sabato 16 gennaio 2016

le alterazioni che intervengono a livello ipogeo in conseguenza della capitozzatura.



Sempre a proposito di modifiche architetturali conseguenti alla capitozzatura, ben più subdole e potenzialmente gravi sono le alterazioni che intervengono a livello ipogeo. A questo proposito, tra l'altro, vista la difficoltà di studiare sistematicamente gli apparati radicali, non si possono che fare supposizioni; in ogni caso, ci può venire in aiuto la corrispondenza funzionale, potremmo dire morfofisiologica, tra i due poli dell'albero. In questo senso, sempre limitandoci alle latifoglie, sappiamo che la soppressione della dominanza apicale comporta una più o meno prolungata, talvolta permanente, atrofia del fittone, con conseguente rafforzamento delle radici fascicolate. Queste ultime finiscono per dotarsi di fittoni secondari e, implicitamente, per collegarsi preferenzialmente con uno (o alcuni) assi avventizi (tronchi secondari). Più in generale, inoltre, la capitozzatura comporta un temporaneo "esubero" della massa radicale, divenuta improvvisamente sovrabbondante per un albero che abbia "perso" buona parte della sua chioma; il tutto si traduce quindi in un'autoriduzione radicale. In altre parole, così come a livello aereo si ottiene un "rinnovo" della massa fotosintetizzante, a livello sotterraneo si assiste ad una complessiva riorganizzazione delle radici. Anche in questo caso, pur se in ragione della condizione ontogenetica individuale, si tratta di una evoluzione anticipata verso una condizione morfofisiologicamente impostata alla senescenza, con tutto ciò che questo comporta. Cito, ad esempio, la implicita superficializzazione (rafforzamento del complesso fascicolato a discapito del fittone) delle radici (che in ambito urbano significa maggiori interferenze con i manufatti, predisposizione ai danni meccanici e sensibilità alla siccità) e la più rapida cavitazione del colletto e della base del tronco, in ragione dei processi degenerativi che tendono ad interessare preferenzialmente (in anticipo rispetto a quanto accadrebbe fisiologicamente) il vecchio complesso fittonante. Non dimentichiamo, tuttavia, che stante la reciprocità funzionale tra i poli dell'albero, anche danni arrecati al solo apparato radicale possono avere conseguenze sulla porzione aerea, conseguenze che tendono a simulare gli esiti di una capitozzatura, pur in assenza di interventi cesori (si pensi al caso del pino domestico, specie nella quale la soppressione del fittone in ambito vivaistico comporta spesso il blocco della "costruzione" del tronco e la precoce formazione di grandi reiterazioni totali basse). Concludo questa mia (indecorosamente) breve ed incompleta trattazione del capitozzo sottolineando come, a mio modo di vedere, essa rappresenti una alterazione dell'equilibrio ormonale, energetico e meccanico (qui ci sarebbe molto altro da dire...) che sottende all'autodeterminazione della forma (e funzione) dell'albero. Si tratta di una alterazione morfofisiologica, dunque, spesso con carattere di irreversibilità ma, comunque, ampiamente "trattabile" da chi sia allenato a comprendere il linguaggio corporeo degli alberi, anticipandone le reazione e non, come troppo spesso accade, a subirne le conseguenze. 

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