martedì 5 gennaio 2016

Notizie Agricole Salento 5 gennaio 2016



Xylella, ipotesi decreto  per salvare anche Tap
BARI - Un decreto legge per far fronte all’emergenza xylella, anche in relazione ai possibili ostacoli che il sequestro disposto dalla Procura di Lecce creerebbe al cantiere del gasdotto Tap. Così come è stato per il caso dell’Ilva, è sempre più probabile che il governo ricorra a un provvedimento d’urgenza per sbloccare il caso del killer degli ulivi. Le notizie che rimbalzano in Regione da Roma vanno tutte in questa direzione: c’è da capire, però, quali saranno i contenuti.Un indizio potrebbe essere contenuto nella lettera che nei giorni scorsi il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, ha scritto al presidente Michele Emiliano. «Diteci cosa volete fare», è il senso della missiva: il riferimento è al post-Silletti, cioè alle dimissioni del commissario e al conseguente ritiro del piano-bis da parte del Dipartimento della protezione civile. Lo Stato deve infatti far fronte ai diktat di Bruxelles - che impone l’eradicazione degli ulivi come misura di contenimento dell’infezione -, soprattutto ora che il Consiglio Ue ha deliberato la messa in mora dell’Italia propedeutica all’apertura della procedura di infrazione.

La strada possibile è la gestione con gli strumenti ordinari, ovvero con il trasferimento delle responsabilità alla Regione per il tramite dell’Osservatorio fitosanitario. Emiliano sta mettendo a punto la strategia. Ma nel suo entourage si definisce «provocatoria» la lettera di Martina, che fa seguito a una contestazione pervenuta dalla Protezione civile rispetto agli obblighi affidati all’Arif (che avrebbe dovuto effettuare le analisi sul campo). La Regione teme che si tratti di un modo per scaricare su Bari l’eventuale responsabilità di una procedura di infrazione comunitaria, ed è per questo che procederà con la massima cautela.

Difficilmente, però, l’eventuale decreto legge disporrà il dissequestro degli ulivi destinati all’eradicazione secondo il vecchio piano Silletti, anche se il governo ha già fatto la stessa cosa con gli impianti dell’Ilva. In questo caso, infatti, Renzi apparirebbe come quello che vuol tagliare gli ulivi, ed Emiliano avrebbe buon gioco a cavalcare la protesta dei territori. C’è tuttavia l’ipotesi che il provvedimento possa in qualche modo mettere al riparo il gasdotto Tap, nel cui progetto c’è un tratto a terra di circa 30 km che attraversa il territorio di 6 Comuni: ci sono anche aree interessate dalla xylella. Per quanto si tratti di un microtunnel, i termini del sequestro potrebbero rendere impossibile l’effettuazione dei lavori: ecco che sarebbe ipotizzabile una disposizione normativa ad hoc.

La priorità di Tap è infatti rispettare il termine di maggio per l’avvio dei lavori. In questo contesto si inserisce la proposta avanzata da Emiliano: spostando il terminale del gasdotto da San Foca a Brindisi, il tratto a terra si ridurrebbe a poche centinaia di metri. A questa ipotesi va collegata l’iniziativa intrapresa dalla Regione, che ha scritto all’Anticorruzione di Raffaele Cantone per chiedere se un dirigente indagato per la xylella possa esprimersi su una istanza presentata da Tap. La lettera di Emiliano è stata recapitata anche a Palazzo Chigi, e svela la strategia di Emiliano: siccome la risposta al quesito iniziale è negativa, lo stallo sulla xylella può bloccare a tempo inderminato anche il gasdotto. [m.s.]
Xylella fastidiosa e olivi sequestrati, un pasticcio italiano
05 Gennaio 2016             
È un problema che affligge la Puglia da due anni, ma il sequestro degli olivi potrebbe non essere una strategia lungimirante. Come affrontarlo?

Può un organismo grande qualche centesimo di millimetro destabilizzare non solo un intero paese, ma anche le fondamenta della sua cultura? Sembra che il batterio Xylella fastidiosa ci riesca benissimo, suo malgrado. Da quando ne è stata accertata la presenza sulla costa ionica salentina nel 2013, questo microrganismo riesce a scuotere gli animi forse più di qualunque altra specie alloctona – cioè specie non originarie di una certa zona, e ce ne sono migliaia – nel nostro Paese.

Cosa sta succedendo in Puglia

Il motivo per cui questo accade è che il nome xylella è associato dall’autunno del 2013 al cosiddetto CoDiRO, il Complesso del disseccamento rapido dell’olivo, una malattia che è risultata fatale e devastante per le immense distese di oliveti della penisola salentina.

Sono poco più di due anni, quindi, che ci si interroga incessantemente su come fermare la diffusione della malattia, come curarla, quali ne siano le cause e come è arrivata nel Salento, domande importanti perché la produzione olearia del nostro Paese è la seconda in Europa e ha un fatturato e un indotto essenziali per l’economia di tutta la penisola.

Domande a cui la scienza e le amministrazioni hanno prontamente cercato di dar risposta, anche con azioni energiche e impopolari, che servivano a prevenire l’ulteriore espansione della malattia.

Le teorie del complotto

In parallelo, fronti popolari improvvisati hanno cercato di trovare risposte alternative alla scienza, sulla base di credenze, di ipotesi mai testate sperimentalmente e, soprattutto, nella convinzione che se qualcosa di brutto sta accadendo, deve per forza essere colpa di qualcuno.

Dal cercare i colpevoli alla teoria del complotto il passo è breve, e sulle cause si è detto di tutto: la multinazionale Monsanto è stata accusata di aver rilasciato il batterio per vendere fitofarmaci o, in alternativa, olivi ogm (inesistenti), e di aver creato in laboratorio il batterio. L’amministrazione pubblica è stata incolpata di voler abbattere gli ulivi non per fermare l’epidemia ma per far passare un gasdotto; gli scienziati sono stati accusati di aver incautamente rilasciato il batterio durante un convegno. E molto, molto altro.

Il problema nasce quando l’autorità giudiziaria comincia a credere alle teorie del complotto. Il recente sequestro preventivo di urgenza degli olivi da abbattere da parte della Procura di Lecce, il blocco del piano Silletti e i correlati avvisi di garanzia recapitati a dieci tra ricercatori e amministratori sta facendo molto discutere. Le motivazioni apportate e le conseguenze che queste azioni avranno sulla nostra economia e sul nostro territorio, tuttavia, non convincono tutti.

Secondo la procura di Lecce, che ha disposto il sequestro, infatti, non c’è emergenza e in base a quanto riportato da Cataldo Motta, procuratore capo a Lecce, “l’Europa è stata tratta in errore dal quadro rappresentato dalle istituzioni regionali”. Fa l’esempio dell’influenza: “L’Unione europea non dice: ‘se avete l’influenza uccidetevi e tagliatevi le gambe’”. L’errore sarebbe basato sul non accertato nesso di causalità tra CoDiRO e xylella e su dati impropri sulla malattia.

Cosa prevede l’Europa

Ma è davvero così facile ingannare l’Europa con un complotto tutto da dimostrare? Le misure di protezione contro i patogeni vegetali introdotti sono regolati dalla Direttiva 200/29/Ce del Consiglio, secondo la quale “Ciascuno Stato membro […] adotta tutte le misure necessarie per l’eradicazione o, ove non sia possibile, il contenimento degli organismi nocivi in questione. […] Le misure adottate debbono essere tali da prevenire i rischi di diffusione dell’organismo nocivo”. In breve, se entra un patogeno alloctono, la legge europea dice che bisogna eradicare o almeno contenere, e che bisogna evitare il diffondersi del contagio.

L’alloctono c’è. Xylella è dimostrabilmente un patogeno di molte piante per cui è necessario disporre di misure di quarantena. Le prove di laboratorio, controllate da altri scienziati (peer reviewed), pubblicate su riviste scientifiche internazionali, e sottoposte al vaglio di tutta la comunità scientifica, confermano la presenza del batterio nelle piante con sintomi. In che modo l’Europa sarebbe stata ingannata?

È possibile invece che il lavoro dei periti scelti dal tribunale, svolto in pochi mesi con fondi limitati, protetto da segreto instruttorio e non controllato da altri scienziati e dal resto della comunità scientifica internazionale, possa non essere sufficientemente accurato?

Quale ceppo di xylella?

Sempre secondo i consulenti del tribunale, non ci sarebbe un solo ceppo di Xylella fastidiosa, ma ben nove. Sinora, sequenziando una notevole porzione del dna del batterio, i ricercatori dell’Istituto agronomico mediterraneo (Iam) hanno determinato che si tratta di un ceppo particolare della sottospecie pauca, una delle cinque sottospecie note di xylella, responsabile in Sud America di malattie gravi che colpiscono gli agrumi e le piante di caffè.

La variante genetica pugliese, pur assomigliando molto al ceppo ST53, un ibrido genetico noto solo in Costarica, ha tuttavia delle sue caratteristiche individuali che fanno pensare a nuovi riarrangiamenti nel cromosoma batterico. Questi studi si basano su analisi estese del dna e su dati precedenti. Se il ceppo costaricano non è il solo presente, questo dato non dovrebbe essere coperto dal segreto istruttorio, per il bene di tutti: la comunità scientifica deve poter vagliare i risultati e soprattutto i metodi usati per ottenerli, e le autorità devono bloccare le vie di ingresso di tutti questi misteriosi ceppi differenti provenienti da mezzo mondo che rischiano di rimescolarsi e creare un superbatterio.

Se questo risultato è vero, l’emergenza è ancora più grave ed effettiva, dato che è improbabile che vengano immesse contemporaneamente tante popolazioni differenti da tante parti del mondo. In Francia, per esempio, i due focolai di xylella scoperti nel 2015, quello in Corsica e quello a Nizza, sono dovuti solo alla sottospecie multiplex. E qui si ricade sulla responsabilità dei magistrati nei confronti della società: il dato deve essere validato e se reale bisogna agire con ancora più forza. Bloccare tutto a chi giova?

I dubbi sull’origine del contagio

Ma i magistrati leccesi dichiarano che “l’abbattimento non contiene la malattia e si configura addirittura inutile”. Sulla base di quali conferme lo affermano? Dove sono i dati epidemiologici? Su questa base, i Pm accusano anche i ricercatori dello Iam di aver diffuso il contagio (in modo colposo, per carità!) durante un workshop svoltosi nel 2010, in cui si importò un ceppo di xylella a Valenzano, in provincia di Bari.

Il ceppo importato (con le dovute precauzioni) tuttavia era Xylella fastidiosa sottospecie fastidiosa, responsabile della malattia di Pierce nella vite, geneticamente molto lontano dalla nuova varietà pugliese CodiRO che attacca gli olivi, ma non i vitigni, emerso due anni dopo a duecento chilometri dal luogo del convegno. L’associazione convegno-epidemia è così remota che non solo non è degna di Sherlock Holmes, ma neanche di un pulp americano, a meno che i magistrati non abbiano dati non rivelati, o non si siano lasciati influenzare da teorie complottiste.

Un pubblico ministero non è un avvocato, non deve fare solo gli interessi di un piccolo gruppo di cittadini, ma deve far luce sui fatti in modo oggettivo. Può assumersi la responsabilità morale e materiale di bloccare il piano di contenimento della epidemia e favorire così la diffusione di un nuovo ceppo del batterio, di cui si sa molto poco, neanche esattamente che piante colpisce? Se la malattia si diffonde a causa dell’impossibilità di creare una zona cuscinetto, come richiesto dalla Comunità europea, dagli scienziati e dagli amministratori, i Pm di Lecce non avranno ricadute nel loro lavoro, ma gli olivicoltori italiani si. È una responsabilità importante, e non è chiaro come mai il principio cautelativo debba valere per gli ogm, che tutto sommato rappresentano una minaccia mai chiarita, ma non per xylella, che sappiamo essere pericolosa.

Cosa succede adesso

Quali sono dunque le conseguenze del sequestro, e che scenari futuri dobbiamo attenderci? Secondo Salvatore Camposeo, ricercatore in Arboricoltura generale e coltivazioni arboree dell’ università di Bari, esperto del settore e membro della task force anti-xylella, in primavera, con la ripresa vegetativa degli olivi e sopratutto con la presenza delle piante spontanee negli oliveti e il nuovo ciclo vitale delle sputacchine, la zona di contagio è destinata a espandersi. “Poiché la malattia ha un lungo periodo di latenza”, riferisce, “questa espansione non sarà immediatamente identificabile. I controlli per assicurarsi che gli alberi adiacenti alla zona cuscinetto fossero negativi a Xylella CoDiRO sono stati molto costosi: ogni esame costa 25 euro e bisogna farne 4 per ogni albero, il che fa 100 euro per olivo, moltiplicato migliaia di olivi, un’enorme spesa resa inutile dal sequestro”.

A Sud della zona di abbattimento, in provincia di Lecce, secondo Camposeo non è più possibile eradicare la Xylella. Lo scopo della zona di contenimento, una fascia di 459 chilometri quadrati, era di evitare (o almeno ritardare) la diffusione del microrganismo verso la provincia di Bari, dove vi sono colture intensive di olivi di alto valore commerciale, e da lì nel resto d’Italia e del bacino del Mediterraneo.

Il mancato adempimento alle norme comunitarie ha già portato all’apertura di un procedimento di infrazione, perché già prima di questa decisione della procura l’Ue non riteneva che l’Italia stesse facendo tutto quanto in suo potere per la ”eradicazione, il contenimento e la sorveglianza di Xylella”.

Dopo questa decisione le sanzioni saranno inevitabili, ovvero una multa e l’estensione dell’embargo alle esportazioni vivaistiche. Possibile che questo vada davvero a vantaggio di tutti? Per fortuna, dice ancora Camposeo, il quadro potrebbe non essere grigio come sembra. “Se il batterio dovesse arrivare in provincia di Bari (al momento ha infettato tutta la provincia di Lecce e metà di quella di Brindisi, e si trovano continuamente nuovi focolai), dove l’olivo ha un tasso di abbandono decisamente inferiore rispetto al Salento e viene coltivato con criteri differenti, è possibile che i danni siano minori. Nel Centro-Nord della Puglia, gli olivi non hanno grandi dimensioni e gli alberi vengono potati annualmente. Questo contribuisce a ridurre lo stress delle piante e verosimilmente a eliminare precocemente infezioni iniziali”.

Come affrontare il problema xylella

Secondo Camposeo, “l’unica cosa che si può fare è imparare a convivere con xylella, studiando i modi per minimizzare i danni e ostacolarne la diffusione, così come è successo per tutte le altre malattie degli alberi da frutto importate dall’estero. La ricerca in questi casi si è rivelata l’unica via per limitare i danni all’agricoltura e al paesaggio”.

Questa storia ha i toni amari di un déjà vu non a lieto fine. Gli scienziati sarebbero colpevoli di non aver capito in tempo la causa della moria degli ulivi, esattamente come all’Aquila gli scienziati sono stati accusati dalla magistratura di non aver saputo prevedere il terremoto, o in altre corti di aver iniettato vaccini provocando effetti collaterali mai effettivamente trovati dalla comunità scientifica, o di tramare contro cure poi risultate non solo inefficaci ma anche pericolose, come quella di Vannoni. Speriamo che le meritate credibilità e rispettabilità della magistratura italiana, da anni impegnata contro mafie, abusi edilizi, crimini di ogni tipo e grado, continui in questo senso, dando credito alla comunità scientifica

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