Antonio Bruno è Laureato in Scienze Agrarie Dottore Agronomo iscritto all'Ordine di Lecce - Esperto in diagnostica urbana e territoriale e studente all'Università del Salento del Corso di laurea in Viticultura ed Enologia
mercoledì 9 dicembre 2009
Il pranzo con zero chilometri
Il pranzo con zero chilometri
di Alessandra Arachi
In Italia Incentivi per i prodotti locali «Chilometro zero» Una legge sul cibo per tagliare il C02. Sette articoli La proposta in sette articoli è stata presentata in commissione Agricoltura. Pranzo a chilometro zero contro l'inquinamento: all'esame in commissione Agricoltura una proposta di legge che prevede bene ci e privilegi per chi decide di produrre e consumare i prodotti coltivati in un raggio di 70 chilometri. Un articolo prevede un apposito nucleo di carabinieri per controllare la provenienza dei prodotti
ROMA L'abbattimento del CO2? Passa anche per la tavola. Soprattutto, verrebbe da dire. Almeno a vedere quanto ci costa in anidride carbonica trasportare i cibi da un capo all'altro del mondo. Un esempio? L'uva del Sud Africa: percorre 8 mila chilometri prima di arrivare nel nostro piatto, pari a 4,4 chilogrammi di C02 al chilo. E il filetto argentino? Con quasi dodicimila chilometri sulle spalle consuma 6,7 chili di petrolio e rilascia quasi ventuno chili di C02. E allora? Che soluzione? Un bel pranzo a chilometro zero. Lo propongono i nostri deputati. E infatti in commissione Agricoltura una proposta di legge che prevede, appunto, benefici e privilegi per chi deci4e di produrre e consumare i prodotti coltivati vi-cino casa. I cosiddetti prodotti a filiera corta; vengono racchiusi in un raggio di 70 chilometri, secondo la proposta di legge all'esame di Montecitorio. L'hanno presentata Ermete Realacci e Susanna Cenni, del Pd. L'hanno firmata quasi cento deputati, di tutti gli schieramenti politici. Sette articoli, poche paginette: la finalità della legge è, appunto, promuovere la domanda e l'offerta dei prodotti alimentari a chilometro zero. E prevedono, ovviamente, agevolazioni anche a livello di ristorazione collettiva per chi metterà nel piatto il pomodoro del giardino, piuttosto che quello cileno. All'articolo 7 si prevede anche l'istituzione di un apposito nucleo di carabinieri che debba verificare la reale provenienza dei prodotti. Non è una novità europea questa del pasto a chilometro zero. Già la Svezia ci aveva pensato e già Bruxelles aveva storto il naso, temendo un eccesso di protezionismo alimentare. Ma del giudizio dell'Unione europea Ermete Realacci non ha affatto paura. Dice, infatti: «Il problema dell'ambiente e della tutela dei cittadini viene prima di ogni cosa. E di questo anche Bruxelles deve tenerne conto». I conti nel piatto, intanto, li stanno facendo alla Coldiretti. Dove hanno stimato che un pasto medio percorre pi di mille e 900 chilometri su camion, navi o aerei prima di arrivare sulla tavola. E hanno quindi calcolato: riducendo la movimentazione delle merci e tagliando passaggi come distribuzione, imballaggio e confezionamento, si può ottenere un risparmio che ha dell'incredibile. Ovvero: fino ad una tonnellata di CO2 annua, per ogni singola famiglia. Non è fantascienza. E scienza pura. Nel 1992 fu Tirn Lang, professore di Food Policy della City University di Londra, il primo a mettere a punto un modo per calcolare il consumo di carburante nascosto dietro una cassetta di frutta o di verdura. Semplice: ha introdotto il concetto di Food Miles, ovvero di miglia percorse dal cibo e ha messo in piedi un'equazione che tiene conto della lunghezza del viaggio, delle emissioni inquinanti, dei costi produzione, di imballaggio, di separazione degli scarti. Ed ecco quindi che grazie a questi parametri, uno studio di Ambrosetti-Coldiretti, ha stilato la Top ten dei cibi che per il percorso che ci mettono ad arrivare sulla nostra tavola sono i pi inquinanti. Al primo posto? Il vino australiano, ovviamente: ha un consumo di petrolio pari a 9,4 chili e un tasso di emissioni di C02 sempre di 9,4 chili.
Fonte
Corriere della Sera del 10 dicembre 2009
**Il caso svedese ((Ma l'Europa difende il mercato))
«50Kg di C02 per i Kg di prodotto». Etichette di questo tipo già campeggiano nei supermercati svedesi, effetto delle linee guida del governo per ridurre le emissioni causate dai cibi. «Sì ad alimenti locali» si legge nella serie di regole che Stoccolma ha inviato anche all'Ue. «Ma la Commissione ci ha obiettato che la proposta è contrqria al libero mercato» dice al Corriere Annica Sohlstrom, capo del dipartimento Nutrizione dell'esecutivo svedese. Spiega da Bruxelles, Michael Mann, portavoce del commissario Ue all'Agricoltura: «Abbiamo espresso il timore che il compra locale potesse diventare compra svedese , violando le regole Ue. La decisione finale, in ogni caso, non è stata presa e sappiamo che la Svezia sta considerando alcuni emendamenti»
****Mangiare ecologico, economico, sano si può. E’ già realtà in due regioni italiane molto distanti tra loro ma accomunate da una legge che incentiva i menù chilometri zero. Parliamo del Veneto e della Calabria, che hanno scelto di premiare i ristoranti che acquistano prodotti locali, riducendo al minimo l’impronta ecologica.La legiferazione sugli incentivi ai cibi chilometri zero è stata approvata dalle due amministrazioni regionali, grazie alla promozione di una raccolta di firme da parte della Coldiretti che incentiva la preferenza, in mense, fast food e ristoranti, di prodotti locali, al fine di porre un freno alle emissioni del trasporto alimentare e di combattere il caro-prezzi delle merci destinate alle nostre tavole.
I piatti impatto zero hanno un triplice vantaggio: prezzi contenuti, un pranzo completo viene a costare sui 25-30 euro circa; maggiore freschezza e qualità dei prodotti, non sottoposti a lunghi viaggi da un capo all’altro del mondo; poche calorie e maggiore impatto positivo sulla salute, dovuto all’utilizzo di meno conservanti e alla genuinità dei prodotti agricoli, molti dei quali biologici, non trattati e, soprattutto, di stagione.
Il menù chilometri zero non interessa solo i cibi e gli alimenti delle portate, ma include anche le bevande. Il risparmio sulle emissioni e sulla spesa è dato, ad esempio, dall’acquisto di vino locale, prodotto a pochi chilometri dai ristoranti stessi.Utilizzare l’acqua del rubinetto filtrata permette di non acquistare ingombranti bottiglie di plastica, eliminando l’accumulo di rifiuti, grazie all’utilizzo di caraffe.
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