I batteriofagi sono virus in grado di uccidere specifici batteri
e sono innocui per piante, animali e persone
Le conoscenze acquisite durante gli studi del 2012 hanno
fatto sì che l’Università di Bologna abbia potuto mettere a punto di un metodo di
terapia fagica applicabile al pero e al melo e alle numerose piante ospiti di
E. amylovora, agente del colpo di fuoco batterico.
I batteriofagi o fagi sono virus patogeni per i batteri.
Praticamente il fago si attacca alla superficie della cellula batterica e le
inietta internamente il proprio acido nucleico.
L’infezione fa riprodurre il fago entro la cellula
batterica, che va soggetta a lisi e muore.
Un fago in grado di uccidere l’E. amylovora, è stato
selezionato per la sua alta capacità litica – che produce lisi, dissolvimento –
tra 29 fagi isolati in numerose località padane e friulane ed è stato in grado di
causare lisi di 22 ceppi virulenti di E. amylovora isolati da piante ospiti
differenti in diverse località dell’Italia Settentrionale.
Per propagare il fago in laboratorio è stato usato un ceppo
di Pantoea vagans, un enterobatterio affine a E. amylovora, saprofita – organismo
che utilizza come nutrimento le sostanze organiche in decomposizione –, vivente
nella fillosfera di molte piante – col termine di fillosfera si intende: la
zona dell’atmosfera nella quale le piante interagiscono con gli altri fattori
ambientali –, isolato da un pero morto per colpo di fuoco.
Questo metodo di controllo del colpo di fuoco prevede di
applicare il preparato fagico sia in presenza che in assenza di infezioni di E.
amylovora sulle piante ospiti di interesse; nel primo caso l’attività del fago
consisterà nel prevenire o limitare infezioni; nel secondo caso di infettare
altri enterobatteri comunemente presenti nella fillosfera delle piante, in
particolare ceppi P. vagans – bersagli secondari –.
Di fatto, un fago riesce a infettare individui di specie
batteriche tassonomicamente affini – vicini nella classificazione – a quella
usata per l’isolamento primario. Propagandosi su altri enterobatteri, il fago
proposto per la terapia può moltiplicarsi nella fillosfera nelle stesse nicchie
di E. amylovora ed essere pertanto disponibile a infetlimitati a pochi
soggetti. Successivamente non essendo stati riscontrati ulteriori casi, sono state
abolite le zone di sicurezza per la movimentazione delle specie sensibili e
degli alveari, istituite al momento dell’individuazione dei focolai e la
malattia può attualmente considerarsi eradicata in provincia di Biella.
Dal 2004 al 2007 le solite attività di monitoraggio sui
punti della rete, sui giovani impianti di pomacee e nel vivai frutticoli non
hanno portato ad alcuna in - tercettazione. Una nuova se gnalazione è invece
arrivata al Settore Fitosanitario nell’estate del 2008, sempre grazie
all’attenzione di chi è costantemente presente e attivo sul territorio.
Si è trattato di due pereti contigui ma disetanei siti nel
Comune di Centallo, in provincia di Cuneo. Le piante sintomatiche e quelle
contigue sono state distrutte immediatamente al momento della loro
individuazione, prima dell’accertamento ufficiale, come intervento cautelativo.
Anche se il 2011 è stato un anno di recrudescenza della
malattia nei pereti del nord est d’Italia, in questo focolaio i sintomi del
batterio si sono ripresentati solo a partire da metà luglio 2011 e si sono
ridotti del 90 per cento rispetto al 2009.
Nell’autunno 2009 è stato rinvenuto il terzo caso di colpo
di fuoco in Piemonte, a Verbania su Cotoneaster; questo caso non desta
particolari preoccupazioni perché costituito da due piante contigue,
immediatamente distrutte, in una zona dove sono molto scarse le potenziali
piante ospiti e quindi è ipotizzabile una completa e definitiva eradicazione
del focolaio. Nel 2010 infatti non sono più stati rinvenuti sintomi in questo
focolaio e nella circostante zona di sicurezza, così è stato anche nel 2011 per
cui il focolaio può essere ufficialmente dichiarato eradicato.
Il quarto caso piemontese di colpo di fuoco batterico è
stato rinvenuto nell’estate 2010 a Montemarzino (AL), nel Tortonese, in un
pereto di notevole estensione ma la malattia era circoscritta a pochi germogli
e con un decorso molto confinato causa la scarsa vigoria delle piante coltivate
su terreno collinare acclive.
Si tratta di una zona frutticola di secondaria rilevanza dal
punto di vista quantitativo, ma comunque importante perché caratterizzata da
produzioni di elevata qualità.
Nel 2011 la malattia non si è espansa ma è stata necessaria
l’analisi di laboratorio per distinguere i sintomi dei pochi germogli attaccati
dal batterio.
Nel preparato conservato in un comune frigorifero a 4C °, il
fago può sopravvivere almeno un anno.
Questi batteriofagi essendo specifici non sono nocivi per
l’uomo e per gli animali.
La proprietà del fago selezionato è quella di infettare
bersagli secondari e perpetuarsi in tal modo naturalmente nell’ambiente
evitando o riducendo trattamenti ripetuti.
Il fago diviene fattore duraturo di lotta integrata per
contenere le popolazioni di E. amylovora e ridurre la pressione di malattia. Si
risolve così il problema della bassa sopravvivenza dei fagi esposti agli stress
abiotici ambientali, principale ostacolo all’uso di questi virus nella lotta
alle batteriosi delle piante in pieno campo; per quest’ultimo motivo si
consiglia di effettuare i trattamenti con i preparati poco prima del tramonto.
Durante la stagione vegetativa la bagnatura di rugiada notturna favorisce l’incontro
delle particelle fagiche con le cellule batteriche.
Questi virus associati ai batteri potranno penetrare
passivamente all’interno dei tessuti vegetali all’alba, al momento di apertura
degli stomi. Protetti dalle radiazioni solari i fagi sopravvivono bene nel terreno.
Gli autori della ricerca spiegano: «Il nostro fago
selezionato può essere usato nei parchi e nei giardini, sulle siepi, sulle
bordure, in frutteto o in vivaio su tutte le piante ospiti di E. amylovora, in
pieno campo o in ambiente protetto. Il fago associato al terreno del pane di
terra o aderente al colletto o alle radici degli astoni da trapiantare può
essere così trasferito passivamente nel nuovo impianto come potenziale, futuro
antagonista di E. amylovora».
Il preparato fagico è oggetto della domanda di brevetto
MO2013A000117 depositata da Alma Mater Studiorum-Università di Bologna
all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi-UIBM,
di Antonio Mazzucchi, Carla Lucchese e Umberto Mazzucchi
Info Ufficio Trasferimento Tecnologico Università di Bologna
Email: business.team@unibo.it
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