sabato 12 dicembre 2009

Il vero prezzo degli alimenti a chilometri zero


Il vero prezzo degli alimenti a chilometri zero
di Alessandro De Nicola
I PERCHÉ DI UN NO
Progetto di legge per le colture «fatte in casa» ma il risparmio è solo sulla carta

Mentre a Copenaghen sfilano i no global, a casa nostra l’ambientalismo di affida ad un ardito gruppo bipartisan. di parlamentari (ben 100) firmatario di un progetto di legge presentato da Ermete Realacci e Susanna Cenni del Pd e teso all'offerta di prodotti alimentari a chilometri zero. L'immaginifica definizione è coniata per descrivere una normativa che concederebbe benefici e agevolazioni (abbattimento di contributi, titoli preferenziali negli appalti pubblici, spazi riservati nei mercati) a chi produce, consuma e distribuisce (anche ristoranti) prodotti coltivati entro un raggio di 70 km. Addirittura si prevede un nucleo speciale di carabinieri che investigherebbe se la zucchina è stata messa a coltura al Km 69 dal mercato o a quello 71. A questo proposito, la Coldiretti ha commissionato allo studio Ambrosetti un'indagine che asserirebbe un legaMe diretto tra quantità di C02 immessa nell'aria e distanza tra luogo di produzione e quello di consumo. Il ragionamento è semplice: per trasportare merce servono carburante e imballaggi che sono inquinanti. Il vino australiano consuma quasi 10 chili di petrolio al litro per arrivare sulle nostre tavole: che scempio! Proviamo dunque a fare una prima analisi del disegno di legge. In primis è assolutamente antieconomico e implica nuove tasse per tutti. Infatti, se fosse stato profittevole arare e seminare i terreni nel raggio di 70 km (approfittando fra l'altro dei già ampi sussidi che l'agricoltura europea riceve) qualcuno lo avrebbe fatto. Per convincere un imprenditore a impugnare la vanga i contribuenti dovranno perciò sovvenzionarlo, direttamente o indirettamente poco importa. Il danno è ulteriore perché i soldi così investiti avrebbero potuto essere invece impiegati per attività più redditizie che avrebbero creato ricchezza e lavoro. Inoltre, al territorio che viene innaffiato di fertilizzanti, e percorso da macchinari che bruciano carburanti e spargono liquami, chi ci pensa? Non dimentichiamo, poi, l'ulteriore costo burocratico di enforcement: invece che perseguire le adulterazioni, i poveri carabinieri andranno in cerca della melanzana forestiera. Le truffe? Innumerevoli. Sfido chiunque ad affermare che sarà un'impresa facile distinguere al ristorante i ravanelli di Forlì da quelli di Savona.
E il Terzo mondo? La concessione di aiuti pubblici, amministrati da politici e burocrati, genera corruzione ed essi sono assegnati agli amici più che ai bisognosi. Il valore dei finanziamenti, peraltro, si riduce a causa dei costi d'amministrazione, mentre la soluzione più ovvia e gratuita (anzi, riduce la burocrazia) è aprire i mercati.
Abbattere le barriere doganali è l'atto politico più a favore dei poveri che ci si possa immaginare; d'altronde, creare ricchezza è il modo migliore per rendere più pulita la produzione. Chi ha fame non ha denaro per le norme antinquinamento. Ah, dimenticavo, vari studi (Lincoln University, 2007, Università di Giessen, governo inglese) contestano l'equazione tra lontananza ed inquinamento: pare che per l'ambiente sia meglio importare un agnello in Germania dalla Nuova Zelanda che allevarlo in una fattoria teutonica! Non voglio concludere che il conflitto d'interesse di Coldiretti, i cui membri sarebbero beneficiari di una preferenza per produzioni locali, abbia inquinato le conclusioni dello studio; tuttavia, in assenza di certezze scientifiche, perchè procedere a una distruzione, quella sì certa, di benessere e libertà di scelta?
Fonte
Il Sole 24 Ore del 13 dicembre 2009

1 commento:

  1. Clima, prodotti a chilometro zero per ridurre emissioni CO2
    Roma, 10 dicembre 2009

    Consumare prodotti del territorio fa bene al clima, alla salute e alle tasche dei cittadini. Nei giorni del vertice di Copenhagen, prende il via oggi in Commissione Agricoltura della Camera, la proposta di legge Realacci sul “chilometro zero”.
    “E' stato stimato che un pasto medio percorre più di 1.900 km su camion, navi o aerei prima di arrivare sulla tavola, spiega Realacci. “Si usa, insomma, molta più di energia per portare il cibo nel piatto di quanto questo stesso provveda in termini nutrizionali. Per contrastare questa tendenza, ridurre le emissioni di Co2, ma anche per combattere il caro prezzi, con l’On. Susanna Cenni, abbiamo presentato una proposta di legge anche con la collaborazione della Coldiretti, già sottoscritta da circa cento parlamentari di tutti gli schieramenti, i cui scopi prioritari sono quelli di favorire il consumo di prodotti alimentari provenienti da filiera corta e di prodotti sani e di qualità per venire incontro alle esigenze di molti consumatori che da una parte ricercano prodotti con prezzi più contenuti e dall’altra sono attenti alle caratteristiche nutrizionali e di sicurezza degli alimenti”.
    “Si stima”, conclude Realacci, “che la riduzione delle emissioni di CO2 legata alla minore movimentazione delle merci, al taglio dei tradizionali passaggi della distribuzione come l’imballaggio e il confezionamento possano portare una famiglia a risparmiare, in termini di emissioni annue, anche una tonnellata di CO2.
    “L’esame della proposta di legge in Commissione”, afferma Susanna Cenni, “conferma la grande attualità delle tematiche che ruotano attorno ad agricoltura, cibo e mutamenti climatici. Sostenere il consumo di prodotti a “chilometro zero” provenienti da filiera corta, significa andare incontro all’evoluzione delle preferenze dei consumatori, sia in termini di qualità, che di prezzi più contenuti; valorizzare le piccole e medie imprese agricole che operano e vivono sul nostro territorio e, infine, salvaguardare l’ambiente riducendo considerevolmente le emissioni di gas nocivi”.

    Ufficio stampa On. Realacci

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