I pomodori pezzuti di Lecce “Li
pomodorini cu lu pizzu te retu Lecce”.
Se li volevi dovevi pagarli di più e
quelli della prima decade di luglio erano i migliori. Li chiamavano
“Li pomodorini cu lu pizzu te retu lecce”.
Il pomodoro è
l’unico alimento in cui il principio attivo biologico, il licopene,
anziché distruggersi con la cottura, si concentra sempre di più,
neanche fosse un minerale. Ha la fortuna, insomma, di essere molto
dotato di carotenoidi, alcuni dei quali incredibilmente termostabili,
resistenti al calore, anche prolungato. Se no, come avrebbero fatto
le bisnonne del Salento a creare quei famigerati ragù da "otto
ore di cottura" di cui si vantavano, pesantissimi a causa
dell’olio e dei pezzetti di carne stracotti? E come potrebbero
trovare oggi gli analisti biochimici nel doppio e triplo concentrato
del supermercato 10 volte più licopene che nel pomodoro maturo
fresco e crudo? Solo la vitamina C viene distrutta, tra gli
antiossidanti del rosso frutto.
La salsa di pomodoro fresco al basilico
è il condimento mediterraneo per eccellenza, semplice e gustoso,
ancor di più se fatto nel periodo di luglio-agosto, quando i
pomodori sono saporiti e profumati e vengono preparate le migliori
conserve per l'inverno.
Queste vengono ottenute cuocendo il
pomodoro in acqua e macinandolo ottenendo una passata che si può
mettere in bottiglia sia al naturale (senza alcuna aggiunta) o
condita con cipolla aglio sale zucchero e basilico.
Nella piana di Lecce che dopo “la
capu te Santu Ronzu”si estende sino a Torre Chianca la coltura del
pomodoro sino alla fine degli anni 70 del secolo scorso, è stata
sempre identificata con lu pummitoru cullu pizzu.
Questo pomodoro era tipico nel nostro
territorio e per questo che in questo particolare clima ha esaltato
al meglio le sue caratteristiche qualitative, assumendo un colore
rosso molto intenso ed una dolcezza ed una consistenza della bacca
veramente unica.
In passato la coltura veniva praticata
in pieno campo, utilizzando le tecniche di aridocoltura per
valorizzare al meglio le scarse precipitazioni che caratterizzano il
nostro ambiente.
La tecnica colturale prevedeva
un’aratura profonda in estate, dopodiché si procedeva
all’amminutamento delle zolle, che nell’immediato dopoguerra
veniva effettuato manualmente.
La semina avveniva nei primi di Marzo
utilizzando del seme prodotto in azienda.
Tale operazione richiede la selezione
dei semi dei migliori pomodori raccolti nella precedente stagione.
La selezione della semente era un
lavoro molto meticoloso infatti dopo aver spremuto il pomodoro, i
semi venivano posti su un setaccio, lavati e posti ad essiccare al
sole.
Nel mese di marzo, prima di procedere
alla semina in pieno campo si creavano delle buche ( con sesto
d’impianto di 1,5 X 1,5 mt. ) all’interno delle quali veniva
posto del letame ben maturo che durante la fase di decomposizione,
garantiva una maggiore temperatura del terreno consentendo un più
agevole superamento dei freddi tradivi.
Dopo aver riempito la buca con
dell'acqua si procede a riporre in essa un pizzico della semente. Si
passava poi a ricoprire la buca pressando la terra affinché questa
aderisse sia al suolo sottostante che al seme. Allo spuntare delle
piantine si provvedeva ad eliminare le piante in eccesso lasciando
per ogni buca due esemplari.
Dopo questa operazione si creava un
piccolo argine intorno alle buche.
Il pomodoro cullu pizzu te retu Lecce
veniva coltivato in regime asciutto, pertanto le lavorazioni erano
superficiali per consentire al terreno di rimane umido.
La tecnica colturale prevedeva continue
scerbature al terreno che consistevano in lavorazioni superficiali
dell'interfila eseguite allo scopo di interrompere la risalita
capillare dell'acqua, in modo da contenere le perdite per
evaporazione, e di rimuovere le erbe infestanti, erano eseguite
manualmente con la zappettatura.
La particolare natura dei terreni,
l’esposizione degli stessi e la tecnica di coltivazione affinata
negli anni, aveva permesso di ottenere un prodotto unico nel suo
genere e che era molto ricercato dalle massaie di Lecce e dei paesi
limitrofi.
La conduzione in asciutto, la tecnica
colturale adottata, e le caratteristiche genetiche dell’ecotipo
locale utilizzato, consentivano di ottenere una resa dei pomodori
nella preparazione delle conserve (salsa di pomodoro per l’inverno)
molto alta, assieme ad un’ottima qualità organolettica.
Questo breve excursus della storia del
pomodoro cullu pizzu te retu Lecce ci fa capire come questa coltura
aveva trovato un’ambiente particolarmente vocato da un punto di
vista pedoclimatico.
Questo ambiente insieme ad un continuo
affinamento della tecnica colturale avevano esaltato al meglio le
caratteristiche genetiche dell’ecotipo, permettendo produzioni le
cui qualità venivano apprezzate anche fuori dal territorio della
Città di Lecce.
Il pomodoro cullu pizzu te retu Lecce,
al contrario di altre varietà solanacee, è una coltura seccagna,
cioè richiede un clima siccitoso. L'apporto di acqua è necessario
solo alla semina, presenta una radice fittonante, provvista di
numerose radici laterali. Il fusto, eretto nei primi stadi
vegetativi, diventa poi decombente e può superare i due metri di
lunghezza.
Il frutto è una bacca di colore rosso
intenso ed ha forma tonda con una leggera punta pizzuta alla base; ha
un peso medio di 20-30 gr.
In genere la raccolta si effettuava a
luglio. Questa operazione veniva eseguita solo manualmente nelle ore
più fresche del giorno e prestando molta attenzione a non provocare
tagli o ferite nei frutti. La raccolta avveniva solo a completa
maturazione, cioè quando la bacca aveva raggiunto un colore rosso
marcato.
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