Sostenibilità in Agricoltura ed Indicatori Ambientali
PATRIZIA BIANCO*
La sostenibilità ambientale è uno dei temi di maggiore rilevanza nell’analisi degli scenari futuri, in quanto è particolarmente evidente il depauperamento delle risorse ambientali che il nostro pianeta sta subendo a scapito delle prossime generazioni. Foreste, combustibili fossili, aree coltivabili, risorse idriche sono solo alcuni dei fattori la cui disponibilità, nel futuro, sarà a rischio.
Certo col passare degli anni il progresso tecnologico porterà ad una espansione della capacità produttiva. E questo, in un certo qual modo, potrebbe bilanciare la carenza di “capitale naturale” lasciandone inalterato il volume globale. Bisogna tuttavia considerare che le risorse perse in modo effettivamente irreversibile non potranno in alcun modo essere reintegrate.
Negli anni ’80 e ’90, il dibattito circa l’accezione della sostenibilità ha oscillato fra posizioni più rigide ed altre più deboli in rapporto anche agli interessi economici dei Paesi industrializzati che sono stati fin ora preponderanti.
Il piano d’azione “Agenda 21”, che nasce nell’ambito delle Nazioni Unite, ha interpretato la sostenibilità ambientale con un approccio multidimensionale indicando la possibilità di una terza via. In essa vengono raggruppati una serie di obiettivi in campo ambientale, sociale ed economico,
allo scopo di creare una sinergia fra le varie azioni che vengono sviluppate in settori differenti e di osservare, quindi, gli effetti di tali politiche sui differenti settori. Tale approccio globale evidenzia, da un lato, l’impossibilità di applicare l’ecocompatibilità in ambiti territoriali limitati; dall’altro, proprio in virtù dell’approccio globale utilizzato, è possibile che un intervento ben mirato a favore della sostenibilità inneschi un benefico effetto a catena.
È essenziale, a tale scopo, analizzare lo stato dell’ambiente prima degli interventi, in quanto esso costituirà la base per analizzare “ex-ante” le ricadute degli interventi stessi programmati. Tali informazioni, rilevate da una rete di monitoraggio ambientale a cui sia affidato il compito di fornire, con un andamento dinamico, un quadro che descriva lo stato di salute dell’ambiente, costituisce il supporto per la pianificazione strategica. Per attuare questo complesso sistema ci si avvale degli ”indicatori ambientali” che sono parametri capaci di caratterizzare e descrivere nel tempo fenomeni complessi. Il sistema di classificazione DPSIR proposto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente prevede cinque tipologie di indicatori: le forze determinanti (D) sono le cause primarie degli impatti ambientali; le pressioni (P) riguardano direttamente i fattori che provocano gli impatti ambientali; lo stato (S) descrive le condizioni ambientali con riferimento Sostenibilità in agricoltura e indicatori ambientali alla quantità e alla qualità delle risorse ambientali; le variazioni dello stato agli effetti delle forze determinanti esprimono l’impatto (I); infine, le misure adottate per risolvere i problemi individuati costituiscono la risposta (R). Queste ultime a loro volta possono mirare a prevenire o a ridurre gli impatti negativi, ripristinare il danno ambientale o preservare le condizioni delle risorse ambientali.Anche nel comparto agricolo sono stati studiati appositi indicatori in grado di evidenziare sia le relazioni con gli altri settori dell’economia che la complessa articolazione a livello territoriale, con particolare riferimento alle zone rurali.
La Commissione della Comunità europea nel 2001 ha voluto rappresentare la sostenibilità articolando l’analisi in tre macro aspetti:
• Dimensione economica, che utilizza i seguenti parametri:
a) uso efficiente delle risorse riguardante l’impiego dei fattori produttivi;
b) vitalità del settore agricolo con riferimento alle potenzialità di permanenza delle aziende sul mercato;
c) competitività delle aziende agricole attraverso l’analisi del contributo del settore alla formazione
della ricchezza nazionale e al processo di accumulazione di capitale al suo interno;
d) redditività del settore agricolo riguardo al risultato economico e agli investimenti effettuati;
e) contributo dell’agricoltura allo sviluppo e/o alla conservazione delle aree rurali;
f) diversificazione delle fonti di reddito all’interno delle famiglie.
• Dimensione sociale, che approfondisce gli aspetti legati al capitale umano ed in particolare fa riferimento all’equità intesa come uguali opportunità sia a livello territoriale (aree rurali e non) che settoriale (comparto agricolo e altri settori). In particolare analizza le opportunità di impiego e l’accesso degli operatori agli interventi di sostegno.
• Dimensione ambientale, che applica il modello DPSIR e riguarda la gestione e la conservazione delle risorse naturali in cui il sistema ambientale è analizzato. Descrive, sulla scorta di obiettivi che politicamente si ritiene prioritari, l’impatto che l’agricoltura genera sui seguenti fattori:
a) la protezione del suolo, che fa riferimento ad una risorsa naturale non rinnovabile, soggetta a sfruttamento agricolo e quindi a degrado delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche. Gli indicatori mirano ad evidenziare la pressione dell’attività agricola derivata dall’allevamento, dall’uso dei fertilizzanti e di fitofarmaci;
b) la qualità dell’aria, che può essere alterata dall’attività agricola. Essendo complessa la misurazione del suo impatto si preferisce però fare riferimento alle emissioni gassose (metano, anidride carbonica, ossidi di azoto, ammoniaca etc.) immesse in atmosfera, parzialmente in stretta relazione al consumo energetico;
c) risorse idriche, strettamente correlate all’attività agricola. Ma è complesso isolare l’impatto che il solo comparto agricolo ha su di esse. La loro relazione viene esaminata sia sotto il profilo quantitativo (in riferimento all’uso dell’acqua legato alla tecnologia utilizzata per l’irrigazione, alla tipologia delle fonti di approvvigionamento etc.) che qualitativo (in quanto potrebbe costituire fonte di inquinamento riscontrabile attraverso il bilancio dei nutrienti, lisciviazione etc.);
d) la biodiversità, intesa come variabilità degli organismi viventi di ogni origine, nell’ambito della specie, tra le specie e tra gli ecosistemi terrestri. Gli indicatori prevalentemente utilizzati approfondiscono il numero delle specie e le popolazioni (fauna e flora) coinvolte dall’agricoltura, incluso il suolo, e gli effetti delle specie autoctone;
e) il paesaggio, che presenta anch’esso una certa problematicità nella valutazione dell’impatto prodotto dall’attività agricola. Tale fattore viene prevalentemente studiato attraverso indicatori “indiretti” che rappresentano elementi di pressione che inducono modificazioni paesaggistiche, come la concentrazione dell’attività agricola. L’impostazione tradizionale della sostenibilità in agricoltura, fino ad oggi, ha riguardato esclusivamente il rapporto con il sistema colturale utilizzato.
Il sistema biologico, maggiormente ecocompatibile rispetto ad uno tradizionale, sembrava in grado di assicurare di per sé la sua sostenibilità. Tuttavia, un’azienda agricola, così come si è brevemente illustrato, dovrebbe riassumere molteplici fattori: puntare su un prodotto di alta qualità, avere un discreto livello di redditività, rispettare l’ambiente, lasciare integro lo stock di risorse ed essere socialmente responsabile a lungo termine.
Nei sistemi economici attuali, però, le forze sociali e di mercato possono modificare la redditività di un sistema di produzione indipendentemente dalla sua sostenibilità ambientale.
Da tempo si propone che il sistema ecologico e quello economico siano legati, affinché ai “benefici” offerti dall’ambiente (e ai danni che esso subisce) sia attribuito un valore nel mercato. In questo modo la gestione produttiva ecocompatibile diventerebbe un prerequisito per la sostenibilità economica. ●
patrizia.bianco@arpab.it
* Dottoranda di ricerca in “Economia ed Ingegneria dell’Ambiente” Università di Basilicata
PATRIZIA BIANCO*
La sostenibilità ambientale è uno dei temi di maggiore rilevanza nell’analisi degli scenari futuri, in quanto è particolarmente evidente il depauperamento delle risorse ambientali che il nostro pianeta sta subendo a scapito delle prossime generazioni. Foreste, combustibili fossili, aree coltivabili, risorse idriche sono solo alcuni dei fattori la cui disponibilità, nel futuro, sarà a rischio.
Certo col passare degli anni il progresso tecnologico porterà ad una espansione della capacità produttiva. E questo, in un certo qual modo, potrebbe bilanciare la carenza di “capitale naturale” lasciandone inalterato il volume globale. Bisogna tuttavia considerare che le risorse perse in modo effettivamente irreversibile non potranno in alcun modo essere reintegrate.
Negli anni ’80 e ’90, il dibattito circa l’accezione della sostenibilità ha oscillato fra posizioni più rigide ed altre più deboli in rapporto anche agli interessi economici dei Paesi industrializzati che sono stati fin ora preponderanti.
Il piano d’azione “Agenda 21”, che nasce nell’ambito delle Nazioni Unite, ha interpretato la sostenibilità ambientale con un approccio multidimensionale indicando la possibilità di una terza via. In essa vengono raggruppati una serie di obiettivi in campo ambientale, sociale ed economico,
allo scopo di creare una sinergia fra le varie azioni che vengono sviluppate in settori differenti e di osservare, quindi, gli effetti di tali politiche sui differenti settori. Tale approccio globale evidenzia, da un lato, l’impossibilità di applicare l’ecocompatibilità in ambiti territoriali limitati; dall’altro, proprio in virtù dell’approccio globale utilizzato, è possibile che un intervento ben mirato a favore della sostenibilità inneschi un benefico effetto a catena.
È essenziale, a tale scopo, analizzare lo stato dell’ambiente prima degli interventi, in quanto esso costituirà la base per analizzare “ex-ante” le ricadute degli interventi stessi programmati. Tali informazioni, rilevate da una rete di monitoraggio ambientale a cui sia affidato il compito di fornire, con un andamento dinamico, un quadro che descriva lo stato di salute dell’ambiente, costituisce il supporto per la pianificazione strategica. Per attuare questo complesso sistema ci si avvale degli ”indicatori ambientali” che sono parametri capaci di caratterizzare e descrivere nel tempo fenomeni complessi. Il sistema di classificazione DPSIR proposto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente prevede cinque tipologie di indicatori: le forze determinanti (D) sono le cause primarie degli impatti ambientali; le pressioni (P) riguardano direttamente i fattori che provocano gli impatti ambientali; lo stato (S) descrive le condizioni ambientali con riferimento Sostenibilità in agricoltura e indicatori ambientali alla quantità e alla qualità delle risorse ambientali; le variazioni dello stato agli effetti delle forze determinanti esprimono l’impatto (I); infine, le misure adottate per risolvere i problemi individuati costituiscono la risposta (R). Queste ultime a loro volta possono mirare a prevenire o a ridurre gli impatti negativi, ripristinare il danno ambientale o preservare le condizioni delle risorse ambientali.Anche nel comparto agricolo sono stati studiati appositi indicatori in grado di evidenziare sia le relazioni con gli altri settori dell’economia che la complessa articolazione a livello territoriale, con particolare riferimento alle zone rurali.
La Commissione della Comunità europea nel 2001 ha voluto rappresentare la sostenibilità articolando l’analisi in tre macro aspetti:
• Dimensione economica, che utilizza i seguenti parametri:
a) uso efficiente delle risorse riguardante l’impiego dei fattori produttivi;
b) vitalità del settore agricolo con riferimento alle potenzialità di permanenza delle aziende sul mercato;
c) competitività delle aziende agricole attraverso l’analisi del contributo del settore alla formazione
della ricchezza nazionale e al processo di accumulazione di capitale al suo interno;
d) redditività del settore agricolo riguardo al risultato economico e agli investimenti effettuati;
e) contributo dell’agricoltura allo sviluppo e/o alla conservazione delle aree rurali;
f) diversificazione delle fonti di reddito all’interno delle famiglie.
• Dimensione sociale, che approfondisce gli aspetti legati al capitale umano ed in particolare fa riferimento all’equità intesa come uguali opportunità sia a livello territoriale (aree rurali e non) che settoriale (comparto agricolo e altri settori). In particolare analizza le opportunità di impiego e l’accesso degli operatori agli interventi di sostegno.
• Dimensione ambientale, che applica il modello DPSIR e riguarda la gestione e la conservazione delle risorse naturali in cui il sistema ambientale è analizzato. Descrive, sulla scorta di obiettivi che politicamente si ritiene prioritari, l’impatto che l’agricoltura genera sui seguenti fattori:
a) la protezione del suolo, che fa riferimento ad una risorsa naturale non rinnovabile, soggetta a sfruttamento agricolo e quindi a degrado delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche. Gli indicatori mirano ad evidenziare la pressione dell’attività agricola derivata dall’allevamento, dall’uso dei fertilizzanti e di fitofarmaci;
b) la qualità dell’aria, che può essere alterata dall’attività agricola. Essendo complessa la misurazione del suo impatto si preferisce però fare riferimento alle emissioni gassose (metano, anidride carbonica, ossidi di azoto, ammoniaca etc.) immesse in atmosfera, parzialmente in stretta relazione al consumo energetico;
c) risorse idriche, strettamente correlate all’attività agricola. Ma è complesso isolare l’impatto che il solo comparto agricolo ha su di esse. La loro relazione viene esaminata sia sotto il profilo quantitativo (in riferimento all’uso dell’acqua legato alla tecnologia utilizzata per l’irrigazione, alla tipologia delle fonti di approvvigionamento etc.) che qualitativo (in quanto potrebbe costituire fonte di inquinamento riscontrabile attraverso il bilancio dei nutrienti, lisciviazione etc.);
d) la biodiversità, intesa come variabilità degli organismi viventi di ogni origine, nell’ambito della specie, tra le specie e tra gli ecosistemi terrestri. Gli indicatori prevalentemente utilizzati approfondiscono il numero delle specie e le popolazioni (fauna e flora) coinvolte dall’agricoltura, incluso il suolo, e gli effetti delle specie autoctone;
e) il paesaggio, che presenta anch’esso una certa problematicità nella valutazione dell’impatto prodotto dall’attività agricola. Tale fattore viene prevalentemente studiato attraverso indicatori “indiretti” che rappresentano elementi di pressione che inducono modificazioni paesaggistiche, come la concentrazione dell’attività agricola. L’impostazione tradizionale della sostenibilità in agricoltura, fino ad oggi, ha riguardato esclusivamente il rapporto con il sistema colturale utilizzato.
Il sistema biologico, maggiormente ecocompatibile rispetto ad uno tradizionale, sembrava in grado di assicurare di per sé la sua sostenibilità. Tuttavia, un’azienda agricola, così come si è brevemente illustrato, dovrebbe riassumere molteplici fattori: puntare su un prodotto di alta qualità, avere un discreto livello di redditività, rispettare l’ambiente, lasciare integro lo stock di risorse ed essere socialmente responsabile a lungo termine.
Nei sistemi economici attuali, però, le forze sociali e di mercato possono modificare la redditività di un sistema di produzione indipendentemente dalla sua sostenibilità ambientale.
Da tempo si propone che il sistema ecologico e quello economico siano legati, affinché ai “benefici” offerti dall’ambiente (e ai danni che esso subisce) sia attribuito un valore nel mercato. In questo modo la gestione produttiva ecocompatibile diventerebbe un prerequisito per la sostenibilità economica. ●
patrizia.bianco@arpab.it
* Dottoranda di ricerca in “Economia ed Ingegneria dell’Ambiente” Università di Basilicata
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