venerdì 6 gennaio 2012

LE FACCENDE DI GENNAIO


LE FACCENDE DI GENNAIO




Non nascondo l’emozione che ho provato quando sono entrato in possesso del libro da cui ho tratto le conversazioni che seguono. Il libro è del 1896 e non ho potuto fare a meno di pensare che in quell’anno ancora non era nato mio nonno che si chiamava Pietro come il protagonista della conversazione. Mio nonno sarebbe nato solo nel 1898 e quindi in quell’anno c’era solo il mio bisnonno. Oggi grazie a questo libro ho potuto accedere a informazioni lontane da me e questa stessa emozione mi ha spinto a proporvi la lettura che segue. Gli argomenti trattati sono:

1. Perchè si ha poco profitto dal grano seminato a gennaio

2. le lavorazioni al terreno nel mese di gennaio

3. Come si seminano i piselli

4. Piselli Mac-Lean, Bishop e Telefono

5. Dell'aratro "COLTRO"

6. Cos'è la ripuntatura

7. Come bruciare le ceppaie

8. Fossi a girapoggio

9. Livellazioni e drenaggio o fognatura dei terreni

10. Come ottenere un buon concime organico dagli scarti

Non mi resta che augurarvi una buona lettura!

antonio bruno



Nonno Pietro.

Nel gennaio, se per qualche ragione non si fosse terminata la seminagione del grano, seguitiamola pure, ma aspettiamone poco profitto. Si continua la semina delle fave da inverno, delle vecce, dell'orzo e dei piselli. Tra questi ultimi conviene preferire il pisello Bijou di Mac Lean cV Olanda (Tra le varietà di pisello nano vi è il il pisello bijou di Mac Lean o pisello piccola gemma n.d.r.), che si semina come le fave, in righe o in ciuffi, avendo cura di infrascarlo. Si possono seminare gli erbai d'orzo, di segale.... per la primavera inoltrata. Si vanga o si coltra e si ripunta il terreno per il granturco; s'incomincia la rottura dei terreni che vanno a maggese. Si raccolgono ginestre e sterpi per farne lettiera. Si fanno i fossi da acqua, diritti in piano e a girapoggio in collina; si ripuliscono quelli già esistenti. Quando il tempo è bello e la terra meno umida, si cominciano o si continuano i lavori di drenaggio.



L’importanza dei fossi di sgrondo

Quante volte abbiamo dovuto sistemare terreni, appezzamenti più o meno “in pendenza”, appezzamenti in pianura?

Ebbene, quante volte ci siamo curati di provvedere alla realizzazione di fossati di sgrondo degni di tale nome?

E quante volte abbiamo effettuato manutenzione degli stessi al fine di lasciarne inalterata la sezione originaria ed assicurarne il perfetto funzionamento?

I fossi di sgrondo sono importantissimi per la vita di ogni singolo appezzamento di terreno. La regimazione delle acque in eccesso è una delle cose basilari da valutare allorquando sistemiamo un terreno, per qualsiasi coltura.

E le pendenze devono venire curate con coscienza: un fosso con pendenza eccessiva può causare una erosione dello stesso, con incisioni profonde, che alla lunga fanno franare il fosso stesso; una pendenza ridotta, dall’altro lato, può causare accumuli di detriti lungo il percorso del fosso, e rallentare troppo la velocità dell’acqua, con uno smaltimento insufficiente.

I fossi di sgrondo sono indispensabili, e non solo in zone in cui le pendenze sono “risicate”, come quelle del nostro Salento leccese, ma lo sono anche nelle zone collinari, e lo sono anche in zone con pendenze elevate.

La regimazione delle acque superficiali nelle aree agricole è un patrimonio culturale antico e consolidato in tutto il bacino del Mediterraneo. Le antiche popolazioni agricole, dal medio oriente fino alla Spagna e alla Francia, avevano acquisito fin dal I millennio a. C. i criteri essenziali per la costruzione di opere idrauliche – muri, terrazzi, canali e altro – pervenute fino a noi sotto forma di reperti archeologici o nelle descrizioni riportate nei testi classici.

La storia delle sistemazioni idraulico agrarie nasce nel medio oriente secoli addietro per essere poi trasportata in occidente.



Il ciglionamento

Il ciglionamento, ormai difficile a trovarsi, era realizzato sulla collina formata da sabbie e argille plioceniche, tufi vulcanici, ecc. con pendenze inferiori al 40%. La scarpata o ciglio è realizzato in terra battuta con un cotico erboso che ne assicura la stabilità, mentre sul piano soprastante si trovava la coltivazione arborea associata al grano.



Il terrazzamento

Il terrazzamento, usato fin da epoche remote nelle aree declivi dalle più antiche civiltà di tutti i continenti per regolare il flusso delle acque e rendere pianeggiante il terreno, ha permesso ai popoli del mediterraneo le grandi possibilità produttive legate alla cultura della vite e dell’olivo. Terrazzamenti di vario tipo si trovano diffusi oltre che nel nostro Salento leccese in tutta Italia, in Grecia, nel sud della Francia, in Spagna, nell’africa sub-sahariana dal Marocco all’Egitto, per trovarsi poi in tutto l’estremo oriente dove l’agricoltura ha visto le prime innovazioni decine di secoli fa. La necessità di una continua manutenzione e l’onerosità della stessa hanno portato ad una rapida scomparsa o all’abbandoni di questi “monumenti” dell’agricoltura.



Modelli di sistemazioni idrauliche dei versanti

Accanto a terrazzi e ciglioni, espressione della cultura agronomica italiana - e in particolare toscana – nacquero nel XIX secolo modelli più innovativi di sistemazioni idrauliche dei versanti realizzando l’unità a spina e poi il cavalcapoggio, il girapoggio, le fosse livellari, e cosi via. Tutte queste sistemazioni idraulico agrarie cercavano di ridurre o di sostituire la lavorazione del terreno più antica e più diffusa: il rittochino ovvero la lavorazione secondo la linea di massima pendenza. Una soluzione poco dispendiosa ma soprattutto facile da realizzare che però, in particolari circostanze poteva essere responsabile di enormi processi erosivi con formazioni di calanchi e fossi.



Che cos’è il girapoggio?

Il girapoggio è una sistemazione agraria (sistemazioni di colle) del terreno che consiste nello scavare le scoline (fossi di scolo) lungo le curve di livello delle colline allo scopo di raccogliere le acque di precipitazione piovosa e condurle in un fosso aperto lungo la linea di massima pendenza. Ha lo scopo di limitare il fenomeno dell'erosione, in quanto limita il ruscellamento.

Tra le forme di sistemazione dei terreni di collina è la più efficiente dal punto di vista idraulico, in quanto i fossi, perpendicolari alla massima pendenza, limitano l'erosione.



Nonno Pietro.

Si riparano i muri a secco e le strade. Si aprono le fosse da viti ed altre piante, si tagliano le canne; e se ci troviamo in climi caldi, si può cominciare la potatura dei meli, dei peri e delle viti, se questa ultima non la si fece tra ottobre ed il novembre. Si seminano i peri, i meli.... si fanno gli ovoli d'olivo. Per preparare i terricciati, si conducono nella località più comoda le cavature dei fossi, le male erbe e le foglie raccolte in autunno e poste in fosse al riparo dei venti. Si dispone e si cura attentamente il letame. Si concimano i prati. Si tagliano i legnami da lavoro, ad eccezione delle piante conifere, come il cipresso, il pino,... le quali si dispongono ad entrare in succhio in questo mese. Se fosse necessario, bisognerebbe riparare le piante fruttifere dal freddo. Chi conserva patate o barbabietole, bisogna che in questo mese le guardi attentamente per gettare alla concimaia quelle guaste, e consumare subito quelle che cominciano ad alterarsi. Le giornate invernali devono essere impiegate a mettere in buono stato gli arnesi del podere, ed a fabbricare stuoie, ceste ed altri oggetti, che possono dare buon guadagno all'agricoltore.
Nel frutteto, se il tempo lo permette e se il terreno è sciolto, si può continuare la piantagione degli alberi fruttiferi secondo questa regola generale : nei terreni forti piantare più superficialmente che nei terreni leggieri. Si continuano i lavori di dissodamento, cominciati in autunno, approfondendosi più che nei lavori per le culture erbacee e togliendo con cura le radici vecchie e il legno imputridito.
Si lava con acqua di calce o con leggiera saponata la scorza dei vecchi alberi fruttiferi, dopo averla sbarazzata dalle muffe e dai licheni che vi crescono. Quando non gela, si può cominciare la potatura dei frutti a fioritura precoce, specialmente quella dei meli e dei peri deboli. Si possono potare anche gli alberi che portano frutto a nòcciolo, eccettuato il pesco, mentre si ritarda fino a marzo-aprile la potatura dei peri robusti e vigorosi. Se è necessario, si garantiscono contro i forti geli le pianticelle provenienti dalle semine d' autunno.
Nell' orto si prepara il terreno per seminare su costa o su strato caldo o tiepido o sotto vetriate piselli e fagioli primaticci, fave, insalate, radici, porri, cipolle, ecc. Si vanga, ma solamente quando il terreno non è troppo umido. Si concimano e si emendano i quadri per i legumi, e vangando si sotterra la calce e i composti minerali o vegetali preparati l’anno precedente. Si ammassa il letame destinato a fare degli strati o dei letti caldi. Si aprono le fosse per piantarvi, in marzo-aprile, gli sparagi. Verso la fine del mese si seminano all'aria libera o a piede d'un muro, a mezzogiorno, le fave e le cipolle. In caso di pioggia si scoprono i carciofi, perchè non imputridiscano; non bisogna però allontanare le foglie e la lettiera, finché sono a temersi i ghiacci. Pure verso la fine del mese si piantano le patate primaticce, specialmente della varietà marjolin. Si terminano i lavori di dissodamento. Si dispongono in solchi, per disgregarle , le terre che contengono un leggiero eccesso d' argilla.



Antonio.

Avete detto, nonno, che si deve attendere poco profitto dal grano seminato di gennaio ; perchè ?



Nonno Pietro.

Prima di tutto perchè il grano che si semina di gennaio, sentendo troppo freddo per potere subito germogliare, va a nascere anche una ventina di giorni dopo la sua sementa; poi il grano, nato così tardi, non può cestire; e finalmente perchè il grano seminato tardi va più soggetto dell' altro alla ruggine. E se mai la scampa, va a finire che il sole lo brucia prima che la sua spiga sia giunta a maturazione.



Martino.

In quanto ai piselli, non mi pare una coltivazione molto importante, giacché ne seminiamo appena pochi filari nell'orto.



Nonno Pietro.

E invece è una delle coltivazioni più produttive, se ci mettiamo d'accordo per farla in grande su molti poderi; perchè, potendo così assicurare una buona quantità di raccolto, si può chiedere al Comizio agrario del nostro circondario, che ci metta in corrispondenza con qualcuno di quei grossi commercianti, che mandano nei paesi lontani i prodotti del terreno. E non mi pare, caro Martino, sia difficile a capirsi da noi contadini che l' associazione è indispensabile al nostro interesse.



Martino.

Avete ragione, nonno; e già si vede che la diffidenza va a sparire tra noi. Ma ditemi, dove riescono meglio i piselli?



Nonno Pietro.

I piselli vengono benissimo nel nostro clima, e anche molto primaticci se coltivali in luoghi riparati ed esposti al mezzogiorno. Vogliono un terreno di natura calcareo-argillosa, leggiero e sciolto e non troppo fertile, e concimi bene scomposti, a preferenza di quelli freschi e grossi ; nelle terre troppo grasse , le piante producono steli e foglie in abbondanza, ma pochi frutti.



Antonio.

E come si seminano i piselli quando si coltivano in grande?



Nonno Pietro.

La semina deve essere fatta molto presto; in terreni asciutti, o che disseccano facilmente in primavera, sarà stata fatta in novembre o si farà ora in gennaio; in terreni freschi e profondi potrà farsi ai primi tepori di primavera. I semi nel terreno saranno disposti a mucchielti di 4-5, distanti 50-35 centimetri, in file lontane le une dalle altre 40 centimetri circa. Una copertura del terreno seminato, fatta con grosso letame o foglie secche, sarà sempre giovevole, perchè in inverno manterrà il terreno più caldo, in primavera contrasterà l'evaporazione.



Martino.

E dopo, che lavori occorrono ?



Nonno Pietro.

Quando le piantine avranno 10 centimetri d'altezza, saranno sarchiate e poco dopo rincalzate.



Martino.

M'immagino che ci saranno diverse qualità di piselli.



Nonno Pietro.

I piselli coltivati per il grande commercio sono da sgusciare, nani o quasi, e si coltivano con pochi sostegni. La più pregiata, per la qualità bellissima di granelli zuccherini da conserva, è la Mac-Lean verde rugosa, sono anche reputate e produttive le varietà nana d'Olanda e Bishop. Il pisello Telefono è rampicante.
I piselli vengono raccolti quando sono ancora verdi; e dopo si può fare una coltura estiva, anche di granturco.



Antonio.

Avete detto che in questo mese si coltra; è vero che in alcuni paesi non si conosce ancora questo modo di lavorare?


Nonno Pietro.

Pur troppo è vero. Ci sono dei paesi, nei quali sarebbe necessario un lavoro profondo e di poca spesa per arieggiare il terreno e portare poco a poco al di sopra quello buono, che sta giù sotto. E si lavorano ancora con l'aratro di legno, che smuove la terra senza rivoltarla; ma se ci mettessero un buon aratro di ferro, il suo coltello o coltro taglierebbe giù profondo la fetta di terra, il vomere entrandovi sotto la staccherebbe per piatto, e l'orecchio la farebbe salire in alto per la sua curva, finché, arrivata in cima, capitombolerebbe a pancia all'aria, lasciando le radici dell'erbe ai sole e le zolle disposte in modo, che l'aria vi potrebbe entrare sotto e d'intorno. Insomma, con un buon aratro di ferro, come l'aratro Sack e poi con l'uso, a suo tempo, dell'estirpatore e dell'erpice, si può preparare il terreno bene, come se si adoprasse la vanga; ma con gran risparmio di fatica, di tempo o di denaro.


Significato di coltro
Coltro [cól-tro] s.m. AGR Nell'aratro, lama di acciaio, posta davanti al vomere, che taglia la terra verticalmente - Varietà di aratro che taglia la terra rovesciandola soltanto da un lato
Dei coltri ve ne sono di varia forma, ma in sostanza, lavorano tutti allo stesso modo. Ciò che importa osservare, volendo acquistare uno di questi aratri, si è, che la sua costruzione sia tale da prestarsi per un lavoro molto profondo del terreno colla minor forza possibile. Vi è, per esempio, il coltro Carlevaro Dringoli, che, adoperato con un paio di bovi ed un par di vacche, fa un lavoro, che varia dai 35 ai 48 centimetri di profondità a seconda della tenacità del terreno. Ora , se al lavoro del coltro aggiungi quello del ripuntatore o della vanga ripuntatrice, ottieni uno scasso, che oscilla fra i 45 ed i 60 centimetri di profondità. Vi riuscirebbe , ragazzi . economicamente parlando, di fare questo po' po' di lavoro colla vanga ?





Martino,

la ripuntatura, alla quale avete accennato, che cos'è?



Nonno Pietro.

La ripuntatura consiste nell' approfondire lo scalzo del coltro per mezzo del ripuntatore o della vanga. Facendo questo lavoro col primo , occorre naturalmente un secondo paio di bestie, che lo tirino; ad un ettare di terreno si coltra e si ripunta in sedici ore, presso a poco, di lavoro. Ripuntando con la vanga, prima che il coltro ritorni nello stesso scalzo, questo si vanga alla lesta, gettando la terra sopra quella coltrata. In questo caso, per lavorare un ettare di terreno ci vorranno 28 ore, ammesso che i vangatori siano quattro. Del ripuntatore bisogna servirsene nei terreni argillosi (forti), perchè esso smuove la terra e la lascia stare nel fondo dello scalzo, mentre la vanga fa veramente bene per ripuntare nei terreni sottili.



Martino.

E perchè ciò?



Nonno Pietro.

Perchè nei terreni forti le acque non ne abbassarono tanto il concime, mentre in quelle sottili questo, trasportato dalle acque di filtrazione, discende fino al di sotto dello strato, che può smuoversi con il coltro. Prova, Martino, a coltrare e ripuntare, e poi vedrai come il tuo granturco sarà bello, quando quello del tuo vicino, che non ripuntò, arrabbierà dall'asciuttore.



Antonio.

Avete detto, nonno, che in questo mese si diciocca; non ci sarebbe modo di risparmiare tempo e fatica in questa operazione?



Nonno Pietro.

Dove la vendita dei ciocchi non compensa la spesa della loro cavatura, si possono bruciare nel terreno invece di tirarli fuori. Per far questo, bisogna in autunno, con una trivella, praticare dei fori profondi nella ceppaia che si vuol distruggere; in questi fori si versa una soluzione satura di nitrato di potassa (sal nitro) e si chiudono con tappi di legno. Se il gennaio corre asciutto, altrimenti bisogna aspettare la primavera, si levano i tappi e si versa nei fori del petrolio, al quale si dà fuoco. La ceppaia rimane tutta distrutta, e la cenere che vi resta, concima il terreno; gran bella cosa, specialmente se si tratta di mettervi viti o alberi fruttiferi.


Significato di ciocco
[ciòc-co]

s.m. (pl. -chi)

1 Grosso pezzo di legno da ardere, tagliato generalm. nel pedale dell'albero

fig. Restare come un ciocco, immobile per lo stupore


Dormire come un ciocco, profondamente

SIN. ceppo

2 fig. Persona balorda, tarda, sciocca



Antonio.

le fosse a girapoggio che si dovrebbero fare in collina, che roba sono?



Nonno Pietro.

Sono fosse larghe un'ottantina di centimetri e profonde una cinquantina, a seconda della quantità d'acqua che devono condurre, che parallele ed a distanza di metri 60 a 80 l'una dall'altra, secondo il pendio del terreno per cui si fanno, costeggiano il colle con una pendenza, che può variare, a seconda dei casi, dall'uno al due per cento. Per farle, a cottimo ed in terreno forte, si spende circa L. 10 ogni cento metri lineari.



Martino.

E qual è il vantaggio di queste fosse?



Nonno Pietro.

L'immenso vantaggio è il potere così padroneggiare le acque piovane, perchè ogni fossa non riceve che l'acqua della striscia di terra, che vi sta sopra. Così, dovendo percorrere pochi metri di terreno coltivato, non ha forza di far guasti, e poi scorre tanto dolcemente nelle fosse, che il fior di terra vi si deposita, per cui a suo tempo, spalandolo via, si restituisce ai campi.



Martino.

In questo mese, se corre asciutto, si dovrebbero eseguire, come avete detto, i lavori di drenaggio. Ma, ditemi un po', sono essi proprio necessari?


Nonno Pietro.

Il drenaggio o fognatura è indispensabile nei terreni umidi e acquitrinosi per fare scomparire il ristagno delle acque e poterli lavorare in ogni tempo e in ogni stagione; ma è anche utile nei terreni forti per arieggiarli e renderli più porosi, più adatti alla vita rigogliosa delle piante. Mi hanno assicurato, che gli agricoltori inglesi prendono a prestito forti somme per eseguire il drenaggio, che è per loro il primo passo in tutti i bonificamenti, e che permette un perfetto scolo dei terreni senza l'inconveniente di fossi e fossetti scoperti, che s'incrociano in tulle le direzioni, diminuiscono la superficie coltivabile e impacciano ne' lavori di coltura.


Martino.

E come si eseguisce il drenaggio?

Nonno Pietro.

Prima di tutto bisogna levar la pianta del terreno che si vuol drenare, e farne la livellazione, per stabilire dove si devono scavare i fossi principali di scolo. Poi si segua la rete delle fosse di drenaggio, più strette, che devono tutte sboccare nei fossi principali. Le fosse di drenaggio si scavano, seguendo l'inclinazione del terreno, con vanghe strette e lunghe, fino alla profondità di un metro od un metro e mezzo; se ne spiana attentamente il fondo, secondo la pendenza che si vuol dare al drenaggio. Queste fosse si possono fognare con sassi frantumati o con lastre di pietra, formando in questo caso un lungo tubo; ma sarà meglio, se si adoperano dei tubi in terra cotta, che si chiamano dreni.



Antonio.

Come diamine son fatti questi dreni?



Nonno Pietro.

I dreni sono cilindrici, o guarniti di un tallone piatto per posare sul terreno; qualche volta si abboccano semplicemente uno coll' altro, ma è meglio riunirli con un pezzo di tubo più grosso , che si chiama manicotto.
I dreni ordinari hanno un diametro interno di 5 o 4 centimetri e una lunghezza di 30 a 40 centimetri. L'acqua s'infiltra a traverso le pareti del dreno, e vi scorre dentro.


Martino.

Ma che distanza bisogna tenere fra le fosse di drenaggio?


Nonno Pietro.

Le manterrai più o meno lontane, secondo che, per la natura delle terre e per la profondità del sottosuolo, si può credere più o meno difficile il prosciugamento. In generale si sta tra i 10 ed i 15 metri , non di più.



Antonio.

Scusate, nonno , se salto un po' di palo in frasca. Ma avete detto che in questo mese si fanno i terricciati, e siccome....

Nonno Pietro.

E siccome noi si trascurano queste, come tante altre utilissime faccende, te ne dirò volentieri quattro parole.

Antonio.

Ed io le starò a sentire volentieri, anche se saranno otto.



Nonno Pietro.

Molti credono di non potere aumentare i concimi del podere, se non aumentano il bestiame nella stalla. E siccome il poco letame che hanno, produce a loro poco foraggio; e siccome sono tempi tristi per metter fuori denari, si abbandonano allo sgomento, e tirano avanti alla peggio. Il rimedio sta tutto nella concimazione economica del prato. E per eseguire questa concimazione, bisogna prepararsi i terricciati. Ammassiamo nel corso dell'anno tutte quelle sostanze, che ora si disperdono: le spazzature di casa e del cortile, gli avanzi di cucina, le acque grasse, la segatura di legno, le foglie, le erbacce, gli avanzi di paglia e di loppe che restano dopo la trebbiatura, le vinacce, il cenerone e il ranno, la fuliggine, le cavature dei fossi, il fango o la polvere delle strade e tante altre che ti potrei rammentare. Stratifichiamo tutte queste sostanze con terraglie non sia mai stata lavorata, e facciamo così dei gran cumuli di forma regolare, frammischiandovi, se si può, del letame di stalla, degli escrementi umani, del calcinaccio, del gesso e meglio del perfosfato di calce; questi ammassi si curano come quelli del letame, cioè si riparano con tettoie, si annaffiano con orine o con acqua e si rivoltano. Avremo così del buon concime per i nostri prati, e non ci costerà che molta attenzione, poca fatica e meno spesa.
Martino.

Mi pare che diciate benissimo, caro nonno, e vedrete, che d'ora in avanti fabbricheremo anche noi i nostri terricciati.
Intanto batterono dieci ore alla pendola di cucina , e nonno Pietro si alzò per il primo, rammentando a tutti che era tempo di andare a letto; io me ne andai avvoltolato nel mantello, scambiando con tutti strette di mano ed auguri di buona notte.

Tratto da MANUALE DI AGRICOLTURA PRATICA AD USO DELLE SCUOLE RURALI PREMIATO dalla Regia Accademia Virgiliana di Mantova - CONVERSAZIONI AGRICOLE E ZOOTECNICHE di R. DRINGOLI agricoltore e G. ROSSI veterinario - MILANO Tip. e Libr. Editrice Ditta Giacomo Agnelli Via Santa Margherita, 2 - Anno 1886

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