martedì 5 gennaio 2016

Buone pratiche agricole per il controllo delle erbe spontanee



Nel periodo autunno invernale è opportuno l’inerbimento spontaneo controllato.  L’inerbimento è una tecnica colturale di gestione del  suolo a basso impatto ambientale che consiste nel lasciar crescere erba spontanea (inerbimento spontaneo) controllandone lo sviluppo mediante 3–5 sfalci l’anno.
Si tratta di un’operazione di grande efficacia che limita i problemi legati alla lavorazione, assicurando una ottimale gestione delle erbe spontanee. Tale pratica, nei terreni più pesanti, favorisce la risalita superficiale delle radici e quindi contiene i danni da asfissia radicale nei periodi piovosi.
Nei periodi primaverili-estivi si dovrà ricorrere alle lavorazioni meccaniche o alla tecnica del pirodiserbo.


Il pirodiserbo ha, come vantaggio principale, una mancanza assoluta di residui nocivi sul terreno; infatti il GPL , bruciando, forma esclusivamente vapore acqueo ed anidride carbonica. Il principio sul quale si basa la tecnica del pirodiserbo è quello della lessatura dei tessuti delle erbe spontanee.
Il tempo di azione del calore durante il trattamento è così breve da non permettere la carbonizzazione della materia vegetale.
L’effetto immediato del calore è quello di far espandere repentinamente il plasma cellulare, provocando così la rottura della membrana esterna; viene così interrotto il flusso intracellulare di alimentazione: la cellula non può più essere nutrita ed a causa della continua evaporazione dovuta alla lacerazione della cuticola entro un giorno o due la pianta secca.
Il pirodiserbo quindi non brucia le erbe spontanee, ma subito dopo il trattamento col il calore le piante trattate presentano una variazione di pigmentazione; si accentua fortemente il colore verde delle foglie. Tale manifestazione è visibile in un paio di minuti e ciò a causa della fuoriuscita della linfa dalla cellula.
Dopo alcuni giorni si può valutare appieno la riuscita del trattamento poiché le piante assumono il classico colore giallo proprio della pianta secca. E’ importante conoscere l’intervallo di tempo necessario affinché il calore sviluppi, all’interno della pianta, la temperatura sufficiente per un risultato efficace e quindi una influenza termica su tutte le cellule.
Qualora il trattamento sia praticato su erbe spontanee che si trovano nello stadio vegetativo giovanile ( 20-25 gg. dall’emergenza ) è sufficiente un riscaldamento di 90 – 95° C per la durata di un secondo per determinare la morte delle stesse.
In altri casi, con piante in stato vegetativo avanzato, è consigliabile una applicazione di 101° C. per la durata di un secondo.
La conseguenza pratica è che bisogna lavorare con una sovrabbondanza di calore e variare il tempo di esposizione al calore della pianta sulla quale si interviene. Semplificando possiamo supporre un tempo d’azione sopra il ” minuto secondo” per poter sviluppare con sicurezza una temperatura superiore ai 100° C sulla totalità delle piante.
L’indicatore dell’avvenuto trattamento sopra le erbe spontanee, è evidenziato dal fatto che queste ultime, a causa della esplosione cellulare per assorbimento di calore, cambiano repentinamente di colore assumendo una pigmentazione più scura, segnalano all’operatore la corretta velocità di lavoro da mantenere al fine di ottimizzare i risultati di produzione e di consumo di combustibile.

Dal punto di vista ecologico il pirodiserbo risulta essere una pratica caratterizzata da un impatto ambientale del tutto trascurabile.

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