Quando nel 1957, con il Trattato di Roma, fu deciso di
istituire la Comunità Economica Europea, furono riconosciuti come prioritari
gli obiettivi da realizzare proprio in agricoltura.
Fu quindi imposta agli Stati Membri una non sempre facile riconversione
delle attività in essere nel settore. In alcuni comparti furono ripartite anche
quote produttive limitate. Gli intenti dichiarati erano quelli di: distribuire
più razionalmente le attività fra i diversi Paesi, incrementare la
produttività, assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola,
stabilizzare i mercati, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e
assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori.
Con questi fini nacque la PAC, che è stata poi riformata più
volte, anche violando le tuttora vigenti regole del Trattato di Roma e di altri
successivi.
Di fatto l’originaria impostazione è stata rovesciata,
riducendo le produzioni agricole e rendendo precari i redditi degli
agricoltori.
Fra i primi interventi la Comunità Economica Europea, con regolamento
n. 136/66 del Consiglio del 22 settembre 1966, istituì l'organizzazione comune
dei mercati nel settore dei grassi, riconoscendo sostanzialmente che la
situazione dei mercati e dei grassi di origine vegetale era caratterizzata dall’importanza
del fabbisogno e dalla scarsità della produzione totale.
Gli Stati Membri dipendevano largamente dal mercato mondiale
per quanto riguardava l’approvvigionamento in questo settore.
Per aumentare la produzione di olio di oliva in Italia e in
Francia (Spagna, Grecia e Portogallo a quei tempi non facevano ancora parte della
CEE) a prezzi competitivi fu istituito un aiuto alla produzione affinché gli
olivicoltori investissero il sussidio ricevuto non solo per integrare i
bilanci, ma anche per ammodernare gli impianti.
La PAC dal 1966 ha avuto varie riforme delle quali la più
importante, per il settore olivicolo, è quella che dal 2006 ha svincolato dalla
produzione gli aiuti diretti agli olivicoltori (disaccoppiamento).
Sempre dal 2006 cospicue risorse sono state trasferite dal
primo pilastro (interventi di mercato e pagamenti diretti agli olivicoltori) al
secondo pilastro (sviluppo rurale).
Nonostante siano trascorsi cinquant'anni dall'introduzione
della PAC, il settore olivicolo continua a presentare numerose problematiche strutturali
dovute principalmente alla frammentazione produttiva e della filiera, nonché
alla mancanza di innovazione, che hanno determinato nel corso degli anni una continua
perdita di competitività dell’olio di oliva italiano.
Negli anni ‘60 la produzione italiana di olio di oliva era
pari a 400.000 tonnellate e, quindi, a parte il miglioramento qualitativo, in termini
quantitativi siamo fermi a 50 anni fa, con la differenza che all’epoca l’Italia
rappresentava oltre il 30% del prodotto mondiale mentre oggi la quota è scesa
al di sotto del 15% nelle annate migliori.
La redditività è negativa per la quasi totalità degli
olivicoltori e molti oliveti sono abbandonati o coltivati con la pratica
colturale minima per il rispetto della condizionalità, prevista dalla PAC.
In questo contesto si inquadra lo stato generale di crisi
dell'olivicoltura salentina che sconta in misura maggiore, come già anticipato,
alcune decisioni che l'Unione Europea ha adottato nella precedente riforma
della PAC, come l'erogazione degli aiuti diretti del primo pilastro in misura
disaccoppiata dalla produzione. Ciò ha incentivato di fatto lo stato di
abbandono della maggior parte dei nostri oliveti (secondo alcuni studiosi una
concausa della diffusione del batterio Xylella fastidiosa associato al complesso
del disseccamento rapido dell'olivo), in assenza di un equo reddito per i
produttori.
Scopo, quindi, della Tavola Rotonda "Quale futuro per
l'olivicoltura salentina", prevista nella terza Sessione del Seminario, è
quello di sensibilizzare le Istituzioni, i produttori e le loro organizzazioni
a definire scelte strategiche comuni per il futuro dell'olivicoltura salentina
ed iniziare ad immaginare un nuovo modello di sviluppo del territorio che tenga
conto della presenza ormai endemica del batterio Xylella fastidiosa.
Affinché il reclamato dover convivere con la Xylella non si
trasformi in fatale rassegnazione, occorre necessariamente fare sistema creando
stretti collegamenti tra ricerca scientifica, imprese, finanza ed Istituzioni,
così da assecondare più efficacemente l’innovazione, indispensabile per la
valorizzazione e competitività dell’olivicoltura salentina sui mercati
internazionali.
La Tavola Rotonda sarà preceduta da due Sessioni con le
presentazioni dell'attività svolta dall'APOL in applicazione del
"Programma di attuazione dei Regg. UE 611-615/2014 nel triennio
2015/2018" e della proposta progettuale "AGRO.LIV-Agrofarmaci
naturali selettivi per l'olivo" che, unitamente all'APOL, soggetto
promotore, prevede la partecipazione delle Università degli Studi del Salento,
di Bari, del Molise e dell'Azienda Speciale Multilab, in qualità di soggetti
attuatori, nonché della Fondazione Banca Popolare Pugliese "G.Primiceri"
ONLUS in qualità di soggetto cofinanziatore.
Difendere l’olivicoltura salentina vuol dire preservare una
ricchezza formidabile non solo per la produzione di un bene alimentare di
eccellente qualità ma anche per l' insostituibile contributo a disegnare il
paesaggio, proteggere l'ambiente e il territorio e conservare la biodiversità.
Benedetto Accogli
Presidente APOL
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