I GRANI DELLE PUGLIE
Due lettere del Marchese di MONTILONE ed una dell'arciprete
Giovene
•I/ ANOIOLINA CECI E PASQUALE MARCItIO GIOVANI BEONI COLTI
ED EGREGI PER RICORDO DELLE FELICI LORO NOZZE MURATE NEI. Di xict DI SETTEMDRE
IIDGCMCIL
Vra le reliquie letterarie e scientifiche dell'illustre
arti-prete Giovane vi sono una lettera ufficiale dell'altro 9.2 illustre nostro
conterraneo Marchese di hlonVone, la minuta della risposta speditagli dal
Giovane ed una lettera conlIdenziale del primo in rendimento di grazie
all'al-tro. Sono del dicembre 1815. Il già decrepito arciprote, colto da grave
malore oftaltnico, era quasi cieco e dettò come potè meglio la sua risposta. i
Pubblicando integralmente queste tre lettere do' due nostri esimii conterranei,
vi prepongo una mia noticlna o dopo lascio che parlino da ah. In ciascuna delle
nostre provincie c'era ai tempi do'Ber-boni una Società Economica, a cui
appartenevano scienziati, o dettasi per tali. Questo Società doveano attendere
ai van-taggi agricoli, industriali, o commerciali della provincia, in cui erano
sorto: o talvolta svolgeano Idee buono o giusto o proponeano espedienti utili
ed opportuni: taraltra, anzi per lo più, assumevano goffa prosopopea accademica
o spiffera-vano inezie o spropositi. A costato Società Economiche ai nostri
tempi son successe le nostre Camere di Commercio: se meglio, o peggio, dirà
domani la storia. E degno di nota intanto la diligenza che mette il Go-Verno
nello studio delle quislioni riguardanti il benessere o la prosperità dello
Stato. Non si aceoglieano con leggerezza proposto fatte dalle Società, ma si
davano allo studio d'uo-mini eminenti o si evitavano errori, danni, rimorsi e
petto-golezzi. Era il principio del regno di Ferdinando II di Bar-bone, al cui
fianco seden nobile o gentile ispiratrice di bene Maria Cristina di Savoia. Le
Sicilia speravano ogni vantag-gio dal giovane Monarca, che fu poi il feroce
bombardatore, il cui governo fa Infamato in Europa con la definizione di
negazione di Dio data da un eminente uomo di Stato. In Capitanata le terre,
messe recentemente a coltura di cereali, davano infelici risultati. Le spighe
erano rade e po-vero o i grani anemici. La Società Economica di Capitanata dopo
lungo gracidare accademico si persuase cho tutto il danno rivonisse dalla
pessima qualità delle gemente; e pensò che fosso opportuno di scartare il grano
nostrale per la se-mina, facendone invece venire dalla Sardegna, dalla
Lom-bardia e dal Mar Nero. Udita la proposta il Governo, nonistimandola matura,
richiese d'un gitídizie gr intendenti dello provincie. E così ne N scritto
anche al Marchese di Mon-trono, intendente di Bari; il quale alla sua volta
indirizzò In queda forma l'interrogazione al venerando arciprete Gio-vene:
INTENDENZA DI BARI tilint itt WIMADATO Ottani pewayth dad
steditiow 751r ODOCTTO •
N.1
Bari 12 dicembre ISSI
Signore • S..13.. il Ministro delle Finanze mi ha scritta la
seguente riservata: e Signor Intendente — L'Intendente di Capitanato,
se-condendo le Istanze vivissime della Società Economica di quella Provincia,
ha rappresentato esser riuscito già da più anni infelice, oltre ogni credere,
il ricotta de' cereali nelle Paglie e per la scarsezza delle biade o per la
cattiva loro condizione. Ciò si attribuisce, non tonto all'eventualità do'
tempi, che pur sarebbe un male incerto, quanto ad una cagione perenne, che è la
qualità pessima del seme, di cui si fa uso. • Nella veduta quindi di farsi
risorgere le speranze del. Pagricollura, vien additato l'espediente della
introduzione di un miglior seme, ed n tal uopo si fa osservare che i grani di
Sardegna, della Lontbardia e quelli che vengono di Tangarock sul Mar Nero nulla
lasciano a desiderare. Intanto la gravezza de' dazi d' immissione e di consumo,
impedendo ai iorticolari di procurarseli, si Di osservare che sarebbe
necessario, non che utile il permettere P introdu-zione franca di due o tre
mila tomoli di ottimi grani stra• nied da ripartirsi nello varie Pnavincie, e
per modo da servire a solo uso di semenza, così che non si arrecasse il più
leggiere danno al consumo delle nostre biade. Ad og-getto quindi di prendersi
l'affare in ponderato esame, La prego farmi riservatamente conoscere il suo
parere al più presto possibile. lo La prego di prendere interesse di quanto si
è di sopra dedotto e di favorirmi li di 14 motivato avviso, da cui prenderò
argomento di riscontrare in modo sicuro il prole-dato Ministro. L' intendente
M. DI MONTDONE.
Questa lettera di certo non fu dettata dal Montrono: non ci
si vede la sua solita scrupolosi parità di lingua. Nit in-nanzi di apporci la
sua 'Urna dovè leggerla. Narrano che un giorno egli notava ad uno ad uno gli
orrori di lingua ad un snretario che gli avea presentata una lettera affi-dale;
ed esortandolo ad emendarsi, uscisse a dire: a Danno tolto tutto all'Italia:
conserviamolo noi magari la lingua. E seme che Rutterà. L'Arciprete a 21 di
dicembre di rimando gli spedi questa lettera che, cieco, come si è detto, area
dettata:
• Signor Intende:tic a In data de' 12 del corrente si è
compiaciuta rimettermi, con riserva, venerata lettera scritta da S. E. il
Ministro e
Segretario di Stato per le Finanze. In essa lettera sono
rapportati i lamenti della Società Economica di Capacitiate esposti a quel
degnissimo signor Intendente e da questi rassegnati a S. E. che da alcuni anni
a questa porto si raccolgono in'quella provincia grani di pessima condiziono o
qualità; e Lisciando da parte l'eventualità delle cause Meteorologiche, e
ponendosi qual causa di un tanto male la cattiva semenza, della quale si fa
uso, quasichè gene-ralmente, e si propone perciò e si chiede d' immettersi,
franchi di dazio, grani dalla Sardegna, dalla Lombardia o da Tangarok nel Mar
Nero, da servire unicamente per so. menta. Mi à quindi dato comando di
prenderne la maggioro coneideraziono o quindi dirle il mio motivato sentimento.
Eccomi intanto ad ubbidirle. • E primieramento non posso non rammentare a me
stesso il grido del gran Catone: Quod (Mieta» simile ap-pulo9 Eppure Roma
riceveva grani dall'Egitto e resto del-l'Africa, dall'Asia e dalla Sicilia. Si
sarebbero fonte Il suolo, IL clima, il cielo cambiati? No certamente, ma sono
scomparsi i buoni e savi agricoltori. Darsi perciò di tal malanno, che pur
sembra esagerato, la colpa alla Semenza cattiva è un prendere non causavi pro
causa, la qual cosa porta al falso. e Non la cattiva semenza che si mette a
terra nella Capi-temela (o la cosa già neppure in quella provincia è gene-rale
e nelle due provincie di Bari e Lecca si raecolgono grani eccellenti) ma la
attiva coltivazione dei cereali da alcuni anni in qua introdottasi in quella
provincia è la vera causa di un effetto tanto lugubre. Mi credo intanto nel
dovere di rassegnare i difetti massimi della coltivazione del frumento nella
Capitanata particolarmente. • Si seminano grani senza scelta e senza
preparazione. • 2. Si semina in terreni non proprii alla coltivazione dei
grani. • Si semina all'impazzita e, corno dicesi o giustamente, a getto. t 4.
Si trascura di concirama le terre. ▪ 5. Si pensa ben poco o nulla a tonere mondato lo pian-tone., del
grano. • e 6. E finalmente ai taglia mentre non ancora sia perlit-lamento
maturo; e non si lascia quanto sarebbe duopo nelle biche. e Vorrà permettere
clic lo discorra il più strettamente che possa di tali cose. • 1. Gli
agricoltori accorti scelgono il grano da seminaisi e fanno à da usare semenza
straniera; cioè a dire raccolta in altre terre, provvedendosene da vicini paesi
quando oc-corra (e già i grani d'Altamura, di Andria e di flanella sono ottimi)
e detta semenza preparano lavandola in flui-vi') di calco e cenere, ovvero dopo
leggermente bagnato aspergerlo di calce polverizzata, voltolando il grano con
pa-lette convenienti, aecib non nasca sfregialo dal carbone. a 2. Bene è detto
nel rapporto dell'Intendente di Capita-nata la sciagura che si annunzia essersi
da alcuni anni ori-. sorvola; che da alcuni anni soltanto si sono dato e
concesso dissodazioni di terre senza distinzione. Si é quindi seminato in
terreni di poco, o niun fendo e terreni nella Capitatale soproposti alla
malaugurato crosta, la quale noi• alle radici delle piantine e lolgono ogni
menti di comunicazione col sottoposto suolo. Quindi nascono spighe miserabili e
smilze e questo con grpno minuto o poco so-stanzioso. it S. Si semina, come ho
già osservato a gallo, conio dicesi, ossia con mano aperta. Per tal modo si
moltiplicano le pian-..tolino e queste vogebno affollate e strette fra loro
ruban-dosi scarobiovolmento Il nutrimento. Ma che vuole sperarsi da piante coi
agp,ruppato? Spighe smilze, meschine e ma-cilente. Io non dico già seminarsi a
buchi, che non Sarebbe possibile in tanta estensione di torre, ma perché non
pre-ferirai la semina a solchi e questi al più possibile profondi? Così si
semina in Francia ed Inghilterra; che anzi vi sono degli aratri con tal
congegno che si semina nel tempo stesso che si solco il terreno e quindi la
somma si copre. • 4. E cosa incomprensibile che in una provincia, come la
Capitoliate, poco o nulla ai pensi alla concimazione de' campi, quantunque
abbondi di greggi e di annuiti. Ma i concimi sono o trascurati onninamente,
ovvero applicati ad altri usi, de' quali non occorre dire. • 5. Poco si cura la
mondana del grano dall'erbe che ru-bano l'alimento. Eppure una tale operazione
bisognerebbe farsi con attenzione ed una e due volte ancora secondo il corso
delle stagioni. • 0. È finalmente dannosa ce» ancora tagliarsi i grani pri-ma
della pedona maturità pe'l timore sciocco di sgranarsi qualche spiga; ed ti
male ancora che non si tengano poi conveniente tempo nelle biche, nelle quali
ricevono salutare fomento. i Giunse poi assolutamente nuovo alle mie orecchie
clic siano migliori e da preferirsi ai grani di Paglia i grani della Sardegna,
delta Lombardia, e, quello che fa più sensograni provenienti dal Mar NON. Ma
perchù ricorrere a tali espedienti Onesti! Meglio sarebbe che si cerchi in
tutti i modi d' istruire l'infimi nella buona coltivazione spargendo In quella
provincia libri opportuni stampati in vani luoghi d'Italia, facendoli
ristampare In Napoli. Io preferirei il P. Filmasti, la cui opera fu coronata da
un'accademia fila. sire del già Stato Veneto. • In ultimo non posso lasciare di
sottomettere ai stiperiori lumi del benefico Governo una importante
riflessione. Sa si spargerà la fama che la Paglia abbia bisogno di grani
e-steri per arrestare l'attuale degradazione de' piepri grani, questo solo
basterà a fare spregiare all'estero i nostri grani ed avvilirne il commercio,
che già d'altronde ò minacciato di morte. • E queste sono le poche e deboli mie
riflessioni, che mi ha suggerito il mio zelo, per il bene del nostro ottimo
So-vrano e per il bene dotta Nazione. E questo sottometto in-toramcnto alla sua
superiore intelligenza o saviezza, ba-stando a me l'onore d'averla ubbidita.
Ed etto come cinque giorni dopo rispondea con lettera
all'intuito amichevole l'illustre tintore del Peplo:
e Onorando Monsignor Arciprcte, Ricevei la sua bolla e
saggia memoria, da me chiosiate, intorno alla proposta della Società agraria di
Capitanata: .0 non posso dirle abbastanza quanto mi godè l'animo in vedere che;
i suoi pensieri si conformavano esattamente * • queili ch',io stesso non avevo
dubitato di manifestare al Ministro.. E poiché la stia memoria mi giunse
altorchè ero già per spedire il naio rapporto; così ad avvalorarlo man-: dai
alligata una copia di quella. Ma lo mie parole mira-Inno più oltre del soggetto
del quale oro richiesto a par-lare. Dissi essere vergogna somma per noi il
voler ricorrere anche allo straniero per cose che la natura ci ha date conto
nostre proprie: e cOnchlusi che la prurito di una semenza
estera ne' nostri terreni ci avrebbe maggiormente persuasi
dovere in noi stessi e non dallo straniero cercare ogni no-stra prosperità. Che
le ne paro? So io dire il vero senza rossore quando biSetIDS? Se il mio
rapporto sarà letto in Consiglio di Stato, siccome spero, non sarà certamente
di-menticato. • Le rendo grazie della umanità con la quale degna ac-cogliere i
miei tanti o diversi fastidii. Ma a chi altro rivol-germi che por dottrina e
per amore alla terra natale posta confortarmi nelle mie ingrato fatiche? Prego
il Signore che la conservi sana di mente o di corpo lungamente, ac-ciocché con
la vista dell'intelletto, ove non le basti quella degli occhi, vaglia ad
illuminare gli altrui. • A quesli giorni sono stanchissimo dal continuo dettare
cosa fuori dell'ordinario servizio. Potessi almeno ricoglierno alcun frutto! La
vita intanto vola e le cose rimangono oro sono. Spesso mi accade ripetere il
verso che dà principio alla sua lettera (I) : al quale tengon dietro tutti gli
altri di quel sommo aquinate, le cui satire io Impresi, son più anni, a
tradurre. Questo mio lavoro, conosciuto in Italia, é aspettato per le stampo.
Ma ora dormo o dormirà 'olino a quando non piacerà alla Provvidenza di
togliermi da questo noie. • Mi faccia lieto di alcun suo comando, perché io
possa iu alcun modo testimoniarle la mia somma gratitudine e venerazione. Ed
alla sua cara benevolenza sempre più mi raccomando. • Di Bari ai 20 di Dicembre
1835.
• Decorar. ed 06140attra Amico • MARCHESE DI MONTRONZ.
Erano l'uno e l'altro uomini d'alto valore od anche in-signi
patrioti. Il Giorno, cenni tale era stelo mandato do-pelato politico al
parlamento al 1820 e 'I Montrone al 1709 area parteggiato per la repubblica,
area tenuti eminenti ufibii in essa; e venuti I giorni della reazione sanguinosa,
sfuggendo al patibolo, esule, area da prode combattuto a Montobello. Il giovane
Borbone, salito al trono al 1890, avea acceso in loro e nel più de' patrioti
vive speranze. Ed essi aspettavano di migliori, disasprendo il servaggio del
paese ed nascondendo negli animi l'amore por isso. Nelle ultimo Frasi del
Montrone il fuoco della patria italiana, nascosto nel petto, Crepiti, o per
poco non ne vengono all'aperto le A amme. O perché non si pubblicano lo opere
di questi duo illustri nostri conterranei? Gli stranieri chicdono del Girano°
il primo volume de' Kalandarta Mora, reso rarissima, e 'I se-condo volume,
tuttora inedito. Molli citano il primo volume di seconda o terza mano o
talvolta a sproposito. Del Mon-trono poi paro cho si sia messo ogni studio a
spentomi la memoria. Se non fosso per le lodi di Pietro Giordano, neanche gli
uomini colti nostri saprebbero di Giordano de' Bianchi Dottula, Marchese di
Montrone. Per ora si acquistano dalla Societd di Storia Patria di Bari gli
scritti autografi del
(t) Devo illudere ad altra lettera, o nel copiare la lettera
che pubblico il Giovane dorò aggiuoperri il verso cal qui si accenrea. Giovdne
a spizzico, come riesce ad averli, e ne sia data lode al compianto presidente,
comm. Mirenghi. Si faccia altrettanto pel Montrone e. dopo si pubblichino gli
scritti raccolti affinché non li divori la tignuola. E ciò è tanto op-portuno,
oggi che per la nostra provincia pare rotta la stampa de' Afontrone, de'
Giovene, do' Poli, de' Forr,es e dei Cagnazzi.
R. O. SPAGNOLETTI.
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