Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori.
Non è mai esistito detto più azzeccato!
Il letame è un aggregato di feci, urine di animali erbivori
e di paglia.
Un tempo l’allevamento delle bovine da latte, infatti,
avveniva in stalle a stabulazione fissa dove veniva prodotto un grande
quantitativo di letame in quanto i residui culturali dei cereali venivano usati
per assorbire le deiezioni degli animali, oltre che servire da giaciglio.
La paglia unitamente alle deiezioni solide e liquide con il
calpestio e l’azione dei microorganismi diventa una massa solida che se da una
parte può disgustare i cittadini più incalliti, dall’altro possiede proprietà
eccezionali per la crescita delle piante.
Il letame contiene moltissime sostanze nutritive
“impacchettate” in composti chimici complessi che una volta a contatto con i
microorganismi che vivono sul suolo vengono rilasciate e rese disponibili per
le piante.
Tra le sostanze nutritive quelle più importanti per la
crescita delle piante sono azoto, fosforo e potassio.
Quando il letame è interrato il rilascio di questi tre
elementi avviene in modo lento e graduale a seconda dell’attività dei microbi
del suolo. Attività che è più intensa quando fa caldo.
Le deiezioni degli animali erbivori rappresentano un
eccezionale fonte di sostanze nutritive.
È molto difficile stimare, però, il tempo in cui gli
elementi nutritivi passino dal letame interrato alle piante in quanto di mezzo
ci sono moltissime variabili quasi impossibili da misurare.
La velocità con cui il letame è trasformato in azoto,
fosforo e potassio assimilabile dai vegetali, infatti, dipende dall’umidità del
terreno, dalla temperatura, dall’areazione e da molto altro.
Una tonnellata di
letame contiene mediamente tra i 3 e gli 8 Kg di azoto a seconda che si
tratti di letame di origine bovina (minimi livelli di azoto) oppure di origine
ovina (massimi livelli di azoto). Comunque i quantitativi di nutrienti sono
molto variabili anche all’interno della stessa specie.
L’azoto è importantissimo per la crescita di tutte le piante
e soprattutto delle colture agrarie che producono semi e frutti in grande
quantità.
Tuttavia, con lo sviluppo dell’agricoltura intensiva e
l’ammodernamento delle stalle la stabulazione fissa scompare.
La lettiera è sostituita da impianti automatici di accumulo
e rimozione delle deiezioni che non sono più assorbiti dalla paglia ma sono raccolti
in vasconi di grandi dimensioni.
Il letame di conseguenza diventa un prodotto molto raro
rintracciabile solo in piccoli allevamenti sempre più rari.
È proprio qui che i
concimi minerali iniziano ad essere applicati con maggiore frequenza.
Quantitativi più facili da stimare ed effetti immediati
sulla vigoria delle piante sono sicuramente i punti di forza dei concimi
chimici dove azoto, fosforo e potassio sono presenti in forme chimiche più
semplici raggiungo più facilmente le radici delle piante una volta distribuiti.
Eppure il valore del
letame non si limita all’apporto di sostanza nutrienti.
La grande quantità di fibra (molecole di carboidrati simili
alla cellulosa) dovuta alla presenza della paglia conferisce al letame un
grande potere ammendante capace cioè di migliorare la struttura del terreno.
Per struttura del terreno si intende l’insieme delle
caratteristiche chimico-fisiche che massimizzano l’abitabilità di un terreno
per la vita delle piante.
Le piante non hanno
bisogno solo di nutrienti ma anche del giusto apporto di aria e di acqua.
La struttura del
terreno
Quando un terreno è eccessivamente compattato a causa del
passaggio delle macchine agricole le radici oltre a fare fatica a farsi spazio
nel suolo, vanno maggiormente incontro ad asfissia.
Infatti, soprattutto in caso di forte piogge l’acqua tende a
ristagnare in quei suoli dove prevale la microporosità, ossia laddove le
particelle di terra sono molto ravvicinate.
Questo avviene nei suoli fortemente compattati per il
passaggio delle macchine o composti in prevalenza da argille. L’acqua in questi
suoli occupa tutti gli spazi liberi del terreno facendo “annegare” le radici
che, invece, hanno bisogno di aria per i processi metabolici.
Una buona struttura del terreno, invece, prevede l’equilibrio
di microporosità e macroporosità, ossia l’acqua deve essere trattenuta nei
periodi caldi e deve essere in grado di defluire durante le piogge abbondanti.
Lo sgrondo è possibile solo in presenza di macropori tra le
particelle del terreno: questo equilibrio è facilitato dalle fibre proprie dei
residui culturali e delle lettiere che un tempo facevano parte dei letami.
Le fibre sono molecole che quando raggiungono il suolo sono
decomposte molto lentamente e che, quindi, formano aggregati di varia forma e dimensione
che impediscono alla particelle del terreno di stare eccessivamente
“appiccicate”.
Quello che accade in un suolo ricco di molecole fibrose è un
po’ quello che avviene in un barattolo di tante palline da ping-pong in cui si
aggiungono alcune palline da tennis: gli ampi spazi tra palline da tennis
(molecole fibrose) e da ping-pong (particelle di terra) consente la presenza di
una buona areazione del suolo.
Non solo. Queste molecole funzionano come delle spugne
capaci di imprigionare l’acqua che può raggiungere le radici delle colture
agrarie nei periodi di bisogno e anche di trattenere le sostanze nutritive.
L’elogio della
sostanza organica non è solo per il bio!
Tutta la sostanza organica (residui culturali, segatura,
deiezioni animali, scarti di potatura, foglie morte, paglia, cibi avariati,
carta) influenza positivamente la struttura del terreno anche se va precisato
come quella di natura ligno-cellulosica
(paglia, legno, materia fibrosa) è in grado più delle altre di innescare
processi ancora non del tutto noti alla scienza che portano alla formazione
delle sostanze umiche: composti importantissimi per la fertilità del suolo e
per la salute delle piante che restano stabili nel suolo per moltissimo tempo.
La struttura del terreno trae beneficio da buoni apporti di
sostanza organica. Una buona struttura del terreno significa piante coltivate
più sane, più forti, più produttive e più tolleranti ai patogeni come insetti,
funghi e batteri. Piante più forti è sinonimo di prodotti di qualità con il minimo
utilizzo di prodotti fitosanitari a vantaggio dell’ambiente, dei consumatori e
del reddito degli agricoltori.
Troppo spesso si
pensa che la sostanza organica vada applicata al terreno solo nei casi di
agricoltura biologica.
Non è così: l’interramento della sostanza organica è una
buona pratica agronomica che dovrebbe essere comune a tutte le aziende
bioetiche che hanno a cuore il proprio reddito, la qualità dell’ambiente e la
qualità delle proprie produzioni agroalimentari.
Più sostanza organica
nel suolo significa avere un terreno più vivo capace di resistere alle
perturbazioni provenienti dall’esterno capace di aiutare gli agricoltori
secondo i criteri dell’agricoltura sostenibile.
Una buona struttura
del terreno significa piante coltivate più sane, più forti, più produttive e
più tolleranti ai patogeni come insetti, funghi e batteri.
Riguardo l'autore: Andrea Bucci
Andrea Bucci
Dottore agronomo e giornalista pubblicista. Dopo alcune
esperienze nella comunicazione istituzionale e d’azienda, ha lavorato sul
miglioramento genetico di graminacee a uso energetico (Arundo donax, Zea mays).
È stato ideatore e caporedattore di Intersezioni, organo di informazione e
cultura professionale dell’Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali
di Milano. Attualmente è direttore responsabile di EcoSistema, primo
web-magazine glocale (www.ecosistema-magazine.it
). Oggi è libero professionista ed opera nell’ambito della gestione sostenibile
del verde urbano e dei servizi avanzati per l’agricoltura di qualità in tutta
Italia (www.andreabucci-agronomo.net
).
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