Gli afidi, detti anche “pidocchi delle piante”, sono tra gli
insetti che maggiormente preoccupano gli orticoltori. Le specie che interessano
le colture orticole sono numerose (ad esempio Aphis gossypii, Myzus persicae e
Macrosiphum euphorbiae) e tutte caratterizzate in generale dalla capacità di
svilupparsi molto rapidamente, di colpire germogli, foglie, fiori e frutti,
causando spesso accartocciamenti e riduzioni dello sviluppo delle piante.
Inoltre, gli afidi possono trasmettere virosi, malattie
particolarmente dannose per colture quali la patata, il pomodoro, il peperone,
il melone, il cocomero, lo zucchino e i fagiolini, Un altro grave rischio per
le orticole è rappresentato dai rigidi “standard estetici” che queste
presentano: in alcuni casi – è il caso della lattuga o di altri ortaggi da
foglia - è sufficiente la presenza di pochissimi afidi nelle piante per correre
il rischio di non poter commercializzare la produzione.
Questi ed altri motivi spingono gli agricoltori ad effettuare
un numero anche elevato di trattamenti: mentre però nell’agricoltura convenzionale
esistono numerosi aficidi di provata efficacia, in campo “agricoltura naturale”
le “armi” a disposizione dell’agricoltore non sono molte.
Tra le sostanze ad attività insetticida il piretro e il
rotenone sono le più comunemente impiegate.
Si tratta di prodotti di origine naturale, estratti da
piante: il primo deriva da Chrisanthemum cinerariaefolium, l’altro da Derris
elliptica e altre leguminose tropicali.
Entrambi questi insetticidi presentano un ampio spettro
d’azione, un rapido effetto abbattente, ma anche una limitata persistenza
d’azione. Quest’ultima caratteristica, che interessa specificamente il piretro,
è interessante in “agricoltura naturale” perché permette una rapida
ricolonizzazione delle colture trattate da parte degli organismi utili. Non
bisogna infatti dimenticare che, pur essendo di origine naturale, piretro e
rotenone presentano un’elevata tossicità nei confronti di numerosi antagonisti
naturali. Il rote none, inoltre, è particolarmente tossico anche per l’uomo e
deve essere quindi impiegato, da parte degli agricoltori, adottando il massimo
delle precauzioni.
Nella pratica, l’efficacia di questi prodotti contro gli insetti
dannosi non sempre risulta molto soddisfacente. Ciò però è dovuto principalmente
al fatto che si tratta di insetticidi che agiscono per contatto e che per poter
esplicare la loro attività devono riuscire a raggiungere direttamente gli
insetti dannosi: al momento del trattamento, è quindi fondamentale riuscire ad
assicurare un’ottima bagnatura della vegetazione. Ciò non sempre è possibile,
soprattutto quando gli afidi sono nascosti all’interno di una vegetazione molto
sviluppata oppure dentro foglie che si sono accartocciate per causa degli afidi
stessi, come accade, ad esempio, per il melone.
Nell’agricoltura naturale quindi, se il trattamento è
necessario, occorre agire tempestivamente, quando gli afidi sono ancora facilmente
raggiungibili dagli insetticidi. Non sempre però tale accorgimento è
sufficiente a garantire il successo dell’intervento, soprattutto se le
infestazioni si presentano tardi, con piante già ben sviluppate. Questo è uno
dei casi in cui appare evidente l’importanza di adottare metodi di difesa
preventivi, infatti, il principio fondamentale su cui si basa la difesa delle
piante è quello di mantenere le colture sane prevenendo la comparsa delle
situazioni di rischio. Non bisogna dimenticare, infatti, che in natura gli afidi
vengono controllati da parecchi insetti utili (coccinelle, sirfidi, crisope e imenotteri);
per tale motivo risulta fondamentale favorire la loro attività antagonistica, limitando
o evitando trattamenti non strettamente necessari con prodotti ad ampio spettro
d’azione (es. rotenone o piretro) e incrementando o conservando le aree di
rifugio naturali presenti in azienda (siepi, boschetti, fossi inerbiti).
Di notevole interesse è anche la recente disponibilità per
alcune colture, come la lattuga e il melone, di varietà resistenti agli afidi:
il loro impiego, infatti, permette di ridurre notevolmente il numero di
trattamenti e, conseguentemente, di salvaguardare gli organismi utili e
favorire la lotta naturale. Le varietà resistenti agli afidi, quando
disponibili, andrebbero adottate soprattutto nei periodi a maggiore rischio di infestazione
e nelle situazioni in cui la lotta naturale non è in grado di esplicare appieno
le proprie potenzialità, come per le colture protette all’inizio della stagione
primaverile, quando ancora l’attività degli antagonisti spontanei non ha raggiunto
livelli soddisfacenti per il contenimento delle popolazioni dei parassiti.
Per il controllo degli afidi sulle ortive nelle colture protette,
un interessante aiuto può essere fornito dalla lotta biologica diretta. L’adozione
di tale metodo, inteso come applicazione di organismi utili per il contenimento
dei parassiti, rappresenta spesso una valida soluzione ai numerosi problemi lasciati
irrisolti dall’impiego dei mezzi chimici, quali la ridotta efficacia e la
scarsa persistenza d’azione.
In generale, l’impiego di organismi utili, permette inoltre
di evitare qualsiasi problema di inquinamento ambientale, di fitotossicità, di
insorgenza di fenomeni di resistenza, di rispetto dei tempi di carenza e di
rientro in serra, di tossicità nei confronti dell’operatore agricolo e, non
ultimo, di selettività nei confronti degli organismi non bersaglio. La lotta
biologica con l’impiego di predatori (ad esempio Aphidoletes aphidimyza, Crysoperla
carnea) e parassitoidi (Aphidius colemani, Lysiphlebus testaceipes) risulta
efficace nei confronti degli afidi: a causa però della necessità di numerosi e
tempestivi lanci di ausiliari, non appare sempre del tutto affidabile ed
economica.
La tecnica delle “banker plants”, consiste nella precoce
introduzione in serra di piante di graminacee infestate da afidi (come
Rhopalosiphum padi) innocui per la coltura da difendere e parassitizzati da
entomofagi (A. colemani, L. testaceipes) attivi anche nei confronti degli afidi
bersaglio. Tale tecnica si è dimostrata più efficace ed economica dei lanci sistematici
su colture quali cetriolo e melone anche in alcune esperienze condotte nel nord
Italia. Ai fini del successo della lotta biologica appare evidente l’importanza
di continui monitoraggi delle colture e della tempestività d’intervento.
Al maggior impegno richiesto agli agricoltori, tra i fattori
che limitano una più ampia applicazione pratica dei metodi di lotta biologica
si aggiungono il costo e la difficoltà di approvvigionamento degli ausiliari, oltre
alla mancanza di garanzie sulla costanza dei risultati di contenimento delle
popolazioni di parassiti al di sotto della soglia di danno economico.
La non costante efficacia degli organismi utili, la cui
attività è strettamente legata alle condizioni di temperatura e umidità
atmosferica, è frequentemente imputabile alla difficoltà di regolazione dei
parametri ambientali delle serre, spesso caratterizzate da basse volumetrie.
In conclusione, il controllo degli afidi sulle colture
ortive può essere ottenuto attraverso l’integrazione di diversi metodi di difesa:
trattamenti con prodotti chimici di origine naturale, lotta biologica, impiego di
varietà resistenti e, soprattutto, attraverso la cura e la conservazione della vegetazione
spontanea per favorire l’attività degli insetti utili. !
di SERGIO GENGOTTI Catev, Faenza (RA)
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