venerdì 14 gennaio 2011

La formula a valori per la viticoltura del Salento leccese

La formula a valori per la viticoltura del Salento leccese


di Antonio Bruno*



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Alla presenza del Direttore Area Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione Puglia Dottore Agronomo Giuseppe Ferro si è tenuto a Lecce presso la sede dell’Ufficio Provinciale Agricoltura una riunione del Mondo del vino. In questa nota una proposta rivolta a questa realtà d’eccellenza del Salento leccese.

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Il significato della parola vino



Oggi spero di non avvinazzarmi scrivendo del vino del Salento leccese. Ho scoperto che la parola “vino” ha origine dal verbo sanscrito vena che significa “amare”, ed è sempre da questa parola che deriva Venus cioè il nome della dea Venere. Amore, passione, il rosso sangue nelle vene, sono i termini che accompagnano la bevanda che permette di “lasciarsi andare”, di guardare alle cose con leggerezza, anche se il vino deve essere trattato con cura e bevuto con moderazione.



Il vino da taglio del Salento leccese



Mario Soldati ha scritto “vino al vino” un libro che descrive i suoi viaggi alla scoperta di vino genuino. Quando arriva nel Salento leccese scrive che dalla fine dell'Ottocento esiste in Italia una legge che impone a chi commercia il vino, una gradazione di almeno 10 gradi. Molti vini del nord non arrivano a questa gradazione ed è vietato aggiungere dello zucchero (mentre in Francia non è vietato) durante la fermentazione per aumentare la gradazione. Alla fine degli anni '40 e poi nei '50, vagoni e vagoni di mosto partivano dalle stazioni ferroviarie del Salento leccese per andare al nord. Il nostro mosto veniva utilizzato per “tagliare” il vino del nord di bassa gradazione alcolica e grazie alla produzione dell’uva contenente una fortissima quantità di zucchero vi era il sostentamento economico di molti produttori di uva del Salento leccese



L’eccedenza della produzione di vino



Nel Salento leccese avvenne poi l’avvento dello squilibrio tra uva prodotta e vino venduto. C’erano giacenze di vino al 31 agosto 1978 di 441mila ettolitri. Per darti l’idea c’erano 44 milioni di bottiglie di vino da un litro invendute! Ma se andiamo a spulciare i dati delle eccedenze al 31 agosto 1979 vediamo che siamo a 73 milioni di bottiglie e al 31 agosto 1980 le eccedenze erano di più di 100 milioni di bottiglie! Un dato enorme vero?





Effetti del “Pacchetto vino” CEE nel Salento leccese



Negli anni 80 l’allora Comunità Economica Europea elaborò il cosiddetto “Pacchetto vino” che comprendeva una serie di regolamenti tesi a riequilibrare il mercato. Questi regolamenti hanno regolamentato i nuovi impianti e le estirpazioni finalizzate all’abbandono temporaneo oppure definitivo della coltivazione del vigneto. Questi regolamenti hanno avuto effetti devastanti per i vigneti del salento leccese.





La superficie dei vigneti del Salento leccese



I dati del catasto agricolo del 1929 ci rivelano che nel Salento leccese la superficie di vigneto era di 36mila ettari. Nel 1949 l’UPSEA rileva circa 66mila ettari, mentre l’indagine del 1972, condotta dall’Ispettorato dell’Agricoltura di Lecce, censisce circa 31mila ettari, rilevando una riduzione fortissima della coltivazione che ebbe poi un aumento nel 1980 attestandosi a 36mila ettari.

Dalle federazioni degli imprenditori agricoli del salento leccese arrivano stime di superficie a vigneto nel 2011 nell’ordine dei 5mila ettari!



Il Consorzio del vino del Salento leccese



I produttori di uva del Salento leccese sono sempre stati, nella stragrande maggioranza, proprietari di piccoli vigneti. Nel Salento leccese, nonostante i tanti tentativi, non c’era una sola struttura che si occupasse della commercializzazione di tutto il vino prodotto nel Salento, e anche oggi questa unica struttura non mi risulta che sia stata costituita. Nel Salento leccese sino agli anni 80 c’erano 43 Cantine tra cooperative e privati su 97 comuni, insomma una cantina ogni due Comini!

La mancanza una visione complessiva ha determinato l’essere andati ognuno per proprio conto, come si suol dire in ordine sparso, e la conseguenza è stata quella di avere negli anni 80 un prodotto che giaceva invenduto.



La riunione il 14 gennaio 2011 degli stakeholder del vino



Ho preso parte ieri ai lavori della riunione indetta dal Direttore Area Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione Puglia Dottore Agronomo Giuseppe Ferro di tutti i soggetti portatori di interessi nei confronti della viticoltura. Una lunghissima discussione, molte proposte. Ho ascoltato tutti ed è chiaro che ci troviamo di fronte a una serie di realtà imprenditoriali che hanno fatto della qualità e dell’eccellenza la loro bandiera. C’è sempre la preoccupazione del declino della domanda e questo fa alzare le difese di tutti, soprattutto di quelli che, con fatica, sono riusciti a conquistarsi un mercato che garantisce il tanto cercato “valore aggiunto”.



I mercati di nicchia



Un recente studio dell’Università degli Studi di Siena, patrocinato dall’Istituto nazionale per il commercio estero, sostiene che il problema della scarsa competitività delle imprese italiane possa essere superato attraverso l’adozione di strategie di focalizzazione del business e attraverso la scelta di mercati di nicchia.



Le formule di valorizzazione dell’impresa



Sappiamo tutti che due principali formule di valorizzazione di impresa sono “la formula a volume”, dove il profitto si ottiene massimizzando le quantità vendute; e “la formula a valori” nella quale il profitto si ottiene con la sostenibilità di prezzi elevati.

Nel primo caso è necessario poter produrre grandi quantità di prodotto standardizzato e a bassi costi unitari, un prodotto considerato dal consumatore una commodity e rispetto al quale le differenziazioni non sono fortemente premianti sui risultati di vendita.

Al contrario nel secondo caso è necessaria una tecnologia produttiva capace di determinare una produzione articolata per avere prodotti altamente differenziati e i cui benefici differenziali percepiti dai consumatori giustifichino un prezzo più elevato rispetto ad altri prodotti appartenenti allo stesso segmento di mercato.



La mia proposta ai produttori di uva e di vino del Salento leccese



La discussione del 14 gennaio 2011 a Lecce potrebbe trovare una prospettiva se si costituisse un unico Consorzio per la commercializzazione del vino con l’applicazione del modello della “formula a valori”.

Infatti mentre nel modello “formula a volume”è necessario che l’impresa abbia grandi dimensioni, nel secondo tale condizione non è stringente e il modello risulta pertanto perseguibile anche in micro-realtà come sarebbe quella della piccola e medie impresa che costituisce il tessuto produttivo del vino nel Salento leccese



*Dottore Agronomo (Esperto in diagnostica urbana e territoriale titolo Universitario International Master’s Degree IMD in Diagnostica Urbana e territoriale Urban and Territorial Diagnostics).



Bibliografia



Mario Soldati, Vino al vino. 2006, LIV-742 p., ill., rilegato Editore Mondadori (collana Oscar grandi classici)

Antonio Bruno, Il vino del Salento leccese profondo come la psicologia, è una lama a doppio taglio

http://centrostudiagronomi.blogspot.com/2010/04/il-vino-del-salento-leccese-profondo.html

Giovanni De Rinaldis, Viticoltura meridionale. Problemi e prospettive. Terra salentina, n. 10 1980

Antonio Ferro, Le strutture cooperative nel settore vitivinicolo in Provincia di Lecce

A.Mattiacci, Nicchia e competitività. Strategie di focalizzazione per la competizione globale, Carocci editore, 2008.

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