La forma degli alberi è il risultato di un complesso
equilibrio energetico, ormonale e meccanico; sono tre aspetti dinamici,
interdipendenti e tra loro non facilmente distinguibili.
Ogni potatura incide implicitamente, pur se in modo diverso,
sia sull'equilibrio energetico che su quello meccanico.
Perché si possa parlare di capitozzatura, tuttavia, è
necessario che la potatura modifichi in modo permanente anche l'equilibrio
ormonale. In questo modo, infatti, si realizza quella alterazione
dell'architettura arborea (regressione morfofisiologica) che noi tutti
riconosciamo.
Non è dunque l'entità della potatura o la dimensione dei
tagli che identificano una capitozzatura. Paradossalmente, l'asportazione della
sola gemma apicale su un giovane esemplare in fase di "costruzione"
del tronco può simboleggiare la capitozzatura molto più della severa riduzione
di un vecchio esemplare in fase di "autoriduzione fisiologica" della
chioma. Poiché l'equilibrio dell'albero varia a seconda della specie di
appartenenza e dell'evoluzione individuale (evoluzione morfofisiologica,
appunto) le conseguenze della capitozzatura non sono dunque mai generalizzabili.
Infine, siccome si parla di equilibrio in senso generale e non di qualità dello
stesso, quando una potatura che si può teoricamente definire come capitozzatura
viene ripetuta nel tempo fino a stabilizzare nuovamente le condizioni endogene
dell'albero, otteniamo una forma obbligata (pollarding). Si tratta, in questo
caso, di un equilibrio artificiale che, ovviamene, se abbandonato a se stesso
tende ad evolvere verso nuove forme. Poiché l'equilibrio aereo ha un suo
corrispettivo radicale, non bisogna mai dimenticare che la capitozzatura come
sopra definita implica sempre una alterazione ipogea...anche meccanica! Le
carie, le cortecce incluse i codominanti sono solo conseguenze accessorie:
ricordiamoci che si possono fare danni enormi anche senza capitozzare!
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