domenica 6 marzo 2016

Primi appunti sull’innesto dell’olivo nel Salento leccese

Primi appunti sull’innesto dell’olivo nel Salento leccese

Come noto durante il corso di potatura tenuto a Caprarica di Lecce dal prof. Riccardo Gucci, il sig. Lucio Pisanello di Alezio del Salento leccese ha reso noto alla stampa che pratica innesti di gemme di olivi di popolazioni di leccino (marza o gemma)  su OLIVI di popolazioni di Ogliarola e Cellina (portainnesto) INFETTI DI XYLELLA o comunque disseccati, OTTENENDO SUCCESSI da due anni.


La criticità rilevata dal Sig. Pisanello risiede nella mancanza di operatori specializzati in innesto su OLIVO. 

Per questo motivo ho provveduto a fare una prima ricerca, consultando la letteratura tecnica e scientifica disponibile, ottenendo degli appunti che metto a disposizione a chiunque desideri praticare gli innesti ai suoi olivi.

Mi corre l’obbligo però di affermare, senza paura di essere smentito, che è opportuno farsi seguire nella pratica chirurgica dell’innesto da un collega dottore agronomo che provvederà a seguire sul campo la pratica chirurgica dell’innesto al fine di dare le indicazioni necessarie per ottenere un risultato positivo.  

Inoltre lo stesso collega provvederà a seguire l’andamento e l’evoluzione nei tempi successivi della pratica chirurgica messa in atto dall’operatore agricolo.


Nel XVI secolo 50 maestri d’arte d’innesto venuti dalla Spagna ci hanno insegnato la pratica chirurgica.
A metà del XVI secolo un vicerè spagnolo fece costruire strade per collegare Napoli alla Puglia, alla Calabria e all’Abruzzo allo scopo di agevolare l'afflusso dell'olio. Un altro viceré spagnolo fece arrivare in Sardegna da Palma di Maiorca ben cinquanta maestri d'arte dell'innesto e della potatura dell'olivo. Ognuno di loro insegnò a dieci allievi, e questi a loro volta, ad altri. Con questo espediente, e con una legge che concedeva la proprietà degli olivi a chi l'innestava, l'accorto viceré fece decollare in pochi anni la produzione di olio della regione.
Dall’altro lato si deve riscontrare che gli stessi governi spagnoli hanno dato luogo a aumenti di tasse sulla produzione dell’olio e tutto ciò frenò alquanto la coltivazione dell’ulivo.
La produzione riprese a crescere nel 1700 grazie anche allo svilupparsi del libero mercato e all’esenzione di tasse sugli oliveti. Nel corso degli anni gli oliveti sono diventati una caratteristica del nostro paese e soprattutto del paesaggio pugliese.
Cos’è la marza e il portainnesto?
Innesto: si uniscono due parti di piante diverse per ottenerne una sola. La parte che diventerà chioma vien chiamata MARZA O NESTO, 


la parte che diventerà radice viene chiamata PORTAINNESTO.

La marza è un pezzo di ramo a frutto o misto di 1 anno, di media vigoria del diametro di ca 4-5 mm.
La marza è costituita da due internodi, dei quali solo il superiore è provvisto di foglie che vengono dimezzate trasversalmente, mentre l’altro estremo viene tagliato obliquamente a “becco di luccio” o “becco di flauto”. La marza così preparata verrà inserita all’interno della corteccia del portainnesto

Il portainnesto può essere da talea o da seme. Da seme in autunno (novembre-dicembre) si prelevano le olive di diverse cultivar dalle quali si estraggono i noccioli che vengono lavati e sgrassati quindi conservati in temperatura e umidità controllate fino ad agosto. Quindi vanno seminati in semenzaio e la germinazione inizia quasi subito. Ad aprile vengono trapiantati nella “nestaiola” dove vi restano per tutta la stagione, nella primavera successiva (a maggio la pianta deve essere “in succhio”) si effettua l’innesto a corona

INNESTO A CORONA: si recide la pianta a 5 cm da terreno, si effettua un taglio longitudinale della corteccia per 2 cm, si staccano i due lembi della corteccia e vi si inserisce la marza preparata come visto in precedenza

La moltiplicazione per via vegetativa avviene utilizzando una parte di pianta (ovulo, pollone, talea).
Il metodo per innesto necessita di un olivo selvatico (oleastro), portainnesto, sul quale inserire un pezzo di ramo (marza) o singola gemma (occhio) della cultivar scelta. Il periodo giusto per l'innesto è all'inizio primavera, verso aprile, quando la corteccia si stacca facilmente dal legno.
La propagazione mediante pollone (ramo che nasce alla base del ceppo) si fa estirpando i polloni (con una lunghezza di 80-100 cm) dalla pianta madre, avendo cura, però, di lasciare una piccola porzione di legno. Questi polloni vengono, in seguito, piantati in vivaio; poco dopo essi emettono delle radici. A distanza di due anni possono essere trapiantati in pieno campo.

Questo metodo è abbastanza diffuso.
La propagazione mediante ovulo è più traumatica per la pianta madre e, per questo, non viene quasi mai praticata. L'ovulo è una protuberanza gemmifera, somigliante a un tubero o a un uovo, originatosi nel ciocco e lungo il tronco per stimoli interni ed esterni.
Esso si recide in febbraio-marzo con l'accetta (la ferita va poi levigata e disinfettata). Gli ovuli vengono quindi puliti e ricoperti di una poltiglia di argilla e letame maturo. L'ovulo viene immesso in buche profonde 15-20 cm. e ricoperto con un miscuglio di terra e composto o letame e cenere di legna. Dopo circa due mesi escono i primi getti e si sceglieranno non più di due getti tra i migliori.
La propagazione a mezzo talea, invece, si fa recidendo un ramo di almeno 4-5 anni, dalla pianta madre, immune da malattie e fruttifero. La porzione inferiore interrata di questo ramo emetterà, in seguito, delle radici mentre quella superiore darà i germogli e i rami.
La talea deve essere robusta, diritta, a corteccia verdeggiante e succosa, con una lunghezza di 90-100 cm. Prima di metterla a dimora va ripulita dai rametti laterali e l'estremità inferiore va tagliata a linguetta. Il tempo migliore per la raccolta delle talee è l'autunno-inverno. Si piantano in vivaio a una profondità di 30 cm. e distanti tra di loro 50 cm. Si concimano con composto o letame maturo e cenere di legna.
In primavera le talee emettono germogli laterali che vanno eliminati per favorire l'apice.
Dopo due anni si trapianta in pieno campo.

La pianta d’ulivo si può innestare a partire da un diametro di cm. 2 sino a cm. 20- 25, oltre tale misura conviene invece tagliarla all’altezza del ceppo, lasciando crescere i polloni (se ne possono lasciare anche 7 o 8). Una volta cresciuti, si può eliminare circa il 50% dei polloni e, quando quelli conservati raggiungono il diametro di circa 2 cm., si possono innestare.
Il periodo indicato per eseguire l’innesto nel Salento leccese è il mese di aprile in quanto nei mesi precedenti la corteccia non si stacca bene. 

Le tecniche usate per gli innesti possono essere diverse. Abbiamo l’innesto “a corona”, effettuato sul taglio tra corteccia e legno oppure, nei casi in cui non si vuole tagliare la pianta per continuare a sfruttarla, si può innestare a “nicchia”. In questo caso, si pratica un taglio orizzontale di circa 20 cm. su un bel nervo della pianta, all’altezza di un metro da terra, all’interno del quale si disporranno due innesti di attecchire. Negli anni successivi poi, si proseguirà a sfrondare la pianta nella parte superiore agli innesti, in tale modo, questi avranno la forza di formare la pianta. Quando gli innesti avranno formato un bell’alberello, si potrà tagliare tutta la parte vecchia della pianta che, nel giro di 5 o 6 anni, sarà in grado di rendere più di prima in quanto avremo una pianta giovane e della qualità desiderata.

Gli innesti si possono prelevare in alto o in basso indifferentemente, l’importante è che si utilizzino ramoscelli di 1 o 2 anni, evitando quei polloni che in partenza sono dei cosiddetti “maschioni” in quanto ritarderebbero nello sviluppare le gemme. Il ramoscello che servirà da innesto dovrebbe avere una lunghezza di circa 30 cm. e si consiglia di tagliare a metà le foglie che porta in modo che non asciughino troppo la linfa presente prima che il ramoscello non sia in grado di attingerla dal porta-innesto. Una regola pratica che si può facilmente osservare, è quella di vedere, dopo una quindicina di giorni, se toccando il pezzettino di foglia lasciato, questo si stacca o meno. Nel primo caso avremo un segnale positivo, in quanto se la foglia cade, significa che l’innesto prende alimento dal portainnesto.

• BIBLIOGRAFIA CONSULTATIVA
G. FONTANAZZA – “OLIVICOLTURA INTENSIVA MECCANIZZATA” EDAGRICOLE
A. DEL BONO “L’OLIVICOLTURA” EDITRICE SAN MARCO
AIPOL “COLTIVAZIONE DELL’OLIVO IN LOMBARDIA MANUALE PRATICO”
CONSIGLIO OLIVICOLO NAZIONALE “ENCICLOPEDIA MONDIALE DELL’OLIVO”
G. BORELLI, R. CORTI, G. FONTANAZZA “OLEA LAURIUS” IL LARIO DELL’OLIVO
ARSIA “LA DIFESA FITOSANITARIA DELL’OLIVO”
Facenna Antonio, l’olivo e l’oleazione
COOP OLIVICOLA DI ARNASCO, Ristampa e aggiornamento Quaderno n. 5 Arnasco 09/2006



Nessun commento:

Posta un commento