giovedì 18 febbraio 2016

«Firmate per dire no ai pesticidi»

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«Firmate per dire no ai pesticidi» è l’appello partito da cinque persone che si sono ritrovate accomunate da problemi dovuti all’inquinamento chimico dell’ambiente. E ora la petizione che hanno lanciato ha già quasi raggiunto le settemila firme.

Ognuno di loro ha una storia legata a problemi causati dall’inquinamento chimico in cui ci ritroviamo immersi. Sono Renato Bottiglia, Sonia Piscicelli, Marzia Pacella, Emanuele Longo e  Alessio Rivola. «L’idea della petizione nasce da un’esigenza: quella di essere tutelati. Esigenza di persone comuni che non hanno scelto di vivere in un ambiente costantemente avvelenato da sostanze chimiche ormai notoriamente dannose, ma che ci si sono comunque trovate immerse» spiegano i promotori dell’iniziativa, che hanno anche dato vita a un gruppo Facebook, NO PESTICIDI.
Il gruppo è aperto a tutti e ne fanno già parte agronomi, apicoltori, esponenti politici attivi e propositivi, medici, giornalisti, sindaci di Comuni virtuosi che si sono distinti per aver attuato normative contro l’uso dei fitofarmaci nonché, loro malgrado, malati di Sensibilità Chimica Multipla,  che conducono una vita estremamente complicata.
Marzia ha vissuto in una cittadina fino a 17 anni fa. Dopo essersi sposata ha deciso di andare a vivere in campagna, nel vecchio podere dei suoceri. Era una campagna “vera”, circondata da campi di granturco e pascoli per le mucche. Le coltivazioni di famiglia erano scandite dalle stagioni e uomini, insetti, rane, uccelli, piante, convivevano in armonia. L’acqua del pozzo era potabile, l’aria respirabile, la terra sana. Ora ciò che la circonda sono campi aperti sfruttati per agricoltura intensiva e serre che si moltiplicano ogni giorno. Le capita spesso di svegliarsi con un senso di soffocamento per gli odori di ciò che di notte viene irrorato, sapore di chimica in bocca e forte nausea. «Intorno a lei in questi anni numerosi casi di tumori hanno portato via persone care o semplici conoscenti – spiega il gruppo dei promotori - Tanti, troppi casi, per essere solo una casualità. Cinque gravidanze, un solo figlio. Nato con una moltitudine di problemi. Allora ad un certo punto ci si comincia a chiedere se questi episodi siano riconducibili a qualcosa di malato che ci circonda. L’acqua del pozzo, analizzata ogni anno, ad un certo punto non è risultata più buona da bere. Con quell’acqua però si continua a cucinare. E la terra in cui crescono i prodotti del mio orto? Cosa  si diffonderà nel sottosuolo dai terreni del mio confinante? E l’aria? Cosa siamo costretti a respirare?».
Renato ha una casa in campagna, costruita sulla terra dei nonni e bisnonni, dove da bambino andava a vendemmiare e a raccogliere la frutta, intorno oliveti ultracentenari. Una volta sposato decide di continuare a viverci. Dopo interventi di ristrutturazione per renderla accogliente e adatta anche per il bambino in arrivo, c’è però la fuga. Gli olivi vengono sradicati e le serre in pochissimo tempo cambiano completamente il paesaggio agricolo, ricoprendo tutti i terreni, arrivando praticamente fin sotto le finestre; colture intensive di pomodori e zucchine vengono ripetute in continuazione, con irrorazioni settimanali di prodotti fitosanitari. «Tempo fa la campagna era un ambiente sano, ora è una discarica di sostanze tossiche, in cui è impensabile vivere e ancor meno far crescere un bambino» spiega Renato. «Avrei voluto usare quella terra almeno per coltivare biologicamente prodotti per me stesso e la mia famiglia, ho cominciato a discutere con il mio vicino, cercando più volte di dissuaderlo dall’uso sconsiderato di pesticidi. Ho ripetutamente chiesto che fossero almeno rispettate ragionevoli distanze di sicurezza o che perlomeno fossi avvisato con anticipo in occasione delle irrorazioni. Purtroppo mi sono reso conto che non ci sono leggi che tutelano le persone che vivono a stretto contatto con questa realtà».
«La Direttiva Europea 2009/128/ce, ha obbligato gli Stati membri ad attuare, per mezzo di una legge nazionale, un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, fino al divieto totale in casi specifici (parchi pubblici, scuole, ospedali) – proseguono i promotori della petizione - Ma questa legge non basta. Il PAN (Piano d'Azione Nazionale) che vige in Italia è vago e troppo facilmente opinabile. Abbiamo bisogno di dati chiari e precisi per essere tutelati fino in fondo».
Sonia è presidente di un’associazione non profit, “Il pasto nudo”. «Ho aperto un blog perché negli anni ho dovuto imparare a difendermi da tutti i veleni che assorbivo tramite il cibo – spiega - mi sono curata per qualche anno con la bioterapia nutrizionale che su di me ha funzionato alla grande e ho pensato che fosse giusto condividere le cose che sapevo con chiunque fosse interessato o incuriosito. Il nostro scopo è elaborare progetti per favorire la cultura dell’alimentazione etica, naturale e organica, e la consapevolezza alimentare in genere. Diffondiamo con il blog, con i social e con ogni altro mezzo, una corretta informazione sul cibo e sull’autoproduzione. Sosteniamo la biodiversità, la diffusione dei semi antichi e delle razze e colture autoctone, l’allevamento al pascolo e quello di animali allo stato brado, le tradizioni culinarie e alimentari rielaborate alla luce delle conoscenze attuali. Siamo per il consumo consapevole e sempre dalla parte dei piccoli produttori. Lavoriamo ogni giorno per diffondere la cultura del cibo sano e di qualità, e per farlo raggiungere dalle famiglie a un prezzo accessibile. Ci battiamo da sempre per il recupero delle buone pratiche agricolturali e contro l’utilizzo di qualsiasi preparato sintetico. Partecipiamo attivamente alla diffusione di questa petizione perché crediamo che con le pratiche convenzionali la terra si stia avvelenando e inaridendo e che abbiamo raggiunto ormai un punto di non ritorno. È necessario abolire ogni tipo di preparato sintetico nocivo per uomini, animali e per la terra stessa».
Alessio, perito agrario, agricoltore biologico, giardiniere, ambientalista da sempre, ornitologo per passione, guida ambientale professionista, esperto di consumo responsabile e cofondatore di un GAS (Gruppi Acquisto Solidale) fiorentino. Schierato sempre in prima linea ovunque si cerchi di contrastare un mercato dominato dalle multinazionali in virtù di una economia globale che non fa altro che inasprire la disparità di ricchezza tra i paesi. «Sostengo questa petizione per ovvie ragioni: i pesticidi danneggiano la salute delle persone, della fauna e dell’ambiente e non hanno affatto risolto il problema della fame nel mondo! Questo gruppo non si limita a denunciare, ma cerca di agire e quindi fa per me».
Emanuele, apicoltore, conduce un blog no profit chiamato Apicoltura Etica Ecosostenibile.  «Ho iniziato ad occuparmi di apicoltura dal 2011, spinto dalla passione per l'entomologia. Nessuno prima di me in famiglia ha mai praticato quest'attività. Dall'inizio di questa avventura ho sempre puntato su metodi biologici come la lotta biomeccanica contro il parassita delle api, la varroa. Ora oltre le api sto avviando un progetto personale per incrementare la biodiversità del luogo dove vivo, con un metodo di coltivazione che, sulla base di principi e strategie ecologiche, permette di progettare insediamenti agricoli simili agli ecosistemi naturali, e quindi in grado di mantenersi autonomamente e di rinnovarsi con un basso impiego di energia: questo metodo è chiamato comunemente permacultura.. Per questo, essendo contro la chimica, mi sono unito al gruppo NO PESTICIDI, per cercare di oppormi al tipo di agricoltura che avvelena i campi vicini dove le mie api pascolano e non fanno ritorno».
Renato, Marzia, Sonia, Emanuele e Alessio hanno un obiettivo: lottare affinché si possa tornare ad un’agricoltura sana e biologica, che non faccia uso di prodotti tossici. Un ritorno alla biodiversità, a colture scandite dalle stagioni, all’utilizzo di metodi naturali, all’abbattimento di sterminate monocolture e di colture intensive.
Intanto si è posto due obiettivi: distanze di sicurezza ben determinate e obbligo di preavviso.
«Le petizioni online non hanno valore legale, possono però fare comunque molto – spiegano - Prima di tutto sensibilizzare le persone verso il problema, cercando di renderle consapevoli sui danni ai quali siamo esposti ogni giorno passivamente. Questa raccolta firme inoltre ci servirà ad appoggiare e sostenere proposte di legge e a rappresentarci nelle azioni volte a questo scopo. A dimostrare insomma che il problema è fortemente sentito e vissuto da molti».
QUI si può firmare la petizione
di Beatrice Salvemini

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