Le piante diffondono nell'ambiente segnali che
richiamano l'attenzione di batteri fitopatogeni, alcuni scienziati hanno
provato a bloccarli
Una recente ricerca compiuta presso l'Università del
Missouri ha permesso di scoprire un importante tassello della dinamica
di interazione pianta-patogeno nel processo di sviluppo della malattia. I
dettagli forniti sono pochi, ma comunque utili ad avere una compiuta
idea di questa scoperta, che ci permette anche di comprendere fino a che
punto è giunta l'evoluzione della ricerca scientifica volta alla
comprensione dei processi che generano le malattie nelle piante.
Gli stessi ricercatori, per agevolare la comprensione del
contesto investigativo, tracciano, in premessa, una linea di confine tra
due interessanti filoni di studio:
- Da un lato vi è l'attività di ricerca volta alla comprensione della complessiva dinamica del meccanismo di difesa della pianta dal patogeno e di attacco del patogeno alla pianta; tale indirizzo di studi ha l'obiettivo di riuscire a potenziare direttamente l'attività di difesa della pianta.
- Un secondo filone di studio, di cui è parte la ricerca compiuta presso l'Università del Missouri, si focalizza invece sull'interazione pianta - patogeno, in questo caso pianta - batteri fitopatogeni.
Quando i batteri attaccano le piante, iniettano al loro
interno delle proteine che indeboliscono o sopprimono le difese
naturali, ma in alcune piante, precisano i ricercatori, ciò avviene dopo
che tali organismi fitopatogeni hanno riconosciuto le cellule
dell'ospite come idonee al processo infettivo.
I ricercatori che hanno condotto questa ricerca, hanno
identificato e replicato il meccanismo che permette al batterio
fitopatogeno Pseudomonas syringae, che attacca il pomodoro, di invadere
la pianta ospite. Per le prove effettuate nel corso di questa ricerca è
stata utilizzata la pianta test Arabidopsis thaliana.
Le piante emettono nell'ambiente che le circonda alcune
sostanze che i batteri hanno imparato ad utilizzare per identificare la
presenza della loro preda. In ogni caso sia la pianta che il parassita
competono per prevalere vicendevolmente.
Come riferisce Scott Peck, professore associato di
biochimica e ricercatore presso il Bond Life Sciences Center
dell'Università del Missouri: 'Quando i potenziali patogeni entrano
nella pianta ospite si stabilisce una gara nel dispiegare i rispettivi
meccanismi di infezione e difesa.'
Egli aggiunge: 'Gli scienziati hanno messo molta attenzione a come
le piante ed altri organismi riconoscono e rispondono ai microrganismi
che le invadono, ma poca attenzione è stata messa a come i segnali
trasmessi dagli organismi che sono soggetti all'attacco giocano un ruolo
nel processo. Il nostro lavoro si è focalizzato sul sopprimere i
segnali della pianta che incentivano i batteri ad attaccare'.
Peck e i suoi collaboratori, tra cui lo scienziato Jeffrey
Anderson uno studente di post-dottorato presso il Dipartimento di
Biochimica dell'Università del Missouri, hanno trovato che le piante
producono un segnale molecolare che invita il patogeno ad attaccare.
Il detto sistema di segnalazione della pianta si serve di
cinque acidi che attivano una struttura del batterio, simile ad una
siringa, che è utilizzata per iniettare nella pianta alcune proteine
dannose, che indeboliscono le sue difese e attivano il processo
infettivo.
Sembrerebbe di assistere ad un rituale masochista, ma così
non è, infatti il prof. Peck riferisce: 'Noi sappiamo che i
microrganismi possono travestirsi alterando le proteine, ovvero le
molecole che la pianta utilizza per riconoscere il batterio, come una
strategia per sottrarsi all'identificazione.' Poi aggiunge, sulla base
della ricerca compiuta: 'I nostri risultati mostrano che la pianta può
sottrarsi essa stessa al riconoscimento da parte del patogeno,
rimuovendo i segnali di cui il patogeno necessita per divenire
pienamente virulento.'
Questa scoperta potrebbe contribuire a sviluppare piante più
resistenti alle infezioni ed a mettere a punto trattamenti naturali di
difesa delle piante dai parassiti.
A questa ricerca hanno anche preso parte, collaborando con
il gruppo del prof. Peck, alcuni scienziati della Divisione di Scienze
Biologiche del Laboratorio nazionale statunitense del Nord-Ovest, altri
del Laboratorio di Scienze molecolari ambientali ed altri ancora del
Laboratorio di Scienze molecolari ambientali del Ministero dell'Energia
(DoE).
Fonte/i: Università del Missouri, 24 aprile 2014
Autore dell'articolo: Luca F. Fianchini, 30 aprile 2014
Scott Peck, professore associato di biochimica e ricercatore
presso il Bond Life Sciences Center dell'Università del Missouri: http://biochem.missouri.edu/faculty/faculty-members/pecks/index.php
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