mercoledì 27 agosto 2014

Perché la torsione degli olivi è sempre destrogiro, ovvero seguono il verso delle lancette dell’orologio?




Circa trentanni fa il compianto prof Giulio Casella del Dipartimento di Coltivazioni Arboree di Bari , avviò un indagine sulla “torsione” del tronco degli alberi il cui lavoro è stato successivamente pubblicato da “L’informatore agrario”.
La tesi avanzata dal prof Casella, nel corso di un decennio di osservazioni ,condotte in tutte le provincie pugliesi, suggeriva che le modalità di accrescimento , non sono un fatto di per se occasionale o da imputare ad eventi accidentali, bensì direttamente connessi con i diversi tipi di terreno e in particolare modo dalla natura calcarea su cui le piante hanno avuto la ventura di crescere .
Così per il prof Casella, se si escludono il fico e il noce, il resto dei vegetali manifestano una tendenza destrogira le piante che crescono su rocce tenere o di tipo tufaceo ,invece il sinistrogiro su piante cresciute su roccia calcarea molto compatta e dura.
Le conclusioni dell’autore sembrano assegnare alla torsione, le oggettive difficoltà di crescita e sviluppo delle piante, in particolare in ambiente di tipo carsico, che induce ad alterare la fisiologia di questi vegetali , qualcosa di assimilabile alla tecnica utilizzata per i bonsai , procurando così la curiosa torsione dei tronchi.
Una ipotesi rispettabile ma, in verità ,non del tutto convincente . Per la semplice ragione che molte delle anomale manifestazioni le abbiamo riscontrate in terreni dal profilo profondo e privo di scheletro.
E poi perché la torsione degli ulivi è sempre destrogiro?
Per la stessa ragione, mi dice il prof Fiorino del C.N R. che le conchiglie hanno lo stesso “verso” o il vortice o mulinello che si forma quando svuotiamo, togliendo il tappo la vasca da bagno. Se provate ad invertine il senso vi accorgerete che dopo pochi secondi il moto riprenderà di nuovo a girare in senso orario. E’ la forza di Cariolis , legata alla rotazione terrestre.
Tuttavia resta da chiarire perché il fenomeno coinvolga solo poche piante in mezzo a tante altre, ma ancor più, quale “accidente” provocasse questa curiosa e insolita architettura dei fusti
Non rimane ,come al solito ,che chiedere lumi al prof. Mario Sortino dell’Orto Botanico di Palermo.
Non c’è  una sola ragione a provocare il fenomeno bensì è il risultato di concause in un contesto congiunturale e comunque tutte di natura accidentale ma tutte “temporalmente” coincidenti.
L’avvio è sempre un evento traumatico e violento di quelli che mettono in serio pericolo la vita stessa della pianta: il fuoco, i fulmini ,le malattie ,lo strofinio incessante di animali, per difendersi dai parassiti o “segnare” il territorio eliminando la quasi totalità della corteccia fino a mettere a “nudo” il legno ,e non ultimo l’intervento maldestro ed incurante dell’uomo stesso ..Sta di fatto che il processo di cicatrizzazione-ricostituzione del rinato fusto, che come si sa è affidato al provvidenziale “cambio” ,la sottile zona generatrice in cui operano le cellule meristematiche “secondarie”, lentamente si attiva condizionata, se si vuole, dalla forza di Cariolis e perciò destrogiro .
Una volta avviato in modo “anomalo” il processo di recupero della ferita, la stessa crescita tangenziale del tronco ne sarà vistosamente segnata per tutta la durata della sua vita .
Tratto da: Giuseppe Bivona, L’ulivo saraceno

Nessun commento:

Posta un commento