il Prof. Giuseppe Fontanazza già direttore del CNR Sezione
Olivicoltura di Perugia
DIFESA Preoccupazioni a seguito dell'orientamento della Ue
di eliminare gli olivi colpiti dal batterio
La Xylella viene indicata come causa principale o concausa
del disseccamento più o meno accentuato di parti della chioma.
L'olivo presenta una notevole variabilità genetica, per cui
si potrebbe ipotizzare tolleranza o resistenza in ambito varietale.
Prof. Giuseppe
Fontanazza: A mio parere gli olivi colpiti vanno sradicati soltanto quando non
reagiscono più, ma finché emettono anche un solo pollone, un succhione o
rigenerano una nuova branca spontaneamente o per intervento umano, vanno
lasciati in situ. Si potrebbe obiettare che in tal modo si mantiene un focolaio
d'infezione (ritorniamo alla peste del quotidiano), senza tener conto che ciò
si può prevenire isolando la zona dove il parassita o i parassiti virulenti si
manifestano, agendo su fasce di protezione atte a fronteggiare l'espansione dei
parassiti.
Intervista al Prof. Giuseppe Fontanazza sulla xylella
fastidiosa agente causale del disseccamento rapido nell'olivo nel salento
DI GIUSEPPE VERGARI
Lo sostiene uno storico esperto di olivicoltura. Meglio
bruciare in loco la ramaglia disseccata e diserbare le piante infestanti
La situazione del disseccamento degli olivi secolari nel
Salento sta creando molte difficoltà a un'economia olivicola già sottoposta a
gravi problemi di redditività. Molte e discordanti sono le opinioni di esperti
del settore, anche se l'orientamento della Ue sarebbe quello di estirpare le
piante attaccate dal batterio. Questo provocherebbe un disastro ambientale
senza precedenti in Puglia, creando condizioni di desertificazione e senza la
certezza di aver eradicato la malattia. Questa intervista vuole solamente
essere un dialogo tra un tecnico agronomo e uno storico esperto di
olivicoltura, quale Giuseppe Fontanazza, per cercare di capire quali possono
essere le probabili soluzioni al problema.
Professore, pensa che la pianta possa reagire, e in che modo,
a questa malattia?
La risposta necessita di una premessa. Le mie competenze riguardano
aspetti agronomici e biologici dell'olivicoltura e dell'olivo, non essendo né
patologo né virologo. Conosco tuttavia, per esperienza ultratrentennale, la
capacità reattiva dell'olivo che è in grado di reagire agli attacchi
parassitari noti, tanto più rapidamente e in senso risolutivo se sostenuta da
adeguate pratiche agronomiche e di difesa dai parassiti.
Attualmente, tra le più colpevolizzate ci sono le tecniche
colturali e l'uso indiscriminato dei fitofarmaci che hanno, secondo queste
teorie, debilitato la pianta negli ultimi anni. Pensa che questo abbia influito
sull'attecchimento della malattia?
Ritengo di dover escludere che trattamenti effettuati in
difesa della pianta, anche se ricorrenti, possano aver indebolito gli olivi, a
meno che non siano stati utilizzati antiparassitari tossici per la specie (cosa
che ritengo da escludere). Tecniche agronomiche inadeguate, invece, quali apporti
limitati di concimazioni soprattutto azotate, irrigazioni di soccorso con acqua
con salinità accentuata, scorretta potatura ordinaria o straordinaria, possono essere
chiamate in causa, legando tutto ciò a una minore reattività della pianta ad
attacchi parassitari noti e meno noti.
La pratica del biologico ha portato molte aziende salentine
a diminuire notevolmente la cura degli oliveti. La pianta potrebbe essersi
trovata in uno stato di suscettibilità fisiologica a favore della malattia?
Nella domanda è insita la risposta. La coltivazione
biologica impiegata in olivicoltura presenta dei punti deboli legati a carenze
di tecnologie specifiche per la nutrizione e la difesa dai comuni parassiti,
soprattutto in particolari ambienti. L'impiego di concimi organici, quasi
sempre in quantità modesta per i costi elevati e a basso contenuto in azoto rispetto
alle esigenze della specie, non sono sufficienti a garantire adeguata attività
vegetativa e ancor più produttiva delle piante. Lo stesso dicasi per la difesa
dai parassiti. È noto ad esempio che la lotta alla mosca delle olive,
fondamentale per assicurare quantità e qualità dell'olio, non viene garantita
se non si interviene con specifici prodotti antiparassitari. Cosicché la
speranza di ottenere integrità del raccolto e olive sane per l'olivicoltore
biologico è legata all'assenza del parassita. Lo stesso dicasi per altri
parassiti animali e vegetali. Rimane invece il fatto che l'oliveto indenne da
stress idrico nutrizionale, sottoposto a lavorazioni superficiali e concimato adeguatamente,
è in grado di attenuare i danni provocati da parassiti.
Notizie da riviste scientifiche ci dicono che in una zona
della California la Xylella fastidiosa ha distrutto totalmente i vigneti, salvo
poi trovare delle cultivar di Moscato italiano che hanno dimostrato resistenza.
Lei ha lavorato molto sul miglioramento genetico: pensa che anche l'olivo possa
manifestare resistenza?
Il famigerato batterio killer Xylella fastidiosa, definito
da un noto quotidiano "peste dell'olivo", viene ipotizzato essere la
causa principale o concausa del disseccamento più o meno accentuato di parti
consistenti della chioma, secondo il parere di esperti autorevoli. Tuttavia, il
fatto che ceppi specifici del batterio risultino letali per la vite, gli agrumi
e altre specie geneticamente lontane dall'olivo, ma che nel caso della vite si
riscontri resistenza per una varietà, sta a indicare che non si può parlare di
parassita letale della specie Vite. Come la vite, anche l'olivo presenta una
notevole variabilità genetica legata alle numerosissime varietà che lo
caratterizzano, per cui a priori si potrebbe ipotizzare tolleranza o resistenza
in ambito varietale. L'olivo ha una forte capacità rigenerativa e una reazione
decisa verso le malattie. Questo è dimostrato anche nel caso della verticilliosi
dove la pianta emette polloni basali a volte resistenti alla malattia.
Pensa che potrebbe succedere anche questo nel CASO della
Xylella?
Questo è il punto su cui bisogna riflettere prima di
prendere drastiche decisioni. L'accentuata e pronta capacità rigenerativa
dell'olivo verso danni di natura biotica e abiotica, sempre che la pianta sia
ben coltivata, suggerisce immediati interventi in tal senso appunto per
favorire e sostenere tale reazione, ripristinando razionali pratiche colturali
(concimazioni azotate di pronto effetto al suolo e fogliari integrate da microelementi,
drastiche potature di branche disseccate o deperite e trattamenti contro eventuali
insetti vettori del batterio e lotta alla Zeuzera) che possono determinare il
recupero delle piante a meno che l'apparato radicale sia compromesso del tutto.
Tali interventi dovrebbero essere presi in considerazione di fronte ad attacchi
conclamati di Xylella fastidiosa e in
presenza di altri patogeni fungini della specie Phaeacremonium subspecie Alvesii
che sembrerebbero legati ad attacchi consistenti di Zeuzera.
Alla luce di tutto ciò lei pensa che, come hanno deciso le
autorità, l'estirpazione delle piante malate e la loro distruzione sia l'unica
soluzione?
Non credo che siamo di fronte al caso della Fillossera della
vite che portò alla distruzione di vigneti anche secolari nel Mediterraneo, un
secolo fa. Personalmente non ritengo che la soluzione del problema stia
nell'estirpazione generalizzata di piante che manifestano disseccamento più o
meno esteso sulle chiome delle branche principali. A mio parere gli olivi
colpiti vanno sradicati soltanto quando non reagiscono più, ma finché emettono
anche un solo pollone, un succhione o rigenerano una nuova branca
spontaneamente o per intervento umano, vanno lasciati in situ. Si potrebbe
obiettare che in tal modo si mantiene un focolaio d'infezione (ritorniamo alla
peste del quotidiano), senza tener conto che ciò si può prevenire isolando la
zona dove il parassita o i parassiti virulenti si manifestano, agendo su fasce
di protezione atte a fronteggiare l'espansione dei parassiti.
L'estirpazione delle piante colpite da Xylella provocherebbe
un disastro ambientale senza precedenti In Puglia. Quali interventi potrebbero essere adottati
in questa situazione?
Occorre innanzitutto andate in fondo alla ricerca delle cause
del danno evidenziato e comunque svolgere test di laboratorio per verificare la
reale virulenza del batterio, cosa che mi risulta già avviata con supporti
scientifici di laboratori Cnr e universitari e supportati da esperti
internazionali. Parallelamente occorrerebbe frenare gli allarmismi degli
olivicoltori coinvolti e vittime, ma anche di politici e amministratori,
consigliando pazienza per capire come si evolve l'epidemia dell'area
interessata. Questa va comunque tenuta sotto controllo, alla ricerca e alla
lotta di insetti vettori del batterio e di piante ospiti dei medesimi. Concludo
insistendo sull'opportunità di non estirpare piante danneggiate anche
gravemente, se ancora reagiscono vegetativamente, mentre è opportuno seguire la
pratica consigliata di bruciare in loco ramaglia disseccata e praticare il
diserbo controllato di piante infestanti. Ciò per verificare la presenza o meno
del o dei parassiti coinvolti, ma soprattutto per osservare casi di resistenza
o di tolleranza legata alle diverse varietà presenti e alle loro varianti
genetiche. Si comprende bene che le mie disamine, considerazioni e suggerimenti
indicano l'abbandono almeno temporaneo della coltura biologica, ma come si è
sottolineato ne va di mezzo l'olivicoltura dell'area interessata e quindi tra i
mali si sceglie il minore. In questo senso a mio parere andrebbero orientati
gli interventi a livello locale, regionale, nazionale e particolarmente
comunitario, che sembrerebbe orientato su misure drastiche che prevedrebbero
l'abbattimento totale delle piante anche se accompagnato da supporti finanziari
che comunque sarebbero fini a se stessi.
Fonte: Terra e Vita
Caro Bruno, in alcuni punti l'amico Giuseppe Fontanazza fa demagogia e in altri mostra di non sapere. Nel co0mplesso l'intervesta porta acqua la mulino di chi è contro l'abbattimento delle piante.
RispondiElimina