giovedì 7 agosto 2014

I pomodori pezzuti di Lecce “Li pomodorini cu lu pizzu te retu Lecce”.


I pomodori pezzuti di Lecce “Li pomodorini cu lu pizzu te retu Lecce”.
Se li volevi dovevi pagarli di più e quelli della prima decade di luglio erano i migliori. Li chiamavano “Li pomodorini cu lu pizzu te retu lecce”.
Il pomodoro è l’unico alimento in cui il principio attivo biologico, il licopene, anziché distruggersi con la cottura, si concentra sempre di più, neanche fosse un minerale. Ha la fortuna, insomma, di essere molto dotato di carotenoidi, alcuni dei quali incredibilmente termostabili, resistenti al calore, anche prolungato. Se no, come avrebbero fatto le bisnonne del Salento a creare quei famigerati ragù da "otto ore di cottura" di cui si vantavano, pesantissimi a causa dell’olio e dei pezzetti di carne stracotti? E come potrebbero trovare oggi gli analisti biochimici nel doppio e triplo concentrato del supermercato 10 volte più licopene che nel pomodoro maturo fresco e crudo? Solo la vitamina C viene distrutta, tra gli antiossidanti del rosso frutto.
La salsa di pomodoro fresco al basilico è il condimento mediterraneo per eccellenza, semplice e gustoso, ancor di più se fatto nel periodo di luglio-agosto, quando i pomodori sono saporiti e profumati e vengono preparate le migliori conserve per l'inverno.
Queste vengono ottenute cuocendo il pomodoro in acqua e macinandolo ottenendo una passata che si può mettere in bottiglia sia al naturale (senza alcuna aggiunta) o condita con cipolla aglio sale zucchero e basilico.
Nella piana di Lecce che dopo “la capu te Santu Ronzu”si estende sino a Torre Chianca la coltura del pomodoro sino alla fine degli anni 70 del secolo scorso, è stata sempre identificata con lu pummitoru cullu pizzu.
Questo pomodoro era tipico nel nostro territorio e per questo che in questo particolare clima ha esaltato al meglio le sue caratteristiche qualitative, assumendo un colore rosso molto intenso ed una dolcezza ed una consistenza della bacca veramente unica.
In passato la coltura veniva praticata in pieno campo, utilizzando le tecniche di aridocoltura per valorizzare al meglio le scarse precipitazioni che caratterizzano il nostro ambiente.
La tecnica colturale prevedeva un’aratura profonda in estate, dopodiché si procedeva all’amminutamento delle zolle, che nell’immediato dopoguerra veniva effettuato manualmente.
La semina avveniva nei primi di Marzo utilizzando del seme prodotto in azienda.
Tale operazione richiede la selezione dei semi dei migliori pomodori raccolti nella precedente stagione.
La selezione della semente era un lavoro molto meticoloso infatti dopo aver spremuto il pomodoro, i semi venivano posti su un setaccio, lavati e posti ad essiccare al sole.
Nel mese di marzo, prima di procedere alla semina in pieno campo si creavano delle buche ( con sesto d’impianto di 1,5 X 1,5 mt. ) all’interno delle quali veniva posto del letame ben maturo che durante la fase di decomposizione, garantiva una maggiore temperatura del terreno consentendo un più agevole superamento dei freddi tradivi.
Dopo aver riempito la buca con dell'acqua si procede a riporre in essa un pizzico della semente. Si passava poi a ricoprire la buca pressando la terra affinché questa aderisse sia al suolo sottostante che al seme. Allo spuntare delle piantine si provvedeva ad eliminare le piante in eccesso lasciando per ogni buca due esemplari.
Dopo questa operazione si creava un piccolo argine intorno alle buche.
Il pomodoro cullu pizzu te retu Lecce veniva coltivato in regime asciutto, pertanto le lavorazioni erano superficiali per consentire al terreno di rimane umido.
La tecnica colturale prevedeva continue scerbature al terreno che consistevano in lavorazioni superficiali dell'interfila eseguite allo scopo di interrompere la risalita capillare dell'acqua, in modo da contenere le perdite per evaporazione, e di rimuovere le erbe infestanti, erano eseguite manualmente con la zappettatura.
La particolare natura dei terreni, l’esposizione degli stessi e la tecnica di coltivazione affinata negli anni, aveva permesso di ottenere un prodotto unico nel suo genere e che era molto ricercato dalle massaie di Lecce e dei paesi limitrofi.
La conduzione in asciutto, la tecnica colturale adottata, e le caratteristiche genetiche dell’ecotipo locale utilizzato, consentivano di ottenere una resa dei pomodori nella preparazione delle conserve (salsa di pomodoro per l’inverno) molto alta, assieme ad un’ottima qualità organolettica.
Questo breve excursus della storia del pomodoro cullu pizzu te retu Lecce ci fa capire come questa coltura aveva trovato un’ambiente particolarmente vocato da un punto di vista pedoclimatico.
Questo ambiente insieme ad un continuo affinamento della tecnica colturale avevano esaltato al meglio le caratteristiche genetiche dell’ecotipo, permettendo produzioni le cui qualità venivano apprezzate anche fuori dal territorio della Città di Lecce.
Il pomodoro cullu pizzu te retu Lecce, al contrario di altre varietà solanacee, è una coltura seccagna, cioè richiede un clima siccitoso. L'apporto di acqua è necessario solo alla semina, presenta una radice fittonante, provvista di numerose radici laterali. Il fusto, eretto nei primi stadi vegetativi, diventa poi decombente e può superare i due metri di lunghezza.
Il frutto è una bacca di colore rosso intenso ed ha forma tonda con una leggera punta pizzuta alla base; ha un peso medio di 20-30 gr.
In genere la raccolta si effettuava a luglio. Questa operazione veniva eseguita solo manualmente nelle ore più fresche del giorno e prestando molta attenzione a non provocare tagli o ferite nei frutti. La raccolta avveniva solo a completa maturazione, cioè quando la bacca aveva raggiunto un colore rosso marcato.

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