sabato 8 febbraio 2025

Analisi critica del testo "CANNOCCHIALE - LA SOCIETÀ SPIEGATA ATTRAVERSO I DATI" pubblicato dal quotidiano DOMANI del 9 febbraio 2025 secondo la teoria dei sistemi

 


Analisi critica del testo "CANNOCCHIALE - LA SOCIETÀ SPIEGATA ATTRAVERSO I DATI" pubblicato dal quotidiano DOMANI del 9 febbraio 2025 secondo la teoria dei sistemi

1. Analisi del comportamento dell'osservatore

L'autore del testo adotta una prospettiva di osservazione fortemente orientata alla diagnosi di un fenomeno sistemico: la "malattia" della democrazia. Questo tipo di linguaggio suggerisce un pregiudizio iniziale, poiché implica che la democrazia stia subendo un deterioramento oggettivo e patologico. L'osservatore dunque assume un ruolo di analista che non si limita a riportare dati, ma li interpreta attraverso una lente normativa.

2. Contestazione dei dati e loro interpretazione

a) La democrazia come "malattia"

L'idea che la democrazia sia un "morbo" è una costruzione metaforica che potrebbe essere contestata sulla base della teoria dei sistemi. Un sistema sociale evolve costantemente in risposta agli stimoli interni ed esterni, e non necessariamente in direzione di una "decadenza". Ciò che viene descritto come "erosione" potrebbe essere un adattamento fisiologico alle nuove condizioni socio-economiche e tecnologiche.

b) I dati sulle percezioni della democrazia

I dati riportati (es. "52% degli italiani ritiene la democrazia lenta") sono il risultato di un'analisi statistica, ma la loro interpretazione non tiene conto di variabili contestuali. La lentezza della democrazia può essere vista non come un difetto, ma come una caratteristica intrinseca alla necessità di garantire rappresentatività e pluralismo. Il desiderio di "decisionismo" non implica necessariamente una spinta verso l'autoritarismo, ma potrebbe riflettere una frustrazione rispetto a processi burocratici inefficaci.

c) L'autoritarismo "soft" e la post-democrazia

L'interpretazione dell'ascesa del "decisionismo" come segno di "post-democrazia" è discutibile. La teoria dei sistemi suggerisce che i modelli di governance si adattino ai cambiamenti sociali. L'accentramento decisionale potrebbe essere una risposta a inefficienze sistemiche, piuttosto che una deriva autoritaria.

d) Il simplism e la "tribalizzazione" della politica

L'osservatore interpreta la preferenza per soluzioni semplici come un "impoverimento" del dibattito pubblico. Tuttavia, secondo la teoria dei sistemi, la semplificazione è un meccanismo adattivo per la gestione dell'informazione in contesti complessi. La polarizzazione politica potrebbe essere il risultato dell'aumento delle fonti informative piuttosto che un sintomo di declino democratico.

3. Conclusioni

L'analisi dei dati forniti dal testo soffre di un bias interpretativo che li inserisce in una narrazione predefinita di "disfacimento" della democrazia. Utilizzando la teoria dei sistemi, si può invece considerare che la democrazia stia evolvendo in risposta a nuove sfide e non necessariamente degenerando. Il comportamento dell'osservatore è dunque orientato a un'analisi normativa piuttosto che descrittiva, suggerendo una prospettiva che enfatizza i rischi piuttosto che le opportunità di trasformazione.

CANNOCCHIALE - LA SOCIETÀ SPIEGATA ATTRAVERSO I DATI

La malattia del secolo Le nostre democrazie sono in decomposizione

ENZO RISSO

Un morbo si aggira per il mondo. Un virus infettivo sta colpendo le principali nazioni occidentali. È la malattia del secolo,

quella della democrazia. Un morbo che colpisce non solo le istituzioni, ma anche la cultura democratica, che alimenta ulteriori dinamiche di disfacimento del demos. Per il 52 per cento degli italiani la democrazia è lenta, ci vuole decisionismo, e il 41 per cento ritiene le elezioni un rito ormai inutile. Per un altro 52 per cento non è importante partecipare alla vita politica, e la grande maggioranza del paese preferisce soluzioni semplici, perché dietro quelle complesse ci sono sempre delle fregature (77). Metà del paese (50 per cento) predilige più ordine anche se significa meno libertà, e il 39 avverte il bisogno di un leader forte disposto a infrangere le regole. Il 31 per cento giudica il parlamento un freno all’agire e auspica più poteri all’esecutivo e il 53 ritiene che l’Italia abbia bisogno di un leader vigoroso.

L’interpretazione della politica I sintomi del disfacimento del demos li ritroviamo anche nell’interpretazione della politica come un confronto tra buoni e cattivi (38); nel ritenere che «il nemico del mio nemico è mio amico» (36); nella difficoltà ad andare d’accordo con persone che esprimono opinioni politiche differenti dalle proprie (44). I dati tracciano l’affresco dei diversi fattori che partecipano al processo di disfacimento del demos. Un andamento in cui troviamo le dinamiche di erosione della legittimità istituzionale. La crisi di fiducia nelle istituzioni democratiche tradizionali erode le fondamenta stesse della democrazia rappresentativa, mettendo in discussione la validità dei suoi meccanismi fondamentali. Un secondo aspetto che possiamo osservare è l’ascesa di un autoritarismo soft. La tendenza verso un decisionismo marcato e il desiderio di leadership forti indicano l’avanzare di quello che Colin Crouch definisce «post-democrazia». Un ambiente in cui le forme democratiche persistono, ma il potere effettivo si concentra in figure autoritarie, creando una tensione tra efficienza e principi democratici. Una terza dinamica è l’affermarsi del simplism, il bisogno di semplificazione della politica. La preferenza per soluzioni semplici e la visione dicotomica della politica raccontano l’insediarsi di una forma di democrazia post-consensuale. Un fenomeno che riduce la politica a scelte binarie, basate sull’individuazione di soggetti su cui scaricare ogni colpa, impoverendo il dibattito pubblico e la capacità di affrontare i problemi complessi. La dimensione della tribù è il quarto fenomeno che porta con sé la dimensione della politica attuale. La difficoltà di dialogo tra persone con opinioni diverse e l’adozione di logiche tribali («il nemico del mio nemico è mio amico») evidenziano una crisi del pluralismo democratico e l’affermarsi di una fandomizzazione (essere fan e non elettori) del confronto politico, che trasforma la politica in uno scontro tra tifoserie.

Sintomi interconnessi Il disinteresse per la partecipazione politica, infine, crea i presupposti per quella forma di democrazia fuggitiva (come la chiama lo scrittore americano

Sheldon Wolin), in cui l’impegno politico diventa sempre più raro e transitorio. Un fenomeno che mina la base stessa della democrazia partecipativa, creando un vuoto che può essere facilmente riempito da forze antidemocratiche.

Le tendenze identificate non sono fenomeni isolati, ma sintomi interconnessi di una trasformazione del rapporto tra cittadini, istituzioni e potere. Le fratture sociali e i fenomeni esistenziali che attraversano la società incidono sulle dinamiche della democrazia. L’enfasi sull’individualismo erode il senso di solidarietà e promuove una visione della libertà basata sull’affermazione di sé e non sul dialogo.

La competizione al profitto alimenta le disuguaglianze e la polarizzazione sociale, rendendo fragile la difesa dei beni pubblici e degli spazi di convivenza civica. Le dimensioni della società dell’applauso e dei like sostituiscono la politica inclusiva: i cittadini sono sempre più visti come consumatori, e le scelte politiche come una merce da vendere sul mercato, mentre il dissenso è marginalizzato o considerato irrazionale. L’emergere delle post-verità, infine, mina le basi razionali del dibattito pubblico, sostituendolo con la fiction permanente. La sfida per il futuro della democrazia non è una difesa d’ufficio dei suoi principi, ma è un confronto per l’egemonia sul futuro, per consolidare il modello democratico e sviluppare una cultura politica inclusiva e capace di affrontare le sfide complesse del nostro tempo

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