I batteri fastidiosi
Per batteri fastidiosi si intendono batteri fitopatogeni
coltivabili e non coltivabili in laboratorio. Le forme coltivabili, ad habitat
vascolare xilematico, crescono esclusivamente su substrati nutritivi
particolari, arricchiti di sostanze nutritive e fattori di crescita. La
crescita delle loro colonie è assai lenta e soprattutto talora senza apparente
motivo si interrompe dopo una serie di trapianti. Le forme non coltivabili, ad
habitat vascolare floematico, osservabili all’interno delle piante malate con
osservazioni istologiche, non ottenibili in coltura pura, sono considerate
tassonomicamente allo stato di Candidatus ovvero di potenziali specie. Per le
loro spiccate esigenze nutrizionali sono stati denominati batteri fastidiosi;
tra quelli ad habitat xilematico abbiamo Xylella fastidiosa (ɣ-proteobatterio,
Fam. Xanthomonadaceae), Gram negativo (malattia di Pierce della vite) e
Leifsonia xyli (Actinobacteria, Fam.Microbacteriaceae) Gram positivo (nella
canna da zucchero), tra quelli ad habitat floematico Candidatus Liberibacter
africanum e C. Liberibacter asiaticus (α-proteobatterio, Fam.
Phyllobacteriaceae) (inverdimento dei frutti di agrumi), C. Liberibacter
solanacearum (α-proteobatterio, Fam. Phyllobacteriaceae) (zebratura della
patata); C. Phlomobacter fragariae (ɣ-proteobatterio,Fam. Enterobacteriaceae)
(clorosi marginale delle foglie di fragola).
La scoperta dei batteri fastidiosi è avvenuta nel 1974 nel
corso di studi su una forma di nanismo del trifoglio. Sebbene si notasse entro
i tubi cribrosi delle piante malate presenza di una miriade di piccoli batteri,
i tentativi di isolamento ebbero insuccesso. La scoperta della specie più nota
ebbe luogo circa un decennio dopo quando fu descritto l’agente causale di una
forma di disseccamento delle foglie e avvizzimento delle viti detta malattia di
Pierce. La malattia, nota in tutte le regioni statunitensi attorno al golfo del
Messico, dalla Florida alla California, causa ingiallimenti e disseccamenti
cuneiformi a progressione centripeta nelle foglie, avvizzimento dei grappoli e
può avere esito letale per le piante. Nel lume dei vasi delle nervature e dei
piccioli delle foglie malate si può osservare la presenza di numerose cellule
batteriche. I primi tentativi di isolare questi batteri endoxilematici non ebbero
successo. Solo nel 1987 si riuscì a coltivarli su substrati arricchiti e ad
ottenerli in coltura pura. Si dimostrò che l’agente della malattia di Pierce
era un batterio Gram-negativo inusuale, e si descrisse la nuova specie Xylella
fastidiosa. In anni successivi si scoprì che altre forme della stessa specie
erano responsabili di deperimenti di altre piante.
Questo batterio ha cellule bastoncelliformi, aventi una
membrana esterna assai circonvoluta. Ha come
vettori cicadellidi (cicadellidi e cercopidi). Potenziali vettori in
Europa, dove finora è assente, sono cicalina verde (Cicadella viridis) e
sputacchina media (Philaenus spumarius). I vettori sono insetti che si nutrono
nello xilema ed hanno capo voluminoso per il grande sviluppo dei muscoli della potente
pompa cibariale necessaria a creare una depressione tale da aspirare il liquido
xilematico avente un potenziale di pressione negativo nella pianta traspirante.
Acquisito in meno di 2 ore, il batterio si moltiplica nell’insetto creando
colonie a palizzata sull’epitelio di un tratto iniziale del tubo digerente;
dall’area colonizzata a tappeto il batterio è immesso nella pianta ospite
durante i rigurgiti. Altre piante ospiti coltivate di Xylella fastidiosa sono
mandorlo, susino, pesco, agrumi, quercia; il batterio alberga anche dentro i
vasi di piante erbacee spontanee, dove i vettori possono prelevarlo e
trasferirlo nelle piante coltivate.
Bibliografia
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C.I., 2010. Plant Bacteriology, APS Press, 336pp.
Autore: Dr. Antonio Mazzucchi,
Consulenze fitopatologiche VPS.
L’argomento, oggetto di una relazione al convegno
“I microrganismi, i vegetali e l’uomo” (Brescia,13 Maggio 2014) a
cura della Fondazione Iniziative Zooprofilattiche e Zootecniche (via
Istria 3/b, 25125-Brescia) è stato pubblicato nel volume N° 96
(pag.19-45) della collana curata dalla stessa fondazione.
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