lunedì 29 luglio 2019

II vino del Salento e i produttori del Nord negli anni Cinquanta.


"È probabile, è molto probabile che un contadino di Squinzano non riuscirebbe a riconoscere nel vino che si beve con questo nome in Italia il vino della sua terra, che è fortissimo, sui sedici e persino sui diciotto gradi, ed ha un cupo spessore in cui esalano i zolfi dei diavoli conficcati nelle profondità di questo suolo". (Vittorio Bodini)

VinoAmaro
II vino del Salento e i produttori del Nord negli anni Cinquanta.
I l 5 dicembre 1950 sulle pagine di una rivista milanese, Omnibus (1), si poteva leggere un articolo di Vittorio Bodini, futura gloria poetica della Puglia e grande studioso ed intellettuale, dal titolo “Squinzano vino a Milano”, una variopinta descrizione di un fenomeno di grandissima rilevanza sociale ed economica per quei tempi: l’accaparramento, a condizioni molto vantaggiose, da parte dei produttori settentrionali di grandi quote della produzione vitivinicola salentina destinata a conferire corposità ai vini del Nord. Il vino proveniente dagli stabilimenti di Squinzano conquistò in breve tempo in Italia una notorietà che gli stessi abitanti della povera cittadina del Salento non potevano neanche lontanamente sospettare. «È probabile, o molto probabile - scriveva Bodini - che un contadino di Squinzano non riuscirebbe a riconoscere nel vino che si beve con questo nome in Italia il vino della sua terra, che è fortissimo, sui sedici e persino sui diciotto gradi, ed ha un cupo spessore in cui esalano i zolfi dei diavoli conficcati nelle profondità di questo suolo». Lo Squinzano era figlio del Negroamaro il vitigno più diffuso nelle provincie di Brindisi e Lecce. Per la sua alta gradazione alcolica era stato denominato anche “doppio rosso” perché bere un bicchiere di Squinzano era considerato come berne due di un altro vino meno robusto. Sulla particolare caratteristica dei vini come lo Squinzano non ancora ‘addomesticati’ dalla moderna enologia rimangono ancora significative le impressioni riportate da Paolo Monelli nel suo ineguagliabile O.P. ossia il vero Bevitore, un classico della enogastronomia letteraria italiana: «Ma più spesso gustai, offerto da mercanti e produttori di vini da taglio o bevuto in modeste trattorie, il vino corrente di sedici gradi, vino vinoso, vino di pura uva del luogo, mjere come si chiama in quel dialetto conservando il merum con cui i latini indicavano il vino schietto; detto nero perché è viola …»(2). A Squinzano, all’epoca in cui Bodini scrisse quell’articolo, convergevano durante il periodo della vendemmia carri carichi d’uva da tutta la penisola salentina. Nel resoconto pittoresco di Bodini Squinzano infatti si distingueva dagli altri paesi del brindisino e del leccese per una maggiore povertà perché il suo suolo, largamente sfruttato, non poteva produrre in media più di 35 quintali per tomolo contro una media di altre terre che si aggirava sugli 80-90 quintali. La natura del paradosso illustrato da Bodini era il seguente: Squinzano «come centro di produzione ha dunque scarsa importanza, e non sono rare le annate in cui i produttori locali chiudono le stagioni in perdita. Non così come centro di lavorazione. Della sua epoca d’oro le son restati infatti un centinaio di stabilimenti, fra grandi e piccoli, dove si lavora qualcosa come 800.000 ettolitri di vino ogni anno, quasi la metà dell’intera produzione della provincia di Lecce.(…) Su questo centinaio di stabilimenti, una quindicina appartengono a settentrionali, tutti lombardi. La proporzione non è forte, apparentemente; ma quei quindici stabilimenti sono i più grossi e lavorano l’80% dei mosti che escono da Squinzano». Se leggiamo oggi questo articolo di Bodini alla luce della sua cifra poetica successiva a partire da La luna dei Borboni (3), la “questione meridionale”, vista nell’ottica particolare della produzione vitivinicola, si carica di quelle note pessimistiche che già preludevano, nel sentire dell’autore, a quella “catastrofe antropologica” imminente.
Sulla scorta dello scritto di Vittorio Bodini l’attore-regista Enzo Pascal Pezzuto ha realizzato una interessante docu-fiction di 25’ prodotta da Khàrisma con il contributo dell’Apulia Film Commission e la collaborazione della Regione Puglia (Assessorato alle Risorse Agroalimentari). Il documentario di Pezzuto è stato presentato in prima nazionale alla Bit di Milano il 22 febbraio 2008. Successivamente è passato per il Festival del Cinema Europeo di Lecce e per il IevanteFilmFest di Bari. Vino amaro, volutamente ‘cinematografico’ già nel titolo perché rimanda alla memoria il film di Giuseppe De Santis, Riso amaro (1949), è strutturato in fase di sceneggiatura sulle riflessioni avanzate da Bodini nel suo articolo circa il fenomeno degli scarsi guadagni dei produttori di vino salentini dovuto a due principali fattori, l’atavica pigrizia della gente del Sud e il forte potere d’acquisto degli industriali del Nord appoggiate dalle banche paragonate dallo scrittore a divinità invisibili: «Queste divinità sono le Banche, che pesano crediti e prestiti con disuguali bilance». Come afferma il regista, il vino ‘amaro’ del titolo si spiega col fatto che i salentini furono «spettatori e non compartecipi dei lauti guadagni ricavati dai produttori settentrionali… Questi ultimi seppero commercializzare il vino locale usandolo per dar corpo al loro Chianti e Barbera.
Una formula milionaria!». Vino amaro si apre con alcune belle e rare immagini degli anni Cinquanta in bianco e nero: la vendemmia, il trasporto dell’uva, la pesatura… Queste immagini rappresentano un vero e proprio sigillo di ‘autenticità’ impresso alla ricostruzione storica messa in scena da Enzo Pascal Pezzuto. II regista, nella sua filologica impaginazione visiva del testo bodiniano, riesce in maniera abbastanza convincente ad evocare la sottile fascinazione di un’atmosfera e di un periodo così cruciale del nostro Sud con tutto quel carico di contraddizioni (sociali, economiche, culturali) che persiste ancora oggi. Nel film-documento di Pezzuto quell’universo antropologico sconfitto dalla Storia così ben descritto da Bodini ‘rivive’ attraverso personaggi e situazioni quasi del tutto scomparsi: i carrettieri che arrivano a Squinzano da ogni angolo della Terra d’Otranto guidando i loro traìni (4) stracolmi d’uva per tremila lire al giorno. La loro quotidiana fatica è appena mitigata da un pasto spartano all’aperto e da uno scomodo riposo notturno “dentro le stalle con le bestie”; la figura canonica dell’ubriaco del paese; il complesso bandistico di Squinzano, orgoglio strapaesano perché elogiato dal Maestro Pietro Mascagni; il ‘sarto’ e il ‘barbiere’ che attendono con impazienza il periodo della vendemmia per impiegarsi negli stabilimenti come pesatori e rinforzare per un po’ le loro scarse entrate; gli operai guardati a vista dal ‘caporale’ mentre puliscono le botti e durante l’intervallo discutono animatamente sull’aria di una romanza; le autorità cittadine (‘Otorità’ nel lessico locale) e tutti gli altri squinzanesi.
Su questo sfondo di varia umanità si innesta la vicenda di un piccolo imprenditore del luogo, il signor Cillis, vanamente proteso a cercare di ottenere un finanziamento dalla banca, mentre il Sig. Cezzi, imprenditore del Nord (nell’articolo di Bodini si accenna a Folonari, giunto a Squinzano quarantacinque anni prima) gode dei favori dei responsabili della stessa banca pronti con manifesta sudditanza ad esaudire ogni sua richiesta. Il cast di Vino amaro composto da attori professionisti e da figuranti locali è abbastanza funzionale nell’economia del racconto. Da segnalare la partecipazione straordinaria del campione del mondo di pallavolo che interpreta Bodini nel suo soggiorno milanese. II film-documentario di Enzo Pascal Pezzuto si chiude con l’augurio che in futuro le risorse del Salento vengano utilizzate prevalentemente dai salentini.
Note
(1) Da non confondersi con l’omonimo Omnibus, settimanale di attualità politica e letteraria fondato da Leo Longanesi nel 1937. Per il suo carattere fortemente innovativo e critico la rivista risultò incompatibile con la linea ufficiale del regime fascista e per ordine del Ministero della Cultura Popolare fu chiusa nel 1939.
(2) Longanesi, Milano, 1963; seconda edizione 1981, pag. 155.
(3) Edizioni della Meridiana, Milano, 1952.
(4) Sulle caratteristiche di questi fondamentali mezzi di trasporto della nostra cultura contadina cfr. la ‘voce’ Traìnu in: Gregorio Contessa, L’altro ieri a Manduria e... dintorni, Filo Editore, Manduria, 2005, pp. 38-39.


mercoledì 24 luglio 2019

Ugento 274 in direzione di leuca 23 luglio 2019

Ugento.
9 h
Un triste spettacolo questa sera si presenterà agli occhi di chi attraverserà la 274 in direzione di leuca: in zona ugento in atto un vasto incendio di ulivi alimentato dai secchi venti di tramontana










Dopo la cicala flagello degli olivi chissà domani quale altra notizia verrà fuori, quale altro insetto o animale sarà additato come responsabile del declino degli oliveti salentini o dei nuovi impianti! Intanto ieri sera l ennesimo rogo da scena apocalittica, ha divorato migliaia di olivi presso Ugento! Forse ci sfugge che è la mancanza di quella ricca biodiversità, una volta presente nei nostri oliveti e che abbiamo eliminato con i vari erbicidi ed insetticidi, che regolava gli equilibri tra prede e predatori tra insetti buoni e nocivi e via dicendo, che ha creato prima il deserto e poi le conseguenze a cui stiamo sussistendo oggi. Della biodiversità degli oliveti di una volta quando c'era Amore x la nostra campagna ne parlo nel mio libro TITANI Olivi e oliveti monumentali del Salento.


martedì 23 luglio 2019

Invazione di Cicale << Un altro colpo alle campagne della provincia di Lecce>>







Danni da Ovodeposizioni di Cicale (Rhynchota - Homoptera - Cicadidae) su giovani olivi in Puglia.*


Danni da Ovodeposizioni di Cicale (Rhynchota - Homoptera - Cicadidae) su giovani olivi in Puglia.*
Capitolo “Fitofagi e fitomizi” - volume primo - pag. 201-208

Autori: R. Addante, F. Baldacchino, T. Moleas

Sono state effettuate in Puglia osservazioni sulla bio-etologia e sui danni da ovideposizione dei Cicadidi Tibicen plebejus (Scop.), Cicada orni (L.) e Cicadetta brullei (Fieb.). Le ferite di ovideposzione non procurano alcun danno economico su alberi in piena produzione, mentre su piante giovani il disseccamento può compromettere la vita dell'intera pianta.
Per l'olivo è stato verificato inoltre che le lesioni da ovideposizione possono costituire una via per l'infezione di Pseudomonas syringae pv. savastanoi, agente della rogna dell'olivo.

Note
* Lavoro eseguito nell'ambito del progetto finalizzato M.A.F. \\"Lotta biologica ed integrata per la difesa delle colture agrarie e forestali, sottoprogetto olivicoltura\\".
Gli autori hanno contibuito in egual modo alla realizzazione del presente lavoro.







Le Cicale negli oliveti: per difendere quelli giovani in Sicilia i rametti infestati sono stati tagliati e bruciati




Le Cicale negli oliveti: per difendere quelli giovani in Sicilia i rametti infestati sono stati tagliati e bruciati

di Santi Longo (*)
Le sfuggenti e rumorose presenze estive di Cicale negli oliveti, a parte il loro incessante e fastidioso frinire, non arrecano danni apprezzabili negli impianti in produzione, mentre, in quelli giovani, possono causare lo stentato sviluppo delle piante, conseguente al disseccamento dei rametti di un anno.
Le alterazioni, causate dalle numerose camere di ovideposizione, si rendono evidenti solo quando quasi tutte le femmine, che le hanno scavate, sono ormai morte e non possono causare altri danni. Responsabili sono alcune Cicale, afferenti alla famiglia Cicadidae che include circa 1.500 specie, 25 delle quali segnalate in Italia.
Note fin dall’antichità, sono state oggetto di studio di numerosi “tettigologi” da Aristotele a Galileo e sono state citate anche da Platone, Aristofane e Plinio il Vecchio, nonché dai famosi medici Galeno e Dioscoride. Quest’ultimo, ai tempi di Nerone, sosteneva che “mangiate arrostite soccorrono ai dolori della vascica”.

In Cina, in Malesia e in Australia, le Cicale sono considerate una prelibatezza gastronomica; gli adulti di alcune specie esotiche raggiungono i 6 cm e hanno un’apertura alare di 10 cm; mentre, quelli delle specie europee sono di piccole, o medio-grandi, dimensioni. Gli adulti hanno il capo corto e largo, con occhi composti sporgenti. L’apparato boccale è di tipo pungente succhiatore, col quale prelevano la linfa anche da piante arboree. Le ali sono membranose, trasparenti, ricchi di nervature. Nell’addome delle femmine è presente un robusto ovopositore, mentre ai lati di quello dei maschi è presente l’apparato sonoro costituito di una membrana vibrante (timballo) protetta da un opercolo.
Al timballo è collegato internamente un muscolo che, contraendosi, lo deforma; con il rilassamento del muscolo, il timballo ritorna in posizione e continua automaticamente a contrarsi e rilassarsi producendo il caratteristico suono, che viene amplificato dai sacchi aerei e che aiuta le femmine a localizzare i maschi. In estate, dopo l’accoppiamento, le femmine si portano su substrati idonei alla ovideposizione per scavare le camere nelle quali rilasciano le uova. Le neanidi, che sgusciano in autunno, dopo leggere piogge, si lasciano cadere nel terreno ove scavano gallerie alla ricerca di radici dalle quali succhiare la linfa.
Nelle specie europee lo sviluppo viene completato, sempre nel terreno, in un numero di anni variabile, da 1-4. Le Nordamericane Magicicada tredicim e M. septemdecim restano nel terreno rispettivamente 13, la prima, e 17 anni, la seconda. Le ninfe mature scavano una galleria verticale dalla quale, quando le condizioni climatiche sono favorevoli, escono di notte e vanno a fissarsi su supporti vari, tronchi o steli piante erbacee, dove avviene lo sfarfallamento dell’adulto attraverso una lunga fenditura dorsale.

Nell’estate del 2003, in un oliveto di nuovo impianto della Sicilia centro-orientale, è stata registrata una pullulazione di Cicala media (Cicada orni), dal corpo di colore nocciola macchiato di nero, lungo 25-30 mm. Le punture di ovideposizione, dei numerosi esemplari, hanno causato il disseccamento di molti rametti e il deperimento di alcuni degli olivi posti a margine dell’appezzamento, esteso circa 1 ettaro. A fine luglio, prima della schiusa delle uova, i rametti infestati sono stati tagliati e bruciati.
Negli anni seguenti, sono state osservate solo sparute presenze della stessa C. orni, nonché di Cicale piccole del genere Cicadetta, lunghe circa 14 mm e di Cicala grande del genere Tibicina, lunghe circa 40mm. La pullulazione delle Cicale osservata, è da considerare del tutto occasionale poiché successivamente, anche negli altri oliveti della zona, non sono stati rilevate alterazioni riconducibili alla loro attività di ovideposizione.

(*) Prof Santi Longo – Già Professore ordinario di Entomologia generale e applicata [AGR/11] dell’Università degli Studi di Catania



Nel Salento leccese le Cicale fanno ingenti danni ai giovani oliveti




Nel Salento leccese le Cicale fanno ingenti danni ai giovani oliveti


Dichiarazione del Dott. Gianni Cantele Presidente Coldiretti Lecce
“Lo scenario nelle campagne a Ugento, Melissano, Presicce, Acquarica del Capo, Racale, Taviano, Taurisano ha dell’incredibile, perché le cicale saltano sulle auto e attaccano le piantine giovani di ulivo, appena piantumate, con gravi danni su foglie e sui rami che arrivano addirittura a spezzarsi.” 

Le foto e la dichiarazione del Dott. Gianni Cantele sono qui:


domenica 21 luglio 2019

I ricercatori universitari in agricoltura



di Roberto Bartolini

Oggi per il ricercatore universitario l’importante non è portare un contributo per risolvere un problema dell’agricoltore o del territorio, quanto piuttosto pubblicare le proprie ricerche su riviste internazionali che concorrano a migliorare la propria carriera accademica.

Questo è il pensiero di Geremia Gros dell’Università di Trento in un recente editoriale per l’Informatore Agrario.

Per superare questo impasse, Gros propone di valutare i ricercatori in funzione della loro capacità di trovare soluzioni concrete, efficaci e utili per gli operatori. Si tratta più o meno della scoperta dell’acqua calda e la soluzione proposta ben difficilmente troverà consensi nel mondo accademico, che troppo spesso si specchia in cervellotiche inutili sperimentazioni ma non dà segnali confortanti di voler voltare pagina.

Ma per fortuna, e lo ammette anche Gros, non tutti i ricercatori sono alla mercé del cosiddetto “impact factor”, quel diabolico indice che misura quante volte la dotta pubblicazione sulle prestigiose riviste internazionali è stata citata dai colleghi e che quindi concorre a “far carriera”.

La nostra ultraquarantennale esperienza agronomica e giornalistica ci permette di affermare che il mondo accademico agricolo si è sempre diviso in due parti ben distinte: i ricercatori che non ne vogliono sapere di divulgare e i ricercatori che, oltre alle pubblicazioni scientifiche, si impegnano periodicamente e con continuità esemplare a scrivere articoli divulgativi utili agli agricoltori. Quindi, come sempre, non è il metodo di valutazione del valore del ricercatore a determinare la distanza attuale che c’è tra agricoltori e mondo della ricerca, quanto piuttosto l’interpretazione del proprio ruolo che dà il singolo ricercatore e professore universitario e il desiderio di andare un po’ al di là della consuetudine.

È chiaro che riassumere in poche cartelle i risultati di una ricerca o di una sperimentazione richiede a chi non ha tanta dimestichezza con la divulgazione spicciola uno sforzo e un impegno notevoli, ed è proprio per questo che la maggior parte dei nostri ricercatori si ferma al primo step. Se prendiamo come esempio il settore delle colture erbacee ed estensive, i ricercatori e i docenti che divulgano ci sono anche se non sono molto numerosi, e i loro articoli sono fonte di importanti indicazioni operative per gli agricoltori. Perché lo fanno? Perché interpretano in modo giusto il loro ruolo, che non è solo quello di rendere noti i risultati delle loro ricerche e sperimentazioni a un numero ristretto di individui, bensì di metterli a disposizione di quante più persone possibile.

Caro Geremia Gros, le regole di valutazione possono rimanere così per un altro secolo, l’importante è che i nostri ricercatori scendano dalla torre d’avorio e si impegnino di più per essere utili agli agricoltori, prendendo esempio dai colleghi che già lo fanno con ottimi risultati.

 Roberto Bartolini
Roberto Bartolini
Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.

Fonte:http://www.ilnuovoagricoltore.it/i-ricercatori-universitari-servono-allagricoltura-italiana/?fbclid=IwAR2sV-03v6bkYBTYWBaV6RSro5pnUmckh0uC0HE59zJYnER3vzKPiOCn-0U#comment-5986


Gentili dr. #Bartolini e prof. #Gros,
leggo l’articolo e mi sento in dovere di fare alcuni commenti, che spero vengano accolti e dibattuti. Premetto che condivido solo parte l'articolo.
Se da un canto è innegabile la frenesia, sempre crescente, di collocare molti “prodotti della ricerca” (termine esecrabile) presso riviste internazionali “impattate” per rimpinguare il proprio curriculum ai quasi esclusivi fini di accesso alle carriere accademiche, dall’altro va affermato in maniera incisiva che la valutazione del corpo ricercatore italiano viene fatta prevalentemente su queste voci. Amo, in materia, fare un esempio: se io sono un idraulico ma vengo pagato per la quantità di muri che costruisco e non per i tubi che riparo, allora costruirò muri. L’impact factor è, appunto e indubbiamente, una misura distorsiva del valore del ricercatore e perfino chi ha fondato tale indice ne sconsiglia l’uso per questa applicazione. In tale frangente evito di scendere nel particolare del ginepraio delle valutazioni dei ricercatori, con tutte le distorsioni che lo affliggono. Accenno comunque alla necessità di una riforma del sistema di valutazione, dando più peso alla divulgazione, ma non solo.
Affrontando il caso particolare, la ricerca scientifica in agricoltura, come altrove, comporta spesso grossi e articolati lavori per lunghi tempi e, in un primo momento, possono apparire non applicativi/applicabili. Si tratta spesso di ricerche di base che servono come piattaforma di lancio per moltissime applicazioni pratiche. Tali lavori di ampio respiro vengono spesso tacciati di essere cervellotiche inutili sperimentazioni proprio perché non appaiono di immediata applicazione, come ad esempio lo studio dell’espressione di una singola proteina in una radice. A loro volta, ogni singola applicazione e innovazione può comportare un vantaggio, ma è spesso un vantaggio contenuto.
Cercare di valutare i ricercatori prevalentemente per la loro capacità di trovare soluzioni concrete, efficaci e utili per gli operatori nell'immediato porterebbe quindi tutti a fare ricerche che non contribuiscono a un grosso avanzamento dell'agricoltura.
In Italia, nella ricerca scientifica (che non è fatta solo dalle università ma anche da altri enti di ricerca, come ad esempio il CREA o il CNR) ci sono sicuramente carenze e nessuno nega che certi ricercatori e professori siano scollati dalle realtà operative.
Al contempo, sussistono due condizioni importanti: non tutte le attività di ricerca, ivi incluse in ambito agronomico, hanno a che fare con le realtà operative degli operatori  (immaginate alla salvaguardia degli ambienti naturali), né la filiera dalla produzione del sapere alla sua applicazione può essere completamente demandata a chi fa ricerca anche alla luce del miserabile finanziamento al comparto.
L’Italia, infatti, investe poco nella ricerca e i ricercatori italiani sono poco pagati. Inoltre, le strutture di trasferimento della ricerca scientifica, il cosiddetto trasferimento tecnologico, sono alquanto carenti. Eppure il trasferimento tecnologico è fondamentale nel mondo agricolo, nel quale gli operatori sono tanti e spesso, ammettiamolo, poco aperti e formati e nel quale le variabili di studio sono molteplici (suoli, temperature, disponibilità di mezzi tecnici, pressione dei patogeni, etc.). Per questi aspetti, il trasferimento tecnologico (ossia l’adattamento dei risultati della ricerca ai contesti operativi) dovrebbe essere capillare e assistito da strutture ad hoc che non sempre sono efficienti in questa attività.
Ma esiste un altro aspetto fondamentale del dibattito che interviene in questo mancato trasferimento e che travalica anche la sfera delle scienze agrarie, ossia il suolo del personale docente e ricercatore.
Le ricerche, come ben si accenna nell’articolo, andrebbero messe a disposizione di quante più persone possibile ma questo processo non dipende solo dalla produzione di pubblicazioni divulgative o, nel mio caso, anche di convegni a scala tecnica e divulgativa, oltre che scientifica. Questo processo dipende anche dalla capillarità con cui le competenze accademiche raggiungono la popolazione, sia la popolazione generale, sia quella degli agricoltori. Tale capillarità dipende in forte misura dalla percentuale di laureati, alquanto bassa in Italia, la cui attività comporta tale trasferimento anche fuori dai convenzionali sistemi di divulgazione, in serate tra amici o in occasioni mondane nelle quali, fortuitamente, si affrontano questi argomenti. Per quanto non ami i casi aneddotici, né li ritenga affatto forieri di prova, posso dire di esserne un esempio vivente in tale frangente. Pressappoco sempre mi ritrovo in queste situazioni in cui dibatto di (e spesso spiego la) questione agronomica alle categorie più disparate: altri genitori in una riunione, avventori di varie estrazioni in treni, autobus o altri mezzi pubblici, in fila alla posta, etc. E spesso ho anche avuto il piacere di scambiare l’indirizzo email, ricevere richieste di chiarimenti, pubblicazioni e informazioni.
La percentuale di laureati funziona allora, se la mia percezione della cosa corrisponde alla realtà, esattamente come la percentuale di vaccinati in una popolazione, abbassando appunto la diffusione di notizie false o non confermate, che nei tempi attuali vengono messe volutamente in giro con i peggiori fini.
Cari Roberto e Geremia, le regole di valutazione possono quindi essere perfettibili, i nostri ricercatori dovrebbero indubbiamente impegnarsi a scendere qualche scalino della torre d’avorio e riconquistare la dimensione reale del vivere, ma il problema del contributo della ricerca scientifica all’agricoltura non verrebbe comunque risolto in quanto entrambi questi aspetti (encomiabili e da perseguire) non rappresentano, da soli, un approccio sistemico al problema. Tale approccio richiede, volenti o nolenti, anche un intervento del legislatore sulla dimensione minima delle aziende, sul beneficio dell’aggregazione, sulla cultura media della popolazione, in particolare in ambito agricolo, e un robusto sistema di trasferimento tecnologico che possa dare agli agricoltori un esempio tangibile dei risultati della ricerca.
Indubbiamente, concordo, alcuni lo fanno già con riscontri positivi per il settore, ma limitando la propria carriera, con il rischio che, se non adeguatamente incentivati, smetteranno presto di fare questa attività nella ricerca di altre opzioni lavorative. Andrebbe quindi creata, a mio avviso, una struttura divulgativa a scala nazionale che dialoghi sia con i ricercatori, sia con gli operatori in tutte le fasi della filiera e che possa incentivare l’integrazione orizzontale e verticale delle strutture del sapere, che si rifletterà sulle strutture economiche.
Saluti.
Sergio Saia
https://www.researchgate.net/profile/Sergio_Saia
Assegnista di ricerca presso Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia (CREA), Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture industriali (CREA-CI) e professore a contratto presso Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali (UNIVPM-D3A), amante della divulgazione.

********************
Fonte: https://www.facebook.com/sergiosaia


La xylella non va in ferie A Taranto e Brindisi contagiati altri 366 alberi



LaxylellanonvainferieATarantoeBrindisicontagiatialtri366alberi
di Salvatore Avitabile
BARI Gli ultimi dati, pubblicati
l’altra sera dall’Osservatorio
fitosanitario regionale, sono
ineluttabili: a luglio (i casi accertati
erano 519 fino al mese
di giugno) altri 366 ulivi sono
stati contagiati dalla xylella
tra le province di Brindisi e
Taranto. Oggi, in base al monitoraggio,
sono diventati
885. Le analisi, effettuate dagli
esperti regionali, hanno
conclamato la malattia in 255
ulivi a Carovigno, 7 a Ostuni,
35 a Montemesola, 10 a Monteiasi,
30 a Latiano, 3 a San
Michele Salentino, 21 a San
Vito dei Normanni, 4 a Ceglie
Messapica e 1 a Cisternino.
Un’emergenza senza fine
che potrebbe raggiungere anche
Matera e la Basilicata perché,
come spiegano i vertici di
Coldiretti Puglia, il virus (si precisa che Xylella non è un virus ma di un BATTERIO Antonio Bruno Dottore Agronomo)  


degli
ulivi si sta dirigendo in modo
rapidissimo verso la Lucania.
Alla luce degli ultimi catastrofici
casi accertati, quindi, domani
alle 17.30 i rappresentanti
regionali e provinciali di
Coldiretti incontreranno a Bari
il nuovo commissario dell’Arif
Oronzo Milillo. Savino
Muraglia, presidente di
Coldiretti Puglia, spiega: «Dal
commissario intendiamo conoscere
strategie e modalità
di azione per intensificare le
attività di monitoraggio e abbattimento,
in modo da salvare
il patrimonio degli ulivi pugliesi,
già gravemente compromesso
e individuare eventuali
sinergie».
Un’emergenza senza fine
nonostante sia stato approvato
un decreto che stanzia fondi
e mette a disposizione
competenze per il rilancio del
comparto olivicolo pugliese.
Troppe domande sono rimaste
senza risposte. Muraglia
chiama in causa il governatore
Michele Emiliano. «Il presidente
convochi immediatamente
il tavolo istituzionale
rispettando la composizione
prevista dall’ordine del giorno
approvato all’unanimità dal
Consiglio regionale del 31
maggio 2018, di cui fanno parte
oltre alle organizzazioni di
rappresentanza del mondo
agricolo, l’Anci, i rappresentanti
del mondo scientifico e
della ricerca, l’Osservatorio fitosanitario
regionale e l’Arif
per affrontare tutte le problematiche
complesse di cui ha
ormai la responsabilità diretta».
Secondo i dati del primo
monitoraggio dell’Osservatorio
fitosanitario regionale e di
Arif partito nell’ottobre 2016
nelle province di Brindisi e
Taranto fino all’ultimo del 20
luglio scorso è salito a 5.614 il
numero di ulivi infetti nelle
due aree. «L’inerzia negli abbattimenti
non ha estinto
tempestivamente focolai infetti
e fonti di inoculo che
hanno causato il dilagare della
xylella fastidiosa», dice ancora
Savino Muraglia, presidente
di Coldiretti Puglia.
Per l’associazione degli
agricoltori «la xylella nella zona
di contenimento ha continuato
ad infettare ulivi, tutti
prossimi alle piante positive
ritrovate con il monitoraggio
ad Ostuni, ovvero
quando il focolaio ricadeva in
zona cuscinetto e quindi le
norme comunitarie imponevano
l’abbattimento delle
piante ospiti ricadenti nel
raggio dei 100 metri». Secondo
Muraglia «se fosse stata
applicata per tempo e alla lettera
la normativa comunitaria
il focolaio sarebbe stato estinto,
piuttosto che risultare ad
oggi ancora attivo, con piante
malate che costituiscono fonte
di inoculo e diffusione ulteriore
della xylella». Tra Fasano,
Ostuni, Carovigno e Monopoli
gli ulivi sono 250 mila.

sabato 20 luglio 2019

Come posso proteggere l'albero di fico dagli uccelli.


‎Salvatore Plurione‎ a COLTIVARE L'ORTO
6 h ·
Come posso proteggere l'albero di fico dagli uccelli.
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Elly Sandy
Elly Sandy Io ci mettevo pezzi carta stagnola
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Lentini Stefano
Lentini Stefano Ciao appendi delle bottiglie di plastica nei rami oppure se l'albero e piccolo con una rete verde
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Salvatore Plurione
Salvatore Plurione Sono due alberi enormi con il telo mi sempra impossibile
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Tiziana Sperandio
Tiziana Sperandio Dei fiocchi di carta argentata
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Paolo De Santis
Paolo De Santis metti una fica.....
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Salvatore Plurione
Salvatore Plurione Paolo De Santis 😁😁
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Paolo De Santis
Paolo De Santis Salvatore Plurione 🤣🤣🤣🤣🤣🤣🤣🤣
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Antonio Viglianisi
Antonio Viglianisi Girandole
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Salvatore Gasparro
Salvatore Gasparro Impossibile... questo frutto è come una calamita per gli uccelli!!!
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Alfonso Apuzzo
Alfonso Apuzzo fucile
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Antonella Lussu
Antonella Lussu Noi copriamo con una rete. L albero e gigante quindi ho cucito due reti in modo che copra tutto
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Antonella Frezza
Antonella Frezza Mettici le girandole 😀
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Ezio Imperia
Ezio Imperia Io ho appeso una foto grande di Rocco Siffredi. Spariti dalla zona.
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Laura Franco
Laura Franco Esche da pesca, quelle con gli insetti colorati, amo compreso, mi raccomando, puoi mettere anche le bustine da congelatore ma non funziona le. Bucano
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Meri Tuuli
Meri Tuuli Laura Franco ma poi cosa succede con le esche?Li spaventano o ci restano appesi?
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Orofino Giuseppe
Orofino Giuseppe Falli mangiare povere creature.....io nei miei li faccio mangiare tanto fino alla fine dell estate ai voglia di mangiare fico.....
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Mauro Conti
Mauro Conti Orofino Giuseppe come vorrei venissero da te anche i miei...
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Orofino Giuseppe
Orofino Giuseppe Mauro Conti ma gia da me ne vengono abbastanza caro....un po per uno 😁😁
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Vincenzo Milia Vincenzo
Vincenzo Milia Vincenzo Copri l'albero con una rete
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Umberto Iannone
Umberto Iannone Dividi i frutti con loro e ti ringrazzieranno🙏🙏🙏
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Salvatore Plurione
Salvatore Plurione Io li divido ma loro no, fino ad ora nemmeno una.
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Mauro Manca
Mauro Manca Umberto Iannone cosa dividi che arrivano come una nuvola nera e quando vanno via non ne rimane neanche uno.
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Giovanni Perfido
Giovanni Perfido Metti specchietti appesi, a doppia vista, avanti dietro. Oppure mangia tutti i fichi prima di loro.
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Giovanni Cecchini
Giovanni Cecchini le piante di fico devono essere sempre due um maschio e una femmina ciao
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Sergio Coghe Sergio
Sergio Coghe Sergio Anche una rete.
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Mauro Tram
Mauro Tram Metti dei cd legati con dello spago o carta argentata dell uovo pasquale
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Alvezio Bò
Alvezio Bò Scrivi un cartello, fico maschio
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Alvezio Bò
Alvezio Bò ,
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Giovanni Perfido
Giovanni Perfido Salvatore, oppure, se ne hai la possibilità appendi una radio con timer, sincronizza su radio radicale dove si parla sempre, e risolvi il problema.
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Francesco Murgia
Francesco Murgia rete antigrandine
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Antonietta Naccari
Antonietta Naccari Anche loro hanno diritto di mangiare
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Fosco Nardini
Fosco Nardini Antonietta Naccari si, avranno anche loro diritto a mangiate , ma porca miseria perche' li devono bucare tutti!!😬😬😬
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Mauro Conti
Mauro Conti Se ha gli storni non li mandi via con niente, neanche se stai sotto l'albero a bestemmiare... Ho provato le strisce, i palloni, gli urli, anche le sassate (dopo la prima volta, si spostano solo se li colpisci con il sasso), rumori vari etc. Forse ci vorrebbe il fucile, ma non ho il Porto d'armi, abito in paese e poi sono belve protette. Mi accontento di mangiare quelli bassi dopo averli lavati dal guano.
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Carla Giozzet
Carla Giozzet Mauro Conti belve protette?😡😇
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Mauro Conti
Mauro Conti Carla Giozzet se ci hai a che fare sai definisco così gli storni. Ho moltissimi uccelli intorno casa, passeri, merli, cardellini, tortore, colombacci, e in autunno anche fringuelli, tordi etcetc., ho lasciato un albero pieno di edera per loro... Non di…Altro...
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Antonio Vitillo
Antonio Vitillo Metti la foto di BELEN, oppure una sua sagoma per gli uccelli dovrebbe funzionare
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Mabi Satta
Mabi Satta Nastri argentati.
Li metto tra rami bassi
Quelli alti li lascio agli uccellini. Pace e bene a tutti
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Alessandro Voci
Alessandro Voci Devono mangiare anche loro
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Francesca Emme
Francesca Emme Girandole.. Ne fissi un po' sparse e 2 o 3 belle grandi sulla cima del fico. Non si avvicinano più. Io l'ho fatto ed ha funzionato
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Giuseppe Di Pumpo
Giuseppe Di Pumpo Sono cose della natura,non puoi farci nulla,all’uccello piace il fico
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Carlo Cigliola
Carlo Cigliola sopratutto quella nera
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Antonino Mallimo
Antonino Mallimo Impossibile 😂😂😂
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Fazi Graziano
Fazi Graziano Io uso la carta argentata della uova pasquali
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Lo Vasco Davide
Lo Vasco Davide Carabina aria compressa libera vendita ....
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Guido Busti
Guido Busti Mangiare tutti i fichi !!!
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Giovanna Cannavacciuolo
Giovanna Cannavacciuolo Copri l'albero con la rete
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Anna Iervolino
Anna Iervolino Fare la guardia
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Giovanna Cannavacciuolo
Giovanna Cannavacciuolo Da me hanno fatto addirittura il nido
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Guido Facchino
Guido Facchino E normale che la fica attira gli uccelli...
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Maria Lunas
Maria Lunas Rete
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Giovanni Battista Esposito
Giovanni Battista Esposito 😀😀😀😀😀
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Daniela Angelino
Daniela Angelino Pensa che strano gli uccelli hanno fatto il nido su un albero....ma è di fico!!! Potete dare risposte sensate , sono la prima a ridere scherzare ma è una pagina sull orto ... Anche se certe domande meritano certe risposte
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Alberto Branca
Alberto Branca Lasciali mangiare….avranno diritto pure loro di vivere
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Nino Casiero
Nino Casiero Mangiati tutti i fichi???
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Daniela Poli
Daniela Poli Se ce l’hai metti la rete della raccolta olive
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Mauro Dominici
Mauro Dominici Se l'albero di fico e ' femmina e' impossibile difenderlo dagli uccelli
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Lucia Rita Matascone
Lucia Rita Matascone Ho anch'io lo stesso problema .....niente sono grandi non si possono coprire
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Antonella Riceputi
Antonella Riceputi Piombo? 🤣
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Chiara Calosso
Chiara Calosso Non so se può funzionare, ma ricordo che per le ciliegie appendevo strisce di carta delle uova di Pasqua ai rami perché, sventolando, spaventassero gli uccelli...
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Giovanni Brignani
Giovanni Brignani Raccoglierli non maturi ,sono attratti dalla pelle sottile del fico quando é maturo , la bucano x estrarre il "nettare "
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Antranig Keuchkarian
Antranig Keuchkarian Prendi il fucile...😉
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Aldo Serio
Aldo Serio Spara
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Massimo Chiavarini
Massimo Chiavarini Appendici delle pelli di coniglio riempite con della paglia somigliano al gatto vedrai che gli uccelli non si avvicinano
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Maria Assunta Gigli
Maria Assunta Gigli Chi sa quanti fichi ci sono dividi con loro
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Alessandra Bizzarri
Alessandra Bizzarri Ci sono le reti protezione le ho viste da leroy merlin
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Angie Claire Testai
Angie Claire Testai Mi associo 🙂
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Ines Emett
Ines Emett Non puoi, anche loro hanno diritto di mangiare qualcosa.....
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Serafino Giusti
Serafino Giusti Attaccati dei pallonini
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Jose Salas Baez
Jose Salas Baez Ma non puoi mettere questa rete,tipo quello x raccogliere le olive?
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Michele Ferrigno
Michele Ferrigno Te li devi mangiare Tutti
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Stefano Bartolozzi
Stefano Bartolozzi Sparagli se no si mangiano tutto ..basta un flobert ...
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Stefano Bartolozzi
Stefano Bartolozzi Piombino o di gomma
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Stefano Bartolozzi
Stefano Bartolozzi Sparagli basta un flobert con gommini o piombini
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Maria Mitelli
Maria Mitelli
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Michela Lapo
Michela Lapo Ma produce fichi maschi o femmine? Perché nel secondo caso la vedo dura proteggerli dagli uccelli..😉😂
Scherzoooo 😂👋🏼
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Rimember Ricorda
Rimember Ricorda Michela Lapo. Lapo ......nel vero senso della parola ???
Scherzoooooo. Ahahahah
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Michela Lapo
Michela Lapo Eh certo... nel vero senso..😂😂😜
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Angelo Bernardinetti
Angelo Bernardinetti Un mio amico vi installò un campanello elettrico che con un lungo filo lo comandava da casa
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Pasquale Luzzi
Pasquale Luzzi Metti una rete.Io da anni faccio così e gli uccelli non hanno toccato più i fichi.
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Lucio Ribaudo
Lucio Ribaudo Sparagli....chiamami...con un cal 36 facciamo anche la polenta🤣🤣🤣🤣🤣🤣....scherzo carta argentata!oppure se riscontri che sono sempre gli stessi usa segnali rumorosi tipo petardi pentole....insomma fai casino
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Lucio Ribaudo
Lucio Ribaudo I beccafico sono tra gli uccelli più buoni...🤣🤣🤣🤣....scherzo veramente!se sono loro basta che fai "movimento e contrasto" e un Po di rumore passano all'albero del vicino dove stanno più tranquilli😜
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Ladino Rizzo
Ladino Rizzo Vivi e lascia vivere.
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Carla Martelli
Carla Martelli Attacca dei cd vecchi!
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Renzo Cappozzo
Renzo Cappozzo Una pianta di fico con gli uccelli che ci volano sopra, per cibarsi di quel nettare divino, mi riportano all'infanzia. Un immagine che non si deve sciupare
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Armando Zerella
Armando Zerella Rete da olivi
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Oreste Attisani
Oreste Attisani Ho messo un bel po' di cd appesi ai rami
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Wally Centis
Wally Centis Chiamali stupidi sono troppo buoni e dolci
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Wally Centis
Wally Centis
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Angelo Cristaldi
Angelo Cristaldi Io sicuramente non ne colgo, perché oltre agli uccelli che ne lasciano pochi , si sono aggiunti anche le vespe a rovinare il frutto,quasi quasi la taglio.
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Maurizio Cattivelli
Maurizio Cattivelli Vivi e lascia vivere
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Nadia Fragola
Nadia Fragola Uccelli..vespe.. calabroni ..
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Claudio Chinello
Claudio Chinello L'unica speranza. è che faccia tanti frutti 👍 i primi sono suoi poi potrai mangiarli anche te 🤣🤣🤣
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Settimio Ranieri
Settimio Ranieri Vedi se trovi una passera.
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Beppe Scozzari
Beppe Scozzari Io ho due piante di fico e quelli mangiati dai uccelli sono veramente irrisori. Lascia stare fai mangiare anche loro che hanno fame
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Salvatore Prestia
Salvatore Prestia Sparacci😂
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Giorgio Cecchini
Giorgio Cecchini Stacca i fichi maturi !
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Davide Di Girolamo
Davide Di Girolamo Io ci ho messo una rete funziona!
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Franco Mancini
Franco Mancini Non si può proteggere se ci sono le fiche sull'albero l'uccello deve andare sopra
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Michela Lapo
Michela Lapo ... o sotto...😂😂
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Antonia Foddis
Antonia Foddis Ci sono delle reti specifiche noi la mettiamo al nespolo!
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Francesco Perrotta
Francesco Perrotta Devi metterci un telo sopra.
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Antonio Tregnaghi
Antonio Tregnaghi Mettendogli una fica
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Salvatore Imbriani
Salvatore Imbriani Lasciali mangiare.
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Daniela Papa
Daniela Papa Mia suocera un anno ci aveva fatto appendere dei pesci, cosi secondo lei gli uccelli non si sarebbero avvicinati, loro no, ma le mosche si e addio comunque a i fichi, morale non appendere i pesci all’albero😂😂😂
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Paolo Moretti
Paolo Moretti io cio messo i vasogli di allumigno
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Paolo Moretti
Paolo Moretti i continetori della lasagna
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Michele Lomurno
Michele Lomurno Sai che agli uccelli piace la fica
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Loretta Donatella Biondi
Loretta Donatella Biondi Capelli d'angelo,quelli per fare l'albero di Natale.
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Marcello Federico
Marcello Federico Vengo io a raccogliere i fichi.
Indirizzo e vengo a trovarti
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Genny Genny
Genny Genny Questa è bellissima.
Dovremmo fare una pagina con battute e barzellette... Come quella dei carabinieri 🤣
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Alessandro Fava
Alessandro Fava Prova con un carro di buoi , anche se di solito non funziona
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Antonio Rosanna
Antonio Rosanna Mettici la rete di castità..😃😃😃
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Nunziatina Trippanera
Nunziatina Trippanera Con il telo delle olive
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Lino Campagna
Lino Campagna Togli tutte le fiche😂😂😂
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Giulio Mazza
Giulio Mazza Io l'anno scorso o risolto il problema con un pallone leggero legato a l'albero
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Laura Monaco
Laura Monaco Io ho comprato quegli aggeggi ad ultrasuoni
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Ennio Ceschin
Ennio Ceschin Ti mando la foto io ho risolto con la rete .. finalmente mangio fichi
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Carmine Vito De Pascalis
Carmine Vito De Pascalis Con il brufico, risolvi il problema, lo usava mio nonno, una soluzione che viene usata e trasmessa da padre e figlio, a me lo ha insegnato mio nonno, sono secoli e secoli che si usa questo vuol dire che funz
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Mauro Conti
Mauro Conti Carmine Vito De Pascalis e che è il brufico? Una specie di supercazzola?
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Carmine Vito De Pascalis
Carmine Vito De Pascalis No
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Carmine Vito De Pascalis
Carmine Vito De Pascalis Un fico amaro
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Carmine Vito De Pascalis
Carmine Vito De Pascalis Di norma si raccoglie in giugno, si fanno dei grappoli tipo uva e si appendono sui rami di tutti i tipo di fica o fico come lo volete chiamare
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Carmine Vito De Pascalis
Carmine Vito De Pascalis Tipi di fica c'è ne sono vari tipi a secondo del periodo che va da luglio a settembre
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Donato Petracca
Donato Petracca Il profico è il maschio del frutto, che cresce su alcuni alberi di fico. Viene raccolto in grappoli e appeso nell'albero di fico femmina, e grazie ad alcuni insetti che se ne nutrono fecondano i frutti commestibili.
Più o meno è così.
Non sapevo che avesse funzione deterrente per gli uccelli.
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Carmine Vito De Pascalis
Carmine Vito De Pascalis Donato Petracca si
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Antonio Bruno
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Clod Crucco
Clod Crucco Spaventapasseri funziona
Ma no X le api.
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Piermaria Micale
Piermaria Micale Clod Crucco per gli calabroni. Le api vanno solo dove è già aperto. Grazie a questo limitano muffe e funghi :)
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Clod Crucco
Clod Crucco Piermaria Micale Grazie X la risposta
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Adriano Beorchia
Adriano Beorchia Taglialo
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Franco Cannone
Franco Cannone Non credo si possa fare, gli uccelli sono sempre alla ricerca dì fichi😃
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Aurelio Di Mauro
Aurelio Di Mauro Ecco🤣🤣
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Angelo Montaldi
Angelo Montaldi
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Rosetta Zanni
Rosetta Zanni Con la carta stagnola a striscioline e legate sul albero che si muovono e luccichio delle strisce non si avvicinano prova e verrai che funziona
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Rosetta Zanni
Rosetta Zanni
🦅🦅
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Maurizio Natale
Maurizio Natale Usa la carta dell uovo di pasqua, la fai a strisce e le leggi ai rami
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Luca Gambino
Luca Gambino La fica......? E come fai a resistergli poi pure dolce e saporita! Mmmmmmm a me personalmente mi devi uccidere per debellarmi 😘
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Luigi Gravante
Luigi Gravante Rete anti uccello. 2x10 MT. 4€
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Nicola Busico
Nicola Busico Dove si vende?
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Antonio Irrera
Antonio Irrera Ci vuole una cintura di castità
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Antonio Falanga
Antonio Falanga Con la cintura di castità
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