Ieri sera a Casarano ho parlato di paesaggio. Un collega che
stimo molto e che condivide con me molte opinioni mi ha rimproverato di non
aver spiegato sino in fondo che cosa fa un laureato in Agraria quando esercita
la sua professione nel paesaggio rurale. Inizio qui e mi riprometto di
continuare, a chiarire ciò che ieri sera ho accennato.
Quando parlo del paesaggio la maggioranza delle persone che
mi ascoltano pensano a una specie di contenitore. Si! Lo capisco dal fatto che
quando mi chiedono qualcosa è come se parlassero del contenitore nel quale
viviamo noi uomini, le piante, gli animali e i microrganismi. Addirittura mi è
capitato che qualcuno abbia inteso che il mio parlare si riferisse al Panorama,
anche ieri sera un caro amico, anche molto attivo e sensibile, mi ha detto che
ho fatto un bell’intervento sul “panorama”.
Io quando parlo di paesaggio non mi riferisco assolutamente né
al contenitore e tanti meno al panorama.
Il paesaggio di cui parlo io è un sistema vivente. Mi spiego
meglio. Io vivo a San Cesario di Lecce che ha un suo territorio, ecco, io
considero questo territorio di San Cesario di Lecce, con tutto ciò che lo
compone, un’entità vivente. In questa entità ci sono le comunità umane, gli
animali, i microorganismi e i minerali che sono “un sistema biecologico
ipercomplesso”.
Come vive e si comporta allora il paesaggio “San Cesario di
Lecce”? Voglio chiedermi e chiederti a
quali leggi obbedisce il paesaggio “entità vivente San Cesario di Lecce”?
Le leggi che informano il comportamento di questo paesaggio sono
in buona parte le stesse che governano il comportamento di ogni altra entità vivente,
ne deriva che quando esprimo il concetto di vita non mi limito più al solo
individuo vivente oppure organismo vivente.
Si, lo ammetto, la mia spiritualità Cattolico Apostolico
Romana è informata da San Francesco d’Assisi che lodava la Madre Terra “la
quale ne sustenta et governa” e quindi posso sicuramente affermare che non c’è
nulla di nuovo sotto al sole che non sia
stato intuito dai nostri padri.
L’oggettivismo riduzionista che ha portato certamente
progresso della scienza considerava errato pensare alla Madre Terra come unico
organismo come faceva Francesco d’Assisi, anzi siccome divideva l’organismo in
parti, per studiarle, considera sbagliato l’approccio di Francesco. Ma grazie
ai computer ecco che il riduzionismo che purtroppo ancora informa tanti scienziati,
colleghi, amici e persone comuni è stato superato perché grazie a queste
macchine si sono potuti studiare i “sistemi complessi” quale è il paesaggio.
Ma anche i greci avevano descritto tutto questo come
riportato qui si deguito:
“Se per comprenderne meglio il significato risaliamo alle
origini dell'uso delle parole greche physis e Istoria da cui derivano le nostre
fisica e storia, si può notare che la parola physis indicava, per i pensatori
pre-socratici, praticamente e globalmente tutti i fenomeni: anche i fenomeni
relativi all'uomo non erano considerati come separati e distinti dai fenomeni
naturali e l'uomo non era tematizzato come separato dalla physis. Non esisteva
quindi una storia come disciplina separata dalla fisica.” IL TEMPO DELLA PHYSIS
enrico antonio giannetto Dipartimento di Fisica 'A. Volta' dell'Università di
Pavia, via A. Bassi 6, 27100 Pavia (http://www.galileivr.it/doc/articoli/fisica/tempo_phys.pdf
“
Ma tutto questo, per me e per voi, determina delle
conseguenze che sono di natura etica e morale. Il rapporto tra uomo e natura,
la sostenibilità ambientale e la salute umana che può essere messa in
discussione da una vera e propria patologia dei paesaggi non può prescindere da
considerazioni morali.
Ecco perché da sempre e in ogni circostanza cerco di spiegare
che operare sul paesaggio, che è un sistema biologico, non è come operare su un
pezzo di roccia. Il paesaggio non è un substrato su cui possiamo fare quello
che vogliamo. Se e quando dobbiamo intraprendere azioni nei confronti dei
sistemi viventi denominati paesaggi, dobbiamo da subito fare la valutazione di
queste stesse azioni in chiave etica.
L’etica ambientale è, del resto, studiata in diverse
università, dato che si tratta del ramo della filosofia che si chiede quali
azioni siano giuste e quali no nei confronti dell’ambiente.
Ecco perché c’è il rischio di ulteriori e più gravi
squilibri se la vita non viene considerata come Madre Terra. I medici si
preoccupano dell’organismo e molte volte di dimenticano del malato come persona,
mentre i medici della terra (i dottori agronomi) si occupano del paesaggio
rurale senza percepire la natura biologica complessa del sistema che pretendono
di risanare mostrando grosse carenze di metodo scientifico.
Tutti e due sono modi riduzionistici di affrontare l’uomo e
il paesaggio che invece va percepito e trattato come sistema ipercomplesso.
Mi rendo conto che quello che ho scritto è una rivoluzione che
comporta nuovi risvolti sia etici sia deontologici per chi pratica la
professione di dottore agronomo ma soprattutto costringe gli enti pubblici e la
classe politica a intraprendere una più corretta amministrazione del
territorio. Ma se vogliamo vivere bene allora dobbiamo cambiare paradigma in
una sorta di “Ritorno al futuro”.
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