Gennaio: cosa fare nel vigneto e nella cantina
Continuo a proporre i consigli ed i suggerimenti contenuti nel il primo Almanacco Italiano del 1896 sicuro come sono che solo conoscendo ciò che facevano i nostri padri potremo fare meglio ciò che ci proponiamo di fare oggi.
La vigna
In questo mese, atteso il rigore della stagione, i lavori della vigna sì riducono a ben poca cosa. Nei luoghi in cui le intemperie non si succedano con frequenza tale da impedire al vignaiuolo qualsiasi lavoro all'aria libera, ed ove il gelo permetta di eseguire i lavori, si attende al dissodamento di quei tratti di terreno destinato alle nuovo piantagioni. Ed è sempre buona pratica, dopo i lavori profondi, di non ispianare con la zappa la terra, che, altrimenti, non si gioverebbe dell'azione dei geli e disgeli.
L'alternanza fra periodi di gelo e disgelo ha anche degli importanti effetti fisici sul profilo di un terreno, producendo le cosiddette crioturbazioni si riferisce alla mescolanza di materiali compresi nei vari livelli del suolo fino alla roccia in posto a causa del processo ripetuto di gelo e disgelo).
Ove però le giornate corrano fredde e piovose, il vignaiuolo deve impiegare il suo tempo in altre occupazioni, quali la preparazione dei pali da sostegno e dei vimini per la prossima potatura.
E, soprattutto, non trascurerà di tenere in buon ordine gli strumenti e quant'altro potrà occorrergli; affinché, appena le condizioni climatiche glielo permettano, possa, senza ulteriore indugio, dar mano ai lavori ordinari
In cantina
I lavori di cantina, in questo mese, si riducono a ben pochi, quando però i vini siano stati ben confezionati e conservati in vasi e locali sani. In ogni caso, un'accurata ispezione ai vini si rende indispensabile; poiché talvolta avviene che altre cause concorrano a far subire ai vini delle alterazioni, cui il cantiniere deve senz'altro provvedere, con opportuni rimedi, a prevenirle e, se mai esse siansi manifestate, a curarle.
Fra le principali alterazioni, causate da parassiti vegetali, notiamo la fioretta, l'acescenza, l'amarore, le fermentazioni viscosa, lattica, tartarica, ecc.
La fioretta
si manifesta con la formazione di un sottile strato bianco o rosa sulla superficie del vino, in seguito diventa sempre più spesso fino a che non si stacca e precipita sul fondo, a questo punto in superficie se ne crea uno nuovo. Il vino ammalato di fioretta dapprima non si altera troppo, ma poi comincia a prendere quel inconfondibile sapore d'aceto e a perdere la sua gradazione alcolica.
I vini poco alcoolici e tenuti a lungo esposti all'aria sono soggetti alla fioretta; essa è cagionata dalla presenza di un fungo, il Myroderma vini, che trasforma l'alcool in acqua ed acido carbonico; a prevenirla, gioverà colmare le botti o travasare il vino, quando la colmatura non sia possibile, in recipienti più piccoli ben solforati; a combatterla, si usa chiarificare, solforare ed aggiungere alcool.
L’acescenza
è la malattia più diffusa e pericolosa, infatti, se diagnosticata in fase avanzata, ha effetti irreversibili, in altre parole non ci sono rimedi. Si presenta come uno strato bianco-grigio sulla superficie del vino di odore acetoso. In seguito lo strato precipita sul fondo e incomincia a dare odore e sapore di aceto e a schiarire. Per prevenire tale malattia bisogna come sempre attenersi a tutte le norme di igiene, avendo cura di scartare in vendemmia tutti i grappoli marci e acetosi.
L' acescenza si manifesta per la presenza di un altro parassita, il Mycoderma aceti, il quale trasforma l'alcool in acqua ed acido acetico. La prolungata fermentazione in tini aperti, il lasciare a lungo le vinacce a galleggiare sul mosto, e, per conseguenza al contatto dell'aria, la conservazione del vino in vasi inaciditi, i travasi fatti inopportunamente, sono le principali cause che provocano
l' acescenza. Essa si combatte, generalmente, travasando il vino in botti fortemente solforate ; se l’alterazione è avanzata, il vino può utilizzarsi trasformandolo in aceto ovvero ricavandone l’alcool con la distillazione.
L’amarore
Si tratta della degradazione del glicerolo da parte dei batteri lattici, con formazione di acroleina, responsabile del gusto amaro (amarore). Questa malattia si accompagna ovviamente ad un aumento dell’acidità volatile. E’ in via di sparizione.
L' amarore rende il vino torbido o di sapore amarissimo, piccante. I travasamenti ritardati, i mosti acerbi ed acquosi, l'imbottigliamento inopportuno o fatto con poca cura, favoriscono l'amarore che si manifesta nel vino con precipitato filamentoso. Giovano i travasamenti, le chiarificazioni e qualche piccola aggiunta di tannino ed acido tartarico. Del resto, sia a prevenire che a combattere le fermentazioni, come le altre alterazioni del vino quali il grassume, il rancidume, l'intorbidamento, l'odore di botte, di muffe, di acido solfidrico, ecc., il cantiniere provvederà con filtrazioni, chiarificazioni, travasi, aggiunte di altre sostanze, ecc., secondo i casi e secondo le norme ed i precetti consigliati dall'enologia.
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