giovedì 21 agosto 2014

Il sistema vivente denominato paesaggio rurale




Ieri sera a Casarano ho parlato di paesaggio. Un collega che stimo molto e che condivide con me molte opinioni mi ha rimproverato di non aver spiegato sino in fondo che cosa fa un laureato in Agraria quando esercita la sua professione nel paesaggio rurale. Inizio qui e mi riprometto di continuare, a chiarire ciò che ieri sera ho accennato.
Quando parlo del paesaggio la maggioranza delle persone che mi ascoltano pensano a una specie di contenitore. Si! Lo capisco dal fatto che quando mi chiedono qualcosa è come se parlassero del contenitore nel quale viviamo noi uomini, le piante, gli animali e i microrganismi. Addirittura mi è capitato che qualcuno abbia inteso che il mio parlare si riferisse al Panorama, anche ieri sera un caro amico, anche molto attivo e sensibile, mi ha detto che ho fatto un bell’intervento sul “panorama”.
Io quando parlo di paesaggio non mi riferisco assolutamente né al contenitore e tanti meno al panorama.
Il paesaggio di cui parlo io è un sistema vivente. Mi spiego meglio. Io vivo a San Cesario di Lecce che ha un suo territorio, ecco, io considero questo territorio di San Cesario di Lecce, con tutto ciò che lo compone, un’entità vivente. In questa entità ci sono le comunità umane, gli animali, i microorganismi e i minerali che sono “un sistema biecologico ipercomplesso”.
Come vive e si comporta allora il paesaggio “San Cesario di Lecce”?  Voglio chiedermi e chiederti a quali leggi obbedisce il paesaggio “entità vivente San Cesario di Lecce”?
Le leggi che informano il comportamento di questo paesaggio sono in buona parte le stesse che governano il comportamento di ogni altra entità vivente, ne deriva che quando esprimo il concetto di vita non mi limito più al solo individuo vivente oppure organismo vivente.
Si, lo ammetto, la mia spiritualità Cattolico Apostolico Romana è informata da San Francesco d’Assisi che lodava la Madre Terra “la quale ne sustenta et governa” e quindi posso sicuramente affermare che non c’è nulla di nuovo sotto al sole che non  sia stato intuito dai nostri padri.
L’oggettivismo riduzionista che ha portato certamente progresso della scienza considerava errato pensare alla Madre Terra come unico organismo come faceva Francesco d’Assisi, anzi siccome divideva l’organismo in parti, per studiarle, considera sbagliato l’approccio di Francesco. Ma grazie ai computer ecco che il riduzionismo che purtroppo ancora informa tanti scienziati, colleghi, amici e persone comuni è stato superato perché grazie a queste macchine si sono potuti studiare i “sistemi complessi” quale è il paesaggio.
Ma anche i greci avevano descritto tutto questo come riportato qui si deguito:
“Se per comprenderne meglio il significato risaliamo alle origini dell'uso delle parole greche physis e Istoria da cui derivano le nostre fisica e storia, si può notare che la parola physis indicava, per i pensatori pre-socratici, praticamente e globalmente tutti i fenomeni: anche i fenomeni relativi all'uomo non erano considerati come separati e distinti dai fenomeni naturali e l'uomo non era tematizzato come separato dalla physis. Non esisteva quindi una storia come disciplina separata dalla fisica.” IL TEMPO DELLA PHYSIS enrico antonio giannetto Dipartimento di Fisica 'A. Volta' dell'Università di Pavia, via A. Bassi 6, 27100 Pavia (http://www.galileivr.it/doc/articoli/fisica/tempo_phys.pdf
Ma tutto questo, per me e per voi, determina delle conseguenze che sono di natura etica e morale. Il rapporto tra uomo e natura, la sostenibilità ambientale e la salute umana che può essere messa in discussione da una vera e propria patologia dei paesaggi non può prescindere da considerazioni morali.
Ecco perché da sempre e in ogni circostanza cerco di spiegare che operare sul paesaggio, che è un sistema biologico, non è come operare su un pezzo di roccia. Il paesaggio non è un substrato su cui possiamo fare quello che vogliamo. Se e quando dobbiamo intraprendere azioni nei confronti dei sistemi viventi denominati paesaggi, dobbiamo da subito fare la valutazione di queste stesse azioni in chiave etica.
L’etica ambientale è, del resto, studiata in diverse università, dato che si tratta del ramo della filosofia che si chiede quali azioni siano giuste e quali no nei confronti dell’ambiente.
Ecco perché c’è il rischio di ulteriori e più gravi squilibri se la vita non viene considerata come Madre Terra. I medici si preoccupano dell’organismo e molte volte di dimenticano del malato come persona, mentre i medici della terra (i dottori agronomi) si occupano del paesaggio rurale senza percepire la natura biologica complessa del sistema che pretendono di risanare mostrando grosse carenze di metodo scientifico.
Tutti e due sono modi riduzionistici di affrontare l’uomo e il paesaggio che invece va percepito e trattato come sistema ipercomplesso.
Mi rendo conto che quello che ho scritto è una rivoluzione che comporta nuovi risvolti sia etici sia deontologici per chi pratica la professione di dottore agronomo ma soprattutto costringe gli enti pubblici e la classe politica a intraprendere una più corretta amministrazione del territorio. Ma se vogliamo vivere bene allora dobbiamo cambiare paradigma in una sorta di “Ritorno al futuro”.

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