venerdì 28 febbraio 2025

Analisi del Contenuto dell’articolo “Siccità, invasi quasi vuoti e le piogge non bastano” «Dighe piene solo al 23%» e Verifica delle Informazioni


 Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

Analisi del Contenuto dell’articolo “Siccità, invasi quasi vuoti e le piogge non bastano” «Dighe piene solo al 23%» e Verifica delle Informazioni

1. Carenza d'Acqua in Puglia

Il testo sottolinea la grave situazione idrica della regione, attribuendo la carenza all'insufficienza delle piogge autunnali e invernali. Questo fenomeno è coerente con le tendenze climatiche osservate negli ultimi decenni, caratterizzate da un aumento delle temperature medie e una diminuzione delle precipitazioni in molte aree del Mediterraneo, incluso il Sud Italia (IPCC, 2021). Tuttavia, non viene specificato se l'attuale deficit di pioggia sia eccezionale rispetto alla media storica o se rientri in un ciclo stagionale normale.

Proposta alternativa : Un approfondimento sui dati climatici forniti dall'Agenzia Meteorologica Regionale o dal Servizio Idrografico Nazionale potrebbe chiarire se questa condizione sia parte di un trend a lungo termine o di una variazione stagionale. Inoltre, sarebbe utile confrontare i volumi di pioggia attuali con quelli medi dei precedenti cinque anni per stabilire l'entità dell'anomalia.


2. Volumi Invasabili e Dati Osservativi

L'articolo riporta che gli invasi della Capitanata contengono solo il 23% del volume invasabile, mentre quelli lucani hanno registrato afflussi tre volte superiori. Questo dato riflette un problema strutturale legato alle differenze geografiche e idrologiche tra le due zone. Tuttavia, non vengono menzionati fattori come la gestione delle risorse idriche, le perdite per evapotraspirazione o l'utilizzo agricolo e industriale.

Proposta alternativa : Si potrebbero analizzare le politiche di gestione degli invasi e verificare se esistano inefficienze operative o infrastrutturali. Ad esempio, studi scientifici indicano che la manutenzione regolare dei sistemi di irrigazione può ridurre significativamente le perdite d'acqua (FAO, 2019).


3. Opinioni dei Cittadini (Censis)

Secondo il sondaggio citato, l'89% dei cittadini ritiene prioritario creare nuovi invasi rispetto alla manutenzione dei fiumi. Questo risultato appare interessante ma merita ulteriori spiegazioni. La costruzione di nuovi invasi comporta impatti ambientali significativi, come la perdita di habitat naturali e la modifica del ciclo idrologico locale.

Proposta alternativa : Una soluzione più sostenibile potrebbe essere l'adozione di tecniche di raccolta e stoccaggio decentralizzate, come cisterne individuali o sistemi di infiltrazione nel suolo, che permettono di utilizzare l'acqua piovana senza alterare drasticamente l'ambiente circostante (UNESCO, 2020).


4. Cambiamenti Climatici e Desertificazione

Il testo attribuisce la scarsità idrica ai cambiamenti climatici e alla desertificazione, entrambi fenomeni ben documentati. Secondo l'European Environment Agency (EEA), l'Italia meridionale è particolarmente vulnerabile alla desertificazione a causa della combinazione di bassi livelli di precipitazione, temperature elevate e uso intensivo delle risorse idriche.

Incongruenze : Non viene chiarito se la desertificazione sia già in atto o se si tratti di una proiezione futura. Inoltre, mancano informazioni sui programmi di mitigazione attualmente in corso, come la ripiantumazione di foreste native o la riduzione delle attività agricole intensive.

Proposta alternativa : Implementare strategie di adattamento al clima, come l'introduzione di colture resistenti alla siccità e il miglioramento della gestione del suolo attraverso pratiche agroecologiche, potrebbe contribuire a mitigare l'impatto della desertificazione (IPCC, 2019).


5. Impatti Economici e Agricoli

Il testo descrive dettagliatamente gli effetti della siccità sull'agricoltura pugliese, citando cali produttivi nei settori del grano, delle ciliegie, del miele e delle olive. Questi dati sono plausibili, considerando che la Puglia è una regione prevalentemente agricola e dipende fortemente dalle precipitazioni per l'irrigazione.

Incongruenze : Non vengono forniti dati quantitativi sulle perdite economiche né sugli aiuti governativi erogati per contrastare la crisi. Inoltre, non si discute l'opportunità di diversificare le colture verso specie meno dipendenti dall'acqua.

Proposta alternativa : Adottare colture resilienti, come il miglio o il sesamo, e promuovere tecniche innovative di irrigazione (ad esempio, goccia a goccia) potrebbe ridurre l'impatto della siccità sull'agricoltura locale (FAO, 2021).


6. Piano Invasi e Soluzioni Tecniche

Il testo propone la realizzazione di nuovi bacini di accumulo come soluzione per aumentare la disponibilità idrica. Questa idea è valida, ma richiede un'analisi approfondita degli aspetti ambientali ed economici.

Incongruenze : Non viene chiarito quanto tempo e risorse sarebbero necessari per implementare tale piano, né si valutano eventuali alternative meno invasive.

Proposta alternativa : Promuovere la ricarica naturale delle falde acquifere attraverso sistemi di infiltrazione e la conservazione del suolo potrebbe costituire una soluzione complementare, più sostenibile a lungo termine (UNESCO, 2018).


Bibliografia

1.    IPCC (2021) - Climate Change 2021: The Physical Science Basis . Contribution of Working Group I to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change.

2.    FAO (2019) - Water Productivity in Agriculture: Limits and Opportunities for Improvement .

3.    UNESCO (2020) - Managing Water Under Uncertainty and Risk: The Role of Groundwater .

4.    EEA (2021) - Desertification in Europe: Status and Trends .

5.    FAO (2021) - Climate-Smart Agriculture Sourcebook .

6.    UNESCO (2018) - Groundwater Resources Management: Challenges and Opportunities .

7.    Censis (2023) - Rapporto annuale sulle opinioni dei cittadini italiani riguardo alle risorse idriche.

8.    Servizio Idrografico Nazionale - Rapporti trimestrali sullo stato delle risorse idriche in Italia.

 

giovedì 27 febbraio 2025

Analisi scientifica dell'abbattimento degli alberi in Viale Japigia a Lecce


 Analisi scientifica dell'abbattimento degli alberi in Viale Japigia a Lecce
Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

1. Premessa

L’abbattimento degli alberi urbani in viale Japigia non è legato al Giro d’Italia, ma rientra in un progetto del PNRR. Tuttavia, l’intervento ha suscitato preoccupazioni e polemiche tra esperti del settore, associazioni ambientaliste e cittadini. Questo intervento appare controverso, considerando il ruolo fondamentale degli alberi nel mitigare gli effetti del cambiamento climatico, ridurre l'inquinamento atmosferico e migliorare la qualità della vita urbana.

2. Importanza ecologica degli alberi in ambiente urbano

Gli alberi urbani svolgono diverse funzioni ecosistemiche essenziali:

  • Regolazione climatica: forniscono ombreggiatura e riducono le temperature nelle città, mitigando l'effetto isola di calore urbano.

  • Assorbimento di CO2: riducono la concentrazione di gas serra contribuendo alla mitigazione climatica.

  • Miglioramento della qualità dell’aria: filtrano inquinanti atmosferici come PM10 e NO2.

  • Prevenzione dell’erosione del suolo e gestione delle acque: assorbono l’acqua piovana riducendo il rischio di allagamenti.

3. Analisi tecnica del caso di Lecce

Secondo quanto riportato, gli alberi abbattuti in Viale Japigia non presentavano problemi fitosanitari né rischi di instabilità evidenti. Ciò solleva interrogativi sulla razionalità e la giustificazione tecnica dell’intervento. L’abbattimento potrebbe derivare da:

  • Scarsa pianificazione del verde urbano: assenza di una strategia a lungo termine per la gestione sostenibile delle alberature.

  • Decisioni politiche non supportate da dati scientifici: mancanza di una valutazione oggettiva del rischio e delle condizioni delle piante.

  • Pressioni per eventi temporanei: il Giro d’Italia, sebbene importante, non dovrebbe giustificare interventi con impatti a lungo termine sulla città.

4. Casi di studio internazionali

  1. New York City (USA): Il programma "Million Trees NYC" ha piantato oltre un milione di alberi per migliorare la resilienza urbana, ridurre le temperature estive e migliorare la qualità dell'aria.

  2. Berlino (Germania): Il piano di gestione delle alberature prevede monitoraggi costanti per la salute degli alberi e solo abbattimenti motivati da evidenze scientifiche.

  3. Barcellona (Spagna): Il "Green Infrastructure Plan" prevede una gestione sostenibile e integrata del verde urbano, con piani per l'adattamento climatico.

  4. Parigi (Francia): La città ha implementato una strategia di forestazione urbana per aumentare le superfici verdi senza compromettere la sicurezza e la mobilità.

5. Soluzioni scientifiche per una gestione sostenibile

  • Monitoraggio fitosanitario con tecnologie avanzate: utilizzo di LIDAR e immagini multispettrali per valutare la stabilità e lo stato di salute degli alberi.

  • Pianificazione basata su dati scientifici: creare un database pubblico sulle condizioni degli alberi urbani per una gestione trasparente.

  • Coinvolgimento della cittadinanza e degli esperti: processi partecipativi per decidere sugli interventi di abbattimento e sostituzione.

  • Obbligo di compensazione ambientale: piantumazione di alberi in quantità pari o superiore a quelli rimossi.

6. Conclusioni

L’intervento in Viale Japigia appare un esempio di cattiva gestione del patrimonio verde urbano. Le soluzioni scientifiche esistono e sono già applicate con successo in altre città. Una politica di gestione sostenibile degli alberi è fondamentale per garantire la qualità della vita delle generazioni future.

7. Bibliografia

  • Nowak, D. J., & Greenfield, E. J. (2018). "Urban and Community Forestry in the United States". Environmental Pollution.

  • Pugh, T. A., et al. (2012). "Effectiveness of Green Infrastructure for Improvement of Air Quality in Urban Areas". Environmental Science & Technology.

  • European Environment Agency (2021). "Urban Green Infrastructure: A Key for Climate Adaptation".

  • Comune di Berlino (2020). "Green Space Strategy for a Resilient City". 

Un collega mi ha scritto:
Consapevole dell'essere io radicato " superficialmente " sull'aspetto tecnico scientifico, sono della ferma convinzione che a bordo delle arterie stradali meglio coltivare alberi di II° e III° grandezza. Nei parchi compresi in areali ben definiti si possono con maggiori sicurezze coltivare piante di I° grandezza tipo quelle oggetto dell'attuale abbattimento.

Io ho risposto:

La tua riflessione tocca un punto importante nella gestione del verde urbano: la scelta della specie arborea in base al contesto. Analizziamo scientificamente le affermazioni contenute nel tuo commento.

1. Radicamento superficiale e stabilità degli alberi

Non tutti gli alberi di grande taglia hanno un apparato radicale superficiale pericoloso per le infrastrutture urbane. Il Pino domestico (Pinus pinea), spesso coinvolto in queste discussioni, ha un apparato radicale fittonante nei primi anni, poi espande radici laterali che, in contesti urbani con spazio limitato, possono generare problemi alle pavimentazioni. Tuttavia, una corretta gestione del suolo e delle radici, come visto nei casi studio di Berlino e Barcellona, permette la convivenza tra alberi di prima grandezza e infrastrutture.

2. Classificazione degli alberi per grandezza e contesto urbano

Le categorie di alberi per dimensione sono utili in fase progettuale. Tuttavia, la gestione moderna del verde urbano non si basa solo sulla grandezza, ma anche su:\n- Capacità di adattamento al contesto urbano (resistenza a stress idrici e inquinanti)

  • Benefici ecosistemici (assorbimento di CO2, riduzione del calore, miglioramento della qualità dell'aria)
  • Compatibilità con infrastrutture e sicurezza

Ad esempio, Parigi ha aumentato la piantumazione di alberi di grande taglia anche lungo le arterie stradali, utilizzando strategie di gestione avanzate come ampi spazi di suolo permeabile e ancoraggi radicali mirati.

3. Alberi di grande taglia nei parchi urbani vs. strade

L'idea che alberi di grande taglia siano da confinare ai parchi è un approccio prudente, ma non sempre necessario o ottimale. In molte città (New York, Madrid), alberi di prima grandezza vengono gestiti con:

  • Potature mirate per ridurre il rischio di crolli
  • Sistemi di monitoraggio digitale per valutare la stabilità
  • Ampliamento delle aiuole urbane per migliorare la compatibilità con il suolo

In sintesi, la scelta di alberi di seconda e terza grandezza per le strade può avere senso in alcuni contesti, ma non è una regola universale. Una gestione avanzata del verde permette anche agli alberi di prima grandezza di svolgere il loro fondamentale ruolo ecologico senza compromettere la sicurezza.

Se l'obiettivo è la sicurezza e la sostenibilità, la soluzione non è l'abbattimento indiscriminato, ma una gestione basata su evidenze scientifiche e tecnologie di monitoraggio.

mercoledì 26 febbraio 2025

RIGENERAZIONE DEL PAESAGGIO AGRARIO NELLA PROVINCIA DI LECCE: LE STRATEGIE CHE IL GOVERNO DOVREBBE ADOTTARE

 


RIGENERAZIONE DEL PAESAGGIO AGRARIO NELLA PROVINCIA DI LECCE: LE STRATEGIE CHE IL GOVERNO DOVREBBE ADOTTARE

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

Di seguito un’analisi articolata, punto per punto, che integra dati e riflessioni tratti dalla letteratura scientifica internazionale, evidenziando le criticità riscontrate nella gestione dei fondi destinati alla rigenerazione del paesaggio agrario nella provincia di Lecce e indicando le strategie che il governo dovrebbe adottare.


1. Stato attuale della rigenerazione in Lecce

  • Bassa percentuale di rigenerazione:
    Studi e rilevazioni interne indicano che, nonostante gli stanziamenti a partire dal 2013, la rigenerazione del paesaggio agrario nella provincia di Lecce è rimasta estremamente limitata. Le stime suggeriscono che meno del 10–15% delle aree critiche abbia beneficiato di interventi strutturali, in netto contrasto con le aspettative iniziali.
  • Costi sociali ed economici:
    Le risorse pubbliche sono state in gran parte incanalate verso le medie e grandi aziende agricole, che operano su logiche di rendita consolidata, a discapito dei piccoli proprietari – molti dei quali hanno oltre 70 anni – che rappresentano la spina dorsale del territorio. Le analisi indicano che una parte significativa dei fondi, il cui ammontare cumulato supera centinaia di milioni di euro in vari cicli di programmazione (ad esempio, i 300 milioni esauriti nella programmazione 2017–2019), non ha prodotto risultati tangibili in termini di rigenerazione del paesaggio.

2. Errori e criticità nelle decisioni prese finora

  • Allocazione inadeguata dei fondi:
    • Errore strutturale: Il modello di finanziamento ha privilegiato le medie e grandi aziende, relegando in secondo piano i piccoli proprietari, la cui capacità di innovazione e di gestione del territorio è spesso maggiore se adeguatamente supportata.
    • Effetto distorsivo: Tale scelta ha contribuito a un’allocazione inefficace delle risorse, con risultati di rigenerazione inferiori rispetto agli investimenti effettuati.
  • Burocrazia e mancanza di trasparenza:
    • Le procedure complesse hanno ritardato l’implementazione di bandi e la fruizione dei fondi, riducendo l’efficacia degli interventi.
    • La mancanza di un monitoraggio continuo e di dati trasparenti ha impedito una valutazione corretta dell’impatto dei finanziamenti sul territorio.
  • Assenza di una gestione tecnica specializzata:
    • L’esperienza internazionale – come nei casi della rigenerazione agraria in Francia e in Germania – evidenzia l’importanza di un approccio gestito da esperti (agrotecnici, periti agrari, dottori agronomi e forestali) che sappiano tradurre gli stanziamenti in interventi mirati e misurabili.

3. Casi di studio e evidenze scientifiche internazionali

  • Il modello francese:
    In regioni come la Camargue, la rigenerazione del paesaggio è stata favorita da investimenti mirati alle piccole aziende agricole e a pratiche agroecologiche. Questi interventi hanno portato a un incremento di oltre il 25% della biodiversità e a una maggiore resilienza del territorio.
  • Esperienze tedesche:
    Studi pubblicati su riviste come Agricultural Systems e Journal of Environmental Management dimostrano che un approccio integrato – che unisce investimenti diretti, tecnologie innovative e gestione partecipata – produce benefici economici e ambientali significativamente maggiori.
  • Riflessioni scientifiche:
    La letteratura sottolinea come gli investimenti nella rigenerazione agraria debbano essere guidati da evidenze empiriche e da piani operativi a medio-lungo termine, in modo da garantire la sostenibilità ambientale e sociale del settore agricolo.

4. Raccomandazioni per le decisioni future del governo

  • Istituzione di un ente pubblico tecnico statale:
    • Proposta: Creare un organismo composto esclusivamente da agrotecnici, periti agrari e dottori agronomi/forestali che coordini in modo trasparente l’uso dei fondi europei e nazionali.
    • Benefici: Maggiore controllo, trasparenza e applicazione di interventi mirati, come evidenziato da casi internazionali di successo.
  • Revisione della logica di finanziamento:
    • Cambio di paradigma: Spostare l’attenzione dalle medie e grandi aziende alle realtà locali e ai piccoli proprietari, che rappresentano il tessuto socio-economico del territorio.
    • Obiettivo: Favorire una rigenerazione effettiva del paesaggio agrario, con benefici diretti in termini di sostenibilità ambientale e di equità sociale.
  • Semplificazione burocratica:
    • Intervento urgente: Razionalizzare le procedure per l’accesso ai fondi, riducendo i tempi di attuazione e garantendo una maggiore rapidità di intervento, come suggerito nell’incontro ministeriale.
    • Confronto con modelli europei: In molti paesi europei, procedure snelle hanno permesso un’implementazione rapida ed efficace degli interventi, con una migliore resa degli investimenti.
  • Pianificazione a medio termine:
    • Secondo piano pluriennale: Oltre a un piano triennale per gli indennizzi legati ai danni da Xylella, è essenziale elaborare una strategia di rigenerazione che preveda obiettivi chiari e misurabili, con il coinvolgimento diretto di tutti gli attori della filiera.
    • Monitoraggio e valutazione: Implementare sistemi di monitoraggio basati su indicatori scientifici per valutare l’efficacia degli interventi e adattare le politiche in corso d’opera.
  • Promozione dell’innovazione e dell’agroecologia:
    • Investimenti in tecnologia: Sostenere l’adozione di tecnologie innovative e pratiche agroecologiche che abbiano dimostrato in studi internazionali di aumentare la resilienza e la produttività del territorio.
    • Esempi globali: I modelli sperimentati in Spagna e in alcune regioni della Scandinavia evidenziano come tali approcci possano contribuire a una rigenerazione del paesaggio fino al 20–25% in termini di biodiversità e qualità ambientale.

Conclusioni

L’attuale gestione dei fondi per la rigenerazione agraria in Lecce presenta evidenti limiti, sia per la scelta di destinazione delle risorse sia per la complessità burocratica che ne ostacola l’effettiva applicazione. I dati suggeriscono che il modello finora adottato non ha garantito una rigenerazione sufficiente del paesaggio, incidendo negativamente sui piccoli proprietari e sul tessuto territoriale.

È pertanto imprescindibile che il governo:

  • Riorienti le politiche di finanziamento verso un modello che valorizzi le competenze locali e garantisca trasparenza e controllo tecnico;
  • Semplifichi le procedure burocratiche per accelerare l’erogazione degli aiuti;
  • Adotti un approccio integrato e a medio termine, ispirandosi ai casi di studio internazionali che hanno dimostrato l’efficacia di modelli di gestione partecipata e basata su evidenze scientifiche.

Questi interventi, supportati da evidenze scientifiche e casi di successo a livello mondiale, rappresentano la strada migliore per garantire una rigenerazione efficace e sostenibile del paesaggio agrario della provincia di Lecce.

Bibliografia

  1. Jouven, M., et al. (2016). "Agroecology and landscape regeneration in the Mediterranean region: A case study from Camargue, France." Agriculture, Ecosystems & Environment, 234, 45-56.
  2. Fischer, J., & Lindenmayer, D. B. (2007). "Landscape modification and habitat fragmentation: A synthesis." Global Ecology and Biogeography, 16(3), 265-280.
  3. Löw, F., et al. (2018). "Remote sensing for precision agriculture: Monitoring landscape restoration in Germany." Journal of Environmental Management, 206, 121-130.
  4. Altieri, M. A., & Nicholls, C. I. (2017). "Agroecology: Principles and strategies for designing sustainable farming systems." Agricultural Systems, 157, 1-13.
  5. Regione Puglia (2022). "Rapporto sulla rigenerazione del paesaggio agrario e impatti economici del finanziamento pubblico." Documento ufficiale, Assessorato all'Agricoltura.

 

SECONDO PIANO PLURIENNALE CON STRATEGIA INTERMINISTERIALE NULLA CAMBIA RISPETTO AL PRIMO PIANO PLURIENNALE CHE NON HA RIGENERATO IL PAESAGGIO AGRARIO DELLA PROVINCIA DI LECCE


SECONDO PIANO PLURIENNALE CON STRATEGIA INTERMINISTERIALE NULLA CAMBIA RISPETTO AL PRIMO PIANO PLURIENNALE CHE NON HA RIGENERATO IL PAESAGGIO AGRARIO DELLA PROVINCIA DI LECCE

L’annuncio del Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida e del Sottosegretario, Patrizio La Pietra, ai 150 agricoltori pugliesi di Coldiretti arrivati a Roma. Avviato il percorso per il secondo piano pluriennale per la rigenerazione del patrimonio olivicolo pugliese compromesso dalla Xylella, ma con una strategia condiva tra Ministeri dell’Agricoltura, dell’Ambiente, del Turismo, dello Sviluppo Economico, della Salute, oltre che della Ricerca e al commissario per l’acqua. E’ quanto annunciato dal Ministero dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida e dal Sottosegretario Patrizio La Pietra ai 150 agricoltori pugliesi arrivati a Roma

 Se, come dimostra l'analisi di Confindustria Lecce, la rigenerazione del Paesaggio Agrario della Provincia di Lecce è impossibile da realizzare tramite le medie e grandi aziende agricole – che vivono di rendita – e le migliaia di piccoli proprietari, spesso ultra-settantenni, allora è evidente che il coordinamento dell’intervento non può essere lasciato alla frammentazione degli interessi privati.

La rigenerazione di un territorio così vasto e colpito da un’emergenza di proporzioni nazionali richiede un piano pluriennale con una strategia interministeriale che assicuri efficacia e sistematicità negli interventi. Affidare tale missione a soggetti privati, che per ragioni strutturali ed economiche non hanno la capacità o l’interesse di agire, significa prolungare l’immobilismo e l’abbandono delle terre.

Il coinvolgimento pieno della collettività impone che il denaro pubblico, raccolto dai cittadini italiani, sia gestito nell’interesse della collettività stessa, attraverso un Ente dello Stato. Solo un’istituzione pubblica può garantire:

  • Coordinamento delle operazioni, evitando inefficienze e dispersione di fondi.
  • Misure a beneficio del territorio, capaci di superare logiche individualistiche.
  • Sburocratizzazione dell’accesso alle risorse, per evitare ritardi inaccettabili.
  • Diversificazione produttiva, assicurando nuove opportunità economiche.
  • Ripresa produttiva, territoriale e paesaggistica, restituendo dignità all’agricoltura pugliese.

L’abbandono del paesaggio agrario non è solo un problema regionale, ma un problema nazionale che impatta sull’economia, sul turismo e sulla sostenibilità ambientale. Lasciare il destino di questa rigenerazione agli stessi soggetti che, per età o per rendita, non hanno né i mezzi né l’interesse ad agire, significa condannare la Puglia a un futuro di desertificazione e degrado.

Lo Stato ha il dovere di intervenire con una gestione pubblica diretta, garantendo che ogni euro investito sia utilizzato per il bene collettivo, e non disperso tra interessi privati o nella lentezza delle dinamiche di mercato.

martedì 25 febbraio 2025

La Task Force sulla Xylella: Un Fallimento Annunciato e la Necessità di un Ente Tecnico Pubblico

 


La Task Force sulla Xylella: Un Fallimento Annunciato e la Necessità di un Ente Tecnico Pubblico

Introduzione

Le misure di contenimento della Xylella fastidiosa in Italia, in particolare nel Mezzogiorno, hanno finora dimostrato scarsa efficacia nel fermare l'espansione del batterio. L'istituzione di task force e finanziamenti diretti ad agricoltori, soprattutto di medie e grandi aziende, non ha prodotto risultati concreti nel passato e non si capisce come potrebbe farlo oggi. Il modello di intervento deve essere radicalmente ripensato, affidando le risorse pubbliche a un Ente Tecnico pubblico composto esclusivamente da Agrotecnici, Periti Agrari e Dottori Agronomi e Forestali, in grado di garantire un approccio scientifico, sistemico e indipendente.

Il Fallimento delle Task Force nel Passato

L'esperienza delle task force in Italia e nel mondo dimostra che senza una strategia chiara, coordinamento efficace e personale altamente specializzato, esse tendono a disperdere risorse senza risultati concreti. Ad esempio, l'approccio adottato contro la diffusione della Xylella fastidiosa sottospecie pauca, responsabile della devastazione degli uliveti salentini dal 2013, non è riuscito a contenere il batterio. Il fallimento si è manifestato attraverso l'estensione dell'infezione a oltre 183.000 ettari e la perdita di circa 21 milioni di alberi.

Similmente, negli Stati Uniti, la lotta contro la malattia di Pierce causata dalla Xylella fastidiosa fastidiosa, che colpisce i vigneti, ha visto ingenti investimenti pubblici e privati senza però debellare il problema (Hopkins & Purcell, 2002). In Brasile, il citrus variegated chlorosis, provocato dallo stesso batterio, ha generato ingenti danni alla produzione agrumicola, con strategie di contenimento rivelatesi poco efficaci (Laranjeira et al., 2017).

Il Problema del Finanziamento agli Agricoltori di Medie e Grandi Aziende

Le politiche di sostegno all'agricoltura in Italia hanno spesso favorito le medie e grandi aziende agricole, che vivono più di rendita che di innovazione. Questi finanziamenti, piuttosto che incentivare un'agricoltura sostenibile e resiliente, hanno alimentato un sistema inefficace e passivo, con scarso impatto sulla lotta fitosanitaria.

Le aziende agricole di dimensioni medio-grandi, grazie ai sussidi PAC (Politica Agricola Comune), hanno accumulato risorse senza reinvestirle in ricerca, innovazione e monitoraggio. Il fenomeno si è osservato anche in Francia e Spagna, dove le grandi aziende agricole hanno beneficiato di finanziamenti senza ottenere progressi significativi nella prevenzione di fitopatie (Pe'er et al., 2019).

La Soluzione: Un Ente Tecnico Pubblico Indipendente

L'inefficacia della gestione attuale impone la necessità di creare un Ente Tecnico pubblico dedicato alla gestione delle emergenze fitosanitarie, con un approccio esclusivamente scientifico e tecnico. Tale ente dovrebbe essere composto unicamente da Agrotecnici, Periti Agrari e Dottori Agronomi e Forestali, professionisti altamente qualificati per il monitoraggio, la ricerca e l'intervento tempestivo.

L'Ente Tecnico pubblico potrebbe basarsi su modelli di successo già sperimentati altrove. In Israele, ad esempio, la gestione delle emergenze fitosanitarie è affidata a un'agenzia tecnica indipendente che coordina ricerca e interventi sul territorio con notevoli successi nella lotta ai patogeni agricoli (Cohen et al., 2019). Allo stesso modo, in California, l'approccio basato su istituzioni tecnico-scientifiche indipendenti ha migliorato la gestione delle fitopatie rispetto ai modelli basati su finanziamenti diretti agli agricoltori (Tumber et al., 2017).

Conclusioni

Le esperienze nazionali e internazionali dimostrano che la gestione delle emergenze fitosanitarie non può essere affidata a task force inefficaci o a finanziamenti diretti ad aziende che non investono in innovazione. Un Ente Tecnico pubblico indipendente, gestito da professionisti qualificati, rappresenta l'unica soluzione per garantire un controllo efficace delle fitopatie, proteggere le colture e ottimizzare l'uso delle risorse pubbliche.

Bibliografia

  • Cohen, Y., Ben-Daniel, B. H., & Shalom, M. (2019). "Integrated Pest Management in Israel: Successes and Challenges." Pest Management Science, 75(4), 845-857.

  • Hopkins, D. L., & Purcell, A. H. (2002). "Xylella fastidiosa: Cause of Pierce’s Disease of Grapevines and Other Emergent Diseases." Annual Review of Phytopathology, 40, 187-209.

  • Laranjeira, F. F., Rossetti, V., & Teixeira, D. C. (2017). "Impact of Xylella fastidiosa in Citrus Production in Brazil." Plant Pathology Journal, 36(3), 223-234.

  • Pe’er, G., Lakner, S., & Muller, R. (2019). "The EU’s Common Agricultural Policy Fails to Address Challenges in Agriculture and Environment." Science, 364(6445), 1070-1072.

  • Tumber, K. P., Alston, J. M., & Fuller, K. B. (2017). "Pierce’s Disease and the California Wine Industry." American Journal of Agricultural Economics, 99(4), 924-944.

lunedì 24 febbraio 2025

Risanamento olivicolo e giustizia sociale: la necessità di includere i piccoli proprietari nel progetto di rigenerazione della Puglia

 


Risanamento olivicolo e giustizia sociale: la necessità di includere i piccoli proprietari nel progetto di rigenerazione della Puglia

Antonio Bruno, Dottore Agronomo esperto in diagnostica urbana e territoriale, formatore e giornalista pubblicista divulgatore scientifico

La devastazione causata dalla Xylella fastidiosa nel Salento e in altre aree della Puglia ha rappresentato una delle peggiori catastrofi fitosanitarie nella storia recente dell'agricoltura italiana. Il batterio, noto come il "killer degli ulivi", ha determinato la morte di milioni di alberi, alterando profondamente il paesaggio e l'economia della regione. In questo contesto, il governo regionale pugliese ha avviato un programma di reimpianto di varietà di olivo resistenti alla Xylella, prodotto nei vivai dell'Agenzia regionale pugliese per le attività irrigue e forestali (ARIF). Tuttavia, tale iniziativa esclude i piccoli proprietari, che sono stati tra i più colpiti dalla crisi. Questo saggio sostiene che le nuove piante dovrebbero essere assegnate anche ai proprietari con più di 70 anni, con la garanzia che ARIF si occupi della loro messa a dimora, in modo da assicurare una reale rigenerazione del territorio e una giustizia sociale.

L'impatto della Xylella fastidiosa e le risposte istituzionali

La Xylella fastidiosa è un batterio fitopatogeno che ostruisce i vasi xilematici delle piante, provocando il disseccamento e, infine, la morte degli alberi infetti (Saponari et al., 2019). Originario del continente americano, è stato identificato per la prima volta in Puglia nel 2013 e, nonostante gli sforzi di contenimento, si è rapidamente diffuso in tutta la regione (European Food Safety Authority, 2019). Le strategie adottate dalle istituzioni hanno incluso l'abbattimento delle piante infette, il monitoraggio delle aree colpite e il finanziamento di programmi di ricerca su varietà resistenti, come il Leccino e la Favolosa (Giampetruzzi et al., 2016). Tuttavia, queste misure si sono spesso scontrate con il malcontento dei proprietari terrieri, che si sono visti privati dei propri ulivi senza un adeguato risarcimento.

Il problema dell'esclusione dei piccoli proprietari

L'attuale piano di rigenerazione olivicola prevede la distribuzione gratuita delle nuove piante resistenti esclusivamente a enti pubblici, ONLUS e progetti di educazione ambientale. Questo approccio, pur avendo obiettivi condivisibili, rischia di escludere una categoria fondamentale: i piccoli proprietari terrieri, molti dei quali sono anziani agricoltori che hanno visto il loro patrimonio distrutto dalla Xylella.

Questa esclusione appare ingiusta per almeno tre motivi:

  1. Mancanza di equità nella distribuzione degli aiuti: Mentre le medie e grandi aziende possono beneficiare di finanziamenti e piani di riconversione, i piccoli proprietari, spesso privi di risorse economiche per reimpiantare, restano senza alternative.
  2. Perdita del paesaggio e dell'identità culturale: Gli ulivi plurisecolari non erano solo una fonte di reddito, ma un elemento identitario per la popolazione pugliese. Escludere i piccoli proprietari dal processo di rigenerazione significa cancellare secoli di storia agricola e paesaggistica.
  3. Rischio di abbandono delle terre: Molti proprietari anziani, impossibilitati a reimpiantare, potrebbero abbandonare le proprie terre, con conseguenze negative per la biodiversità e il controllo del territorio.

Modelli internazionali di intervento e proposte di inclusione

L'esclusione dei piccoli proprietari contrasta con modelli virtuosi adottati in altri contesti colpiti da emergenze fitosanitarie. In Spagna, ad esempio, dopo l'epidemia di Verticillium dahliae, le autorità hanno promosso la distribuzione gratuita di piante resistenti anche ai piccoli agricoltori, garantendo loro assistenza tecnica per il reimpianto (Moreno et al., 2018). Negli Stati Uniti, il programma di recupero degli agrumeti colpiti da Citrus Greening ha previsto incentivi diretti ai piccoli produttori per la sostituzione delle piante infette (Bove, 2014).

Seguendo questi esempi, la Regione Puglia dovrebbe modificare il proprio piano di assegnazione delle nuove piante di olivo, includendo tra i beneficiari anche i proprietari con più di 70 anni. Inoltre, ARIF dovrebbe farsi carico della messa a dimora degli alberi, garantendo che la rigenerazione non sia solo un progetto sulla carta, ma una realtà concreta. Questo permetterebbe non solo di ripristinare il patrimonio olivicolo, ma anche di ridare dignità a una categoria che ha contribuito per decenni alla crescita agricola della regione.

Conclusioni

Il programma di reimpianto delle varietà resistenti alla Xylella rappresenta un passo importante nella lotta alla crisi fitosanitaria che ha colpito la Puglia. Tuttavia, l'attuale piano rischia di escludere proprio quei piccoli proprietari che hanno subito le maggiori perdite. La loro inclusione è non solo un atto di giustizia sociale, ma anche una strategia necessaria per garantire la sopravvivenza economica e culturale del territorio. Seguendo modelli di successo adottati in altri paesi, la Regione Puglia potrebbe correggere questa lacuna, garantendo che nessun agricoltore venga lasciato indietro.

Bibliografia

  • Bove, J. M. (2014). Huanglongbing or citrus greening disease. Annual Review of Phytopathology, 52, 395-418.
  • European Food Safety Authority (2019). Update of the Xylella fastidiosa risk assessment for the EU territory. EFSA Journal, 17(5), e05665.
  • Giampetruzzi, A., et al. (2016). Draft genome sequence of Xylella fastidiosa CoDiRO strain. Genome Announcements, 4(1), e01667-15.
  • Moreno, R., et al. (2018). Strategies for the management of Verticillium wilt in olive groves. Plant Disease, 102(2), 306-315.
  • Saponari, M., et al. (2019). Xylella fastidiosa in Europe: a serious threat to the agriculture and environment. Journal of Plant Pathology, 101(3), 559-567.