E’ della categoria delle meloncelle nere ovvero dall’epidermide
di color verde scuro uniforme. E’ molto ricercata per le caratteristiche
organolettiche ovvero il sapore, l’odore, ma soprattutto la sensazione che,
morsa, scricchiola sotto i denti insomma il fatto di essere croccante che però perde
troppo rapidamente. E’ graditissima ma questo limite consente la vendita per un
periodo troppo breve, prima che la stessa perda il suo essere croccante.
E poi c’è tutta la storia dell’esenzione fiscale concessa
dal sovrano Aragonese nel XV secolo che fa propendere per lo sviluppo di questo
prodotto da sempre molto richiesto dal mercato.
Mi chiede il produttore di Corigliano d’Otranto come fare ad
ottenere il gusto della poponeddha ottenendo però una lunga durata del suo
essere croccante.
Per spiegarlo posso senz’altro raccontare la storia del riso
Venere.
La storia del Venere inizia in Piemonte, al Centro Ricerche
Sa.Pi.Se di Vercelli, nel 1997. Sa.Pi.Se è un’azienda sementiera che vede come
soci una manciata di aziende agricole piemontesi e sarde e detiene una buona
fetta del mercato sementiero italiano ed europeo del riso. Le varietà prodotte
da Sa.Pi.Se sono tra le più coltivate nel nostro Paese. La nascita del riso
Venere la si deve a un genetista cinese assunto da Sa.Pi.Se negli anni Novanta
che prova a incrociare varietà colorate orientali con varietà locali e ottiene
un riso color ebano, profumato, relativamente adatto alla coltivazione in
Italia.
Il Centro Ricerche Sa.Pi.Se di Vercelli, nel 1997 assume negli
anni Novanta un genetista cinese che incrocia varietà colorate orientali con
varietà locali e ottiene un riso color ebano, profumato, relativamente adatto
alla coltivazione in Italia.
“Venere” è una varietà registrata e protetta e il marchio è
registrato, venduto con un sistema che ricorda molto quello del Kamut®.
In pratica si tratta di dieci produttori, una riseria e un
centinaio tra trasformatori e rivenditori.
La filiera funziona in questo permettendo la coltivazione
del riso Venere solo alla decina di aziende agricole socie che hanno costituito
la Sa.Pi.Se. Il raccolto ottenuto viene conferito all’unica riseria che lo
lavora infine una rete di circa cento aziende lo impacchetta e lo vende.
I produttori fanno parte di questa rete di aziende
venditrici. È una vera e propria filiera alla quale si aderisce gratuitamente,
ma con un contratto e con regole precise.
La società Sa.Pi.Se stabilisce chi può, di anno in anno,
coltivare il Venere, stabilisce il prezzo di acquisto del riso, uguale per
tutti, mentre per quanto riguarda il prezzo di vendita al dettaglio ognuno
all’interno della filiera è libero di fare quel che vuole.
In effetti la società ha fatto in modo di controllare l’intera
filiera e tutelare il loro lavoro. Tutto questo perchè Il riso integrale è
germinabile e, a differenza dei risi lavorati, se seminato può dar origine a
nuove piante. Chiunque potrebbe prendere un sacchetto di Venere, seminarlo e
poi rivenderlo vanificando totalmente i nostri investimenti per produrlo e
lanciarlo sul mercato.
Con la poponeddrha di Corigliano il problema non sussiste in
quanto viene raccolta a non completa maturazione e i semi non sono germinabili.
Spero di aver spiegato quello che si potrebbe fare a
Corigliano d’Otranto per creare una vera e propria filiera di comunità anche perché
è già stato avviato l’iter per la DE.CO: (Denominazione Comunale).
Antonio Bruno
Bibliografia
Rita Accogli, Giulia Convrsa, Luigi Ricciardi, Gabriella
Sonnante, Pietro Santamaria, Almanacco Biodiverso - La poponeddha di Corigliano
pag. 150
Dario Bressanini, L'etichetta di Venere http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/06/13/letichetta-di-venere/
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