giovedì 3 dicembre 2009

Il cibo significa politica internazionale, significa cultura e stile di vita, significa sostenibilità economica e ambientale




IL PRIMO FORUM DEL BARILIA CENTER FOR FOOD AND NUTRITION
Uno stile di vita a basso impatto può garantire cibo a tutto il mondo E i Paesi avanzati guadagnerebbero in salute: meno diabete e infarti

ROMA il cibo significa politica internazionale, significa cultura e stile di vita, significa sostenibilità economica e ambientale. Di tutto questo si è parlato ieri al primo International Forum del «Barila Center for Food and Nutrition», un organismo di esperti impegnati a seconda delle loro c6mpetenze sui temi del cibo e dell'alimentazione sostenuto dalla Barilla. Molte le voci presenti nel confronto di ieri, stimolato dai direttori de il Sole 24 Ore Gianni Riotta e de La Stampa Mario Calabresi: da Mario Monti a Barbara Buchner, da Gabriele Riccardi a Umberto Veronesi, da Vandana Shiva a Valerio De Molli solo per citarne alcuni. Un dibattito «denso», che trova la sua sintesi nel folle paradosso che vive il nostro pianeta: ogni anno nel mondo 36 milioni di persone muoiono di fame e 29,2 milioni muoiono per malattie legate all'eccesso d'alimentazione. La fame porta via 5,6 milioni di bambini sotto i 5 anni, la sovralimentazione produce ogni anno 17,5 milioni di morti per malattie cardiovascolari, 3,8 per diabete e 7,9 milioni per tumori. C'è un miliardo di affamati e 1,142 miliardi di «sovrappeso». Un mondo che non va. Per non parlare delle conseguenze «globali»: il settore dell'agricoltura (in senso esteso) produce il 33 per cento circa delle emissioni di gas serra, di cui il 20% la sola zootecnia. Un problema che significa gestione delle risorse idriche (scarse, e più scarse in un futuro pianeta più caldo); che significa difesa della biodiversità, tema affrontato dalla scienziata e attivista ambientalista indiana Vandana Shiva, e insieme difesa delle peculiarità culturali e di stili di vita più compatibili con la salute nostra e del mondo. Molto interessanti i dati sugli effetti dello stile alimentare sulla «impronta idrica», ovvero l'utilizzo diretto e indiretto di acqua medio pro-capite, considerando naturalmente anche contenuto di acqua virtuale. Lo stile di vita e la dieta alimentare degli Stati Uniti è quello a più alto impatto ambientale, con una impronta idrica del cittadino Usa di 2.483 metri cubi annui. La media Ue è di 1.683 metri cubi, ma l'italiano medio è tra i cittadini che sprecano più acqua dell'Unione: 2.332 metri cubi, che equivalgono al contenuto di una piscina olimpionica lunga 50 metri. Un indiano «usa» soltanto 980 metri cubi d'acqua. Secondo i calcoli degli esperti di Barilla e Ambrosetti, potremmo passare a comportamenti domestici più efficienti (come dimezzare la durata della doccia o usare la lavastoviglie solo a pieno carico). E insieme, a consumi alimentari più virtuosi: ridurre del 35% il consumo di carne, del 15% di latticini, del 25% di uova, aumentare del 25% i cereali, del 60% le verdure, del 50% la frutta. Oltre a migliorare la nostra salute, questo cambiamento ci permetterebbe di risparmiare 464 metri cubi di acqua l'anno. Mettendo insieme tutta la popolazione italiana, metà dell'acqua contenuta nel lago di Como. [RaI.]
Fonte
La Stampa del 4 dicembre 2009

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