sabato 9 gennaio 2016

Dacci oggi il pane quotidiano


"Il pane non è un cibo naturale. È frutto di un lungo processo produttivo e tecnologico e di una raffinata civiltà alimentare, che ha imparato a controllare e utilizzare i segreti della natura. Il pane è una vera, grande invenzione, di cui solo l’uomo e nessun altro essere vivente, conosce il segreto."

Consigli per il consumo del pane
Acquisto del pane, occhio al prezzo
Vale la pena andare sempre alla ricerca di un buon panificio, che garantisca la qualità e l’artigianalità del prodotto. In ogni caso qualsiasi rivenditore è tenuto a esporre il prezzo del pane a peso: è considerata frode la vendita di pane semi cotto, quindi più pesante per una presenza di umidità che supera i limiti consentiti. È altresì vietata la vendita del pane da venditori ambulanti.
Attenzione agli ingredienti!
Per pane si intende un prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta lievitata, preparata esclusivamente con gli sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza l’aggiunta di sale. Per quanto riguarda il pane confezionato, se cotto parzialmente, deve essere venduto in confezioni singole, se precotto e surgelato deve riportare l’indicazione “surgelato”. I grassi sono banditi dalla ricetta del pane, a meno che non si tratti dei pani speciali.
Conservazione
Il pane si conserva fragrante per circa 12 ore, con oscillazioni variabili specialmente in funzione del tipo di lievitazione. La lievitazione naturale prevede l’uso della pasta acida, anche detta lievito madre o pasta madre. Si tratta di un impasto di farina e acqua che spontaneamente si acidifica con lieviti e batteri lattici naturali. È l’antico e tradizionale metodo che prevede un lungo tempo di lievitazione, ma consente una conservazione più lunga e una maggiore digeribilità.
Il pane a lievitazione naturale si può conservare per alcuni giorni in un sacchetto di carta all’interno di uno di tela o semplicemente in uno di tela se lo si ripone in frigo, per tempi più lunghi si consiglia di riporlo in freezer. La lievitazione industriale è comparsa a metà dell’Ottocento con l’uso del lievito di birra. A differenza di quello naturale, il processo di lievitazione industriale è più breve. Questo però implica una più veloce perdita di qualità del prodotto che si conserva preferibilmente surgelato, all’interno degli appositi sacchetti per alimenti.

La scoperta del grano e della macinatura
In età preistorica, durante il Neolitico, gli uomini iniziarono a coltivare i primi cereali, dei quali si servivano a integrazione di una dieta costituita principalmente dai prodotti della caccia e dalla raccolta di frutti spontanei. Scoperte archeologiche e archeobotaniche hanno messo in luce nelle caverne chicchi di cereali e pietre che venivano utilizzate per la macinatura. Si otteneva una sorta di farina, dall’aspetto scuro e granuloso; questa veniva poi mescolata con l’acqua a formare un composto che si suppone venisse consumato crudo. Probabilmente il caso volle che questo impasto, lasciato inavvertitamente vicino al fuoco, si indurisse: dalla cottura su superfici roventi nacquero i primi pani senza lievito.
Gli ebrei e gli egizi: la scoperta della lievitazione e del forno per la cottura
Presso gli Ebrei, i cui forni erano del tutto simili a quelli Egizi, il pane assunse un valore sacro, in particolare quello azzimo (non lievitato), il cui utilizzo è simbolicamente legato alla fuga dalla schiavitù e dall’Egitto degli antichi Ebrei guidati da Mosè verso la terra promessa. Il frumento rappresentò per l’antica civiltà egizia la base dell’alimentazione.
La farina veniva mescolata con acqua e impastata a mano su lastre di pietra o con i piedi in grandi giare. Dobbiamo agli Egizi la fortunata scoperta del lievito: si vide che l’impasto di farina e acqua, lasciato riposare, rigonfiava e il pane in cottura risultava più soffice.
Col tempo essi svilupparono anche delle raffinate tecniche di cottura: da quella iniziale su pietre arroventate si passò alla copertura di queste con vasi capovolti, e alla realizzazione di buche scavate nel terreno e rivestite di pietre. I primi forni veri e propri erano in argilla, a forma di cono, in modo da ospitare all’interno il fuoco e, sulla parete esterna, il pane; in altri modelli il fuoco bruciava nella parte inferiore e il pane cuoceva in quella superiore.

La panificazione presso i greci
Nell’antica Grecia, a causa della natura del terreno, la coltivazione dei cereali non era molto diffusa, ma il consumo del frumento importato era comunque abbondante e i Greci si specializzarono nelle tecniche di preparazione di pani e focacce (se ne sono contati circa settanta tipi), i cui impasti venivano arricchiti con olio, latte, vino, miele e aromatizzati con erbe e spezie. Furono anche i primi a far passare l’arte della panificazione dalle mani delle donne a quelle degli uomini: i fornai, infatti, lavoravano di notte per assicurare pane fresco alla mattina. Ai Greci antichi si deve anche la redazione del primo abbozzo di normativa relativa all’attività della panificazione.
Il culto di Demetra
Il culto di Demetra, divinità femminile, figlia di Crono e di Rea, era particolarmente sentito nelle zone rurali e legato alla venerazione del pane come elemento cardine dell’alimentazione. Adorata dai Greci come la Terra madre, Demetra donò all’umanità i cereali (da cui Cerere, il nome latino della dea) e le tecniche di coltivazione della terra. Il più importante tempio greco a lei dedicato fu quello di Elèusi, dove si celebravano i misteri eleusini in concomitanza con la morte e la rinascita del grano.
Pane e pasta presso i romani: i fornai, il laganum e la triyah
Dalla Grecia l’arte della panificazione arriva in Italia tramite gli schiavi. I Romani perfezionarono le tecniche di macinazione e iniziarono una proficua produzione di pane, istituendo forni pubblici dove lavoravano i pistores (fornai) e variegando i tipi di pane con l’aggiunta alla farina di ingredienti diversi. Il pane diviene così l’alimento per tutti.
Parallelamente, procede presso i Romani l’evoluzione dell’antenata della pasta: ripreso dai Greci e dai più vicini Etruschi, il laganum latino (dal greco laganon) definiva un foglio sottile di pasta, che veniva arrostita e tagliata a strisce per essere infine insaporita in pentola assieme a legumi o verdure. Dal laganum, che sembra venisse usato anche per confezionare piatti come le odierne lasagne, si arriva alla vera e propria pasta dal significato moderno.
Il geografo arabo Al-Idrin nel 1154 documenta in Sicilia, nella località di Trabìa, vicino Palermo, un cibo a base di farina in forma di fili, chiamato triyah, dall’arabo “tari” cioè umido o fresco, oggi “tria” in alcune cucine tradizionali del sud.
L’aratro e il mulino: evoluzione delle tecniche di produzione
L’aratro, probabile invenzione dei Sumeri, nasce come un attrezzo costituito interamente di legno; successivamente fu utilizzato il ferro per costruire il vomere, rendendone più efficace l’uso. La vera rivoluzione fu però l’introduzione del versoio, che rivoltava il terreno, dissodandolo, per permetterne un migliore sfruttamento. In Inghilterra all’inizio del ‘700 comincia la produzione dell’aratro interamente in ferro, che diventa così un prodotto industriale. Altra innovazione tecnologica riguardò la possibilità di triturare i chicchi e ottenerne farina sempre più raffinata. Si deve all’ingegnere militare Vitruvio, intorno al 23 a.C., l’invenzione, descritta nel suo “De Architectura”, del mulino azionato dalla forza dell’acqua, poi integrata con il vento, che andò a sostituire le macine mosse da forza umana o animale, il cui utilizzo si protrasse comunque per tutto il Medioevo.
Dal Medioevo alla Rivoluzione industriale
Durante il Medioevo, la cerealicoltura segna il passo per le continue guerre e il conseguente abbandono dei campi; il pane tende a impoverirsi, ma solo per i contadini, che lo producono, senza lievito e sale, con avena e crusca. I feudatari, che controllano il territorio e la popolazione attraverso il possesso dei forni e dei mulini, mangiano pane bianco di frumento.

Il pane inizia a riflettere la classe sociale di appartenenza. È durante il Rinascimento che si introduce il lievito di birra; nel frattempo i maestri di paste alimentari, al pari dei mugnai e dei fornai, si riuniscono in corporazioni. La pasta è ormai divenuta un alimento importante e pratico, in quanto grazie all’essiccazione si conserva a lungo. I processi di meccanizzazione della produzione di pane e pasta costituiscono la successiva tappa volta a ottimizzare e velocizzare dei procedimenti ormai consolidati.

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