Xylella, ipotesi decreto
per salvare anche Tap
BARI - Un decreto legge per far fronte all’emergenza
xylella, anche in relazione ai possibili ostacoli che il sequestro disposto
dalla Procura di Lecce creerebbe al cantiere del gasdotto Tap. Così come è
stato per il caso dell’Ilva, è sempre più probabile che il governo ricorra a un
provvedimento d’urgenza per sbloccare il caso del killer degli ulivi. Le
notizie che rimbalzano in Regione da Roma vanno tutte in questa direzione: c’è
da capire, però, quali saranno i contenuti.Un indizio potrebbe essere contenuto
nella lettera che nei giorni scorsi il ministro dell’Agricoltura, Maurizio
Martina, ha scritto al presidente Michele Emiliano. «Diteci cosa volete fare»,
è il senso della missiva: il riferimento è al post-Silletti, cioè alle
dimissioni del commissario e al conseguente ritiro del piano-bis da parte del
Dipartimento della protezione civile. Lo Stato deve infatti far fronte ai
diktat di Bruxelles - che impone l’eradicazione degli ulivi come misura di
contenimento dell’infezione -, soprattutto ora che il Consiglio Ue ha
deliberato la messa in mora dell’Italia propedeutica all’apertura della
procedura di infrazione.
La strada possibile è la gestione con gli strumenti
ordinari, ovvero con il trasferimento delle responsabilità alla Regione per il
tramite dell’Osservatorio fitosanitario. Emiliano sta mettendo a punto la strategia.
Ma nel suo entourage si definisce «provocatoria» la lettera di Martina, che fa
seguito a una contestazione pervenuta dalla Protezione civile rispetto agli
obblighi affidati all’Arif (che avrebbe dovuto effettuare le analisi sul
campo). La Regione teme che si tratti di un modo per scaricare su Bari
l’eventuale responsabilità di una procedura di infrazione comunitaria, ed è per
questo che procederà con la massima cautela.
Difficilmente, però, l’eventuale decreto legge disporrà il
dissequestro degli ulivi destinati all’eradicazione secondo il vecchio piano
Silletti, anche se il governo ha già fatto la stessa cosa con gli impianti
dell’Ilva. In questo caso, infatti, Renzi apparirebbe come quello che vuol
tagliare gli ulivi, ed Emiliano avrebbe buon gioco a cavalcare la protesta dei
territori. C’è tuttavia l’ipotesi che il provvedimento possa in qualche modo
mettere al riparo il gasdotto Tap, nel cui progetto c’è un tratto a terra di
circa 30 km che attraversa il territorio di 6 Comuni: ci sono anche aree interessate
dalla xylella. Per quanto si tratti di un microtunnel, i termini del sequestro
potrebbero rendere impossibile l’effettuazione dei lavori: ecco che sarebbe
ipotizzabile una disposizione normativa ad hoc.
La priorità di Tap è infatti rispettare il termine di maggio
per l’avvio dei lavori. In questo contesto si inserisce la proposta avanzata da
Emiliano: spostando il terminale del gasdotto da San Foca a Brindisi, il tratto
a terra si ridurrebbe a poche centinaia di metri. A questa ipotesi va collegata
l’iniziativa intrapresa dalla Regione, che ha scritto all’Anticorruzione di
Raffaele Cantone per chiedere se un dirigente indagato per la xylella possa
esprimersi su una istanza presentata da Tap. La lettera di Emiliano è stata
recapitata anche a Palazzo Chigi, e svela la strategia di Emiliano: siccome la
risposta al quesito iniziale è negativa, lo stallo sulla xylella può bloccare a
tempo inderminato anche il gasdotto. [m.s.]
Xylella fastidiosa e olivi sequestrati, un pasticcio
italiano
05 Gennaio 2016
È un problema che affligge la Puglia da due anni, ma il
sequestro degli olivi potrebbe non essere una strategia lungimirante. Come
affrontarlo?
Può un organismo grande qualche centesimo di millimetro
destabilizzare non solo un intero paese, ma anche le fondamenta della sua
cultura? Sembra che il batterio Xylella fastidiosa ci riesca benissimo, suo
malgrado. Da quando ne è stata accertata la presenza sulla costa ionica
salentina nel 2013, questo microrganismo riesce a scuotere gli animi forse più
di qualunque altra specie alloctona – cioè specie non originarie di una certa
zona, e ce ne sono migliaia – nel nostro Paese.
Cosa sta succedendo in Puglia
Il motivo per cui questo accade è che il nome xylella è
associato dall’autunno del 2013 al cosiddetto CoDiRO, il Complesso del
disseccamento rapido dell’olivo, una malattia che è risultata fatale e
devastante per le immense distese di oliveti della penisola salentina.
Sono poco più di due anni, quindi, che ci si interroga
incessantemente su come fermare la diffusione della malattia, come curarla,
quali ne siano le cause e come è arrivata nel Salento, domande importanti
perché la produzione olearia del nostro Paese è la seconda in Europa e ha un
fatturato e un indotto essenziali per l’economia di tutta la penisola.
Domande a cui la scienza e le amministrazioni hanno
prontamente cercato di dar risposta, anche con azioni energiche e impopolari,
che servivano a prevenire l’ulteriore espansione della malattia.
Le teorie del complotto
In parallelo, fronti popolari improvvisati hanno cercato di
trovare risposte alternative alla scienza, sulla base di credenze, di ipotesi
mai testate sperimentalmente e, soprattutto, nella convinzione che se qualcosa
di brutto sta accadendo, deve per forza essere colpa di qualcuno.
Dal cercare i colpevoli alla teoria del complotto il passo è
breve, e sulle cause si è detto di tutto: la multinazionale Monsanto è stata
accusata di aver rilasciato il batterio per vendere fitofarmaci o, in
alternativa, olivi ogm (inesistenti), e di aver creato in laboratorio il
batterio. L’amministrazione pubblica è stata incolpata di voler abbattere gli
ulivi non per fermare l’epidemia ma per far passare un gasdotto; gli scienziati
sono stati accusati di aver incautamente rilasciato il batterio durante un
convegno. E molto, molto altro.
Il problema nasce quando l’autorità giudiziaria comincia a
credere alle teorie del complotto. Il recente sequestro preventivo di urgenza
degli olivi da abbattere da parte della Procura di Lecce, il blocco del piano
Silletti e i correlati avvisi di garanzia recapitati a dieci tra ricercatori e
amministratori sta facendo molto discutere. Le motivazioni apportate e le conseguenze
che queste azioni avranno sulla nostra economia e sul nostro territorio,
tuttavia, non convincono tutti.
Secondo la procura di Lecce, che ha disposto il sequestro,
infatti, non c’è emergenza e in base a quanto riportato da Cataldo Motta,
procuratore capo a Lecce, “l’Europa è stata tratta in errore dal quadro
rappresentato dalle istituzioni regionali”. Fa l’esempio dell’influenza:
“L’Unione europea non dice: ‘se avete l’influenza uccidetevi e tagliatevi le
gambe’”. L’errore sarebbe basato sul non accertato nesso di causalità tra
CoDiRO e xylella e su dati impropri sulla malattia.
Cosa prevede l’Europa
Ma è davvero così facile ingannare l’Europa con un complotto
tutto da dimostrare? Le misure di protezione contro i patogeni vegetali
introdotti sono regolati dalla Direttiva 200/29/Ce del Consiglio, secondo la
quale “Ciascuno Stato membro […] adotta tutte le misure necessarie per
l’eradicazione o, ove non sia possibile, il contenimento degli organismi nocivi
in questione. […] Le misure adottate debbono essere tali da prevenire i rischi
di diffusione dell’organismo nocivo”. In breve, se entra un patogeno alloctono,
la legge europea dice che bisogna eradicare o almeno contenere, e che bisogna
evitare il diffondersi del contagio.
L’alloctono c’è. Xylella è dimostrabilmente un patogeno di
molte piante per cui è necessario disporre di misure di quarantena. Le prove di
laboratorio, controllate da altri scienziati (peer reviewed), pubblicate su
riviste scientifiche internazionali, e sottoposte al vaglio di tutta la
comunità scientifica, confermano la presenza del batterio nelle piante con
sintomi. In che modo l’Europa sarebbe stata ingannata?
È possibile invece che il lavoro dei periti scelti dal
tribunale, svolto in pochi mesi con fondi limitati, protetto da segreto
instruttorio e non controllato da altri scienziati e dal resto della comunità
scientifica internazionale, possa non essere sufficientemente accurato?
Quale ceppo di xylella?
Sempre secondo i consulenti del tribunale, non ci sarebbe un
solo ceppo di Xylella fastidiosa, ma ben nove. Sinora, sequenziando una
notevole porzione del dna del batterio, i ricercatori dell’Istituto agronomico
mediterraneo (Iam) hanno determinato che si tratta di un ceppo particolare
della sottospecie pauca, una delle cinque sottospecie note di xylella,
responsabile in Sud America di malattie gravi che colpiscono gli agrumi e le
piante di caffè.
La variante genetica pugliese, pur assomigliando molto al ceppo
ST53, un ibrido genetico noto solo in Costarica, ha tuttavia delle sue
caratteristiche individuali che fanno pensare a nuovi riarrangiamenti nel
cromosoma batterico. Questi studi si basano su analisi estese del dna e su dati
precedenti. Se il ceppo costaricano non è il solo presente, questo dato non
dovrebbe essere coperto dal segreto istruttorio, per il bene di tutti: la
comunità scientifica deve poter vagliare i risultati e soprattutto i metodi
usati per ottenerli, e le autorità devono bloccare le vie di ingresso di tutti
questi misteriosi ceppi differenti provenienti da mezzo mondo che rischiano di
rimescolarsi e creare un superbatterio.
Se questo risultato è vero, l’emergenza è ancora più grave
ed effettiva, dato che è improbabile che vengano immesse contemporaneamente
tante popolazioni differenti da tante parti del mondo. In Francia, per esempio,
i due focolai di xylella scoperti nel 2015, quello in Corsica e quello a Nizza,
sono dovuti solo alla sottospecie multiplex. E qui si ricade sulla responsabilità
dei magistrati nei confronti della società: il dato deve essere validato e se
reale bisogna agire con ancora più forza. Bloccare tutto a chi giova?
I dubbi sull’origine del contagio
Ma i magistrati leccesi dichiarano che “l’abbattimento non
contiene la malattia e si configura addirittura inutile”. Sulla base di quali
conferme lo affermano? Dove sono i dati epidemiologici? Su questa base, i Pm
accusano anche i ricercatori dello Iam di aver diffuso il contagio (in modo
colposo, per carità!) durante un workshop svoltosi nel 2010, in cui si importò
un ceppo di xylella a Valenzano, in provincia di Bari.
Il ceppo importato (con le dovute precauzioni) tuttavia era
Xylella fastidiosa sottospecie fastidiosa, responsabile della malattia di
Pierce nella vite, geneticamente molto lontano dalla nuova varietà pugliese
CodiRO che attacca gli olivi, ma non i vitigni, emerso due anni dopo a duecento
chilometri dal luogo del convegno. L’associazione convegno-epidemia è così
remota che non solo non è degna di Sherlock Holmes, ma neanche di un pulp
americano, a meno che i magistrati non abbiano dati non rivelati, o non si
siano lasciati influenzare da teorie complottiste.
Un pubblico ministero non è un avvocato, non deve fare solo
gli interessi di un piccolo gruppo di cittadini, ma deve far luce sui fatti in
modo oggettivo. Può assumersi la responsabilità morale e materiale di bloccare
il piano di contenimento della epidemia e favorire così la diffusione di un
nuovo ceppo del batterio, di cui si sa molto poco, neanche esattamente che
piante colpisce? Se la malattia si diffonde a causa dell’impossibilità di
creare una zona cuscinetto, come richiesto dalla Comunità europea, dagli
scienziati e dagli amministratori, i Pm di Lecce non avranno ricadute nel loro
lavoro, ma gli olivicoltori italiani si. È una responsabilità importante, e non
è chiaro come mai il principio cautelativo debba valere per gli ogm, che tutto
sommato rappresentano una minaccia mai chiarita, ma non per xylella, che
sappiamo essere pericolosa.
Cosa succede adesso
Quali sono dunque le conseguenze del sequestro, e che
scenari futuri dobbiamo attenderci? Secondo Salvatore Camposeo, ricercatore in
Arboricoltura generale e coltivazioni arboree dell’ università di Bari, esperto
del settore e membro della task force anti-xylella, in primavera, con la
ripresa vegetativa degli olivi e sopratutto con la presenza delle piante
spontanee negli oliveti e il nuovo ciclo vitale delle sputacchine, la zona di
contagio è destinata a espandersi. “Poiché la malattia ha un lungo periodo di
latenza”, riferisce, “questa espansione non sarà immediatamente identificabile.
I controlli per assicurarsi che gli alberi adiacenti alla zona cuscinetto
fossero negativi a Xylella CoDiRO sono stati molto costosi: ogni esame costa 25
euro e bisogna farne 4 per ogni albero, il che fa 100 euro per olivo,
moltiplicato migliaia di olivi, un’enorme spesa resa inutile dal sequestro”.
A Sud della zona di abbattimento, in provincia di Lecce,
secondo Camposeo non è più possibile eradicare la Xylella. Lo scopo della zona
di contenimento, una fascia di 459 chilometri quadrati, era di evitare (o
almeno ritardare) la diffusione del microrganismo verso la provincia di Bari,
dove vi sono colture intensive di olivi di alto valore commerciale, e da lì nel
resto d’Italia e del bacino del Mediterraneo.
Il mancato adempimento alle norme comunitarie ha già portato
all’apertura di un procedimento di infrazione, perché già prima di questa
decisione della procura l’Ue non riteneva che l’Italia stesse facendo tutto quanto
in suo potere per la ”eradicazione, il contenimento e la sorveglianza di
Xylella”.
Dopo questa decisione le sanzioni saranno inevitabili,
ovvero una multa e l’estensione dell’embargo alle esportazioni vivaistiche.
Possibile che questo vada davvero a vantaggio di tutti? Per fortuna, dice
ancora Camposeo, il quadro potrebbe non essere grigio come sembra. “Se il
batterio dovesse arrivare in provincia di Bari (al momento ha infettato tutta
la provincia di Lecce e metà di quella di Brindisi, e si trovano continuamente
nuovi focolai), dove l’olivo ha un tasso di abbandono decisamente inferiore
rispetto al Salento e viene coltivato con criteri differenti, è possibile che i
danni siano minori. Nel Centro-Nord della Puglia, gli olivi non hanno grandi
dimensioni e gli alberi vengono potati annualmente. Questo contribuisce a
ridurre lo stress delle piante e verosimilmente a eliminare precocemente
infezioni iniziali”.
Come affrontare il problema xylella
Secondo Camposeo, “l’unica cosa che si può fare è imparare a
convivere con xylella, studiando i modi per minimizzare i danni e ostacolarne
la diffusione, così come è successo per tutte le altre malattie degli alberi da
frutto importate dall’estero. La ricerca in questi casi si è rivelata l’unica
via per limitare i danni all’agricoltura e al paesaggio”.
Questa storia ha i toni amari di un déjà vu non a lieto
fine. Gli scienziati sarebbero colpevoli di non aver capito in tempo la causa
della moria degli ulivi, esattamente come all’Aquila gli scienziati sono stati
accusati dalla magistratura di non aver saputo prevedere il terremoto, o in
altre corti di aver iniettato vaccini provocando effetti collaterali mai
effettivamente trovati dalla comunità scientifica, o di tramare contro cure poi
risultate non solo inefficaci ma anche pericolose, come quella di Vannoni.
Speriamo che le meritate credibilità e rispettabilità della magistratura
italiana, da anni impegnata contro mafie, abusi edilizi, crimini di ogni tipo e
grado, continui in questo senso, dando credito alla comunità scientifica
Fonte: http://www.cno.it/news/notizie/item/304-xylella-fastidiosa-e-olivi-sequestrati-un-pasticcio-italiano
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