lunedì 7 dicembre 2009

Smaltimento reflui dei frantoi: intervista al prof. Nicola Senesi


Smaltimento reflui dei frantoi: intervista al prof. Nicola SenesiCi siamo già occupati del problema relativo allo smaltimento dei reflui derivanti dai frantoi e ritorniamo sul tema ascoltando il dr. prof. Nicola Senesi, Professore Ordinario di Chimica del Suolo e Direttore del Dipartimento di Biologia e Chimica Agroforestale e Ambientale dell’Università di Bari. Il prof. Senesi, attuale Vice-Presidente della Società Italiana Scienza del Suolo (SISS), ricopre numerose cariche in società scientifiche nazionali e internazionali, oltre ad essere coautore di numerosi testi scientifici e coordinatore di alcuni progetti di ricerca della Commissione Europea (CE), MURST, CNR, Regione Puglia e U.S. Army.Una voce autorevole, quindi, a cui abbiamo chiesto alcuni chiarimenti in merito a questo problema, per cercare di capire quali siano i rischi ambientali legati alla pratica dello smaltimento dei reflui nel nostro territorio e gli effetti che lo stesso ha nei confronti del suolo.Prof. Senesi, recentemente ci siamo occupati dello smaltimento dei reflui derivanti dai frantoio e, in particolare, delle acque di vegetazione. Vi sono dei rischi ambientali legati allo smaltimento?Va subito detto che le acque di vegetazione, pur essendo dei reflui di origine vegetale, possono considerarsi dei materiali a rischio ambientale. Per una corretta valutazione del rischio, quindi, vanno tenuti presenti degli aspetti importanti, come: il tipo di suolo, il tipo di colture in atto ed, il periodo e le modalità di smaltimento dei reflui.Sulle nostre terre rosse, ad esempio, generalmente non si pongono particolari problemi, a differenza di quelli sabbiosi, che sono molto permeabili e sui quali lo spandimento delle acque di vegetazione potrebbe provocare l’inquinamento della falda.Stesso discorso, però, va fatto per alcune terre rosse che presentano delle fessurazioni, che faciliterebbero la percolazione dei reflui in profondità.Comunque, in qualsiasi caso, come previsto altresì dalle normative vigenti, il suolo di smaltimento andrebbe debitamente analizzato e valutato caso per caso, prima che lo spandimento sia autorizzato.Altro aspetto molto importante da tener presente è il periodo dello smaltimento, evitando i mesi estivi, ma per questo aspetto non dovrebbero porsi problemi in quanto le acque di vegetazione vengono prodotte in autunno-inverno.Per quanto riguarda poi le quantità e i volumi da smaltire, ovviamente, vanno seguite rigorosamente le disposizioni stabilite dai regolamenti vigenti che sanciscono le norme per l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle sanse umide dei frantoi oleari.Inoltre, lo spandimento dei reflui dev’essere realizzato in modo uniforme su tutto il suolo e vanno evitati quei suoli nei quali sono in atto coltivazioni di prodotti ortivi e alcune colture arboree sensibili, come ciliegio, albicocco e pesco.Quando possono insorgere dei problemi d’inquinamento ambientale?Dal punto di vista del suolo, non vi sono particolari problemi ambientali, perché lo stesso, entro certe quantità, è in grado di “digerire” i reflui. I problemi si riscontrano quando le acque di vegetazione vengono sversate in pozzi o cavità naturali, molto presenti nel nostro territorio.Queste operazioni, che comunque sono vietate dalle disposizioni di legge in materia, risultano molto pericolose, perché causano l’ inquinamento della falda e, di conseguenza, dei pozzi di emungimento delle acque sotterranee vicine ai luoghi di scarico.Quali sono i rischi d’inquinamento legati alle falde acquifere?L’inquinamento delle falde è causato dalla presenza di polifenoli e altre sostanze presenti nelle acque di vegetazione, che possono risultare tossiche per l’uomo, per gli animali e per le colture ortive.Tale inquinamento, inoltre, va ad interessare i pozzi di emungimento delle acque di falda, che in caso d’inquinamento, andrebbero chiusi, perché in termini di legge, tali acque sono da considerarsi inquinate.L’opinione pubblica è interessata al problema a causa degli odori molesti derivanti da queste operazioni di smaltimento.E’ vero, le acque di vegetazione fanno molto discutere per il loro cattivo odore, causato da una serie di fermentazioni in atto nei prodotti.Va detto, però, che quando si parla di reflui derivanti da frantoi, abbiamo a che fare con degli scarti di origine vegetale, quindi naturali e non industriali.Questi odori, pertanto, non sono causa di inquinamento, ma addirittura, il suolo può trarre un beneficio dall’apporto di questi reflui, perché col tempo si trasformano in humus.Al fine di ridurre gli odori derivanti da queste operazioni di scarico dei reflui è buona pratica provvedere, in fase di spandimento, ad una lavorazione del suolo in modo da rimescolarne gli strati più superficiali, abbattendo così notevolmente la presenza di odori molesti.Per questi reflui, si potrebbe pensare alla strada del compostaggio?Certo. In un una serie di studi che abbiamo condotto negli ultimi due decenni, sono state utilizzate le acque di vegetazione per irrigare masse in compostaggio, quali, per esempio, residui di potatura e altri scarti vegetali, portando alla realizzazione di un buon compost e lo stesso discorso lo si può estendere alle sanse umide, che dopo un’accurata verifica di qualità, possono essere destinate al compostaggio.La documentazione fotografica prodotta in alcune zone del territorio, ci mostra come in alcuni terreni si è provveduto ad uno spandimento delle sanse umide in modo sconsiderato e in notevoli quantità. Quali sono i rischi derivanti da azioni di questo genere? Le sanse umide sono materiali semisolidi molto ricchi di sostanza organica “fresca” soggetta a fermentazione e un suo spandimento sul suolo, oltre agli odori molesti e ai rischi per gli operatori, provoca il riscaldamento del suolo, con compromissione degli apparati radicali e grossi problemi a livello agronomico.Come si evince dal materiale fotografico, uno spandimento di quel tipo è dannosissimo dal punto di vista ambientale e agricolo e porta alla degradazione del suolo.Inoltre, tecnicamente ci potrebbero essere dei rischi d’inquinamento della falda, soprattutto se allo spandimento seguono dei periodi di pioggia intensa.In questi casi, andrebbe subito ripristinato lo stato iniziale dei luoghi, provvedendo ad una lavorazione del suolo se lo scarico è di piccole quantità o all’asportazione delle sanse in caso di uno strato consistente; la cosa certa è che queste operazioni sono irragionevoli sia dal punto di vista agronomico che ambientale.Sui reati ambientali di questo tipo è auspicabile che, prima del giornalista o del tecnico, vi sia l’intervento delle autorità competenti e preposte in materia di tutela dell’ambiente e del territorio.
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