Alla ricerca dell’erba di Santa Marina Buglossoides purpurocaerulea (L.).
di Antonio Bruno
Nei boschi della Provincia di Lecce gli alberi di particolare interesse sono: Quercus ilex, Quercus virgiliana, Quercus amplifolia specie arboree, presenti del Salento, secondo varie ricerche e indagini tassonomiche eseguite recentemente dal Dipartimento di Botanica dell'Università degli Studi del Salento), Viburnum tinus (di questa specie arbustiva con caratteristici fiori per tutto il periodo invernale in alcuni boschi è molto prersente, mentre in altri della nostra provincia è poco diffusa), Cistus creticus, Ruscus aculeatus, Crataegus monogyna, Rosa sempervirens, Acanthus spinosus.
Se invece andiamo a fare una passeggiata nei terreni incolti potremmo riscontrare la presenza di piante di mirto, lentisco, fillirea, ginestra spinosa, salvione giallo (pianta tipica del paesaggio salentino, in quanto presente solo nel nostro territorio e in Calabria, in una piccola fascia vicino allo stretto di Messina) comunque nei boschi e nei terreni incolti è possibile vedere molte orchidee. Tutte queste piante costituiscono macchia mediterranea, cioè osservando queste zone a bosco o incolte è possibile oggi sapere com’era il nostro territorio prima che l’uomo lo modificasse. La foresta sempre verde o lecceta , foresta di leccio che i nostri antenati potevano ammirare in tutto il Salento anche perché in questa foresta c’erano bellissime fioriture.
Ma nel Salento ci sono le orchidee che lussureggiano negli incolti e nei lecceti: Anacamptis pyramidalis, Ophrys bertolonii, Ophrys bombyliflora, Ophrys incubacea, Ophrys sphegodes, Ophrys tenthredinifera, Orchis coriophora subsp. fragrans, Orchis lactea, Orchis morio, Serapias lingua e Serapias parviflora. La particolarità delle orchidee e che per poter riprodursi hanno i famosi inserti impollinatori, solo che ogni specie di orchidea ha il suo impollinatore specifico, inoltre se quando facciamo le nostre passeggiate in campagna le calpestiamo per superficialità corriamo il rischio di non vedere più orchidee in quella zona.
Ma se ci soffermiamo a riflettere nelle epoche lontane i nostri progenitori utilizzavano le piante che erano presenti nei boschi di Leccio e nella Macchia Mediterranea per curarsi. Buglossoides purpurocaerulea (L.) I.M. Jonst (Lithospermum purpureocaeruleum L.) pare che abbia proprietà medicinali in quanto protegge il fegato ed è antiossidante. Lo studio di questa pianta è stato fatto da un equip di studiosi dell’Università del Salento del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali e sono i Professori L. Tommasi, C. Negro, A. Cerfeda, L. De Bellis, A. Miceli. Si può leggere che le ricerche etnobotaniche suppongono che gli usi tradizionali delle Piante possono offrire indizi sulla loro attività biologica (Lentini 2000), e inoltre l’osservazione sul campo congiuntamente a tecniche sofisticate messe a punto per verificare gli effetti fisiologici di cure tradizionali, ha facilitato la scoperta di nuove molecole biologicamente attive (Coxet et al. 1994).
Naturalmente bisogna subito precisare che questa pianta è una Boraginacea poco conosciuta ma a Ruggiano in Provincia di Lecce tutti la conoscono come “erba di Santa Marina” elemento non secondario di una serie di pratiche rituali facenti capo al culto di Santa Marina il cui Santuario è appunto a Ruggiano in Provincia di Lecce nel Sud Salento. Ruggiano, frazione di Salve, è un piccolo borgo del Capo di Leuca dove sembra di tornare indietro nel tempo. che è meta tradizionale di pellegrini ammalati di itterizia o “male dell’arco” (Caloro, 1994, Minonne et al. 2003). Dopo la visita al Santuario, era costume bere al pozzo di Santa Marina, accanto alla chiesa, la cui acqua era ritenuta miracolosa, tanto che alcuni ne raccoglievano in una borraccia e la portavano con sé; inoltre, si raccoglieva o si acquistava l’erba di Santa Marina (“Buglossoides purpurocaerulea”), conosciuta nella letteratura botanica per le sue proprietà officinali ed in particolare per quelle riguardanti la sua azione diuretica e stimolante sui reni. Questa è l’erba, (un unicum nel Salento e della quale fin dall’antichità sono conosciute le molteplici proprietà medicinali) volgarmente detta “Erba te la Santa”. Secondo gli studiosi, l’erba sarebbe molto frequente nei boschi di Martina Franca dove la avrebbe studiata il medico e naturalista Martino Marinosci, la cui opera, Flora salentina, pubblicata postuma nel 1870, avrebbe fatto conoscere questa pianta anche a Ruggiano. Per l’esattezza, la “Buglossoides purpurocaerulea”, volgarmente detta “erba dell’itterizia”, propria del Bosco di Martina Franca e che, stando alla scheda botanica riportatata nell’opera del Marinosci, non è mai stata segnalata, allo stato spontaneo, nel Salento, sarebbe stata importata a Ruggiano per scopi terapeutici in una data verosimilmente posteriore alla pubblicazione dell’opera del medico, il quale era corrispondente al Real Giardino Botanico di Napoli per la Provincia di Lecce. Una volta introdotta questa pianta, che i medici consigliavano in casi di patologia, essa sarebbe stata associata al culto di Santa Marina, invocata proprio nei casi di itterizia. Ma Don Carmine Peluso, parroco di Ruggiano, non è d’accordo con la tesi di Torsello e Minonne. Il sacerdote ritiene, infatti, che si tratta di un’erba autoctona che doveva essere presente nel Salento molto tempo prima dell’opera del Marinosci e almeno fin dal Cinquecento. Don Carmine, però, non può ancora supportare con testimonianze documentarie questa sua supposizione.
Gli studiosi dell’università del Salento hanno effettuato una ricerca finalizzata a caratterizzare Buglossoides purpurocaerulea con particolare riferimento alla sua componente polifenolica, all’analisi dell’attività antiossidante degli estratti ed a una valutazione di una sua possibile attività di protezione del fegato.
Ma vediamo come si ottiene l’estratto dell’erba di Santa Marina ovvero Buglossoides purpurocaerulea (L.) I.M. Jonst (Lithospermum purpureocaeruleum L.): si prende un litro d’acqua e si mettono a bagno 5 (cinque) grammi di foglie secche di erba di Santa Marina mettere sul fuoco e portare a bollitura continuando sino al dimezzamento del volume d’acqua.
Gli studiosi dell’Università del Salento hanno provveduto ad effettuare la caratterizzazione di questo estratto vegetale, con il profilo HPLC (1) del decotto tradizionale per la valutazione dell’acido rosmarinico (AR) ed acido caffeico (AC) hanno poi effettuato le analisi che hanno reso evidente la quantità di fenoli totali (FT), orto- difenoli (ODF) valutati come acido rosmarinico equivalenti e contenuto in acido rosmarinico (AR) ed acido caffeico (AC) negli estratti analizzati di Buglossoides purpurocaerulea (L.) (mg/g P.S.) mettendo a confronto il decotto tradizionale, l’estratto etanolico, la macerazione in alcol etilico e la macerazione in acqua.
I ricercatori dell’Università del Salento hanno poi valutato l’attività antiossidante espressa come percentuale di protezione del beta carotene dagli estratti ottenuti da Buglossoides purpurocaerulea (L.) e degli standard di similarina e BHT facendo successivamente Quenching del DPPH: (EC50 – mg/g), tempo necessario al raggiungimento di EC50 (TEC50 – min) e potere antiradicalico (ARP) del decotto di Buglossoides purpurocaerulea (L.).
Gli studiosi dell’Università del Salento hanno poi analizzato l’attività biologica mettendo a confronto il decotto tradizionale, l’estratto etanolico, la macerazione in alcol etilico e la macerazione in acqua delle foglie secche di Buglossoides purpurocaerulea (L.).
Hanno notato che le cellule trattate con il decotto avevano citoplasma e volume cellulare ridotti, nucleo più compatto e presentavano il distacco della membrana nucleare dal citoplasma.
Poi hanno valutato la percentuale di vitalità cellulare di cellule HepG2 trattate con H2O2 (100 Nm)e successivamente incubate per 24 ore con diverse concentrazioni di decotto di Buglossoides purpurocaerulea (L.) valutata rispetto a un controllo non trattato.
Le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori dell’Università del Salento sono che i dati sembrano confermare l’attività biologica attribuita dalla tradizione popolare alla pianta. Le possibile proprietà curative (epatoprotezione) sono attribuibile all’azione sinergica dei diversi composti. Infine il decotto ottenuto da Buglossoides purpurocaerulea (L.) ha dimostrato attività biologica sulle cellule HepG2.
Le prospettive future che si aprono per il mondo agricolo sono la possibilità di coltivare questa pianta da essiccare per poi venderne le foglie. La ricerca potrebbe continuare per la caratterizzazione delle specie chimiche “biologicamente attive” per fare dei test su epatociti e culture cellulari in vitro.
Bibliografia
Sergio Torsello e Francesco Minonne, “L’erba di Santa Marina”, “Liberars” n° 2-3 del 2003
Santa Marina DI PAOLO VINCENTI Paese Nostro del Giugno 2006
L Tommasi - Workshop–Colture artificiali di piante medicinali–Pisa, 2006 - agr.unipi.it
Proprietà antiossidanti ed epatoprotettive di Buglossoides purpurocaerulea (L.) IM
Johnst. Tommasi L., Negro C., Cerfeda A., De Bellis L., Miceli A. Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Biologiche ed Ambientali, Università di Lecce, Monteroni, Lecce
(1) Il sistema Waters Alliance HPLC®, sin dalla sua introduzione ad oggi, è lo standard di riferimento d’eccelenza nel settore della cromatografia liquida. Nessun'altra soluzione HPLC introdotta sul mercato vanta le prestazioni e le caratteristiche del sistema Alliance, e nessun'altra soluzione ha mai offerto con continuità innovazioni mirate a rispondere completamente ai diversi settori applicativi.
di Antonio Bruno
Nei boschi della Provincia di Lecce gli alberi di particolare interesse sono: Quercus ilex, Quercus virgiliana, Quercus amplifolia specie arboree, presenti del Salento, secondo varie ricerche e indagini tassonomiche eseguite recentemente dal Dipartimento di Botanica dell'Università degli Studi del Salento), Viburnum tinus (di questa specie arbustiva con caratteristici fiori per tutto il periodo invernale in alcuni boschi è molto prersente, mentre in altri della nostra provincia è poco diffusa), Cistus creticus, Ruscus aculeatus, Crataegus monogyna, Rosa sempervirens, Acanthus spinosus.
Se invece andiamo a fare una passeggiata nei terreni incolti potremmo riscontrare la presenza di piante di mirto, lentisco, fillirea, ginestra spinosa, salvione giallo (pianta tipica del paesaggio salentino, in quanto presente solo nel nostro territorio e in Calabria, in una piccola fascia vicino allo stretto di Messina) comunque nei boschi e nei terreni incolti è possibile vedere molte orchidee. Tutte queste piante costituiscono macchia mediterranea, cioè osservando queste zone a bosco o incolte è possibile oggi sapere com’era il nostro territorio prima che l’uomo lo modificasse. La foresta sempre verde o lecceta , foresta di leccio che i nostri antenati potevano ammirare in tutto il Salento anche perché in questa foresta c’erano bellissime fioriture.
Ma nel Salento ci sono le orchidee che lussureggiano negli incolti e nei lecceti: Anacamptis pyramidalis, Ophrys bertolonii, Ophrys bombyliflora, Ophrys incubacea, Ophrys sphegodes, Ophrys tenthredinifera, Orchis coriophora subsp. fragrans, Orchis lactea, Orchis morio, Serapias lingua e Serapias parviflora. La particolarità delle orchidee e che per poter riprodursi hanno i famosi inserti impollinatori, solo che ogni specie di orchidea ha il suo impollinatore specifico, inoltre se quando facciamo le nostre passeggiate in campagna le calpestiamo per superficialità corriamo il rischio di non vedere più orchidee in quella zona.
Ma se ci soffermiamo a riflettere nelle epoche lontane i nostri progenitori utilizzavano le piante che erano presenti nei boschi di Leccio e nella Macchia Mediterranea per curarsi. Buglossoides purpurocaerulea (L.) I.M. Jonst (Lithospermum purpureocaeruleum L.) pare che abbia proprietà medicinali in quanto protegge il fegato ed è antiossidante. Lo studio di questa pianta è stato fatto da un equip di studiosi dell’Università del Salento del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali e sono i Professori L. Tommasi, C. Negro, A. Cerfeda, L. De Bellis, A. Miceli. Si può leggere che le ricerche etnobotaniche suppongono che gli usi tradizionali delle Piante possono offrire indizi sulla loro attività biologica (Lentini 2000), e inoltre l’osservazione sul campo congiuntamente a tecniche sofisticate messe a punto per verificare gli effetti fisiologici di cure tradizionali, ha facilitato la scoperta di nuove molecole biologicamente attive (Coxet et al. 1994).
Naturalmente bisogna subito precisare che questa pianta è una Boraginacea poco conosciuta ma a Ruggiano in Provincia di Lecce tutti la conoscono come “erba di Santa Marina” elemento non secondario di una serie di pratiche rituali facenti capo al culto di Santa Marina il cui Santuario è appunto a Ruggiano in Provincia di Lecce nel Sud Salento. Ruggiano, frazione di Salve, è un piccolo borgo del Capo di Leuca dove sembra di tornare indietro nel tempo. che è meta tradizionale di pellegrini ammalati di itterizia o “male dell’arco” (Caloro, 1994, Minonne et al. 2003). Dopo la visita al Santuario, era costume bere al pozzo di Santa Marina, accanto alla chiesa, la cui acqua era ritenuta miracolosa, tanto che alcuni ne raccoglievano in una borraccia e la portavano con sé; inoltre, si raccoglieva o si acquistava l’erba di Santa Marina (“Buglossoides purpurocaerulea”), conosciuta nella letteratura botanica per le sue proprietà officinali ed in particolare per quelle riguardanti la sua azione diuretica e stimolante sui reni. Questa è l’erba, (un unicum nel Salento e della quale fin dall’antichità sono conosciute le molteplici proprietà medicinali) volgarmente detta “Erba te la Santa”. Secondo gli studiosi, l’erba sarebbe molto frequente nei boschi di Martina Franca dove la avrebbe studiata il medico e naturalista Martino Marinosci, la cui opera, Flora salentina, pubblicata postuma nel 1870, avrebbe fatto conoscere questa pianta anche a Ruggiano. Per l’esattezza, la “Buglossoides purpurocaerulea”, volgarmente detta “erba dell’itterizia”, propria del Bosco di Martina Franca e che, stando alla scheda botanica riportatata nell’opera del Marinosci, non è mai stata segnalata, allo stato spontaneo, nel Salento, sarebbe stata importata a Ruggiano per scopi terapeutici in una data verosimilmente posteriore alla pubblicazione dell’opera del medico, il quale era corrispondente al Real Giardino Botanico di Napoli per la Provincia di Lecce. Una volta introdotta questa pianta, che i medici consigliavano in casi di patologia, essa sarebbe stata associata al culto di Santa Marina, invocata proprio nei casi di itterizia. Ma Don Carmine Peluso, parroco di Ruggiano, non è d’accordo con la tesi di Torsello e Minonne. Il sacerdote ritiene, infatti, che si tratta di un’erba autoctona che doveva essere presente nel Salento molto tempo prima dell’opera del Marinosci e almeno fin dal Cinquecento. Don Carmine, però, non può ancora supportare con testimonianze documentarie questa sua supposizione.
Gli studiosi dell’università del Salento hanno effettuato una ricerca finalizzata a caratterizzare Buglossoides purpurocaerulea con particolare riferimento alla sua componente polifenolica, all’analisi dell’attività antiossidante degli estratti ed a una valutazione di una sua possibile attività di protezione del fegato.
Ma vediamo come si ottiene l’estratto dell’erba di Santa Marina ovvero Buglossoides purpurocaerulea (L.) I.M. Jonst (Lithospermum purpureocaeruleum L.): si prende un litro d’acqua e si mettono a bagno 5 (cinque) grammi di foglie secche di erba di Santa Marina mettere sul fuoco e portare a bollitura continuando sino al dimezzamento del volume d’acqua.
Gli studiosi dell’Università del Salento hanno provveduto ad effettuare la caratterizzazione di questo estratto vegetale, con il profilo HPLC (1) del decotto tradizionale per la valutazione dell’acido rosmarinico (AR) ed acido caffeico (AC) hanno poi effettuato le analisi che hanno reso evidente la quantità di fenoli totali (FT), orto- difenoli (ODF) valutati come acido rosmarinico equivalenti e contenuto in acido rosmarinico (AR) ed acido caffeico (AC) negli estratti analizzati di Buglossoides purpurocaerulea (L.) (mg/g P.S.) mettendo a confronto il decotto tradizionale, l’estratto etanolico, la macerazione in alcol etilico e la macerazione in acqua.
I ricercatori dell’Università del Salento hanno poi valutato l’attività antiossidante espressa come percentuale di protezione del beta carotene dagli estratti ottenuti da Buglossoides purpurocaerulea (L.) e degli standard di similarina e BHT facendo successivamente Quenching del DPPH: (EC50 – mg/g), tempo necessario al raggiungimento di EC50 (TEC50 – min) e potere antiradicalico (ARP) del decotto di Buglossoides purpurocaerulea (L.).
Gli studiosi dell’Università del Salento hanno poi analizzato l’attività biologica mettendo a confronto il decotto tradizionale, l’estratto etanolico, la macerazione in alcol etilico e la macerazione in acqua delle foglie secche di Buglossoides purpurocaerulea (L.).
Hanno notato che le cellule trattate con il decotto avevano citoplasma e volume cellulare ridotti, nucleo più compatto e presentavano il distacco della membrana nucleare dal citoplasma.
Poi hanno valutato la percentuale di vitalità cellulare di cellule HepG2 trattate con H2O2 (100 Nm)e successivamente incubate per 24 ore con diverse concentrazioni di decotto di Buglossoides purpurocaerulea (L.) valutata rispetto a un controllo non trattato.
Le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori dell’Università del Salento sono che i dati sembrano confermare l’attività biologica attribuita dalla tradizione popolare alla pianta. Le possibile proprietà curative (epatoprotezione) sono attribuibile all’azione sinergica dei diversi composti. Infine il decotto ottenuto da Buglossoides purpurocaerulea (L.) ha dimostrato attività biologica sulle cellule HepG2.
Le prospettive future che si aprono per il mondo agricolo sono la possibilità di coltivare questa pianta da essiccare per poi venderne le foglie. La ricerca potrebbe continuare per la caratterizzazione delle specie chimiche “biologicamente attive” per fare dei test su epatociti e culture cellulari in vitro.
Bibliografia
Sergio Torsello e Francesco Minonne, “L’erba di Santa Marina”, “Liberars” n° 2-3 del 2003
Santa Marina DI PAOLO VINCENTI Paese Nostro del Giugno 2006
L Tommasi - Workshop–Colture artificiali di piante medicinali–Pisa, 2006 - agr.unipi.it
Proprietà antiossidanti ed epatoprotettive di Buglossoides purpurocaerulea (L.) IM
Johnst. Tommasi L., Negro C., Cerfeda A., De Bellis L., Miceli A. Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Biologiche ed Ambientali, Università di Lecce, Monteroni, Lecce
(1) Il sistema Waters Alliance HPLC®, sin dalla sua introduzione ad oggi, è lo standard di riferimento d’eccelenza nel settore della cromatografia liquida. Nessun'altra soluzione HPLC introdotta sul mercato vanta le prestazioni e le caratteristiche del sistema Alliance, e nessun'altra soluzione ha mai offerto con continuità innovazioni mirate a rispondere completamente ai diversi settori applicativi.
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