martedì 4 gennaio 2011

I contadini del Salento leccese


I contadini del Salento leccese

di Alfonso Pascale*

Alle preziose informazioni del De Giorgi dovremmo aggiungere quelle che si ricavano dalla “Monografia circa lo stato di fatto dell’agricoltura e della classe agricola nei singoli Circondari della Provincia di Terra d’Otranto” redatta nel 18...80 e confluita nell’Inchiesta Agraria Jacini.
Il contadino del Salento leccese – scrivono i ricercatori che parteciparono alla famosa indagine socio-economica - si nutriva di pane fatto con la farina d’orzo e preparato in acqua salata bollente ed olio, un piatto denominato “acqua sala”. Solo in occasione dei grandi lavori in campagna, questa particolare dieta veniva arricchita con legumi ed olive e, quando il proprietario era in vena, ad essa veniva aggiunta una piccola quantità di vino e formaggio. Un contadino consumava in media un chilo di pane al giorno e, a seconda delle condizioni economiche e dei raccolti, mangiava mediamente 300 grammi di legumi ogni dì.
Annotano, tuttavia, gli investigatori dell’Inchiesta Jacini che appena i giovani delle campagne leccesi uscivano dalla Provincia, per svolgere il servizio di leva nelle grandi città, e gustavano cibi diversi da quelli con cui si erano cresciuti, spesso non facevano più ritorno in Puglia e preferivano un impiego pubblico, pur di non tornare alla “dieta contadina”.
Sembra, dunque, che i contadini del Salento leccese non mangiassero poco e male in quanto sobri e frugali ma per il semplice motivo che non sempre avevano da mangiare.
Le parole di Braudel relative alle società tradizionali del Mediterraneo chiariscono bene questa situazione: “Siamo in presenza di una vita difficile, spesso precaria, il cui equilibrio in definitiva si compie regolarmente a danno dell’uomo, condannandolo senza remissione alla sobrietà. Per qualche ora o qualche giorno di bagordi, il limite dello stretto necessario si impone per anni e per intere esistenze”.
La sobrietà generalizzata non può, pertanto, essere assunta come carattere del modello alimentare mediterraneo.
Inoltre, fare del consumo di carne, come molti storici sono stati tentati di fare negli anni ‘50 e ’60 del secolo scorso, l’indice della qualità intrinseca e della “modernità” dei sistemi alimentari dei secoli anteriori, significa proiettare sul passato alcune categorie interpretative del presente. Ma fare anche del regime “vegetariano” il criterio per definire il carattere dell’alimentazione mediterranea è un’operazione ambigua, per il semplice motivo che i nostri antenati non avevano il problema di prevenire malattie proprie del terzo millennio, come l’obesità e l’anoressia, malattie dell’abbondanza e del consumo fine a se stesso.

*Alfonso Pascale http://www.alfonsopascale.it/

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