giovedì 24 dicembre 2009

Le prospettive delle coltivazioni in acqua salata


Le prospettive delle coltivazioni in acqua salata
Un articolo pubblicato su Science esplora la possibilità di combattere le conseguenze della siccità coltivando piante che crescono in presenza di acqua marina. Coltivare in acqua salata aiuterebbe a far fronte alla diminuzione mondiale di acqua dolce da utilizzare per irrigare i raccolti. Secondo quanto affermato da Jelte Rozema e Timothy Flowers, delle università di Amsterdam (Paesi Bassi) e del Sussex (Regno Unito), in un articolo apparso su Science, varrebbe la pena di investire nella ricerca per ottenere colture resistenti alla salinità.
Solo l'1% dell'acqua presente sulla terra è dolce, un altro un per cento è salmastro e il restante 98 per cento è salato. E l'acqua dolce, come anche il suolo, si sta progressivamente salinizzando, soprattutto nelle zone aride e semiaride, a causa dell'irrigazione e dell'innalzamento dei mari. "È arrivato il momento di esplorare l'uso agronomico di queste risorse", sostengono gli autori. Ma solo l'1% della vegetazione cresce in luoghi con acqua salata o salmastra e soltanto una minima parte di queste piante, chiamate alofite, è in grado di sopravvivere in condizioni di salinità pari a quella marina, grazie ad adattamenti di tipo morfologico, fisiologico o biochimico.
La Salicornia bigelovii, per esempio, è un'alofita dai cui semi si può ricavare olio per cucinare. Questa pianta produce circa 18 tonnellate di biomassa per ettaro e 2 di semi in soli 200 giorni. Per fare un raffronto, nel 2007, in tutto il mondo, la biomassa prodotta dalle piante del girasole è stata in media di 1,2 tonnellate per ettaro.
Ecco perché, secondo gli autori, domesticare le alofite selvagge, trasformandole in colture per grandi raccolti, potrebbe contribuire a risolvere il problema della salinizzazione. Motivo per cui si dovrebbe cominciare a selezione i genotipi più produttivi attraverso le biotecnologie.
Ai benefici legati alle coltivazioni destinate all'alimentazione umana e animale andrebbero aggiunti i potenziali vantaggi nel campo della produzione di biocarburanti e di materiali industriali grezzi. Ma è una strada ancora tutta da esplorare: gli autori mettono in guardia sui potenziali problemi legati sia ai processi di coltivazione (come le malattie delle piante), sia agli equilibri economici (come la domanda del mercato e la competizione con le altre colture) che questa introduzione potrebbe comportare.
Fonte: galileonet.it
sul canale Argomenti

Nessun commento:

Posta un commento