Cicoria Leccese Viaggio tra i Sapori e i Segreti di un Esemplare Culinario Pugliese
Cicoria Leccese Viaggio tra i Sapori e i Segreti di un Esemplare Culinario Pugliese
Antonio Bruno ci guiderà alla scoperta della cicoria leccese attraverso le parole di Giuseppe Guglielmi, un esperto agronomo che ci svela i segreti della sua coltivazione e le sue peculiarità culinarie.
"In questo affascinante viaggio nel cuore della Puglia, esploriamo il mondo della cicoria leccese attraverso gli occhi esperti del dottor Giuseppe Guglielmi, agronomo di lunga esperienza del secolo scorso. La cicoria salentina, gioiello della produzione primaverile, trova le sue radici in un'arte antica: la semina precoce all'inizio dell'autunno seguita dal trapianto alla fine della stessa stagione o persino in inverno. Tuttavia, nelle terre di Ostuni ed Otranto, si pratica anche una coltivazione estiva, nota come cicoria all'acqua, che richiede abbondanti irrigazioni.
Un tratto distintivo di questa varietà di cicoria è il suo fusto singolo, eretto e adornato da foglie che si restringono gradualmente verso l'alto, conferendo all'apice un'insolita somiglianza con un turione di asparago. La sua razza tipica si distingue per un rigoglioso sviluppo fogliare, con foglie incise e dentellate, dalla rachide color carminio nella parte inferiore, così come il fusto, liscio, lucido e di notevole spessore alla base.
Nella sottorazza brindisina, invece, le foglie sono meno intagliate, con un apice relativamente tondeggiante, rachidi verde-pallido e un fusto più sottile, raramente superiore a un centimetro e mezzo. La raccolta di questa delizia avviene tagliando il fusto a pochi centimetri dal suolo, lasciando la rosa delle foglie, e utilizzando la parte apicale, tenera e ricca di foglioline, che costituisce spesso circa un terzo dell'intero fusto.
Le cime di cicorie, come comunemente chiamate, rappresentano la parte spinale utilizzabile di questa pianta. Man mano che il fusto si sviluppa ulteriormente, si ramifica in modo simile al cicorium latifolium. La cicoria salentina, seppur meno ruvida al tatto rispetto ad altre varietà, presenta calatidi con squame meno coperte di peli, specialmente nella sottorazza brindisina, che mostra una propensione maggiore alla glabrezza. Mentre la razza tipica produce nuovi polloni, più sottili, la brindisina li genera addirittura esilissimi, spessi come una penna d'oca.
L'utilizzo di queste prelibate cicorie nel secolo scorso si diffondeva in tutta la provincia e si estendeva persino nella provincia di Bari. La loro introduzione negli orti di Napoli, in particolare a San Giovanni a Barra, ha conosciuto alti e bassi, poiché il prezzo sul mercato napoletano, poco incline a riconoscere e apprezzare appieno questa cicoria, non sempre giustificava l'occupazione prolungata del terreno. A Napoli, la cicoria leccese era conosciuta con vari nomi, come cicorione forestiero, cicoria, leccese e cicoria catalogna, mentre a Roma, talvolta, viene confusa con i polloni della cicoria spontanea, indicandola con il nome di pontarelle.
Le cicorie leccesi, tipicamente, vengono consumate lessate, condite con olio, talvolta presentate come insalata cotta con aceto o arricchite dall'olio. Un tocco speciale è dato dalla possibilità di condire queste delizie, dopo la cottura, con sugo di stufato o ragù. Nel secolo scorso con la diffusione delle conserve di pomodoro, era diventato consueto arricchirle con il sapore del pomodoro. I rimessiticci, invece, trovano spesso la loro destinazione in tavola crude, sotto forma di insalata. In questo modo, la cicoria leccese, con la sua storia affascinante e il suo sapore unico, il secolo scorso si affermava come protagonista indiscussa delle tavole pugliesi e oltre."
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