Nella foto: Dagli esperimenti sulle piante di V.D. Kaviraj è nato il libro “Omeopatia per l’agricoltura e il giardinaggio”
Omeopatia per le piante: intervista a V.D. Kaviraj
di Alan Scmukler
V.D. Kaviraj è un omeopata olandese, scrittore, ricercatore
e pioniere dell’Agroomeopatia. Negli anni ’60 creò, insieme ad altri, l’agenzia
di viaggi ‘Magic Bus’, che organizzava viaggi in India in pulmino. Ha
sperimentato le droghe psichedeliche, ha frequentato Alan Ginsberg, Bob Dylan e
Ken Kesey, ha gestito fattorie di agricoltura biologica in Francia e Belgio, ha
studiato con una maga esperta in erbe e astrologia e ha girato il mondo per
studiare le piante.
Una volta, in India, si è ammalato gravemente ed è stato
curato con l’omeopatia. Il desiderio di capire cosa l’aveva curato l’ha portato
a cominciare a studiare questa medicina negli anni ’70 e poi a gestire la
clinica del Dr. Chatterjee per dieci anni. Ha scritto libri su vari aspetti
dell’omeopatia, ma anche racconti gialli ispirati all’omeopatia. Nel 1982 è
stato iniziato alle tradizioni terapeutiche bhakti e sciamaniche.
Nel 1986 ha eseguito per la prima volta un trattamento
omeopatico su piante: si trattava di meli affetti da ruggine del melo, completamente
curati con Belladonna. Si è poi trasferito in Australia dove si è dedicato alla
ricerca e sperimentazione omeopatica sulle piante. Da questi esperimenti è nato
il libro “Omeopatia per l’agricoltura e il giardinaggio”.
Il tuo primo trattamento omeopatico di un albero malato, con
Belladonna, è stato per te una grande rivelazione, come quella della mela per
Newton?
Proprio così. Degli amici che abitano ad Arau, in Svizzera,
avevano una bella casetta con un giardino molto grande esposto a sud. Io ero il
loro omeopata, e ho curato anche i loro figli e i loro animali per parecchi
anni e quando quei meli hanno preso la ruggine, mi hanno chiesto se era
possibile curare anche le piante con l’omeopatia. “Sono sicuro che sia
possibile – ho detto – ma non ne so niente” e la mia amica mi ha risposto: “Ach
du bist ein Krueterhexe, du wirst schon was finden” – “Tu che sei un mago delle
erbe, sicuramente troverai qualcosa”.
Siamo andati a vedere gli alberi: le foglie pendevano e
avevano chiazze rosse su foglie, rametti, rami e tronco. Le macchie erano
comparse tre giorni prima, col gelo, e ora ne erano tutti pieni. La mia amica
mi ha detto che sembravano molto assetati e lei li innaffiava tre volte al
giorno. Per qualche ora le foglie tornavano normali, poi ricadevano di nuovo.
Mi sembrava un caso di ‘scarlattina’: rapidità, violenza,
chiazze rosse e grande sete.
Così ho pensato immediatamente a Belladonna. Avevo con me
solo dei granuli alla 200dh. Ne ho sciolti dieci in 20 litri di acqua e ho
innaffiato gli alberi con la soluzione. Tre giorni dopo la ruggine era
scomparsa e le piante avevano di nuovo un aspetto sano. In autunno, circa alla
fine di settembre, le mele sono giunte a maturazione. Le prime mele, quando
l’albero era malato di ruggine, avevano un sapore aspro e amaro, mentre quelle
maturate dopo il trattamento erano dolci e succose: incredibile! Ero proprio
sorpreso. Come era potuto accadere?
Ancora sbalordito dal successo ottenuto, ho cominciato a
pensare al modo di sviluppare la teoria con altre piante. In quel periodo
vivevo ad Amsterdam e non avevo un giardino, quindi ho iniziato con le piante
in vaso, per esempio la cannabis, la cui coltura è legale in Olanda, che è una
pianta soggetta a muffe, dato il clima umido del paese. Ho provato anche a fare
qualcosa nei parchi pubblici, ma era una grossa complicazione perché avrei
dovuto fare una diagnosi, dei proving e delle osservazioni cliniche. Quando
sono andato in Australia, nel 1990, ho comprato una casa con un ettaro di
terreno coltivato a giardino e ho così avuto l’opportunità di fare tutto tutti
gli esperimenti che desideravo.
Ho cercato nella letteratura qualche esempio di esperimenti
su piante. Non avevo il computer, quindi nemmeno Internet, ma una biblioteca
piena di libri di omeopatia, dove ho trovato quattro casi, come ho detto nel
libro. Poi ho cominciato a selezionare rimedi del mondo degli insetti, nella
speranza di trovarne qualcuno che potesse essere adatto alle piante. Il primo
grande successo l’ho avuto con Helix tosta, che tiene le lumache lontane dal
giardino come per magia. Se non avessi irrorato le erbacce, sarebbero state
costrette a mangiare quelle o trasferirsi nel giardino dei vicini.
È stato come prendere due piccioni (anzi, tre) con una fava.
Niente lumache nelle mie colture, anzi le avevo messe al mio servizio e i
vicini di casa avevano bisogno di qualcosa per liberarsi dalle lumache. In
breve tempo tutta la strada usava il rimedio e a quel punto ho cominciato a
scrivere alle associazioni dei coltivatori, offrendo il mio rimedio contro le
lumache. Nel giro di sei mesi tutta la città di Perth lo usava. Proprio allora
ho cominciato ad avere problemi con l’autorizzazione alla produzione e
commercio di prodotti fitosanitari, ma questa è un’altra storia.
Il passo successivo è stato la scoperta di Silicea e delle
sue incredibili potenzialità. Ho seguito l’esempio di Steiner, che consiglia il
silicio per aumentare la produzione di frutta biodinamica. Ho scoperto che fa
molto di più.
Poi, naturalmente, c’erano gli afidi, su cui mi sono
spaccato la testa per tre anni prima di riuscire a risolvere il problema. Li ho
immersi in alcol a centinaia per volta, cercando di fare una tintura, li ho
triturati vivi o arrostiti – ma non funzionava niente. Poi, un giorno, ho visto
in giardino delle larve di Coccinella septempunctata – la coccinella comune – e
la devastazione che riuscivano a produrre nella popolazione di afidi. Eureka!
Avevo trovato il rimedio!
La scoperta mi ha incoraggiato a risolvere alcuni dei
problemi che mi si erano presentati. Se ci pensate, le piante hanno rapporti
con gli elementi chimici ben diversi da quelli degli animali e dell’uomo. Ecco
un’altra grossa difficoltà. Ma il fascino di questa ricerca era talmente
grande, per me, da farmi addirittura creare un’azienda, della quale rimane solo
l’indirizzo e-mail –la Similcure – che produceva e vendeva i rimedi.
A un certo punto mi sono trasferito sulla costa occidentale
e ho comprato della terra con alcuni amici e mi sono messo a lavorare sul serio
– erano cinque ettari di terreno sperimentale in un appezzamento di 120 acri.
Nel 2000 ho scritto il libro e l’ho consegnato all’editore B. Jain di Nuova
Dehli. Mi ha fatto grandi promesse, non mantenute, fino a quando, cinque anni
dopo, il contratto è scaduto. Sono tornato a Amsterdam perché costretto a
chiudere l’azienda a causa dell’esorbitante tassa dell’autorizzazione – 20.000
dollari. Faccio presente che quando avevo cominciato la tassa era di 20 dollari
e in pochi anni era cresciuta di dieci volte l’importo iniziale. Il manoscritto
è rimasto in giro per un anno, finché Mark Moodie non mi ha contattato per
pubblicarlo.
Ora ho scritto una seconda edizione, molto meglio impaginata
– organizzata per problema e famiglia di piante e con numerose illustrazioni.
Comunque sarà pubblicata prima in Germania, perché Mark non ha ancora venduto
tutte le copie della prima edizione e una seconda edizione inglese non gli
permetterebbe di smaltirle – io non posso farci niente.
Il tuo lavoro pionieristico ha davvero aperto uno spiraglio
a un mondo nuovo e fornito le premesse per altri lavori. Mi puoi dire qualcosa
sulla presa del caso di una pianta? È simile o diverso dalla presa di un caso
umano? Fino a che punto si tende a antropomorfizzare?
Quando si prende un caso di una pianta bisogna fare
particolarmente attenzione al suo aspetto esteriore. Lo si fa anche per l’uomo,
ma la differenza è che non si possono fare domande a una pianta e,
naturalmente, non ci sono sintomi mentali. Alcune condizioni delle piante sono
simili, nel senso che i loro sintomi esterni assomigliano a quelli di malattie
acute umane, per esempio la ruggine, che assomiglia alla scarlattina. I
parassiti, come gli afidi, hanno solo una lontana somiglianza con sintomi
umani.
Quindi la rilevanza delle osservazioni antropomorfiche è
solo superficiale.
Dobbiamo studiare la pianta così com’è, nel suo modo di
essere unico. Ciò significa che dobbiamo considerare il terreno, il tempo, il
clima e le sostanze nutritive in generale, ma anche la famiglia a cui
appartiene la pianta, che io considero la sua costituzione. Dopo tutto le
cucurbitacee hanno problemi diversi dalle leguminose e le graminacee altri
problemi ancora, anche se tutte possono essere affette da malattie simili. Gli
afidi sono comuni a tutte le costituzioni di piante coltivate, proprio come la
scarlattina è una malattia diffusa in tutte le costituzioni umane. Le
conseguenze di una infestazione da afidi sono spesso diverse a seconda della
costituzione della pianta. Nelle graminacee, sono il vettore del virus del
nanismo giallo dell’orzo, mentre nelle piante che producono foglie possono
coadiuvare lo sviluppo del virus del mosaico. Nessuno ha mai studiato le
differenze fra queste due diverse patologie vegetali. A mio parere sono diverse
manifestazioni di quello che chiamo miasmi vegetali.
I miasmi vegetali in realtà sono dovuti a metodi (sbagliati)
di coltivazione e alla soppressione dei sintomi con sostanze velenose. La
principale causalità è una distanza non corretta fra piante nelle monocolture.
Le piante sono troppo vicine, e non è naturale, oltre ad essere tutte di una
sola specie, altra cosa raramente visibile in natura. La seconda causalità è la
coltivazione su suolo privo di materiale organico. La terza causalità è
l’aggiunta di ‘sostanze nutritive’ inorganiche, cioè azoto, fosforo e potassio.
Si potrebbe paragonare al cibo spazzatura per gli uomini – li mantiene vivi, ma
provoca dei problemi. Quando si fa una diagnosi di una pianta, è assolutamente
necessario conoscere questi fattori.
Gli stati miasmatici sono naturalmente molto diversi da
quelli umani, perché si riferiscono alle condizioni di cui ho parlato prima. La
coltivazione su suolo privo di materiale organico è il primo miasma e potrebbe
essere definito miasma dei funghi. Dato che non c’è materiale organico, i
funghi presenti sul terreno sono costretti ad assalire la pianta che vi vive: è
una questione di sopravvivenza. Il secondo miasma è relativo alla distanza fra
piante, e si potrebbe definire il miasma dello stress. Il terzo miasma è
correlato alle sostanze nutritive, è il miasma del cibo spazzatura ed è
caratterizzato dalla presenza di un eccesso di NPK e dalla carenza di
micronutrienti. Il quarto miasma riguarda il trattamento soppressivo dei
parassiti e delle malattie e l’ho chiamato miasma dei veleni.
Tutti i problemi dovuti a metodi di coltivazione sbagliati
provocano una reazione da parte della pianta, che diventa più soggetta
all’attacco di parassiti e malattie, che, a loro volta, sono invariabilmente
trattati in maniera sbagliata, anche nella cosiddetta agricoltura biologica.
Ciò succede perché tutti i metodi terapeutici attuali si concentrano sulla
malattia o sul parassita, e non si presta attenzione alla pianta sofferente,
tranne che prendere atto della sua condizione. Si tratta di un approccio
sbagliato, una caccia senza speranza. È la pianta che è affetta dal parassita o
dalla malattia e quindi è lei che ha bisogno di essere curata. Quindi è la
pianta che necessita della nostra piena attenzione, in base a ciò che ho detto.
Le tue intuizioni sul regno vegetale e sulle sue
costituzioni, la soppressione e i miasmi sono molto affascinanti e di grande
importanza. È possibile che l’agroomeopatia trasformi l’agricoltura? Cosa ci
guadagnerebbe il mondo?
L’agroomeopatia potrebbe dare una svolta importantissima
all’agricoltura, se e laddove venisse applicata. Sarebbe una vera ‘rivoluzione
verde’. Ci sarebbero anche altri vantaggi, per esempio per la coltura
agroforestale, di cui parlerò brevemente in seguito. Tuttavia, se consideriamo
il giro di soldi dell’agricoltura commerciale, le chance sono minime. L’unica
speranza che ho è la sua diffusione in India, dove molti agricoltori, nel
Rajastan, la stanno già utilizzando e dove il mio libro, tradotto da Lethif in
cinque idiomi indiani, viene usato da moltissimi agricoltori.
Se avessi le possibilità economiche impianterei un’azienda
come ho fatto in Australia e offrirei gratuitamente il primo trattamento in
modo che gli agricoltori si possano rendere conto che funziona e che i suoi
effetti a lunga scadenza farebbero risparmiare loro un sacco di soldi, quelli
che spendono per comprare veleni. Prima di tutto bisogna convincerli e poi
chiedere loro denaro – sempre meno che per i veleni che comprano.
Immagina prima di tutto quali vantaggi potrebbe avere un
agricoltore: il costo del trattamento si ridurrebbe del 75 per cento, e
potrebbe arrivare al 90 per cento. Poi potrebbe vendere i propri prodotti come
biologici, a un prezzo maggiore. Sarebbero inferiori i rischi per la sua salute
e, per finire, lavorerebbe su una terra più pulita, non inquinerebbe più le
falde e contribuirebbe così alla gestione della Terra e di un ambiente più
pulito.
Anche per il consumatore ci sarebbero dei vantaggi: cibo più
sano, niente veleni, costi di medicinali e cure mediche inferiori e migliore
qualità di vita. Si ridurrebbe notevolmente la spesa pubblica per la salute,
che attualmente è salita a un livello inestimabile. E quindi si pagherebbero
meno tasse e la gente potrebbe comprare cose che non è in grado di comprare in
questo momento. Si ridurrebbe la crisi economica attuale.
Un ambiente più pulito ha altri vantaggi. Se consideriamo
che le nostre coltivazioni occupano fino al 50 per cento di tutta la terra
arabile e che si perde il 30 per cento di esse a causa di parassiti e malattie,
la loro capacità di assorbire l’anidride carbonica è minima. Se poi
consideriamo che il 30 per cento delle nostre foreste naturali soffre degli
stessi problemi, ci troviamo davanti alla condizione che, con le piante che
abbiamo, la quantità di anidride carbonica è ridotta del 50 per cento.
In questa situazione ecco cosa può fare l’omeopatia:
1. Aumentare il
numero di piante sane, aumentando così l’assorbimento di CO2.
2. Aumentare il numero
di alberi sani, con lo stesso effetto sulla CO2.
3. Aumentare del 30
per cento la superficie terrestre ricoperta da piante sane, che assorbono più
CO2 di qualsiasi pianta malata.
4. Diminuire così i
gas serra del 150-200 per cento.
Non pensate che i miei calcoli siano esagerati, dobbiamo
considerare che le piante malate riducono il loro assorbimento di anidride
carbonica del 50 per cento, più il 30 per cento di quelle piante che non ne
assorbono affatto. La somma è l’80 per cento di riduzione.
Dato che i pesticidi, gli erbicidi e i fungicidi, ma anche i
fertilizzanti, derivano da sostanze combustibili fossili, ridurne l’uso o
eliminarli serve agli stessi agricoltori a ripulire i gas serra del 30-50 per
cento. Ciò significa che si possono ridurre i gas serra ancor di più della
percentuale del 200 per cento citata sopra.
L’omeopatia non solo migliora lo stato di salute delle
piante, ma permette che crescano più grandi e più alte, aumentando così il
volume fogliare e di conseguenza la capacità di assorbire CO2.
Silicea, oltre ai vantaggi elencati da Steiner, ha alcune
altre caratteristiche che sono importantissime in agricoltura. La prima è
quella di essere d’ausilio alla germinazione dei semi, rendendo vitali circa il
100 per cento dei semi. Inoltre rende le piante più robuste. L’aspetto più
notevole di Silicea è la sua capacità di rendere verde un deserto in un tempo
record, consentendo alla sabbia di trattenere enormi quantità di acqua per lunghi periodi – fino a
sei settimane dopo averla irrorata, l’acqua si mantiene in tasche sotto la
superficie, tanto che una vanga esce dal terreno bagnata.
I miei esperimenti in Australia hanno dimostrato che un
pezzo di deserto di 100 ettari può essere reso fertile in meno di tre mesi e
rimanere tale. Il rinverdimento del deserto può aumentare notevolmente la
superficie arabile e aumentare quindi di un altro 30-40 per cento la capacità
di assorbire CO2 . Potrebbe essere utile anche ad alleviare la fame nel mondo e
a dare abbastanza cibo agli abitanti del pianeta, purché si dividano equamente
i vantaggi.
Dato l’attuale clima globale e le necessità del pianeta,
l’agroomeopatia comincia a sembrare sempre meno un’utopia. Il lavoro che si sta
facendo in India sembra molto promettente. Vorrei chiederti qualcosa sulla dose
e la potenza. Che potenze usi e quante dosi sono necessarie per un trattamento?
Vanno prese delle precauzioni?
Nel trattamento delle piante bisogna stare più attenti che
in quello umano, perché le piante sono più sensibili ai rimedi omeopatici. Naturalmente
un rimedio che non è adatto alle piante, per esempio Nux vomica, non ha alcuna
azione. Le piante non hanno patologie simili al tetano e quindi Nux vomica non
è un rimedio adatto.
Nell’ambito delle costituzioni di cui abbiamo parlato, ogni
rimedio vegetale appartenente alla stessa famiglia della pianta malata, o a
famiglie vicine, ha un forte effetto su di essa. Possiamo fare l’esempio del
basilico e del pomodoro, o dei fagioli e delle patate. Le piante da trattare
appartengono alle solanacee, mentre quelle usate come rimedio appartengono alla
famiglia delle leguminose o delle labiate.
La dose dipende da diverse condizioni, ma generalmente la
potenza che preferisco è la 6dh. Una potenza inferiore, per esempio la 3dh,
funziona bene in caso la pianta abbia qualità repellenti, perché potrebbe
essere necessaria una maggiore quantità ponderale di sostanza (i ferormoni sono
l’ingrediente attivo che scompare con le alte potenze).
Se pensiamo che una soluzione di dieci gocce di una 6dh in
un litro d’acqua, che ha subito 50 succussioni, viene ulteriormente diluita in
200 litri di acqua - per trattare molte piante distribuite in una vasta
superficie - è ovvio che di ferormoni non c’è più traccia.
Potrebbe essere necessario ripetere il trattamento dopo tre
mesi – dico potrebbe, perché dipende dalla gravità del problema, dal tempo e
dallo stato di salute delle piante nel periodo seguente al primo trattamento.
Piante eccessivamente grosse trattate con fertilizzanti chimici hanno bisogno
di una ripetizione, mentre piante da agricoltura biologica potrebbero non
averne bisogno, semplicemente perché la loro costituzione è più forte. Ciò è
valido sia per le annuali che per le biennali. Gli alberi sono una cosa
diversa; dipende dalla maniera in cui sono stati curati. Ciò nonostante, anche
in questo caso potrebbe essere necessario ripetere la dose, a seconda del
problema e delle condizioni generali.
Se paragonate questo genere di trattamento con quello
dell’agricoltura convenzionale, dove l’agricoltore irrora dalle dieci alle
sedici volte durante la stagione della crescita di una singola coltivazione
annuale, per ogni singolo problema, risulta evidente il vantaggio di trattare
le piante con l’omeopatia.
Con le sostanze elementari sono necessarie delle cautele: la
ripetizione è permessa solo se necessario, perché hanno un’azione molto più
profonda. È evidente anche negli esseri umani, ma per le piante, la cui
sopravvivenza dipende dalle sostanze elementari, è particolarmente importante.
I micronutrienti, poi, sono più importanti dei macronutrienti. Per esempio,
Silicea può rendere verde un deserto, ma ne crea facilmente uno se viene data
troppo spesso o nel periodo sbagliato.
Gli acidi, come l’acido acetico, l’acido citrico o l’acido
ossalico sono anche più pericolosi, nel senso che, partecipando al ciclo di
Krebs, intervengono nella respirazione delle piante. Se volete uccidere una
pianta – un’erbaccia – ripetete semplicemente il trattamento nel giro di
ventiquattro ore e il giorno dopo la pianta sarà morta. Lo stesso vale per
l’acido fosforico, che però viene usato in modo più selettivo – non tutte le
piante vi reagiscono nello stesso modo.
Il tempo migliore per eseguire il trattamento è quando il
cielo è coperto, perché i raggi ultravioletti hanno un’azione distruttiva – ecco
perché il rimedio va conservato in bottiglie di vetro scuro. I raggi UV aiuta
sono utili, però, a decomporre rapidamente il rimedio – per esempio un rimedio
per uccidere le erbacce – tanto che si può iniziare un impianto entro 24-48 ore
dall’irrorazione. Gli UV assicurano anche che non ci siano residui di rimedi
dopo 48 ore nel suolo, e quindi evitano l’inquinamento del terreno, dell’acqua
delle falde e di altre parti dell’ambiente.
Si consiglia di non respirare la sostanza se si nebulizza,
altrimenti faremmo un vero e proprio proving (sperimentazione omeopatica). La
nebulizzazione potrebbe essere la forma migliore per i frutteti, mentre in
altre coltivazioni potrebbe non essere il sistema più adatto. Mentre molti
rimedi non hanno nessuna controindicazione, altri non sono completamente
innocui, come sanno gli omeopati che si sono sottoposti volontariamente a
proving. La nebulizzazione non è quindi il sistema preferibile di
somministrazione, perché, a volte, è rischioso. Il sistema a gocciolamento è
molto migliore, altrimenti basta innaffiare le radici con un annaffiatoio.
Ho provato a fare una repertorizzazione semplicemente usando
il tuo libro. Si può anche visitare il sito Considera www.considera.org, che
l’editore ha pubblicato per raccogliere e condividere informazioni.
Frutta, decomposizione: Ferr-p, Ferr-s, Calc-p.
Peggiora con l’umidità: Am-c, Am-mur, Calc-p, Camph, Sulph,
Zinc.
Impollinazione eccessiva: Acon, Amm-c, Calc-p, Ferr-m, Ruta.
Stame grande: Calc-p/Epidermide molle: Calc-p.
Per far progredire la scienza dell’agroomeopatia, va fatta
necessariamente della ricerca in grande scala? I nostri lettori potrebbero
partecipare?
Naturalmente i lettori potrebbero prendere parte, anzi,
vorrei che lo facessero, non fosse altro che per provare che questo metodo è
esatto e per smentire e correggere gli errori che sicuramente ho fatto. Dopo
tutto alcuni di questi rimedi non sono stati sperimentati, ma sono inclusi per
la similarità dei sintomi – specialmente le sostanze elementari.
All’inizio, li ho sperimentati in parchi e nel verde
pubblico, perché non avevo un giardino, quando vivevo in città. Dei miei amici
coltivavano piante di cannabis, ma non volevano sacrificare le loro piantine
alla mia curiosità, oppure, come ultima risorsa, mi concedevano di
sperimentarci su solo quando i prodotti chimici che davano loro non avevano
alcun effetto. Le prime piante su cui ho fatto ricerca sono state le piante da
appartamento. Poi mi sono trasferito in Australia, dove avevo un appezzamento
di terra e più opportunità, come ho già detto. Per la maggior parte dei miei
esperimenti ho usato letti di due metri per dieci, in condizioni diverse, con
piante diverse: verdura, piante ornamentali, fiori e cloni di alberi.
Ho preparato cinque letti, contenenti diversi tipi di piante
o a volte lo stesso tipo, uno vicino all’altro, disposti secondo un metodo di
crescita, cioè:
1. secondo il
metodo di agricoltura tradizionale, con fertilizzanti chimici.
2. secondo il
metodo di agricoltura biologica, con compost e letame.
3. secondo il
metodo della lotta biologica, con piante consociate per evitare parassiti e
malattie, e richiami per predatori.
4. secondo il
metodo biodinamico, con prodotti fatti di letame di mucca, come il B500.
5. secondo il
metodo della permacoltura, che consiste nel crescere piccole quantità di piante
circondate da molte altre piante diverse in una cosiddetta consociazione
vegetale.
Dopo un certo periodo di tempo ho sottoposto ogni gruppo a
uno stress (non annaffiandole, dando loro troppo fertilizzante, tenendole
lontane o troppo addossate a piante consociate, piantandole troppo vicine
ecc.).
Il risultato era che le piante attiravano i parassiti, si
ammalavano o non avevano o avevano un eccesso di sostanze nutritive. Ho poi
usato dosi ripetute dei rimedi, per scoprire se di conseguenza le piante si
ammalavano o attraevano i parassiti, facendomi così un quadro chiaro delle
varie condizioni e circostanze.
Poi ho testato i rimedi adatti ai problemi creati dallo
stress a cui avevo sottoposto le piante, cercando di trovare degli antidoti
alle condizioni create dal proving dei rimedi. È un procedimento che richiede
moltissimo tempo e porta a molte delusioni perché è pieno di errori. Può anche
stimolare buone intuizioni, specialmente con i proving, perché essi spesso
ripropongono le condizioni create dal primo tipo di metodi descritti per
indurre lo stress.
Sono andato a cercare anche le situazioni in cui quelle
condizioni si presentano naturalmente, come parassiti e malattie di piante
selvatiche o che crescono in parchi o verde pubblico. Naturalmente ho chiesto a
molti amici di descrivermi i problemi di parassiti nel loro giardino o nelle
piante in vaso, sperando di provare a curarle. Alcuni mi hanno dato carta
bianca, altri no.
In questo modo ho raccolto numerose prove di certi problemi
e ho cominciato il trattamento, spesso basandomi prima su osservazioni cliniche
o anche solo in base al tipo di malattia.
Chiunque voglia seguire la mia teoria troverà che ho dato
un’importanza fondamentale ai predatori, mentre i rimedi isopatici da essi
derivati lo sono molto meno, tranne nel caso delle lumache. Un’altra cosa che
ritengo efficace sempre e dovunque sono le piante consociate, anche se non le
ho sperimentate tutte pur citandole nel mio libro, perché non le conosco bene e
devo ancora studiarle. Una stagione di crescita di una pianta varia dai 3-9
mesi a fino a due anni. Durante quel periodo i letti sono occupati e non
possono essere utilizzati per altri scopi. Ci vuole anche un sacco di pazienza e
essere pronti a stare lì, aspettare e osservare, aspettare e continuare ad
aspettare.
La Legge dei simili può essere considerata il principio
fondamentale, sono arrivato alla conclusione che il simile è curato dal simile,
e parlo di sostanze familiari a tutti. E quindi quintessenziali e applicabili
universalmente a persone, animali e piante.
Il simile produce il simile, il simile attrae il simile, il
simile imita il simile, il simile neutralizza il simile.
Quindi ciò che vediamo succedere in natura, lo possiamo
prendere come principio da imitare, per esempio usare un predatore diluito e
dinamizzato per combattere il parassita o la pianta consociata per proteggere
la coltura. Tutto quel che accade nella realtà, come un eccesso o una carenza
di sostanze nutritive, può essere usato anche come rimedio diluito e
dinamizzato per combattere il problema, ma nel caso delle piante è necessario
prima studiare i rapporti fra le sostanze nutritive, perché sono diversi da quelli
nell’uomo (…).
Se volete avere buoni risultati di ricerca o cura dei
problemi delle piante da giardino, da appartamento o da colture agricole, le
prove devono essere accurate e precise, tanto quanto la diagnosi. Molti sono i
rimedi che si possono utilizzare, ma sono arrivato alla conclusione che i
rimedi che funzionano per gli esseri umani non sempre sono adatti per le
piante, specialmente quelli che hanno chiari sintomi mentali. Prendiamo
Belladonna: pur avendo un effetto sul sistema nervoso, essa produce anche
sintomi puramente fisici e quindi può
essere utile nel nostro campo. Nux vomica , invece, ha sintomi prevalentemente
nervosi e quindi ha pochi o nessun effetto sulle piante. Per risparmiare tempo
e non usare rimedi inutili, studiate quanto gli effetti di un rimedio si
ripercuotono sul sistema nervoso.
I rimedi che hanno i polmoni come organo bersaglio sono
utili per le malattie delle foglie e per gli afidi che distruggono i tessuti
fogliari. Quelli che agiscono sull’apparato digerente hanno un buon effetto sul
metabolismo della pianta. Quelli che agiscono sull’apparato urinario, agiscono
bene sui tessuti emuntori della pianta, che riducono l’acqua in eccesso. Ecco
dove l’antropomorfismo entra a far parte del quadro. Ma comunque, la guida è sempre
la Legge dei simili.
Ogni esperimento andrebbe trascritto in maniera particolare.
È importante che i risultati vengano annotati, per quanto possibile, nella
stessa sequenza in cui avvengono, le foto siano scattate in sequenza, per
esempio una foto ogni mezz’ora, se avete l’attrezzatura per farlo.
Potete mettere la macchina fotografica in una scatola, con
un buco che scopre l’obiettivo, per proteggerla dalle condizioni meteorologiche
e manovrarla attraverso il computer, in modo da non dover uscire ogni 30
minuti..
Insisto molto sulla sequenza, perché serve a vedere in che
modo esattamente si susseguono le cose e rende più comprensibile il quadro
della malattia o del rimedio. In realtà la Materia Medica è un monumento
ingombrante, confuso e illogico e i suoi schemi non hanno nulla a che vedere
con gli eventi reali. Per essere davvero comprensibile, un proving dovrebbe
seguire più o meno questo schema temporale – anche la Materia Medica di Allen
in dodici volumi è fatta così – e ciò serve a insegnare come si sviluppa una
malattia, quanto è rapida, in che direzione va e a quale intensità. Nelle
piante questi concetti sono ancor più importanti, perché esse non ci possono
parlare. Spesso, se trattate una pianta, arrivate alla malattia fondamentale,
di cui può non essersi accorto l’agricoltore (…).
Indipendentemente dal fatto che stiate sperimentando o
cerchiate una cura, il metodo dovrebbe seguire queste linee guida. Quindi,
tutti coloro che vogliono provare, che si divertono o imparano qualcosa che può
servire a curare persone o animali, dovrebbero partire da questi concetti. Nel
frattempo sarei felice se mi inviaste i vostri risultati e i quadri di rimedi
provati, in modo che io li possa inserire nella terza edizione del libro, a cui
sto già lavorando.
Sono certo che i nostri lettori si sentiranno chiamati in
causa e cominceranno a sperimentare.
Hai sviluppato una nuova scienza con un enorme potenzialità.
Grazie per il meraviglioso lavoro che fai e per avercelo raccontato.
Traduzione a cura di: Anna Fontebuoni
Nessun commento:
Posta un commento