Equità di Genere e Partecipazione nelle Iniziative Scientifiche: tra Inclusività e Libertà di Scelta
Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in
diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista
divulgatore scientifico
Introduzione
Negli ultimi
decenni, il tema della parità di genere nelle istituzioni accademiche e nei
contesti scientifici ha assunto un’importanza crescente. Politiche volte a
favorire l’inclusione femminile nei convegni e nei tavoli di lavoro si sono
sviluppate in risposta a lunghi periodi di esclusione sistemica delle donne dal
dibattito pubblico e scientifico. Tuttavia, la situazione specifica dell’ADAF
Lecce solleva una questione interessante: cosa accade quando, pur garantendo
pari opportunità d’accesso e invitando esplicitamente tutte le professionalità
femminili, la partecipazione effettiva risulta essere esclusivamente maschile?
È corretto, in questo caso, negare il patrocinio a iniziative che non
presentano relatrici donne, anche quando la mancata presenza femminile non è
frutto di discriminazione bensì di libera scelta?
La parità di genere nel contesto
accademico-scientifico
Secondo
l’UNESCO (2019), le donne rappresentano circa il 30% dei ricercatori
scientifici nel mondo. Nonostante i numerosi programmi internazionali per
promuovere la loro partecipazione, persistono disuguaglianze legate a barriere
culturali, stereotipi e mancanza di supporto istituzionale. In risposta, molte
università e enti pubblici hanno adottato linee guida per evitare la cosiddetta
“manel” (panel esclusivamente maschili), come strumento per contrastare
la marginalizzazione.
Un esempio è
il progetto Athena SWAN nel Regno Unito, che riconosce e premia gli
atenei che promuovono concretamente la carriera femminile nelle STEM (Science,
Technology, Engineering, Mathematics). Allo stesso modo, in Italia, il Gender
Equality Plan (GEP), reso obbligatorio per enti che accedono ai fondi
europei Horizon Europe, mira a garantire equità di genere.
Tuttavia,
questi strumenti hanno senso soprattutto come azioni correttive nei
contesti dove la discriminazione è sistemica o strutturale.
Il caso ADAF Lecce: inclusione o esclusione?
Nel caso in
esame, l’Associazione dei Dottori in Agraria e Forestali della provincia di
Lecce ha attivamente invitato le colleghe ai tavoli tecnici e all'iniziativa
pubblica, senza alcuna preclusione. L'assenza femminile non è stata causata da
ostacoli istituzionali, culturali o di pregiudizio, bensì da una mancata
adesione spontanea, il che differenzia questa situazione dai casi classici di
esclusione.
Secondo il
principio della libertà di scelta, sancito dalla Carta dei Diritti
Fondamentali dell’Unione Europea (Articolo 15), ogni individuo ha diritto a
partecipare liberamente alla vita lavorativa e associativa. Se le
professioniste decidono autonomamente di non prendere parte a un evento, ciò
non dovrebbe automaticamente configurare una discriminazione né giustificare il
diniego del patrocinio.
Casi di studio internazionali: complessità
dell’approccio “quote-based”
Uno studio
dell'Università di Harvard (Bohnet, 2016) dimostra che l'imposizione rigida di
quote di genere, senza considerare il contesto specifico, può generare effetti
controproducenti, alimentando una percezione di tokenismo o obbligatorietà che
rischia di sminuire la partecipazione femminile autentica.
Un altro
esempio rilevante viene dalla Svezia, spesso considerata un modello di equità
di genere. In uno studio condotto dall’Università di Lund (2018), è stato
osservato che in alcuni settori tradizionalmente maschili, come l’ingegneria
agraria, l’assenza di donne nei panel dipende più da interessi personali e
percorsi di carriera che da barriere istituzionali. Forzare la presenza
femminile, in questi contesti, è risultato controproducente rispetto al creare
spazi di empowerment e networking continui, che permettano alle professioniste
di scegliere liberamente quando e come partecipare.
Discussione: Patrocinio e neutralità istituzionale
Negare il
patrocinio universitario a un evento in cui le relatrici donne sono assenti, nonostante
siano state invitate, rischia di travalicare il principio di equità
trasformandolo in una pratica rigida e potenzialmente discriminatoria al
contrario. La neutralità istituzionale dovrebbe tener conto non solo degli
obiettivi numerici ma anche delle modalità con cui viene garantita
l’inclusione.
L’assenza di
relatrici in un contesto aperto non equivale a esclusione, bensì evidenzia la
necessità di indagare le ragioni profonde della mancata partecipazione, senza
penalizzare un'iniziativa che ha rispettato formalmente e sostanzialmente i
criteri di equità.
Conclusioni
L’inclusione
femminile nei contesti scientifici resta un obiettivo fondamentale, ma va
perseguita senza cadere in approcci meccanicistici o punitivi che non tengano
conto della complessità dei contesti locali e delle scelte individuali. Il caso
dell’ADAF Lecce rappresenta un esempio in cui la buona fede e l’apertura non
dovrebbero essere penalizzate da norme rigide. Una riflessione più approfondita
sul bilanciamento tra equità e libertà di partecipazione appare, oggi più che
mai, necessaria.
Bibliografia
- Bohnet, I. (2016). What
Works: Gender Equality by Design. Harvard University Press.
- UNESCO (2019). Cracking the
code: Girls' and women's education in STEM.
- European Commission (2021). Gender
Equality Strategy 2020-2025.
- Università di Lund (2018).
"Voluntary vs. Forced Participation: Gender Equality Policies in
Swedish STEM Fields".
- Athena SWAN Charter. Equality
Challenge Unit, UK.
- Carta dei Diritti Fondamentali
dell’Unione Europea (2012/C 326/02).
- European Commission (2020). Gender
Equality Plans as a Horizon Europe Eligibility Criterion.
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