Il termine agroecologia è stato
probabilmente coniato nel 1928 dall’agronomo russo Bensin (1928)
che usò questa espressione per indicare l’applicazione dei
principi e dei concetti dell’ecologia all’agricoltura. Nello
stesso periodo altri autori hanno esplorato questo nuovo campo
disciplinare, pubblicando diversi saggi e libri.
L’agronomo nord americano Klages
(1928) pubblicò interessanti lavori a proposito della distribuzione
delle colture in base a principi fisiologici; l’italiano Azzi
(1928) presentò nel suo libro “Ecologia agraria” le basi
concettuali, sviluppate anche in seguito in altri suoi lavori (Azzi
1942; 1956). In particolare egli si occupò della relazione tra i
caratteri pedoclimatici e lo sviluppo, la crescita e la produzione
delle colture. Entrambi questi studiosi, pur non utilizzando il
termine agroecologia, ne furono comunque i pionieri. Tra gli anni ’30
e ’60 del secolo scorso, numerosi lavori scientifici utilizzarono
il termine agroecologia o fecero ricorso e riferimento esplicito ai
concetti ad essa collegati (Bensin 1930; Tischler 1965).
Dagli anni ’70 in poi, anche in
risposta alla Rivoluzione Verde e alla conseguente intensificazione e
specializzazione dell’agricoltura, si registrò un crescente
interesse per l’ecologia applicata all’agricoltura. Fu in questo
periodo che venne formulato e proposto il concetto di agroecosistema,
inteso come ecosistema antropizzato (Odum 1969), ed iniziarono a
crescere critiche e proposte di modifica della moderne agrotecniche
(erlich 1966; meAdOws eT Al. 1972). Dagli anni ’80, inizialmente
con Altieri (1989), in seguito con Gliessman (1997), l’agroecologia
venne interpretata come un nuovo approccio finalizzato a coniugare la
produzione e la conservazione delle risorse naturali e ad offrire, in
questa ottica, strumenti di pianificazione e gestione sostenibile
degli agroecosistemi. Gradualmente l’agroecologia contribuì a
definire, con maggiore precisione, il concetto di sostenibilità
applicato all’agricoltura (ThOmAs, KevAn 1993). È in questa fase
che il termine biodiversità venne progressivamente utilizzato negli
studi agroecologici (e.g. AlTieri 1999), e i termini suolo e
paesaggio comparirono in alcune pubblicazioni (sTeiner, OsTermAn
1988), all’interno di un quadro sistemico analizzato alle diverse
scale, dall’aziendale a quella territoriale. Nel corso del
ventesimo secolo, con la continua evoluzione del significato di
agroecologia intesa come disciplina scientifica, si assistette anche
al cambiamento della sua identità. Secondo Wezel et Al. (2009), a
partire dagli anni ’90, l’agroecologia assunse il nuovo ruolo di
movimento e pratica applicata. In questo periodo, infatti, il termine
cominciò a riferirsi ad un nuovo modo di considerare e interpretare
l’agricoltura e le sue connessioni con la società. Inoltre,
all’attività di ricerca, si affiancarono, in alcune sedi
universitarie americane e europee, attività di formazione (FrAncis
eT Al. 2011). Nel tempo l’agroecologia ha assunto sempre più un
carattere interdisciplinare (dAlgAArd eT Al. 2003; BuTTel 2007), ed
alle discipline originarie come l’agronomia e l’ecologia, se ne
sono affiancate molte altre come la zoologia, la botanica, la
fisiologia della produzione, la geografia e alcune del settore
socio-economico.
Tratto da: Stefano Bocchi, Marta Maggi,
Agroecologia, sistemi agro-alimentari locali sostenibili, nuovi
equilibri campagna-città © 2014 Firenze University Press ISSN
2284-242X (online) n. 2, 2014, pp. 95-100
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