Intervento di Fabio Pistella a conclusione della Giornata di
studio tenuta, in occasione della presentazione del libro World Food
Production. Facing growing needs and limited resources, presso il Parlamentino
delle Foreste del MIPAAF Roma 25 maggio 2016
A differenza della maggioranza dei precedenti interventi che
sono stati prevalentemente vere e proprie relazioni di ampio respiro su temi
affrontati nel libro mi concentrerò, interpretando in modo restrittivo il senso
di un incontro di presentazione sul commento del testo da presentare, anche se
proverò a riprendere alcuni spunti dai contributi molto interessanti portati
dagli altri oratori.
Iniziamo con i pregi del libro (dico subito che per me il
libro sarà un data bank di riferimento, ma anche un policy book di riferimento
- aiuterà a questo scopo la versione digitale):
completezza da tutti punti di vista: temi, discipline,
dati, ambiti territoriali, intera filiera, struttura del mercato
equilibrio dell’approccio che evita trionfalismi e catastrofismi,
denunce sterili, rivendicazioni di un primato della scienza che se si allontana
dalle considerazioni di fattibilità rischia di diventare autoreferenziale
spirito di proposta: il libro mi ha colpito favorevolmente
perché emerge il messaggio si può affrontare con successo la questione della
produzione di cibo nel mondo purché siano soddisfatte alcune condizioni quanto
a obiettivi, risorse, ruoli.
Vediamo allora queste condizioni, su quali fronti occorre
impegnarsi. Il libro li individua tutti ne scelgo tre non di area strettamente
tecnico-scientifica:
educazione (culturale sociologica non solo formazione tecnica,
ma dialogo per costruire consenso) per costruire la risorsa più preziosa che è
quella della conoscenza (mi sembra questo aspetto sia stato centrale nel
contributo di Vincenzo Tabaglio)
logistica (penso alla rivoluzione agricola italiana anni
’50, ’60, ’70 che trovò un impulso decisivo nello sviluppo e miglioramento
della viabilità in forma consortile, nei consorzi di bonifica, nelle centrali
ortofrutticole, nelle cantine sociali , nel credito per il miglioramento fondiario
e la meccanizzazione agricola insieme con l’assistenza tecnica degli
Ispettorati Provinciali dell’Agricoltura)
governance politica dei destinatari degli aiuti (a volte i
Governi locali fanno parte del problema più che della soluzione), e dei donors
anche alla luce dei recenti ripensamenti degli Organismi internazionali
rispetto ai fallimenti del libero mercato e più in generale dell’esigenza di
rivedere l'assetto il ruolo e i costi di questi organismi; ho già detto che la rivoluzione
verde italiana non fu libero mercato, ma riforma agraria a tutto tondo e non fu
libero mercato nemmeno la rivoluzione verde dei primi anni ’70 in India e in
alcuni Paesi del Sud Est Asiatico.
La questione “che fare” si intreccia ovviamente con quella
delle risorse che non a caso compare nel sottotitolo. Apprezzo l’analisi, molto
ben strutturata e largamente condivisibile (cito solo l’attenzione posta nel
libro ai disordini alimentari dell’Occidente come un esempio particolarmente
rilevante), con una sottolineatura di dettaglio, oltre alla già ricordata
importanza di logistica e governance: penso vada approfondita la questione
della disponibilità dei suoli (quanto ai paesi sviluppati qualcuno mi spiegherà
la coerenza tra scarsità dei suoli e politica del set aside, mentre è cruciale
la difesa dell’humus con tutte le implicazioni; quanto ai PVS - oohps World Bank
ha cambiato terminologia - il suolo agricolo va sì difeso dagli sfruttamenti
(che sono dovuti a interventi delle multinazionali, ma anche dell’asportazione
di ogni scheggia di materiale combustibile là dove, un po’ dappertutto,
l’energia manca (all’energia sono dedicate pagine molto interessanti nel libro)
e si costruisce (vedi i risultati di Israele di alcune aree nella Penisola
arabica e vedi anche, potenzialmente, Great Green World , né vanno dimenticati
i risultati delle grandi bonifiche italiane)
Ma anche una sottolineatura su di un aspetto più generale:
rafforzare il messaggio che il divario bisogni - disponibilità si sta
restringendo: il numero delle persone malnutrite nei PVS è in riduzione (gli
sforzi e l’efficienza vanno moltiplicati, ma riconoscere e comunicare i
risultati aiuta a mobilitare risorse a mio avviso più della monotona ripetizione
dell’allarme che ha generato rassegnata assuefazione); allo stesso modo va
segnalato che l’aspettativa di vita ha fatto e sta facendo grandi passi avanti
(secondo WHO nel periodo 2000-2015 è salita a livello mondiale di 5 anni e in
Africa di 9,4 anni).
Ritengo sia il caso di contestualizzare l’uscita del libro
che trovo veramente tempestiva. Si comincia diffondere la consapevolezza che
fame nel mondo, ambiente, migrazioni, terrorismo crisi economica e finanziaria
sono manifestazioni interconnesse di una questione unica integrata che richiede
un approccio globale. Cito solo il messaggio della Chiesa e non solo quello
recente (penso a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI): primo diritto è quello di
non dover migrare. Proposta italiana Migration Compact va nel verso giusto.
Una critica al libro la debbo fare perché non è elegante una
presentazione senza almeno una critica. Ci sarebbe stata bene una più
coraggiosa “sintesi di sistema” destinata a decisori e opinione pubblica
(uditorio al quale il libro è dichiaratamente dedicato, ma del quale è forse sovrastimata
la capacità di approfondimento e distillazione dei messaggi che contano). Il
mondo scientifico preferisce comprensibilmente rimanere nel proprio territorio
e rifugge dal terreno minato delle indicazione politiche (chiamiamole policy
che è meno impegnativo, ma prendiamoci l’onere di formulare le nostre
indicazioni). La presentazione induce a sperare in tal senso, ma il capitolo
dedicato alle conclusioni lascia un po’ delusi per eccesso di cautela e per l’adozione
di un taglio strettamente scientifico un po’ riduttivo per i miei gusti. Posso
esprimere questa delusione perché so quanto siano profondamente impegnati anche
nel sensibilizzare i decisori il curatore Bertoni e altri autori che conosco
personalmente dato che vengono dal mio mondo di origine l’ENEA dove le
tematiche tecnico-scientifiche sono sempre state coniugate a riflessioni più
generali per facilitare il conseguimento di risultati concreti. Forse c’è anche
una piena consolazione a questa delusione: in contemporanea alla stesura del
libro anche con il contributo di molti degli autori sono stati prodotti in
ambito Expo Milano pregevoli documenti di analisi proposta e sensibilizzazione.
La presentazioni introduttiva oggi esposta da Bertoni è invece completa di
tutti i risvolti e molto esplicita (a me sarebbe piaciuto facesse parte del libro).
E poi come potrei ritenere troppo prudente una seduta che ha visto
l’appassionato intervento di Tommaso Maggiore che mi batte quanto a
idiosincrasia per lo sterile “politically correct” e ha citato fatti
incontrovertibili contro equivoci (sul ruolo dell’uomo della scienza, della
tecnologia, dell’organizzazione) diffusi per convenienza, acquiescenza o
semplice ignoranza. Di Lenucci riprendo fra tante tutte istruttive e documentate
- le osservazioni sulla natura dei mercati: il settore agroalimentare ha
segmenti distinti che debbono essere distinti e considerati complementari e non
alternativi:
quello dove fanno premio, l’originalità, la tradizione, l’artigianalità
caratterizzato da quantità limitate e, prezzi relativamente elevati)
quello delle materie prime per l’industria alimentare che
non possono prescindere da qualità alta e standardizzata, elevate quantità e
con rese unitarie elevate come difficilmente la piccola e media impresa può
realizzare in modo competitivo; al contorno si manifestano situazioni di
asimmetria dei poteri contrattuali che, tipico il caso del latte, in assenza di
interventi pubblici (ormai hanno senso solo a livello internazionale) dà luogo
a compressioni dei prezzi insostenibili per i produttori.
Forse le questioni poste dal TTIP anche in questo settore
non sono state approfondite (o quanto meno condivise) a sufficienza.
All’interno della UE una revisione delle policy in materia di qualità, controlli,
prezzi, quote e sostegni finanziari connessi non sembra ulteriormente
rinviabile anche alla luce di accordi internazionali recentemente stipulati a
favori paesi esterni (penso al caso dell’olio tunisino).
Concludo con una proposta che è anche un auspicio: gli autori
potrebbero promuovere la costituzione di Gruppi di Lavoro per il monitoraggio
degli sviluppi effettivi relativamente a tre aree di interesse prioritario:
il follow-up di alcune delle proposte formulate a Milano e
tenere informata la pubblica opinione di quel che accade in pratica;
l’argomento è troppo noto ai presenti perché debba esprimermi al riguardo
il follow-up delle azioni previste dal documento FAO 2030
Agenda for Sustainable Development sulla quale non poso che complimentarmi per
le notizie e le valutazioni che ci ha dato Andrea Sonnino
la proposta e l’implementazione delle azioni che nel settore
agro-alimentare - che è decisivo – saranno assunte se andranno in porto come è
lecito sperare le proposte inserite dall’Italia nel Migration Compact a
sostegno dello sviluppo dei paesi di origine e transito delle migrazioni
La FIDAF che ha organizzato questa giornata e della quale ho
avuto il privilegio di essere stato recentemente nominato socio onorario
sicuramente ha (in particolare nella persona del suo attuale Presidente Luigi
Rossi e di altri autori del libro che sono soci FIDAF) volontà e risorse per un
tale impegno e credo che altre strutture darebbero il loro supporto; cito per
la mia passata esperienza ENEA e CNR ma non mancheranno altri contributi di
pari rilievo.
Nessun commento:
Posta un commento