Ho letto le domande sorte dopo la lettura della mia proposta
per un economia dell’olivo e dell’olio fatta dai giovani per il territorio
senza avere la proprietà degli oliveti. In questa nota tento di esprimere
l’idea che mi sono fatto io. E’ lunga ma spero che la vostra pazienza che io
metto sempre a dura prova, mi conceda un pochino del vostro prezioso tempo.
Grazie
Il territorio del Salento leccese è rurale, ma in campagna
abita e lavorano pochissimi dei suoi abitanti e di questi quelli giovani sono
una rarità.
Si tratta come si vede di un enorme squilibrio nell’uso del
territorio cui occorre cominciare a porre rimedio.
Non era così nell’epoca pre-industriale quando il
predominare dell’attività agricola favoriva di per sé un insediamento equilibratamente
diffuso su tutto il territorio. Non è più sostenibile nell’epoca
post-industriale in cui viviamo con la sua crescente necessità di temperare i
consumi non necessari e di fare un uso equilibrato sia dell’energia che del
territorio e delle sue risorse. E ciò vale quanto mai nel periodo di crisi
prolungata che stiamo attraversando, il quale impone l’impegno a riscoprire e
rivalorizzare tutte le risorse: la campagna del Salento leccese è una di esse,
e una delle più consistenti.
Come ripopolare la campagna? Ciò non può avvenire per
decreto, né essere l’esito di una forma di neocolonialismo interno. “Non sono
state né saranno le varie PAC e PSR che potranno fare la differenza, ma è la
società civile del Salento leccese che deve trovare l’energia e la determinazione
per affermare la volontà di vivere in campagna.
Ci sono spazi per una rivalorizzazione della campagna del
Salento leccese in maniera non assistita bensì all’insegna dell’autogoverno ma
per questo sono necessarie comunità vitali come quelle di Spazi popolari.
La campagna è una risorsa e non una “palla al piede” non
solo perché è ricca di quelle risorse strategiche che con la crisi diventeranno
sempre più preziose, come l’acqua e fonti energetiche rinnovabili, ma anche
perché ha risorse sociali e culturali. Marginalizzata dalla crisi delle
attività tradizionali (agricoltura, allevamento, selvicoltura, artigianato), la
campagna – tranne alcune aree forti assimilabili a quelle urbane – ha sofferto
per la crisi demografica, l’invecchiamento della popolazione, il pendolarismo,
le seconde case. Crisi che in molti casi il turismo ha accentuato e non
risolto. Oggi la crisi dello Stato politico e di quello “sociale” possono
aprire spazi di rinegoziazione, di autogoverno, di ricomposizione di comunità
più vitali anche a cavallo di vecchie demarcazioni politico-amministrative. Ci
devono però essere comunità in grado di reclamare questo autogoverno, di
rispolverare adattandoli al presente i vecchi istituti che si collocano tra
pubblico e privato, i vecchi corpi intermedi che lo Stato e l’ideologia moderna
hanno qualificato come residui medioevali. Ci devono però essere comunità in
grado di gestire l’autogoverno.
Noi salentini siamo il frutto di anni di storia del Salento
leccese, di tradizioni, di lavoro, di impegno, di vita e soprattutto di
persone. Anni vissuti per la nostra terra, a cui ci doniamo completamente senza
riserve. Una terra che amiamo e che ameremo sempre, nonostante le avversità e
le difficoltà che spesso ci colpiscono. Se oggi, dopo tanto tempo, abbiamo
ancora una coscienza così forte di ciò che è stato, la sfida che ci proponiamo
è quella di fornire gli strumenti a coloro che verranno dopo di noi per non
dimenticare, e trasmettere ai posteri ciò che è stato nel passato per un futuro
sempre migliore, senza perdere quella forte identità che ci contraddistingue.
Si tratta di pubblicizzare attraverso una CATTEDRA AMBULANTE
DI AGRICOLTURA il piacere di raccogliere frutta e verdura mentre si passeggia
attraverso le campagne del nostro Salento, invece di doverli acquistare dopo
ore di coda al supermercato senza conoscerne la provenienza.
Dobbiamo come “novelli apostoli” far conoscere un orto per
così dire “comunitario”. Dobbiamo dire e ottenere che gli abitanti del Salento
leccese non si riforniscono più dai tradizionali mercati ma dai giovani di
Spazi popolari da questa comunità che autoproduce quanto basta per il
sostentamento degli abitanti, che, in un circolo virtuoso, sono coinvolti in
prima linea nelle attività di cura ed implementazione dello spazio comune.
Una vera delizia per occhi e spirito! Noi vogliamo creare il
paradiso dei vegetariani, dove patate e ortaggi di ogni genere e varietà, ma
anche frutta, olio, vino e erbe aromatiche che devono farla da padroni. Insomma
si tratta di sposare l’idea che nasce nel contesto di un progetto ideato da
Ivano Gioffreda e compagni (che siamo noi) per rendere il Salento leccese
autosufficiente in tema di produzione di olio, vino, grano frutta e verdura.
Ivano e compagni (che siamo noi) hanno innescato un vero
processo di valorizzazione del potenziale di risorse localmente disponibili e
non utilizzate. E’ la vera alternativa di tutto quanto sino ad oggi è accaduto
nel Salento leccese dove è sotto gli occhi di tutti che si è dato vita a forme
di “partecipazione senza condivisione”, che hanno portato ben presto ad uno
scadimento nella retorica della partecipazione, incapaci di generare il valore
aggiunto atteso.
Ho fatto l’esperienza della Progettazione Integrata e sono
stato costretto a prendere atto di questi limiti, non per considerarli un dato
insuperabile ma per realizzarne il superamento.
Lo sviluppo del Salento leccese, infatti, è possibile sono
con il miglioramento della governante territoriale e attraverso l’approccio
partecipativo.
Tutti abbiamo potuto osservare che le politiche di sviluppo
sin qui messe in atto con le Misure della PAC e del PSR non si basano su
effettivi partenariati e cooperazioni locali e quindi, come a tutti tristemente
noto, hanno dato prova di scarsa efficacia.
Si tratta di fare un patto con i cittadini per dare lavoro
ai figli del Salento che, invece di lavorare a 600 euro al mese nei CALL CENTER
o a 1.000 euro come COMMESSI DELLA GDO
(GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA), producono per vendere tutto ai loro
genitori e parenti e a tutti i cittadini del Salento nel Mercato Contadino del
proprio Comune per sperimentare
finalmente un’economia ecologica e solidale.
Nel MERCATO DI SPAZI POPOLARI DI IVANO GIOFFREDA E COMPAGNI tutti i cittadini che vogliono partecipare
possono portare:
• oggetti da barattare, anche oggetti riparati ma
funzionanti;
• propri lavori di artigianato;
• i prodotti del proprio orto, le officinali, i semi;
• le loro capacità e conoscenze;
per barattarli o venderli . E’ il sostegno alla sovranità
alimentare del Salento che rappresenta l’atto di fiducia che gli abitanti del
nostro territorio si attribuiscono reciprocamente; rappresentando una
diminuzione della spesa, aumentano di fatto il potere di acquisto delle
famiglie che partecipano al Mercato, ma soprattutto che agganciano gli euro al
territorio arginando l’emorragia di ricchezza e innescando circuiti
economicamente e socialmente virtuosi. Possiamo definire i MERCATI DI
SPAZI POPOLARI DI IVANO GIOFFREDA
E COMPAGNI come una “contabilità” della
reciproca fiducia: metro di misura di una solidarietà fattiva, ecologica ed
economicamente circolare e quindi per tutti conveniente.
Chi vorrà partecipare potrà portare un proprio tavolino o un
lenzuolo per esporre gli oggetti, poi dovrà decidere quanto vale il bene che
offre e iniziare lo scambio con gli altri cittadini in modo tale da ottenere
l’Economia Positiva. A questo Mercato potranno partecipare anche i bambini e le
bambine, accompagnati dai genitori.
I MERCATI DI SPAZI POPOLARI DI IVANO GIOFFREDA E COMPAGNI promuovono l’economia a kmZero, l’agricoltura
locale e la solidarietà.
Nel Salento leccese l’80% della ricchezza prodotta è
trasferita altrove attraverso le bollette dell’energia elettrica e termica,
attraverso prodotti che arrivano da lontano, attraverso gli sprechi e la
corruzione. Questa situazione impoverisce le economie locali, distrugge
l’ambiente e degrada l’umanità che lavora. Se Se siamo d’accordo Spazi popolari
creerà invece attività lavorative che utilizzano le energie rinnovabili,
sostenendo l’agricoltura e la produzione locale, creando un sistema onesto per
riportare la ricchezza nei territori, creare comunità più resilienti,
ecologiche e solidali.
Ivano questa è la risposta che sono riuscito a mettere
insieme per rispondere alle mille domande che sono nate dopo la mia proposta di
fare l’olio senza possedere l’oliveto. Spero che il dibattito continui.
Cari saluti
antonio
io direi una cattedra di AgroEcologia
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