi la nostra percezione dei
prodotti è noto. Del resto, è esattamente il suo obiettivo. Con il cibo, però,
il successo di questa strategia è ancora più evidente: i consumatori sono stati
convinti che la verdura che comprano provenga da splendidi orti vangati a mano
e che gli alimenti che consumano siano gli stessi da sempre.
Volete fare la spesa acquistando solo prodotti “di una
volta”, non modificati dall’uomo? Allora non c’è neanche bisogno di prendere il
carrello: uscirete con una bottiglia d’acqua (naturale), una confezione di sale
e un sacchetto di funghi porcini raccolti nel bosco.
Se vi accontentate degli alimenti “antichi”, rimasti
inalterati dal Novecento in poi il menù si allarga di poco: qualche bottiglia
di vino, alcune pere (le Williams sono state selezionate nel Settecento), le
arance Washington Navel (intorno a metà Ottocento) e poco altro. Il marketing
delle aziende alimentari ci descrive un mondo che non c’è. La maggior parte di
ciò che acquistiamo è il frutto di un moderno processo di selezione e
miglioramento genetico. Una tecnologia che ha avuto un boom a partire dal 1980
e ha cambiato il nostro rapporto con il cibo. In un modo così profondo che, chi
è nato dopo questa “sliding door”, non riesce neanche a percepire.
Al Food Science di Mantova, il festival dedicato al rapporto
tra ricerca scientifica e cibo, Luigi Cattivelli del Genomic Research Centre
del Crea ha “giocato” proprio su questo.
“Vi sembra normale che i pomodori al supermercato siano
rossi?” ha chiesto al pubblico. Viene da rispondere di sì, ma la verità è che
fino a pochi decenni fa i pomodori si acquistavano ancora verdi. Perché nel momento
in cui maturavano, dovevano essere consumati entro un paio di giorni prima che
marcissero. “La genetica del pomodoro è stata modificata perché il frutto
maturasse molto lentamente. Solo così è possibile tenerlo per settimane sugli
scaffali e nel frigo di casa” spiega Cattivelli.
E i datterini, i pachino, i ciliegini? “Mai visti fino agli
anni Novanta”. Persino il latte, che in apparenza è lo stesso prodotto da
sempre, oggi è molto diverso. “Se un litro costa poco più di un euro è perché
nel corso degli ultimi 40 anni la produttività delle vacche è stata quasi
raddoppiata: da 50 a 100 quintali di latte all’anno”.
E se l’uva senza semi o l’anguria-baby sono il frutto di
innovazioni recenti, che percepiamo come tali, sui banchi della frutta si
vendono mele hi-tech geneticamente resistenti ai parassiti: significa che hanno
visto molti meno pesticidi rispetto alle sorelle più “anziane”. “Eppure queste
mele passano inosservate: è come se nessuno le volesse” dice provocatoriamente
Cattivelli. Anche in questo caso, per una mera questione di marketing:
promuovere una mela senza pesticidi equivale ad ammettere che tutte le altre
sono state trattate circa venti volte prima della raccolta.
Fonte: https://www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/diritti-consumatori/2019/06/02/news/cibo_il_marketing_del_come_una_volta_ha_vinto-227336856/
Fonte: https://www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/diritti-consumatori/2019/06/02/news/cibo_il_marketing_del_come_una_volta_ha_vinto-227336856/
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