Nel 1970 l'agricoltura in provincia di Lecce costituiva il
22% del Pil dell'intera economia leccese; dieci anni fa essa pesava solo il
14%; nel '90, questo tasso è sceso al 5,2%.
Nell'ultimo decennio, il valore aggiunto derivante da questo
comparto è cresciuto ad un tasso del 59,5%, contro quello tre volte maggiore
dell'industria di 194,2%. La velocità di crescita dei servizi, poi, è stata
addirittura quattro volte superiore a quella del settore primario. Nel 1970 l'agricoltura costituiva il 22%
del Pil dell'intera economia leccese; dieci anni fa essa pesava solo il 14%;
nel '90, questo tasso è sceso al 5,2%.
Diminuisce il peso dell'agricoltura nell'economia salentina,
ma aumenta il numero di aziende agricole. Muovendosi
in controtendenza rispetto alla media regionale, la provincia di Lecce registra
una crescita di circa il 3% nel numero di aziende censite: sono 70.853 nel
'90, contro le 68.796 dell'82. Nel 1993, le imprese attive registrate nel ramo
agricoltura, caccia, foreste e pesca sono state 557 in provincia di Lecce: 238
per l'agricoltura e la caccia, 25 per la pesca, una per le foreste e 293 per le
attività connesse con l'agricoltura.
All'accresciuto
numero di aziende agricole non corrisponde un aumento della superficie agricola
utilizzata, che anzi diminuisce del 3,3% passando dal 195.694 ettari
dell'82 ai 189.234 del '90.
In venti anni, la nostra provincia ha perso complessivamente
40.790 ettari di terreno agrario.
Diminuisce la superficie media delle aziende, mentre, se si
guarda all'andamento per classi di SAU, si osserva che guadagnano le classi più
basse, sia in numero di aziende sia in superficie utilizzata, mentre perdono
tutte le classi più alte. Nell'ultimo
decennio sono pochissimi i Comuni che hanno registrato un aumento della
dimensione media aziendale: fra questi emergono Parabita con una variazione
percentuale di 84,27% e Tiggiano con un tasso di crescita di 58,07%. La
maggior parte degli altri paesi salentini sconta invece un notevole
arretramento della dimensione media per azienda: Castro ha la perdita più
elevata, pari a -55,73% rispetto all'82; seguono Trepuzzi con -38,49% e
Botrugno con -30,42%.
Per quanto riguarda le coltivazioni, diminuisce la
superficie investita a seminativi (il frumento scende a -13,66%); cresce invece
quella investita a patate (+14,1%). Fra
le coltivazioni legnose agrarie diminuisce la vite, che registra una riduzione
pari al 25,22% della superficie e al 18,06% delle aziende. Cresce invece
l'olivo sia in superficie (+1,54%) sia in numero di aziende (+6,20%). I migliori risultati sono stati ottenuti
dalla barbabietola da zucchero che registra un aumento del 396,9% nella
superficie e del 96,3% nel numero di aziende.
Anche per quanto
riguarda gli allevamenti, i dati non sono confortanti: crescono solo i caprini
del 19,1%; mentre diminuiscono bovini e bufalini (-33,9%), ovini (-33,5%),
equini (-56,6%), suini (-35,6%) e allevamenti avicoli (-21,6%).
In realtà, l'agricoltura riveste ancora un peso notevole nell'economia
locale, soprattutto per lo stretto collegamento con le industrie
agro-alimentari del luogo, da quelle vitivinicole a quelle olearie. Tuttavia,
il settore agricolo sconta crisi ricorrenti ed una progressiva separazione
dagli impulsi provenienti dal mercato, soprattutto a causa del prevalere delle
integrazioni di prezzo e dei sostegni alle produzioni. E mentre i dati
regionali sembrano affermare una tendenza al rafforzamento della struttura
agraria pugliese, nella nostra provincia le cifre stanno ad indicare un
progressivo disimpegno del settore agrario. Si riduce il tasso di
diversificazione del settore e quindi il suo livello competitivo. Cresce la percentuale di superficie
agricola coltivata a colture tradizionali e sovvenzionate come grano, olivo,
vite e tabacco, che passa dall'80% del 1970 all'86% del 1988. Diminuiscono,
invece, le quantità prodotte e quelle esportate: tra il 1984 e il 1989,
infatti, l'esportazione ortofrutticola leccese subisce una contrazione di circa
163 mila quintali.
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