sabato 23 gennaio 2016

Afidi detti pidocchi delle piante

Gli afidi, detti anche “pidocchi delle piante”, sono tra gli insetti che maggiormente preoccupano gli orticoltori. Le specie che interessano le colture orticole sono numerose (ad esempio Aphis gossypii, Myzus persicae e Macrosiphum euphorbiae) e tutte caratterizzate in generale dalla capacità di svilupparsi molto rapidamente, di colpire germogli, foglie, fiori e frutti, causando spesso accartocciamenti e riduzioni dello sviluppo delle piante.
Inoltre, gli afidi possono trasmettere virosi, malattie particolarmente dannose per colture quali la patata, il pomodoro, il peperone, il melone, il cocomero, lo zucchino e i fagiolini, Un altro grave rischio per le orticole è rappresentato dai rigidi “standard estetici” che queste presentano: in alcuni casi – è il caso della lattuga o di altri ortaggi da foglia - è sufficiente la presenza di pochissimi afidi nelle piante per correre il rischio di non poter commercializzare la produzione.



Questi ed altri motivi spingono gli agricoltori ad effettuare un numero anche elevato di trattamenti: mentre però nell’agricoltura convenzionale esistono numerosi aficidi di provata efficacia, in campo “agricoltura naturale” le “armi” a disposizione dell’agricoltore non sono molte.
Tra le sostanze ad attività insetticida il piretro e il rotenone sono le più comunemente impiegate.
Si tratta di prodotti di origine naturale, estratti da piante: il primo deriva da Chrisanthemum cinerariaefolium, l’altro da Derris elliptica e altre leguminose tropicali.
Entrambi questi insetticidi presentano un ampio spettro d’azione, un rapido effetto abbattente, ma anche una limitata persistenza d’azione. Quest’ultima caratteristica, che interessa specificamente il piretro, è interessante in “agricoltura naturale” perché permette una rapida ricolonizzazione delle colture trattate da parte degli organismi utili. Non bisogna infatti dimenticare che, pur essendo di origine naturale, piretro e rotenone presentano un’elevata tossicità nei confronti di numerosi antagonisti naturali. Il rote none, inoltre, è particolarmente tossico anche per l’uomo e deve essere quindi impiegato, da parte degli agricoltori, adottando il massimo delle precauzioni.





Nella pratica, l’efficacia di questi prodotti contro gli insetti dannosi non sempre risulta molto soddisfacente. Ciò però è dovuto principalmente al fatto che si tratta di insetticidi che agiscono per contatto e che per poter esplicare la loro attività devono riuscire a raggiungere direttamente gli insetti dannosi: al momento del trattamento, è quindi fondamentale riuscire ad assicurare un’ottima bagnatura della vegetazione. Ciò non sempre è possibile, soprattutto quando gli afidi sono nascosti all’interno di una vegetazione molto sviluppata oppure dentro foglie che si sono accartocciate per causa degli afidi stessi, come accade, ad esempio, per il melone.
Nell’agricoltura naturale quindi, se il trattamento è necessario, occorre agire tempestivamente, quando gli afidi sono ancora facilmente raggiungibili dagli insetticidi. Non sempre però tale accorgimento è sufficiente a garantire il successo dell’intervento, soprattutto se le infestazioni si presentano tardi, con piante già ben sviluppate. Questo è uno dei casi in cui appare evidente l’importanza di adottare metodi di difesa preventivi, infatti, il principio fondamentale su cui si basa la difesa delle piante è quello di mantenere le colture sane prevenendo la comparsa delle situazioni di rischio. Non bisogna dimenticare, infatti, che in natura gli afidi vengono controllati da parecchi insetti utili (coccinelle, sirfidi, crisope e imenotteri); per tale motivo risulta fondamentale favorire la loro attività antagonistica, limitando o evitando trattamenti non strettamente necessari con prodotti ad ampio spettro d’azione (es. rotenone o piretro) e incrementando o conservando le aree di rifugio naturali presenti in azienda (siepi, boschetti, fossi inerbiti).
Di notevole interesse è anche la recente disponibilità per alcune colture, come la lattuga e il melone, di varietà resistenti agli afidi: il loro impiego, infatti, permette di ridurre notevolmente il numero di trattamenti e, conseguentemente, di salvaguardare gli organismi utili e favorire la lotta naturale. Le varietà resistenti agli afidi, quando disponibili, andrebbero adottate soprattutto nei periodi a maggiore rischio di infestazione e nelle situazioni in cui la lotta naturale non è in grado di esplicare appieno le proprie potenzialità, come per le colture protette all’inizio della stagione primaverile, quando ancora l’attività degli antagonisti spontanei non ha raggiunto livelli soddisfacenti per il contenimento delle popolazioni dei parassiti.
Per il controllo degli afidi sulle ortive nelle colture protette, un interessante aiuto può essere fornito dalla lotta biologica diretta. L’adozione di tale metodo, inteso come applicazione di organismi utili per il contenimento dei parassiti, rappresenta spesso una valida soluzione ai numerosi problemi lasciati irrisolti dall’impiego dei mezzi chimici, quali la ridotta efficacia e la scarsa persistenza d’azione.
In generale, l’impiego di organismi utili, permette inoltre di evitare qualsiasi problema di inquinamento ambientale, di fitotossicità, di insorgenza di fenomeni di resistenza, di rispetto dei tempi di carenza e di rientro in serra, di tossicità nei confronti dell’operatore agricolo e, non ultimo, di selettività nei confronti degli organismi non bersaglio. La lotta biologica con l’impiego di predatori (ad esempio Aphidoletes aphidimyza, Crysoperla carnea) e parassitoidi (Aphidius colemani, Lysiphlebus testaceipes) risulta efficace nei confronti degli afidi: a causa però della necessità di numerosi e tempestivi lanci di ausiliari, non appare sempre del tutto affidabile ed economica.
La tecnica delle “banker plants”, consiste nella precoce introduzione in serra di piante di graminacee infestate da afidi (come Rhopalosiphum padi) innocui per la coltura da difendere e parassitizzati da entomofagi (A. colemani, L. testaceipes) attivi anche nei confronti degli afidi bersaglio. Tale tecnica si è dimostrata più efficace ed economica dei lanci sistematici su colture quali cetriolo e melone anche in alcune esperienze condotte nel nord Italia. Ai fini del successo della lotta biologica appare evidente l’importanza di continui monitoraggi delle colture e della tempestività d’intervento.
Al maggior impegno richiesto agli agricoltori, tra i fattori che limitano una più ampia applicazione pratica dei metodi di lotta biologica si aggiungono il costo e la difficoltà di approvvigionamento degli ausiliari, oltre alla mancanza di garanzie sulla costanza dei risultati di contenimento delle popolazioni di parassiti al di sotto della soglia di danno economico.
La non costante efficacia degli organismi utili, la cui attività è strettamente legata alle condizioni di temperatura e umidità atmosferica, è frequentemente imputabile alla difficoltà di regolazione dei parametri ambientali delle serre, spesso caratterizzate da basse volumetrie.
In conclusione, il controllo degli afidi sulle colture ortive può essere ottenuto attraverso l’integrazione di diversi metodi di difesa: trattamenti con prodotti chimici di origine naturale, lotta biologica, impiego di varietà resistenti e, soprattutto, attraverso la cura e la conservazione della vegetazione spontanea per favorire l’attività degli insetti utili. !

di SERGIO GENGOTTI Catev, Faenza (RA)

Nessun commento:

Posta un commento